venerdì 14 novembre 2014

Si chiama “Ruben” il sogno di Ernesto Pellegrini, un ristorante solidale per persone in difficoltà


Chi ha detto che una persona ricca o benestante debba necessariamente essere egoista? Che non possa essere generosa? Che non possa dedicarsi al proprio prossimo, sopratutto quello più povero e bisognoso? Forse molte di queste persone sono veramente così, ma non mancano di sicuro le lodevoli eccezioni, e questa storia, la storia di Ernesto Pellegrini ex presidente dell'Inter e imprenditore di successo, ce lo dimostra pienamente.

La maggior parte della gente certamente ricorda Ernesto Pellegrini per essere stato il presidente dell'Inter calcio nel decennio che va dal 1985 al 1994. Ma quest'uomo è stato ed è sopratutto un imprenditore nel campo della ristorazione collettiva, iniziando, dopo un periodo di gavetta, nel 1965 fondando l'Organizzazione Mense Pellegrini, un vero colosso nel settore della ristorazione collettiva, cui segue, nel 1975, la fondazione della Pellegrini S.p.A. e Pellegrini Catering Overseas S.A., un' azienda che opera in 7 paesi dell'Africa quali Angola, Camerun, Congo, Libia,Yemen, Mozambico e Nigeria. Entrambe fatturano 500 milioni di euro e danno da lavorare a ben 7500 persone.
Ma è nel dicembre del 2013 che Ernesto Pellegrini si lancia nel “socialmente utile” e costituisce la Fondazione Ernesto Pellegrini ONLUS, che si propone di aiutare le tante persone che si trovano in condizione di temporanea difficoltà economica e sociale.
Il primo “mattone” di questo importante progetto si chiama Ristorante “Ruben”, aperto ufficialmente il 27 ottobre scorso in Via Gonin 52 nella periferia ovest di Milano, e che offre 500 coperti su due turni, in cui un pasto completo ha il costo simbolico di un euro. I clienti sono tutti coloro che si trovano in una situazione di difficoltà, quindi senzatetto, disoccupati, separati, profughi, ex carcerati, parenti di persone malate in visita e persone con dei debiti. Il ristorante Ruben non è una mensa solidale, ma un vero e proprio ristorante milanese, per consentire a chi ne usufruisce di non sentirsi in alcun modo inferiore agli altri. L’obiettivo infatti è di far ritrovare dignità alle persone che vengono, fin dall’impatto visivo.

Ma perchè questo nome particolare, “Ruben”, da dare al proprio ristorante solidale? Tutto ha un suo “perchè”, e allora bisogna andare a ritroso nel tempo, alla giovinezza di Ernesto Pellegrini, quando il futuro imprenditore viveva con i propri genitori in una semplice cascina nella periferia di Milano assieme ad altre famiglie, per ridurre i costi dell'affitto. Intorno alla cascina tanti contadini lavoravano la terra, tra cui il contadino Ruben, proveniente da Cremona, che lavorava duro ogni giorno, con l'aratro, con la zappa, con le mani.... e che non possedeva nulla eccetto un letto di paglia nella stalla, tre chiodi nel muro come armadio e due cavalli per compagnia.
Nel 1962 la cascina viene demolita per costruire delle case popolari e la gente che l'occupava viene mandata via senza troppi complimenti. Agli inquilini, tutti poveri, compresi i Pellegrini che erano dei semplici ortolani, vengono assegnate un paio di stanze dove capitava, in città, ma nessuno pensò al povero Ruben, che si ritrova senza alloggio e finisce per andare a vivere in una baracca di legno. Ernesto Pellegrini, che all'epoca aveva 20 anni ed era un giovane come tanti altri, aveva da poco iniziato a lavorare alla Bianchi, ma lo stipendio era quello che era e serviva appena per far quadrare i conti in casa. Però pensava spesso al suo amico contadino e si era sempre ripromesso di aiutarlo, di trovargli un'occupazione e, appena messo da parte una certa somma, comprargli un appartamento. Si trattava soltanto di aspettare, di racimolare un po' di soldi e poi tutto si sarebbe sistemato. Ma purtroppo spesso la vita non attende nessuno e un giorno Ernesto Pellegrini legge sul giornale di un "Barbone morto assiderato nella sua baracca"! Era Ruben, proprio lui, il suo amico  contadino che Pellegrini non era riuscito a salvare!
Ma ora, dopo quasi 50 anni, l'ex presidente dell'Inter, in ricordo del suo vecchio sfortunato amico, ha deciso di aiutare tutti gli altri Ruben che ancora ci sono e che vivono ai margini della società senza che nessuno si accorga di loro.


«La Fondazione è un modo per ringraziare il buon Dio del tanto che ho avuto dalla vita. E ho voluto farlo partendo da quello che so fare meglio: ristorare le persone. Ruben ha lavorato per tre generazioni nella mia famiglia... Ruben non sono riuscito ad aiutarlo. Oggi però vorrei aiutare qualcuno dei tanti Ruben che vivono il loro momento di difficoltà e di disagio. Io ho sempre conservato nel mio cuore il ricordo di quell’uomo buono e lavoratore».

Parole splendide, di vera riconoscenza e gratitudine verso il buon Dio e nei confronti del vecchio amico contadino, mai dimenticato e rimasto sempre nel proprio cuore. E tanta voglia di dare, di donare, di “contraccambiare” per il Bene ricevuto durante la propria vita, così come dovrebbe essere sempre per tutti coloro che si trovano in una posizione privilegiata rispetto ai tanti altri che non hanno avuto altrettanto.
E anche questo è Amore.

Marco

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