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venerdì 4 febbraio 2022

Le isole di Tonga colpite fortemente dall'eruzione del vulcano sottomarino Hunga-Tonga Hunga-Ha'apai. Aiutiamo questa popolazione in grande difficoltà!

L'eruzione del vulcano sottomarino Hunga-Tonga Hunga-Ha'apai del 15 gennaio, secondo i dati della Nasa, 500 volte più potente della bomba atomica sganciata su Hiroshima, ha creato dei danni enormi, in particolar modo nell'arcipelago delle isole di Tonga, costituito da 169 isole (anche se solo 36 sono abitate), per un totale di 100 mila persone. Le isole più periferiche dell'arcipelago sono state quelle maggiormente colpite ma, secondo la Federazione internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (Ifrc), almeno 80 mila persone potrebbero essere in gravi difficoltà, quindi la netta maggioranza della popolazione totale.

Le isole più colpite dalla furia di questa eruzione vulcanica sono quelle di Tongatapu, di Mango (completamente distrutta) e di Fonoifua. Danni ingenti anche per l'isola di Nomuka.
La situazione è critica soprattutto perché manca l'acqua potabile, contaminata dalla cenere vulcanica, piena tra l'altro di metalli pesanti come il rame, il cadmio e l'arsenico. Inoltre strade e ponti sono stati gravemente danneggiati e molti rifugi delle zono costiere sono stati travolti dagli tsunami.

Gli aiuti umanitari faticano ad arrivare a causa della cenere che rende difficilmente praticabile l'aeroporto Fuaamotu e, nonostante che siano passati diversi giorni, la cenere continua a ricoprire case, strade, spiagge e infrastrutture.

La Caritas Tonga, in collaborazione con Caritas Aotearoa/Nuova Zelanda e le autorità locali hanno stoccato rifornimenti nei magazzini di Tongatapu, da distribuire alla popolazione in grandi difficoltà. Anche la Caritas italiana si sta adoperando per aiutare queste popolazioni, in una situazione di così grave emergenza.

Pure l'Unicef si sta mobilitando con grande impegno in questi giorni di gravi difficoltà, con la preparazione di molti pallet di materiali d'emergenza. “Mentre i danni all’agricoltura sono inferiori rispetto a quanto si temeva, sono state sollevate preoccupazioni per l’approvvigionamento idrico, la qualità dell’aria e la disponibilità di carburante – informa Unicef -. Si teme anche l’insorgere di malattie legate all’acqua, dato che le ondate di marea hanno causato l’inondazione di 2-3 isolati nell’entroterra” (citazione: Agensir). Sono stati inviati anche molti kit ricreativi per le attività psicosociali a favore dei bambini, che il Ministero degli Affari Interni distribuirà in collaborazione con i volontari della Chiesa locale.
Secondo Save the Children, sono 28 mila i bambini colpiti da questo disastro, e ancora e sempre, è l'assenza dell'acqua potabile a costituire il problema maggiore.

Ora per le popolazioni delle isole di Tonga c'è anche tanta paura per il diffondersi del Covid-19. Finora, infatti, questo arcipelago di isole era stato un territorio Covid-free, ma con gli arrivi, assolutamente necessari, degli aiuti umanitari è arrivato anche il Coronavirus. Un altra brutta "tegola" da dover affrontare.

La situazione che si è abbattuta sull'arcipelago delle isole di Tonga è drammatica, ma chiunque di noi, con un po' di buona volontà, può fare qualcosa di veramente bello per aiutare queste popolazioni. E lo si può fare donando il proprio contributo attraverso la Caritas italiana che ha aperto una raccolta fondi a questo scopo (cliccare qui).
Anche la divulgazione di questo post o altri articoli simili può essere utile alla causa e poi, naturalmente, cosa importantissima, invito tutti a sostenere queste popolazioni con la propria preghiera.

Non manchiamo mai di fare del Bene laddove c'è bisogno.... e il bello è che chiunque, ma veramente chiunque, nessuno escluso, lo può fare.
Grazie di cuore!


Marco

venerdì 8 ottobre 2021

Il sogno di John si è realizzato: la generosità ha vinto!

A volte la solidarietà regala momenti di grande commozioni: è il caso di John, nigeriano da anni a Ciampino, dopo il bel gesto della comunità locale.

John ormai da anni tiene pulite le strade, mantenendosi in questo modo grazie alle offerte dei cittadini. Davanti ai luoghi in cui l’uomo ogni giorno si impegna con dignità, c’è anche il Geff Caffè. Così il gestore del locale, Cristian De Filippis, ha deciso di compere un gesto di affetto nei suoi confronti.

L’uomo vorrebbe tornare in Nigeria per piangere la madre defunta

Da qualche tempo infatti l’uomo vorrebbe tornare nel suo Paese d’origine, dopo la morte della madre, per poterla piangere. Ma non ha il denaro per farlo. Cristian, venuto a conoscenza di questa triste realtà, si è dato da fare e ha organizzato una colletta nel suo locale.

Conosceva infatti la sua storia, visto che da tempo lo aveva particolarmente a cuore. La raccolta fondi organizzata nel suo locale in poco tempo ha preso il via. In un breve periodo, infatti, il salvadanaio esposto sul bancone dell’esercizio commerciale si è riempito di monete e banconote. I clienti che passavano ogni giorno di lì ha contribuito con monete e piccole offerte.

Molti conoscevano l’impegno del giovane e hanno deciso di premiarlo

Molti conoscevano questo ragazzo e erano ben consci dell’impegno che mette ogni giorno per dare una sistemata alle tante cartacce, erbacce o altro che inquinano i marciapiedi. Alcune di queste offerte sono arrivate anche da fiori Ciampino.

Così è arrivato anche il grande giorno della consegna. Il gestore del bar ha fatto entrare John all’interno del locale con una scusa, per potergli consegnare il salvadanaio con il ricavato. C’erano poche persone in quel momento, e l’uomo era all’oscuro di tutto. Inizialmente, non capiva cosa gli stesse succedendo.

Così il sogno di John può realizzarsi, tra lacrime e ringraziamenti

Poi la realizzazione del sogno che si stava avverando, di fronte ai presenti che lo registravano con il telefonino per condividere la scena sui social network. Tutti si sono commossi di fronte alla reazione dell’uomo, visibilmente emozionato.

Questo salvadanaio è per te John, da parte di tutta Ciampino”, sono state le parole del gestore del bar, consegnandogli il prezioso regalo. L’uomo, portandosi le mani alla testa, è scoppiato in lacrime subito dopo averlo rotto. Dentro il salvadanaio c’erano alcune centinaia di euro, quanto basta per prenotarsi un viaggio in aereo andata e ritorno e andare a trovare sua madre nella tomba, deceduta da poco in piena pandemia.

Soldi meritati, è un gesto che abbiamo fatto con il cuore”, dice il gestore del locale mentre l’uomo ringrazia tutti. Ora, grazie a questo bel gesto di solidarietà, John potrà tornare in Nigeria dalla madre.


di Giovanni Bernardi

24 gennaio 2021

venerdì 10 settembre 2021

Questo bibliotecario legge per telefono storie agli anziani per farli sentire meno soli

Juan Sobrino è il bibliotecario di Madrid che, insieme ad altri volontari, una volta a settimana legge storie agli anziani per telefono in modo da alleviare la loro solitudine.

Siamo soliti pensare che siano soprattutto i bambini ad amare le storie e i racconti, in realtà anche adulti e anziani possono godere di una buona lettura ad alta voce, un modo non solo per svagarsi ma anche per sentirsi più vicini agli altri.

Durante la pandemia gli anziani hanno vissuto al massimo l’isolamento sociale e ancora adesso che non c’è più il lockdown spesso vivono comunque in solitudine.

Per cercare di alleviare in qualche modo la loro sofferenza, la biblioteca Soto del Real un
ha deciso di mettere a disposizione un servizio di lettura telefonica.

Il realtà il progetto non è nuovo, il piano di lettura residenziale di Soto esisteva già prima del coronavirus ma ora si è reso più che mai utile e necessario diventando un servizio telefonico.

"Biblioterapia per anziani" nasce nel 2013 e ogni mese porta i volontari presso le residenze per anziani dove vengono lette poesie, favole, indovinelli, racconti ma anche si canta con l’accompagnamento di una chitarra.

Ai tempi della pandemia, invece di andare una volta al mese nelle residenze, i volontari leggono agli anziani per telefono una volta alla settimana e i testi sono personalizzati, a seconda delle preferenze di ogni lettore.

A capo del progetto di lettura agli anziani e della biblioteca stessa vi è Juan Sobrino che per portare avanti il tutto si serve dell’aiuto di diversi volontari. Ognuno di loro chiama e legge sempre alla stessa persona, in modo che si crei un legame e possa conoscere i suoi gusti per scegliere le letture giuste. In teoria le sessioni di lettura sono di 20 minuti ma tendono ad essere più lunghe se l’ascoltatore è particolarmente interessato.

Il programma è rivolto soprattutto a chi vive nelle residenze e non può ricevere visite di familiari o amici:

Dobbiamo portare loro dei libri per combattere l’isolamento sociale, finché si potrà leggere di nuovo nelle residenze” ha dichiarato Juan Sobrino.

Al momento gli utenti che usufruiscono del servizio sono 8, dislocati in 3 diverse residenze per anziani. Tra di loro vi è Chus López, che ha 69 anni e vive in una casa di riposo di Madrid da tre anni. La donna ha raccontato a El País che le piacciono molto i libri d’amore e che si fida dei criteri di scelta del suo bibliotecario che, dice, “sceglie sempre bene”. Certo manca molto la possibilità di avere un contatto diretto:

è meglio perché li vediamo, applaudiamo e quando finisce la lettura beviamo con loro”.

Speriamo che presto questi anziani possano ritrovare la loro normalità fatta di contatti umani e anche di buone letture in presenza.


di Francesca Biagioli

2 settembre 2020

FONTE: Greenme

venerdì 20 agosto 2021

Lascia 150mila euro in eredità alla casa anziani

Che fosse un signore l’aveva ampiamente dimostrato, che non difettasse di generosità anche, ma che avesse un cuore tanto grande da lasciare alla Casa anziani un vero e proprio tesoro nessuno se lo sarebbe immaginato. Aurelio Aliverti, scomparso lo scorso 12 dicembre all’età di 95 anni è l’emblema di una vita piena, affrontata con quell’innata eleganza che lo distingueva come personaggio unico.

Una vita condivisa sino al 2007 con l’amata moglie Emilia. Venuta a mancare l’altra metà del suo cielo, trascorse qualche anno in autonomia a casa, poi la scelta di varcare il cancello della casa di riposo di via Michelangelo. Negli ultimi due anni e mezzo, infatti, Aurelio è stato circondato dall’affetto di quella che considerava la sua seconda famiglia: personale e ospiti della Rsa. Una seconda famiglia premiata da una sorpresa eccezionale, scoperta al momento dell’apertura del testamento di Aurelio: circa 150.000 euro, la quota di eredità lasciata alla Casa anziani.

Un lascito da far luccicare gli occhi, preziosissimo in un momento tanto difficile come quello caratterizzato dalla pandemia: contagi, sei decessi Covid correlati, l’improvvisa scomparsa di Stefano Landoni, dipendente in servizio negli uffici amministrativi. Ecco perché, oggi, il clamoroso dono di Aurelio assume valenza persino più preziosa della cifra economica destinata alla residenza sanitaria per anziani. «Nel testamento Aurelio ha voluto ricordare la Casa anziani - conferma la direttrice Luciana Corti - Sappiamo che l’aveva preparato prima che mi nominasse suo amministratore di sostegno. Ci diceva sempre che in casa di riposo si trovava benissimo, perché qui aveva incontrato persone che gli volevano bene e nuovi amici. Potevamo pensare che si sarebbe ricordato della Casa anziani, nel suo testamento, ma non fino al punto di lasciare alla Rsa una somma così importante: poco meno di 150.000 euro». D’altronde, lui, era fatto così. E a incorniciare affabilità e cuore immenso di Aurelio c’è un episodio, un ricordo misto a tenerezza e gratitudine che affiora nella parole della direttrice. «Quando già aveva scelto di nominarmi amministratore di sostegno - racconta Luciana Corti - voleva regalarmi un bellissimo servizio di porcellana inglese. Gli spiegai che non ero nelle condizioni di poter accettare, appunto essendo il suo amministratore di sostegno. Gli dissi che avrebbe potuto regalarlo a tutti, ma non a me. Aurelio ci rimase male...».


di Nicola Gini

30 gennaio 2021

FONTE: Prima Como

giovedì 19 agosto 2021

Il landlord di New York che ha rinunciato agli affitti di tutti i suoi inquilini per sostenerli durante il coronavirus

Il proprietario di alcuni edifici di New York ha rinunciato a chiedere l'affitto di aprile di tutti i suoi inquilini, per sostenerli durante l'emergenza coronavirus. “Gli ho soltanto detto di prendersi cura l'un l'altro, assicurandosi che tutti abbiano cibo in tavola” ha detto.

Ha un nome italiano l'"angelo" di New York che ha sollevato il velo di disperazione che si era posato su circa 80 famiglie della City, dopo che l'emergenza coronavirus ha fatto perdere il lavoro a moltissime persone, così come è successo – purtroppo – anche a molti cittadini italiani.
Mario Salerno, che possiede diversi edifici residenziali (da lui costruiti negli anni '90), ha detto ai suoi inquilini che l'affitto del mese di aprile non era da pagare.
State al sicuro, aiutate i vostri vicini e lavatevi le mani! ha scritto sul cartello che ha appeso su tutti gli edifici.

New York è una delle metropoli statunitensi con più affittuari, e molti di loro sopravvivono un mese alla volta, spendendo gran parte dello stipendio in affitti. Il collasso improvviso dell'economia ha lasciato molti newyorkesi letteralmente nella disperazione, dal momento che rischiano di perdere la casa. Anche i proprietari hanno iniziato ad andare nel panico, appena hanno capito che molti affittuari non sarebbero stati in grado di pagare (anche più del 40% di loro).
L'effetto collaterale per gli stessi proprietari è che potrebbero non sapere come pagare le bollette dell'acqua e le varie tasse.

Mr. Salerno ha detto che a lui non interessa, e non calcola neanche la cifra persa ad aprile dai suoi 80 appartamenti. “La mia preoccupazione è la salute di tutti. Gli ho soltanto detto di prendersi cura l'un l'altro, assicurandosi che tutti abbiano cibo in tavola”.

Uno dei suoi inquilini, Mr. Gentile, di 28 anni, ha commentato il gesto ricordando che Salerno è un proprietario davvero particolare, soprattutto rispetto agli standard di New York, dimostrandosi sempre disponibile a risolvere ogni problema. Mr. Gentile è una delle persone che hanno perso il lavoro: faceva l'avvocato per una compagnia di assicurazione, e passava la maggior parte del tempo nei tribunali, finché non sono stati chiusi il 18 marzo.


6 aprile 2020

FONTE: Fatti strani dal mondo

lunedì 2 agosto 2021

Dopo l’incidente, Andrea ha bisogno di costose cure: aiutiamolo in tanti, anche con una piccola donazione

Da quel maledettissimo giorno la sua prospettiva è completamente cambiata: Andrea Donadeo, residente a Sava, era un 17enne come tanti, spensierato e pieno di gioia, di vivere e di fare, di pensare al futuro. Il suo era un micro-mondo zeppo di sogni e progetti. Poi, quel 19 settembre 2019, un terribile incidente sulla strada per Mottola. Andrea era in macchina con altri ragazzi come lui, di ritorno da un colloquio di lavoro a Bari, quando rimase coinvolto in un frontale con un’altra auto e, purtroppo, entrò in coma dopo aver preso una violentissima botta sulla testa. Un mese di degenza al Santissima Annunziata di Taranto, poi il trasferimento in una clinica privata del Sud Italia. La riabilitazione comincia a dare i suoi frutti ma nel marzo 2020 ecco che s’insinua il Covid-19 e zia Laila, fino ad allora sempre accanto ad Andrea, è costretta a lasciare la clinica. Andrea si trova a combattere da solo per sei lunghi mesi. I medici dicono che per Andrea ci sono poche speranze di un ritorno alla sua vita di prima, di tornare a essere quel ragazzo bello e solare che era. Di qui il suo trasferimento in una clinica di lungo-degenza.

Zia Laila non si arrende, continua a lottare e riesce, dopo una dura battaglia, a portare via il suo amato nipote da quel posto. Solo nella clinica Quarenghi di San Pellegrino Terme sentirà parole di speranza da parte dei medici che hanno preso in cura il suo amatissimo nipote. Parole di speranza che zia Laila accoglie con gioia ma anche con più forte determinazione, quella che la porterà ancora una volta a voler lottare più forte per far tornare Andrea a quella normalità che ogni ragazzo come lui merita.

Andrea è tuttora intrappolato nel suo corpo e ha solo minime reazioni. Ma c’è una speranza, perché quella non deve mancare mai. Una clinica in Austria specializzata in questo tipo di riabilitazione può concretamente aiutarlo. Clinica costosa ma necessaria vista la sua situazione. Proprio per questo rivolgiamo un appello a tutti voi, gente di cuore, affinché con le nostre donazioni, anche di piccola entità, possiamo aiutare Andrea a tornare a vivere una vita vera, quella che gli spetta. Un piccolo gesto può fare tanto! Tutti insieme, uniti, si può raggiungere grandi risultati.
Con la causale: "Per le cure di Andrea Donadeo" doniamo, anche quel poco che possiamo, sull’IBAN: IT13 T010 3079 0400 0000 0309 1615

oppure sulla piattaforma gofundme

Per seguire l'evoluzione della vicenda di Andrea c'è la sua pagina Facebook: "La storia di Andrea Donadeo"


16 maggio 2021

FONTE: Lo Strillone

giovedì 22 luglio 2021

Aiuta concretamente un bambino africano

L'Uganda é uno dei paesi più belli dell'Africa. Alcuni luoghi sono stati dichiarati patrimonio dell'umanità e ha ben 9 parchi naturali con leoni, antilopi, elefanti, gorilla e molti altri animali. Le sue bellezze naturali comprendono la savana, il lago Victoria, l'imponente massiccio montuoso Ruwenrozi. Il paese ha 44 milioni di abitanti e più della metà sono adolescenti al di sotto dei 15 anni. Quasi il 90 % della popolazione é di fede cristiana.
L'Uganda, che nei secoli passati ha avuto importanti regni, venne raggiunta nel 1875 dall'esploratore inglese Stanley e nel 1894 divenne un protettorato britannico. Nel 1962 ottenne l'indipendenza dal Regno Unito e da allora ha attraversato varie situazioni storiche drammatiche tra cui due guerre.

Attualmente l'Uganda ha varie situazioni problematiche tra le quali l'emergenza Covid che nonostante le misure di sicurezza e i vaccini deve ancora essere debellato così come non é stato ancora debellato in Italia, la povertà che colpisce milioni di persone adulte e bambini, la diffusione dell'Aids: 25 milioni di persone sono sieropositive anche se c'é una campagna di informazioni per tentare di bloccare l'ulteriore espansione della malattia.
A causa di conflitti, Aids e povertà ci sono in Uganda molti bambini orfani. E proprio per dare un futuro sereno, educazione e protezione ai bambini orfani il signor Moses Omara, un maestro di Storia e materie letterarie, assistente sociale, con varie, importanti esperienze di lavoro in associazioni internazionali tra le quali la FAO, ha fondato SORD (Stanford Foundation for Orphans and Rural development) che tradotto in italiano vuol dire Fondazione Stanford per gli orfani e lo sviluppo rurale. L' associazione ha fondato due scuole, una scuola a Kawenze, un distretto di Kampala, la capitale dell'Uganda e un'altra ad Amotalar, nel nord del paese, per i bambini orfani. Con il signor Omara collaborano alcuni determinati volontari, uomini e donne, sia ugandesi, sia inglesi e canadesi. Moses Omara ci racconta anche dell'amicizia tra SORD e due associazioni di volontariato in Italia: Friends and Bikers for Africa Onlus di Napoli, fondata da Francesco Maglione, di cui hanno scritto varie riviste tra cui "Famiglia Cristiana", che ha supportato le attività scolastiche della scuola di Kawempe dal 2018 al 2020 e Twins & Moto Club sempre di Napoli di Davide Liccardo che ha collaborato a costruire un'aula scolastica sempre a Kawempe. Inoltre Moses Omara ha intenzione se ci saranno altri volontari e volontarie italiani nelle due scuole di inserire nel programma di studi anche la nostra lingua e la nostra cultura. Già alcuni bambini stanno imparando il francese.
Quindi SORD ha un ottimo rapporto con l'Italia che speriamo diventi sempre più stretto in futuro.
Un altro progetto di SORD é stato donare ai bambini una capra. Avere una capra é molto importante per i bambini che vivono in zone povere e rurali perché assicura una quantità giornaliera di latte, elemento fondamentale dell'alimentazione sana dei bambini. Un altro progetto che si é attuato é stato piantare alberi per preservare l'ambiente che purtroppo é molto inquinato.

Le scuole di SORD sono non solo luogo di studio, di apprendimento, di socializzazione per i bambini orfani ma anche le loro abitazioni dove sono trattati con umanità e affetto fraterno. Inoltre i bambini saranno aiutati anche quando saranno più adulti e seguiti per ottenere un lavoro da loro scelto che garantirà loro l'indipendenza economica. Le lezioni si svolgono solo in lingua inglese. L'inglese e lo swahili sono le lingue ufficiali parlate in Uganda dove ci sono anche numerose lingue locali. Conoscere molto bene l'inglese offre l'opportunità di poter ottenere in futuro lavori qualificati e di poter comunicare molto di più. Moses Omara e sua moglie sono devoti cristiani e hanno tre figli.
SORD ha una bella pagina FB pubblica e un bel sito online dove in inglese si racconta la storia dell'associazione, dei volontari, si forniscono chiare informazioni, si spiegano le finalità delle scuole.
Nella pagina fb ci sono anche le fotografie di alcuni bambini e si raccontano le le loro storie. Frequentano le scuole più di 200 bambini e bambine di varie fasce d'età, dai 3 ai 15 anni e di diverse classi scolastiche, come ad esempio Abi, una bambina di 5 anni, Natasha di 8 anni, Emmanuel di 15 anni di cui possiamo vediamo le foto, sorridenti.
La nuova scuola di Amotalar ha urgentemente bisogno di utensili essenziali come scrivanie per gli studenti per un costo totale di 2.300 euro, letti per un costo totale di 2.100 euro, materassi per un costo totale di 1.000 euro.
Ogni donazione sarà di grande aiuto, si può avere le informazioni su come farla scrivendo un email a: info@sorduganda.org

Aiutare concretamente un bambino secondo le proprie possibilità, sia con una piccola sia con una grande donazione (ad esempio una signora ha donato 7 tablet ai bambini per poter studiare qualche tempo fa) sarà un vero, aiuto concreto. I bambini hanno bisogno di molte cose ma come ha comunicato Moses Omara stesso, scrivanie, letti e materassi sono ora gli utensili più urgenti che la scuola deve acquistare.

Aiutare concretamente un bambino vuol dire andare a dormire con la coscienza serena, soddisfatti che se un bambino avrà un letto con un materasso per dormire e una scrivania per studiare questo sarà dipeso anche da noi. Si tratta di necessità vitali che la nostra umanità, coscienza e senso della giustizia reclamano per tutti i bambini del pianeta.
Aiutiamo oggi i bambini orfani delle scuole della Fondazione Stanford.


di Lavinia Capogna

22 luglio 2021

mercoledì 21 luglio 2021

Il villaggio di Assam allestisce la "Blessing Hut" per aiutare i bisognosi durante la pandemia

Questa iniziativa guidata dai giovani del villaggio di Nutan Leikul vicino ad Haflong, è uno spazio in cui chiunque può donare cose che ritiene utili, come cibo, vestiti e persino libri.

Poiché molte famiglie in tutta l'India sono state ridotte alla povertà a causa della pandemia , un villaggio nell'Assam sta conquistando i cuori online per aver fatto la sua parte per aiutare i bisognosi. In un'iniziativa guidata dai giovani, è stato creato un magazzino dove le persone bisognose possono prendere tutto ciò che vogliono gratuitamente.

Iniziato una settimana fa, alcuni giovani nel villaggio di Nutan Leikul vicino ad Haflong hanno aperto la "Blessing Hut" per portare sollievo alle persone che lottano finanziariamente a causa della pandemia e del coprifuoco in corso.

La premessa dell'iniziativa è molto semplice, ed è ricca di cura e compassione. Le persone disposte a donare possono regalare tutto ciò che ritengono utile, che si tratti di prodotti alimentari come verdure e cereali o articoli per la casa come vestiti, scarpe, libri e persino giocattoli.

"Prendi quello che ti serve, lascia quello che puoi", recita un cartello visto sulla capanna. Le foto del commovente progetto stanno facendo il giro anche sui social media.

Secondo i rapporti locali, la capanna è nata dopo che l'idea è stata condivisa su un gruppo WhatsApp del villaggio. Poiché il progetto ha evidenziato i bisogni delle persone economicamente arretrate nella pandemia, molti abitanti dei villaggi hanno contribuito a sostenersi a vicenda.

Secondo The Sentinel, il progetto sembra funzionare bene e in effetti si è rivelato una benedizione per molti. Secondo il suo rapporto, il capo del villaggio di N Leikul, con l'aiuto del N Leikul Youth Club e degli abitanti del villaggio di Leikul, aveva precedentemente organizzato uno spazio per conservare le verdure locali per aiutare i bisognosi in tempi così difficili.


di Trends Desk

4 giugno 2021

FONTE: Indian Express

lunedì 28 giugno 2021

Suor Angel, tra Fede e Medicina

PALERMOAngel Kalela Bipendu Nama. Chi è mai costei? Ce lo chiediamo, parafrasando il nostro caro Alessandro Manzoni. Il nome evoca un’origine africana: e in effetti Angel è una suora cattolica, della congregazione Discepole del Redentore, arrivata in Sicilia dalla Repubblica Democratica del Congo sedici anni fa, con tanta voglia di rendersi utile al prossimo.

E quale mezzo migliore della professione medica per aiutare gli altri? Ma studiare medicina non è facile. A sostenerla e incoraggiarla, allora, anche il professore Giovanni Ruvolo, direttore dell’unità di cardiochirurgia dell’università Tor Vergata di Roma, cardiochirurgo siciliano che da anni, insieme ai volontari dellassociazione "A cuore aperto", si spende in Africa per fornire cure e attrezzature mediche alle popolazioni bisognose. Così la voglia di studiare di suor Angel trova sostegno e supporto: la suora è destinataria di una borsa di studio che le consente di iscriversi alla Facoltà di Medicina all’Università di Palermo. E il 30 marzo 2015 arriva il giorno tanto atteso: a 41 anni viene proclamata dottoressa in Medicina e Chirurgia, con la tesi di laurea su "Valvolopatia associata a valvola aortica biscuspide"; relatore proprio il professor Ruvolo.

Da medico, dal 2016 al 2018, suor Angel comincia a prestare servizio su una nave della Guardia costiera italiana impegnata nel Mar Mediterraneo nel salvataggio di immigrati a rischio naufragio. Ho curato ipotermie, ustioni. Ma ho anche assistito donne partorire” , dice ricordando l’emergenza che l’ha vista in prima linea come medico volontario del Corpo italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta. Trasferitasi poi a Bergamo, dove ha cominciato a lavorare come guardia medica, eccola in questi giorni a prestare il suo aiuto contro il Covid-19, visitando i malati rimasti a casa: “Vedo tristezza, angoscia, paura. Sono tutti in quarantena, separati dai familiari. Io mi presento sempre: dico loro che, oltre ad essere un medico, sono una suora. Cerco di dare una parola di conforto, un segno di speranza. Qui in Italia parecchi malati hanno paura che non torneranno alla vita di prima. Ma io ripeto a tutti: la vita riprenderà”.

Profetiche allora le parole pronunciate dal professor Ruvolo e dalla moglie, dottoressa Margherita La Rocca (anche lei impegnata a fianco al marito in iniziative socio-sanitarie ed umanitarie a sostegno delle popolazioni africane), proprio il giorno della laurea di suor Angel: “Fiduciosi che la vocazione religiosa saprà integrarsi e diventare una cosa sola con la vocazione verso il prossimo, che il mestiere del medico dovrebbe avere come prerequisito e presupposto, vogliamo augurare a Suor Angel una lunga carriera, certi che saprà essere un eccellente medico e un grande esempio di umanità e professionalità”.

Ora quell’auspicio si è avverato. Grazie, suor Angel. A nome di tutti gli italiani.


di Maria D'Asaro

19 aprile 2020

FONTE: Il Punto Quotidiano

domenica 23 maggio 2021

Palermo: dall’idea di un cittadino, cibo gratis per i bisognosi, alla fermata del bus

Palermo: dall’idea di un cittadino, Marcello Fenoaltea, cibo gratis per i bisognosi, alla fermata del bus di via Uditore, accompagnato da un cartello "Prendi ciò di cui hai bisogno"

Marcello Fenoaltea ha 54 anni e due figli di 20 e 14 anni, quasi tutti gli abitanti del quartiere se lo ricordano come animatore della Città dei ragazzi, dove vestiva i panni di Fenfer lo gnomo.

Adesso però Marcello purtroppo non ha lavoro e percepisce il reddito di cittadinanza, e non si accontenta di attendere che qualcosa succeda, l’ex animatore vuole sentirsi utile, tentare di cambiare le cose e fare del bene al proprio quartiere, di cui è innamorato e di cui amante del suo quartiere di cui si prende cura con moltissime iniziative, dal ripulire dai rifiuti, al curare le aiuole, al riverniciare le panchine e dipingere le fermare dell’autobus.

Grazie alla sua voglia di fare contagiosa, ha da poco creato un altro bel progetto di solidarietà di quartiere: la banchina solidale, inserendo in una fermata Amat di via Uditore-via Cimabue una piccola dispensa con generi di prima necessità per chi ha più bisogno.

Anche Marcello che a causa del Covid ha perso da più di un anno il lavoro da animatore e pur essendo lui stesso in ristrettezze economiche, ma non manca mai, quando va a fare la spesa, di comprare qualcosa per chi ha più bisogno e lasciarlo sotto la banchina.

Adesso sembra un altro mondo da quando coordinava il lavoro di 50 animatori negli anni d’oro della Città dei Ragazzi, eppure Marcello si è velocemente riadattato ad usare il suo entusiasmo e la sua energia per far del bene a chi ha meno di lui e per occuparsi del suo quartiere.

La banchina dell’autobus in cui ha creato la piccola dispensa solidate era decorata da Marcello e altri volenterosi cittadini con pannelli colorati, disegni in stile Liberty e una scritta che recita "L’attesa non può essere solo una perdita di tempo, approfittane".
Partito da solo, altri cittadini, contagiati dalle sue iniziative si sono uniti ad aiutarlo nel rifornire la fermata di generi di prima necessità, da sacchetti di pane presi dal fornaio locale e dolcetti e tutto quello che può servire, mentre altre cittadini hanno contattato Marcello chiedendogli di creare altre dispense solidali in altre fermate del tram della zona.

Ormai in molti conoscono l’ex animatore e la sua voglia di fare e lo contattano per proporre diversi piccoli progetti per riqualificare la zona, un piccolo circolo virtuoso creato da una persona, che ne sta coinvolgendo altre, e che punta a non fermarsi di certo qui, intanto Marcello ha creato un comitato cittadino, con anche la propria pagina facebook, "Palermo è di più" un luogo virtuale di ritrovo per cittadini positivi e volenterosi.

Lo stesso Marcello, che ha tanti altri progetti in mente per il suo quartiere che vuole sviluppare nei prossimi mesi, racconta di volersi circondare di “vicini di casa che come lui non si arrendono, che vogliono di più per gli altri, per il loro quartiere e per la loro città”.


22 aprile 2021

FONTE: Positizie

venerdì 14 maggio 2021

Suor Fausta Cogo, l'“angelo” in bicicletta

La religiosa vicentina è infermiera porta a porta a Strongoli centro, paesino di 2000 anime in Calabria. «Qui una suora in scarpe da ginnastica non si era mai vista, figuriamoci su due ruote»

Scarpe da ginnastica, valigetta nel cestino, veste bianca svolazzante e via. A Strongoli è l'
angelo in bicicletta”. Da 11 anni gli abitanti di questo piccolo borgo di 2.000 anime in un promontorio in Calabria, scrigno di cultura e tradizioni antiche, ricevono le sue cure arrivando a considerarla una di loro. Suor Fausta Cogo, 73 anni, infermiera dorotea di Germano dei Berici (Vi), porta conforto e cure mediche porta a porta. Per molti anni l’ha fatto in sella alla sua bicicletta elettrica. «Prima del lockdown giravo famiglia per famiglia, su e giù per le stradine – racconta -. Ho una mappa dove sono indicate le persone sole, i malati, le vedove, chi ha appena avuto un bimbo per portare l’attenzione e la parola giusta. Poi è arrivata la pandemia e, soprattutto, sono caduta in casa (in casa!) rompendomi tibia e perone. Sono ancora convalescente. La mia bicicletta ora è al sicuro in uno stanzetta, coperta da un telo. Per il momento mi vengono a prendere in automobile». Per suor Fausta la bicicletta elettrica è «il secondo angelo custode. Il primo spero di vederlo quando sarà il momento» sorride . «È il Signore che apre le strade – dice -. Qui una suora in scarpe da ginnastica non si era mai vista, figuriamoci in bicicletta».

La religiosa aveva già lavorato come infermiera nel Sud Italia fino al 2002, poi per anni nel reparto di cardiologia ad Arzignano. Arrivata la pensione ha chiesto all’allora Madre generale di poter tornare al Sud. «Ecco che mi hanno proposto Strongoli – racconta -, dove la mia Congregazione ha una comunità di quattro suore che lo scorso anno ha festeggiato 100 anni di vita. Non sapevo neanche dove si trovasse! – scherza -. “Ma lì c’è un ospedale?” chiesi». «Fu così che scoprii che si trattava di un servizio diverso, legato al Gruppo di Misericordia».

Gli abitanti, soprattutto anziani, del paesino calabrese hanno accolto la religiosa a braccia aperte. Suor Fausta chiede permesso, entra, saluta, vista, medica, fa iniezioni, porta e riceve conforto. «Piano piano, negli anni, mi conoscono tutti, mi aspettano, vedermi è un’esigenza, la mia visita per loro è un onore e un’occasione per aprirsi, chiedermi qualcosa, raccontarsi». Suor Fausta non ha la patente: «Appena arrivata – spiega – mi accompagnavano in automobile i ministri straordinari dell’Eucaristia, ho fatto anche un periodo a piedi. Qui nessuno usa la bicicletta, le strade salgono e scendono. Le utilizzano solo i bambini per giocare e d’estate si comincia a vedere qualche sportivo. La soluzione è arrivata pensando al motore.
Serve una bicicletta motorizzata!” ci siamo detti». «Mi sono sempre posta con genuinità, spontaneità senza pensare ai commenti e pregiudizi – confida -. Sicuramente ho portato novità e forse un po’ di trasgressione. Ricordo ancora le facce dei vecchietti seduti in panchina che mi vedevano sfrecciare, quelli che osservano chiunque passi, chissà che cosa pensavano».

Suor Fausta torna con la mente ai tanti anni di lavoro con i malati e si commuove: «Lavorare come infermiera, in particolare entrando nelle case della gente, è una scuola di vita. Ogni giorno scopro quanta sofferenza nascosta, silenziosa e discreta ci sia. Ho partecipato anche a compleanni, nascite, feste di matrimoni, ma è il dolore condiviso che fa crescere. È una palestra di vita, insegna a non lamentarsi per le stupidaggini». Suor Fausta è stata 40 anni caposala, in reparto: «Difficile paragonare le due esperienze, totalmente diverse. Al nord avevo le briglie, condividevo gioie e sofferenze dei pazienti per due settimane, un mese, poi li “perdevo”. Qui sono libera di vivere rapporti duraturi. Adesso mi sento davvero suora, non che prima non lo fossi, ma mi sentito vincolata dalla responsabilità». A Strongoli si vive della Provvidenza. «Se c’è bisogno di qualcosa, non si sa come ma arriva. C'è sempre qualcuno che si prodiga: non le dico la frutta, le verdure che ci ritroviamo sopra il tavolo. Gesti e solidarietà straordinari che poi noi ricambiamo distribuendo a chi ne ha bisogno».


di Marta Randon

10 maggio 2021

FONTE: La Voce dei Berici

domenica 18 aprile 2021

La nonna di 89 anni fa mascherine per tutti i membri della sua famiglia

Cuce le mascherine per tutti i membri della famiglia e nel frattempo ascolta i Beatles, la sua band preferita. È così che Teresa Provo, una simpatica signora di 89 anni ha deciso di trascorrere il suo tempo durante la pandemia del COVID19.

Il coronavirus ha messo in discussione tutta la nostra intera vita. Ci siamo ritrovati tutti con tanto tempo a disposizione da non saper come trascorrerlo senza annoiarci.

La nonna fabbrica mascherine protettive per tutti

Senza scuola, senza lavoro e senza poter uscire nemmeno per fare una passeggiata abbiamo riscoperto il piacere della cucina, della lettura e del fai da te.

Questa simpatica 89enne, ha invece deciso di rendersi molto utile per gli altri e dopo aver comprato un po’ di stoffa si è messa a fabbricare mascherine per tutti.

Si chiama Teresa, ha la bellezza di 89 anni e vive da sola a Chicago, nell’Illinois. Solitamente ama condurre una vita molto tranquilla, fatta di TV, videogiochi e naturalmente la sua macchina da cucire. Una compagna fedele che l’accompagna da molto tempo.

Nel momento in cui le cose hanno iniziato a mettersi male a causa del coronavirus ha deciso che non sarebbe rimasta con le mani in mano, ma che avrebbe fatto qualcosa per tenere al sicuro le persone a cui vuole bene.

Così, dopo aver comprato e raccolto quanta più stoffa poteva ha cucito la bellezza di 600 mascherine. Che poi ha destinato a familiari, amici e tanti anziani residenti in una casa di riposo.

La passione per i Beatles

Ogni mascherina è stata personalizzata con i tessuti preferiti da chi l’avrebbe indossata. Le scelte variavano dai colori, ai disegni e anche alle squadre del cuore come i Chicago Cubs o i Blackhawks.

Dopo averle fabbricate le ha anche spedite a Chicago, in Wisconsin, in Florida, in Minnesota e in California, accompagnandole con un dolcissimo bigliettino scritto a mano di incoraggiamento.

La nipote ha anche raccontato che ogni mascherina è stata cucita al ritmo delle canzoni dei Beatles, la band preferita da Teresa.

Alla fine, quando hanno saputo del lavoro iniziato dall’89enne, il “Red Hat Club”, un gruppo di anziani a cui piace partecipare ad eventi locali, si è unito a lei per aiutarla.

Tutti insieme hanno fabbricato ben 600 mascherine! E non hanno ancora finito, Teresa ha infatti dichiarato che hanno tutti lavorato per due settimane e che stanno continuando a farlo per soddisfare tutti.

di Martina

27 aprile 2020

FONTE: News Varie

mercoledì 14 aprile 2021

Antonello e i suoi 11 figli riempiono il carrello delle famiglie brianzole in difficoltà

Antonello Crucitti, super papà bresciano, ha fondato l'associazione "Fede, speranza e carità" che aiuta le persone in difficoltà. Non solo cibo, ma anche parole di incoraggiamento

In famiglia sono in 13, mamma e papà compresi. Ma nel carrello della spesa c’è sempre posto anche per il rifornimento alimentare di chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena. Richieste di aiuto che arrivano da perfetti sconosciuti che la famiglia Crucitti aiuta. Così come è successo per quelle trentasei famiglie monzesi che nella settimana di Pasqua hanno ricevuto un graditissimo dono da papà Antonello e dalla sua grande famiglia.

Le parole d'ordine: organizzazione e solidarietà

Una storia controcorrente quella della famiglia Crucitti di Brescia: papà Antonello lavora in ospedale e con la moglie Angela che lavora come segretaria a scuola, ha 11 figli di età compresa tra i 24 e i 5 anni. Difficile gestire la quotidianità: da quando ci si sveglia a quando si va a letto tutto deve essere organizzato nei minimi particolari per evitare il caos. Scuola, lavoro, didattica a distanza, sport, catechismo, oratorio e poi le attenzioni particolari per l’ultimogenito nato con una malattia rara. Eppure in questa delicatissima catena di montaggio dove non è permesso il minimo inceppo, c’è tanto spazio anche per la solidarietà. Antonello ha dato vita all’associazione "Fede, speranza e carità" che opera a livello nazionale in aiuto delle persone in difficoltà, ispirandosi ai valori della fratellanza universale. Un modello di vita attento all’aiuto al prossimo – non solo materiale ma anche morale – che Antonello ha trasmesso ai suoi figli che oggi lo aiutano nell’associazione. E sono tantissime, soprattutto in questo anno di emergenza sanitaria, le famiglie che in tutta la Lombardia hanno ritrovato il sorriso grazie alla famiglia Crucitti.

Grandi pacchi alimentari per le famiglie bisognose di Monza

Nei giorni scorsi è stata la volta di 36 famiglie di Monza. La segnalazione è arrivata direttamente dalla dirigente Anna Cavenaghi dell’Istituto comprensivo di via Correggio che ha indicato a Davide Pacetta, volontario monzese dell’associazione e papà di 5 bambini che frequentano le scuole di Cederna, la necessità di aiutare alcune famiglie degli alunni del comprensivo. “Per noi è stata una grandissima gioia – spiega Antonello Crucitti a MonzaToday -. Abbiamo immediatamente riempito gli scatoloni con pasta, riso, passata di pomodoro, legumi, zucchero, olio, formaggio, latte, biscotti e brioche. Tutti prodotti di primissima qualità”. Insomma, un vero e proprio carrello della spesa dalla colazione alla cena per famiglie che, certamente meno numerose di quelle di Antonello, stanno attraversando un momento di difficoltà. A distribuire i grandi pacchi Davide, Daniele Crucitti e la sorella Annamaria. La giovane è anche vicepresidente dell’associazione "Fede, speranza e carità" e con un video ha ringraziato la preside monzese per la disponibilità e per aver permesso loro di regalare una Pasqua più serena a centinaia di monzesi. Negli ultimi tempi stiamo incrementando gli aiuti su Monza – prosegue Antonello -. Sono tante le famiglie in difficoltà”. Ma la vera sorpresa l’hanno ricevuta Davide e Annamaria quando hanno incrociato gli occhi commossi e sbalorditi delle famiglie. “Mamma e papà venivano con il sacchettino della spesa – prosegue Antonello -. Quando noi gli abbiamo consegnato uno scatolone stracolmo e pesante sono rimasti senza parole. Qualcuno non riusciva neppure a sorreggerlo. Ma vi assicuro che si riceve molto più nel dare che nell’avere”.

Un sostegno morale a chi si sente smarrito

L’aiuto per Antonello è fondamentale anche nella presenza. Una presenza che, oggi, purtroppo si deve limitare a una telefonata, per i più tecnologici a una videochiamata, ma che appena sarà possibile anche a un incontro. Antonello, fortificato dalla profonda fede che ha trasmesso ai suoi figli, non si è mai fermato di fronte alla fatica.Ricordo ancora di quella volta che telefonai a un uomo che vive in Brianza e che si era rivolto a noi per chiedere aiuto – aggiunge -. Non si sa perché ma quella sera decisi di chiamarlo per sentire come stava. Era a pezzi e pronto a farla finita. Ho preso di corsa la macchina e mi sono fiondato a casa sua evitando il peggio e dandogli quella forza che gli ha permesso di rimettersi in carreggiata”.

L'associazione per continuare a riempire la dispensa delle famiglie in difficoltà ha bisogno dell'aiuto di tutti.
Anche pochi euro sono fondamentali e preziosi, ricorda Antonello. Tutti i dettagli sull'associaizone e le modalità per sostenere l'operato di Antonello sul sito www.fedesperanzacarita.com o all'email info@fedesperanzacarita.com


di Barbara Apicella

7 aprile 2021

FONTE: Monza Today

giovedì 25 marzo 2021

Pane appena sfornato in dono a chi ne ha bisogno. L'iniziativa di un panificio vittoriese

I vittoriesi continuano a dimostrare di avere un grande cuore e questa pandemia, che sta causando anche numerosi problemi economici, lo sta dimostrando ancora una volta (se mai ce ne fosse stato bisogno). A spendersi per gli altri c’è anche il panificio vittoriese “Il fornaio di casa” che ha deciso di donare, ogni giorno, pane alla Protezione Civile Caruano che lo distribuirà poi alle famiglie bisognose. A differenza di altre iniziative simili, il panificio in questione non dona il pane “avanzato”, quello cioè non venduto a fine giornata, ma prepara appositamente la quantità necessaria per le famiglie che ne hanno fatto richiesta o che sono già seguite dai volontari della CAPC Caruano di Vittoria. Ai titolari del panificio ed ai ragazzi della Protezione Civile un sincero grazie per quello che ogni giorno fanno a sostegno anche dei cosidetti “nuovi poveri”, ovvero quelle persone che hanno perso il lavoro o hanno ridotto all’osso i loro introiti a causa delle restrizioni imposte per il contenimento della pandemia.

26 novembre 2020

FONTE: Radio Sole

lunedì 1 marzo 2021

La maestra Daniela Bertini in bicicletta porta le storie a casa dei bambini in quarantena per il Covid per farli sorridere.

L’idea di una maestra-attrice di San Giuliano Terme (Pisa), che raggiunge le case dei bambini in quarantena per Covid e racconta loro storie, tenendosi a distanza dei bambini, che ascoltano dal giardino, dal balcone o dalla finestra

Daniela Bertini arriva su una coloratissima bicicletta dai bambini costretti a stare a casa in quarantena e li rallegra tenendo loro compagnia leggendo storie dai tanti libri che porta sul carrello dietro la bicicletta. La fantasia come vaccino per il coronavirus ha solleticato la mente della maestra, che racconta come le è venuta l’idea del progetto “La Bici delle storie….. a domicilio”. L’idea le è venuta in mente quando un suo alunno ha dovuto passare tre settimane isolato in casa, poiché il papà era risultato positivo al coronavirus e quando la maestra è passata a portargli i compiti, è stata accolta con una vera atmosfera di festa, visto che il bambino non aveva contatti con nessuno da settimane. La maestra ha così capito che, con la sua passione per il teatro e la letteratura ad alta voce, poteva portare un sorriso e sorprendere quei bambini che, come il suo alunno, non potevano uscire di casa. Così con il suo progetto di volontariato “La Bici delle storie” del 2005, si è riadattata alla necessità del Covid ed è diventato “ La Bici delle storie….. a domicilio” e già nelle prime settimane ha visitato e portato un sorriso a 10 bambini, ovviamente a distanza di sicurezza e con tutte le precauzioni sanitarie. Improvvisamente si sente del rumore dalle strade intorno a Pisa, e si vede arrivare una bici coloratissima con agganciato un carrello altrettanto vivace e colorato, pieno di libri e burattini, guidata da un’animatrice d’eccezione vestita in colori sgargianti e con tanta voglia di fare del bene. La maestra, si ferma davanti alle case in versione di cantastorie, e i bambini, a seconda degli spazi a disposizione, escono in giardino oppure ascoltano affacciati al balcone, alla finestra di casa.

Daniela Bertini è maestra di una scuola primaria in provincia di Pisa, ma è anche attrice: ha fondato l’associazione teatrale “Il Gabbiano”. Ma vista l’emergenza sanitaria che ha coinvolto anche i bambini, per far dimenticare l’atmosfera tesa che stiamo tutti vivendo in questi mesi, si è chiesto, perché togliere ai bambini il diritto e la libertà di poter sorridere e sognare? L’associazione “Il Gabbiano” e la “Bici delle storie….. a domicilio” sono pronte ad accogliere le richieste e pedalare in tutta la provincia, per portare un sorriso e momenti di leggerezza e gioia alle bambine e ai bambini costretti a stare in casa! Il servizio è gratuito.


di Orlando Abiuso

3 gennaio 2021

FONTE: co-worker

venerdì 26 febbraio 2021

Anselmo, il 60enne mantovano che nella notte realizza bici per ragazzi con disabilità: “Ho fatto tandem a 3 ruote o con scivolo-cingolato”

Anselmo Sanguanini ogni mattina alle 3.30 si alza e si infila nel garage della sua villetta di Borgo Virgilio per lavorare il materiale a sua disposizione: fino ad oggi ha realizzato 250 bici speciali, definite da lui stesso "Diversamente Sta...Bili". Veicoli speciali che permettono a chi ha gravi disabilità di riuscire a pedalare o sentire l'aria fra i capelli: "Ognuna è realizzata in base alle disabilità del ragazzo. Chiedo solo un rimborso spese per l'acquisto di alcuni materiali, poi la manodopera me la pagano i ragazzi e il loro genitori con i sorrisi"

Ilaria ha 7 anni e l’aria fra i capelli, quella piacevole sensazione che si può provare semplicemente andando in bicicletta, non ha mai potuto sentirla. Per Ilaria, che vive nel milanese, nulla è semplice. È affetta da Sma, l’atrofia muscolare spinale, una malattia neuromuscolare rara che provoca debolezza progressiva agli arti inferiori e ai muscoli respiratori. Non ha forza nelle gambe, non riesce a camminare, tantomeno a pedalare. Vedeva gli altri bambini sorridere quando andavano in bicicletta. Le sarebbe piaciuto provare quella sensazione, liberare il suo sorriso con l’aria fra i capelli. Sembrava impossibile, ma non aveva fatto i conti con Anselmo, un 60enne mantovano che qualcuno ha già definito un realizzatore di sogni.

Come un moderno demiurgo, Anselmo Sanguanini ogni mattina alle 3 e 30 si alza e si infila nel garage della sua villetta di Borgo Virgilio, un paese in provincia di Mantova che ha dato i natali al poeta latino, e inizia a lavorare la materia a sua disposizione per dar forma ai sogni: pezzi di biciclette usate, malandate, vecchie, rottami a due ruote che nessuno usa più, quando passano fra le sue mani diventano veicoli speciali, in grado di far sorridere bambini e ragazzi affetti da gravi disabilità. Nel garage ci rimane fino all’ora di andare al lavoro, intorno alle 8, alla Lubiam di Mantova, una casa di moda dove fa il manutentore e dove tutti sanno qual è il suo hobby, che nel tempo è quasi diventato una missione. I colleghi per questo lo aiutano, procurandogli le biciclette da riadattare, ma anche i datori di lavoro gli danno una mano permettendogli di utilizzare alcuni dei macchinari che nel suo garage non possiede. Grazie ad Anselmo e alle sue bici speciali, definite da lui stesso “Diversamente Sta…Bili” fino ad oggi 250 ragazzi con disabilità sono tornati a pedalare o a provare l’ebbrezza di farsi scivolare l’aria fra i capelli.
Non c’è una bici uguale all’altra – spiega Anselmo a ilfattoquotidiano.it – perché ognuna è realizzata in base alle disabilità del ragazzo o della ragazza a cui è destinata. Ho realizzato tandem a tre ruote per ragazzi ipovedenti, bici con scivolo-cingolato che caricano carrozzelle, bici con motorino incorporato per accompagnare la pedalata di quei bambini che non riescono neppure a muovere un muscolo. Pensi che per realizzare il primo mezzo di questo tipo mi sono recato in un grande negozio di giocattoli di Mantova e ho chiesto di poter smontare una macchinina elettrica, per capirne il funzionamento e replicarlo con un motorino da mettere sulla bicicletta. Me l’hanno fatto fare”. Tutto quello che fa Anselmo ha un costo, ma non c’è guadagno: “Chiedo solo un rimborso spese per l’acquisto di alcuni materiali, come selle o copertoni, poi la manodopera me la pagano i ragazzi e il loro genitori con i sorrisi che vedo sui loro volti una volta che salgono sulla bicicletta e iniziano a pedalare o a farsi trasportare”.

Tutto è iniziato più di dodici anni fa. Anselmo ha un figlio, Francesco, disabile non verbale, che oggi ha 27 anni e la prima bicicletta "Diversamente Stabile" l’artigiano mantovano l’ha costruita proprio per lui: “I nostri ragazzi speciali – confessa Anselmo – finché sono bambini giocano con tutti indistintamente, senza problemi. Poi crescono e si rendono conto che non possono fare le stesse cose che fanno gli altri. Andare in bici, per molti di loro, è una di queste cose. Permettergli di farlo, realizzando un mezzo adatto alle loro necessità, mi creda, per loro è una grande conquista e per me una gioia che faccio fatica a descrivere. Si commuove, Anselmo, mentre racconta queste cose.
Dopo la prima bicicletta speciale realizzata per il figlio, una tre ruote di un bell’azzurro sgargiante con tanto di nome, ne sono arrivate molte altre e tutto grazie al passaparola: “Negli ambienti che frequentiamo con i nostri ragazzi – spiega – e mi riferisco a centri diurni per disabili, piuttosto che strutture per la fisioterapia, logopedia e molte altre ancora, ci capita di entrare in contatto con molte persone che stanno affrontando le nostre stesse difficoltà. In quegli ambienti la voce che io facevo biciclette un po’ particolari si è diffusa man mano e sono iniziate ad arrivarmi sempre più richieste da tutta Italia”. Anselmo, nonostante le difficoltà create dal Covid per gli spostamenti e i trasporti, continua a lavorare e ha una lunga lista d’attesa: “Attualmente – racconta – sto finendo di realizzare una bicicletta per una bimba romana di 7 anni in carrozzina. Per lei ho realizzato una bicicletta con due ruote davanti e una pedana alta 12 centimetri da terra. Ma ne ho altre tre in coda…”.

Intorno al mondo di Anselmo, si è generato spontaneamente un movimento di solidarietà sempre più ampio: c’è chi ordina una bici per il proprio figlio e paga il materiale anche per le famiglie dei ragazzi che non possono permetterselo, c’è anche chi organizza eventi per raccogliere fondi. E di questo movimento solidale fanno parte anche alcuni autotrasportatori che per lavoro si recano nel mantovano e, gratuitamente, caricano le biciclette di quei ragazzi che vivono al centro e al sud e gliele fanno arrivare a domicilio. Tra poco Anselmo andrà in pensione e allora chissà quante altre bici "Diversamente Sta…Bili" potrà realizzare, chissà quanti desideri potrà esaudire: “Per il momento non ci penso – conclude – e continuo ad alzarmi alle 3… Magari continuerò a farlo anche quando non dovrò più andare al lavoro, avrò più tempo per lavorare alle mie biciclette”.


di Emanuele Salvato

17 febbraio 2021

FONTE: il Fatto Quotidiano

lunedì 22 febbraio 2021

Un tassista dal cuore d'oro: percorre 1300 km per accompagnare una bimba ad una visita medica

Un tassista romano ha effettuato una corsa solidale di circa 1300 chilometri per accompagnare una bambina calabrese ad un'importante visita medica presso l'ospedale Bambino Gesù.

UN VIAGGIO DI 1330 CHILOMETRI CON IL TAXI PER AIUTARE UNA BIMBA MALATA DI CANCRO

La solidarietà non conosce distanze e non si ferma neanche durante l'emergenza Coronavirus. Lo sa bene Alessandro Bellantoni, tassista da quindici anni, che in pieno lockdown è andato da Roma a Vibo Valentia e ritorno per aiutare una bambina calabrese di tre anni affetta da un cancro.
Alessandro conosceva già le difficoltà della famiglia e sapeva che la piccola dopo alcuni pesanti cicli di chemioterapia, avrebbe dovuto effettuare una visita di controllo all'ospedale Bambino Gesù di Roma. Così, dopo aver raccolto tutte le autorizzazioni necessarie per lo spostamento, il 28 Aprile scorso Bellantoni è partito da Roma alla volta di Vibo Valentia. Durante il viaggio si è fermato per una breve sosta in autogrill e in quell'occasione le Forze dell'Ordine hanno chiesto al tassista spiegazioni; dopo aver appreso il nobile motivo della corsa, gli agenti hanno voluto offrire al giovane un caffè.

CON IL TAXI ALESSANDRO AIUTA ANCHE ALTRE PERSONE IN DIFFICOLTA'

Il tassista è arrivato in Calabria in serata e dopo una rapida cena e una breve siesta, verso mezzanotte è ripartito portando con sé la bambina e la sua mamma; Alle 7.30 del mattino il gruppo si trovava già davanti all'ospedale romano. Secondo le parole dello stesso Alessandro: “La visita è andata bene. La piccola è davvero forte ed il controllo ha dato i risultati che i genitori speravano”.
Questa tuttavia non è l'unica bellissima iniziativa solidale di cui Alessandro si è reso protagonista. Durante la fase 1 del Covid 19 il giovane ha lanciato il progetto "Taxi col sorriso" per permettere brevi uscite alle persone affette da disabilità intellettiva, che più degli altri patiscono il regime di contenimento causato dalla pandemia. Alessandro, insieme anche ad altri colleghi, regala rilassanti giri in taxi della durata di mezz'ora nella speranza che la bellissima vista della Capitale possa restituire alle famiglie un soffio di spensieratezza.

12 maggio 2020

FONTE: Mamme.it


Splendida storia che riporto con molto piacere tra le pagine di questo blog. Tra l'altro, ci tengo a sottolinearlo, Alessandro Bellantoni è stato insignito dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella del titolo di Cavaliere al merito della Repubblica nel 2020, assieme ad altre 56 persone, per essersi “particolarmente distinto nel servizio alla comunità durante l’emergenza del coronavirus” (vedi articolo). Un riconoscimento bellissimo, che fa davvero onore a quest'uomo, tra l'altro padre di una ragazza disabile.
Grazie per tutto, Alessandro!

Marco

domenica 21 febbraio 2021

Sacerdoti in corsia nei reparti Covid. Il conforto dei Sacramenti e una parola di speranza

I racconti dei sacerdoti impegnati in servizio nei reparti ospedalieri Covid raccolti dal giornale diocesano "La Libertà" di Reggio Emilia-Guastalla. Sono una ventina in tutto i preti che hanno chiesto e ottenuto di entrare nei reparti Covid per portare il conforto dei sacramenti e una parola di speranza negli ospedali di Reggio Emilia, Guastalla e Scandiano. Un segno di consolazione divenuto concreto grazie a una convenzione firmata dal direttore generale dell’Ausl-Irccs di Reggio Emilia Cristina Marchesi e dal pastore della Chiesa reggiano-guastallese Massimo Camisasca

A volte basta poco per cambiare l’umore di qualcuno. Più volte colgo in me il forte desiderio di poter fare tutto il possibile per rendere gli altri contenti; anche aiutando a vedere la stessa realtà ma con l’ottimismo di chi il bicchiere lo vede mezzo pieno, anziché mezzo vuoto. È prevalso il tempo trascorso nelle camere fra un malato e l’altro, soprattutto per ascoltare i loro racconti; sedersi accanto (nella distanza di sicurezza concessa) per immergersi nei loro ricordi e passioni, essere coinvolti dai loro sogni, desideri e progetti, ma anche condividere e giustificare le loro paure e fatiche. In quei momenti mi è stato concesso di essere una presenza importante mandata dalla Provvidenza; un vero e proprio strumento del Signore inviato lì per infondere calore e per garantire a quel malato il sostegno donato da una presenza umana e divina insieme”. Con queste parole don Giuliano commenta sul giornale diocesano di Reggio Emilia-Guastalla, “La Libertà ”, il suo servizio in un reparto ospedaliero Covid.

Nulla di speciale, in fondo: prendersi cura di un bisognoso ci permette di sperimentare quanto nel Vangelo ci viene raccontato del buon samaritano: modello di vita da fare nostro sempre, al di là di ogni nostra specifica vocazione”, aggiunge il sacerdote, che è collaboratore nell’unità pastorale "Regina della Pace" di Casalgrande e Salvaterra (Reggio Emilia). E come don Giuliano ci sono altri presbiteri, una ventina in tutto, che hanno chiesto e ottenuto di entrare nei reparti Covid per portare il conforto dei sacramenti e una parola di speranza negli ospedali di Reggio Emilia, Guastalla e Scandiano:

6 giorni su 7, con turni dalle 13 alle 20, nella più rigorosa osservanza dei controlli a cui essi per primi si sottopongono e nel rispetto della libertà di coscienza dei cittadini. Un segno di consolazione divenuto concreto grazie a una convenzione firmata dal direttore generale dell’Ausl-Irccs di Reggio Emilia Cristina Marchesi e dal pastore della Chiesa reggiano-guastallese Massimo Camisasca.

È stata ed è per me una priorità in questo tempo di Coronavirus, sia durante la prima che la seconda ondata della pandemia, assicurare la presenza di sacerdoti all’interno degli ospedali”, afferma mons. Camisasca. E aggiunge:

Garantire la vicinanza di un prete a chi è gravemente malato o sta morendo è la più alta forma di carità che la Chiesa possa esprimere. Accompagnare chi muore all’ultimo passo è il dono più importante che possiamo fare ai nostri fratelli. Non c’è infatti solitudine più grande di quella della morte. La presenza del sacerdote alimenta la speranza che l’incontro con Dio sia un incontro vitale, rappresenti l’inizio di una nuova vita”.

L’idea iniziale, maturata anche grazie alla testimonianza di don Alberto Debbi, pneumologo tuttora operante a chiamata presso l’Ospedale di Sassuolo, ha incontrato l’appoggio dei vertici dell’Ausl-Irccs. Sono seguite, da parte della Chiesa diocesana, le richieste di disponibilità ai sacerdoti, individuando come potenzialmente idonei quelli di età inferiore ai 60 anni. Quanti hanno risposto all’appello hanno subito intrapreso un cammino di formazione online; insieme ai preti disponibili, agli incontri preparatori partecipano sia funzionari dell’Azienda sanitaria, che ne curano l’addestramento, sia membri di un’équipe diocesana, che offre un percorso di sostegno.
Offrire un supporto psicologico e spirituale – sottolinea mons. Alberto Nicelli, vicario generale – può costituire un sollievo in primo luogo per i malati; la presenza dei sacerdoti dà poi sostegno alla loro comunicazione, attraverso telefoni e tablet, con i familiari lontani; rappresenta altresì un aiuto al personale medico-sanitario, affaticato e spesso provato in prima persona dal virus”.

Azienda sanitaria e diocesi hanno condiviso la consapevolezza che l’assistenza spirituale può essere in tantissimi casi un “quid” che si aggiunge alle competenze scientifiche e all’azione terapeutica.


di Edoardo Tincani

13 febbraio 2021

FONTE: La difesa del popolo

giovedì 11 febbraio 2021

Lavoratori donano la tredicesima alla Fondazione "Rava": così saranno offerti 60mila pasti in sette regioni

I dipendenti di EcoEridania hanno donato parte della loro tredicesima alla Fondazione "Francesca Rava" che ora potrà offrire 60mila pasti alle persone bisognose in 12 città. La distribuzione prevede 180mila portate e avviene grazie alla collaborazione di Eataly

Un piccolo, grande gesto in favore dei più deboli che mai come quest’anno di emergenza sanitaria ed economica ha aumentato il numero dei nuovi poveri. È quello che arriva dai dipendenti del gruppo EcoEridania che hanno rinunciato a parte della tredicesima per consentire alla Fondazione "Francesca Rava" di offrire oltre 60mila pasti alle persone bisognose, in 12 città di sette regioni, sino a capodanno.

I pasti

I pasti avranno la qualità garantita da Eataly e la distribuzione è garantita da una rete di 23 enti, che tutto l’anno lavorano per assicurare pasti ai poveri e, adesso, potranno servirne altre 180mila portate calde. «Nel 2020 la Fondazione “Francesca Rava” ha compiuto 20 anni ed è molto bello che possiamo festeggiare il nostro anniversario, aggiungendo a Natale 60mila posti alla simbolica tavola della vita — racconta Mariavittoria Rava, presidente Fondazione “Francesca Rava” N.P.H. Italia Onlus — in queste feste in cui molte famiglie non potranno rivedersi, saremo vicini a tante persone che soffrono e che sono sole. Grazie di cuore al Gruppo EcoEridania e al gesto generoso dei suoi dipendenti e collaboratori che ci permettono di portare l’eccellenza di Eataly per una festa ancora più grande per tutti».

La distribuzione

La distribuzione è già partita in diverse citta d’Italia da Milano a Genova passando per Piacenza, Reggio Emilia, Bologna, Forlì e Bari. «Per noi è davvero importante far star bene chi ha davvero bisogno — aggiunge Andrea Giustini, presidente del Gruppo EcoEridania — Per pensare a questo servivano dei professionisti perché non solo volevamo farli mangiare, volevamo soprattutto farli mangiare molto bene e per questo ho pensato alla famiglia Farinetti, all’eccellenza di Eataly e grazie a loro ed alla Fondazione “Francesca Rava” siamo riusciti a mettere in piedi il più grande catering d’Italia». Uno gioco di squadra condiviso nel segno della beneficienza. «Abbiamo dato un importante contributo in termini logistici e di know-how, creando pasti di vera qualità — spiega Nicola Farinetti, amministratore delegato di Eataly — e portiamo le nostre ricette semplici e tradizionali. Sono preparate con ingredienti italiani di alta qualità sulle tavole delle mense di tutta Italia che durante queste feste possiamo raggiungere attraverso il lavoro della Fondazione “Francesca Rava” e ringraziamo il gruppo EcoEridania per averci dato l’opportunità di fare la nostra parte in questa bella iniziativa».


di Alessio Ribaudo

27 dicembre 2020

FONTE: Corriere della Sera

lunedì 8 febbraio 2021

In Langa il medico che combatte la paura da Coronavirus in sella alla sua Ambra

“I miei assistiti sono preoccupati per questa pandemia ma arrivando con la mia cavalla è come se facessi una mini pet therapy anti panico da Covid-19”

Tra i tanti effetti collaterali che ha questa terribile pandemia da Covid-19, c’è anche quello della paura, dell’incertezza su come comportarsi e anche la preoccupazione di non riconoscere in tempo i sintomi in noi stessi e nei nostri familiari. Per questo arrivare dai miei assistiti, spesso preoccupati, con la mia cavalla Ambra, è un modo per stemperare la tensione, rasserenare almeno per un attimo gli animi in questo brutto periodo. Del resto i cavalli sono stati tra i primi animali ad essere utilizzati con successo nella pet therapy, quasi come un calmante naturale”.

A dirlo è il medico di base Roberto Anfosso, mille e 200 persone delle quali prendersi cura, la cui età media supera i settanta anni e spesso va oltre i cento. Da loro, tra La Morra e Verduno, il medico Anfosso si reca al galoppo, ossia in sella alla sua bella cavalla Ambra.

Ormai i miei pazienti sono abituati a vedermi arrivare a cavallo e soprattutto in questo periodo così difficile, dove a dominare è l’incertezza, noto che sono più sereni, perché identificano questo mio modo antico di muovermi con la volontà di voler dedicare loro più tempo e si sentono gratificati”.

Il Coronavirus è arrivato anche sulle belle colline di Langa?

Purtroppo sì. Ad ora ho avuto una paziente di novanta anni e un uomo sui sessanta deceduti per Covid-19, più altre persone in quarantena. Nonostante l’isolamento naturale di queste aree, la pandemia, anche se in maniera inferiore, ha bussato alla porta di queste cascine”.

Come è cambiato il suo lavoro?

Già prima facevo molte visite a domicilio, proprio per agevolare gli assistiti che hanno difficoltà a muoversi per venire in ambulatorio. Per questo ho tutti gli strumenti di cui ho bisogno nelle due bisacce portate da Ambra. In questo periodo, però ho un abbigliamento anti Covid19, ossia oltre a guanti e mascherina, utilizzo un camice monouso che dopo ogni visita butto via. Ma la diversità maggiore è ciò che succede prima delle visite a domicilio: ogni giorno ricevo dalle cinquanta alle settanta telefonate da parte di assistiti preoccupati ed impauriti per quello che sta accadendo, timorosi di essere stati contagiati e anche molto preoccupati per familiari ed amici infetti, per le loro condizioni di salute. Io tranquillizzo tutti, passo a domicilio anche se non richiesto e con la mia Ambra cerco di stemperare la tensione”.

Ambra è sempre contenta di farle da assistente?

“Assolutamente sì. Ormai conosce la strada e da chi visitiamo di più ci arriva senza le mie indicazioni. L’importante è iniziare bene la mattina
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Cioè?

Per svegliarla devo arrivare da lei piano, accarezzarla per qualche minuto e darle il suo zuccherino. Solo dopo tutto questo nostro rito, Ambra mi fa un cenno di saluto con il muso e capisco che è pronta per le visite a domicilio dei nostri pazienti che ormai ci considerano una equipe che oltre ai farmaci porta anche sorrisi. E in questo periodo ne abbiamo tutti bisogno”.


30 aprile 2020

FONTE: La Voce di Alba