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sabato 18 settembre 2021

Il falegname dell'Iowa che ha pagato il college a 33 studenti bisognosi

Appena prima della sua morte, avvenuta nel 2005, un falegname dell'Iowa chiamato Dale Schroeder decise di donare i risparmi di una vita per aiutare gli studenti più bisognosi del luogo ad andare al college. Cresciuto in povertà e vissuto con uno stile di vita frugale, Schroeder aveva infine accumulato 3 milioni di dollari. Nei 14 anni successivi alla sua morte, la sua donazione ha mandato al college ben 33 studenti.

Nato nel 1919, Dale Schroeder lavorò come falegname, a Des Moines in Iowa, per ben 67 anni. Quandò venne a mancare, nel 2005, aveva messo da parte quasi 3 milioni di dollari.

Cresciuto in povertà, ebbe uno stile di vita estremamente frugale. Secondo il suo amico e avvocato, Steve Nielsen, Schroeder aveva solo due paia di jeans: uno per il lavoro e uno per andare in chiesa. Non si sposò mai e non aveva discendenti.

Prima della sua morte, nel 2005, Schroeder entrò nell'ufficio di Nielsen e gli disse che voleva avviare un programma per delle borse di studio. Non aveva avuto la possibilità di andare al college, ma voleva che gli altri fossero in grado di ricevere un'educazione. I suoi soldi, nei 14 anni successivi alla sua morte, sono andati a ben 33 ragazzi provenienti da famiglie poco agiate e hanno permesso loro di andare al college. Molti di loro, oggi, sono dottori, insegnanti e psicologi.

Nel 2019 i "Dale's Kids" si sono incontrati per una cena, per onorare l'uomo che aveva reso possibili i loro sogni. Si sono seduti attorno al vecchio cestino del pranzo del falegname per condividere aggiornamenti sulle loro vite.

L'ultima è stata Kira Conard, che aveva il sogno di diventare psicoterapeuta. “Per essere un uomo che non mi ha mai incontrato, questo gesto è incredibile” ha detto. Dopo aver mandato al college 33 ragazzi, il fondo si è putroppo esaurito.


13 luglio 2021

FONTE: Fatti strani dal mondo

giovedì 2 settembre 2021

Harris Rosen, un milionario fatto da sé che sta cambiando il mondo

Ciò che una persona fa con i loro soldi, dice molto su di loro. Alcune persone lo tengono vicino, salvandolo, non condividendolo mai con nessuno. Alcune persone danno per scontata la loro ricchezza, spendendo i loro soldi "volenti o nolenti" senza pensare al futuro. Alcune persone raggiungono un equilibrio, parcellizzando attentamente, un po 'alla volta. Un piccolo gruppo di persone prende i loro soldi e li usa per influenzare grandi cambiamenti. Harris Rosen, un imprenditore con sede in Florida, fa parte di quest'ultimo gruppo. Sebbene provenisse da umili origini, alla fine accumulò una considerevole fortuna, stimata in centinaia di milioni di dollari. Piuttosto che sedersi sui suoi milioni, tuttavia, ha ritenuto necessario cambiare il mondo intorno a lui in meglio. Il modo in cui ha investito i suoi soldi, ha avuto un effetto a catena che cambierà la vita delle generazioni a venire. Ecco come un uomo generoso, con un piano sorprendentemente semplice, ha reso il suo angolo del mondo un posto infinitamente migliore.

Harris Rosen è nato il 9 settembre 1939 a New York City. È cresciuto in Hell's Kitchen. Mentre quella zona di Manhattan è ora sede di ristoranti di fascia alta, club e grattacieli, negli anni '40 e '50, era un ghetto. Gli appartamenti sembravano accatastati a casaccio gli uni sugli altri, i senzatetto erano affollati sotto ogni sporgenza disponibile, e la zona era rumorosa, sporca e pericolante. Mentre si trovava nella scuola elementare, il signor Rosen sarebbe sfuggito alla zona povera aiutando suo padre a completare e posizionare i segnaposti con lettere a mano per i principali banchetti che si tengono al Waldorf-Astoria. Il mondo del Waldorf-Astoria e le persone che incontrava lì, tra cui Marilyn Monroe, lo rendevano desideroso di qualcosa di meglio. Sua madre ha chiarito che l'unica via d'uscita dalla loro situazione attuale era attraverso una buona educazione. Ha preso a cuore la sua lezione, e attraverso il lavoro manuale e la concentrazione, si è laureato con voti solidi e una borsa di studio alla Cornell University.

Si è laureato da Cornell con un B.S. nell'Amministrazione degli alberghi, e poi ha trascorso tre anni nell'esercito statunitense di stanza all'estero. Dopo essere tornato, è tornato a lavorare nel settore dell'ospitalità, lavorando proprio nell'hotel dove ha scoperto che c'era qualcosa al di là del mondo fuori dalla sua porta. Ha iniziato come venditore di convention per il Waldorf-Astoria, per poi passare a lavorare per Hilton Hotels e il New Yorker Hotel. Fu infine assunto dalla Walt Disney Company, dove divenne strumentale nello sviluppo delle loro località di Contemporary, Polynesian e Fort Wilderness. Tuttavia, qualcosa non stava funzionando. I più alti della Disney finirono per licenziarlo perché non aveva un futuro come "un uomo della compagnia". Decise che la loro valutazione era vera e si preparò a fare qualcosa al riguardo.

Nei primi anni '70, usò gli ultimi $ 20.000 e comprò un Quality Inn a Orlando. L'hotel ha 265 camere. Avanziamo rapidamente per quasi 40 anni e ha costruito uno dei gruppi alberghieri di maggior successo di proprietà privata nel mondo. È il più grande in Florida, infatti. Lavora ancora fuori dal suo ufficio nel piccolo hotel di 265 camere che ha dato il via a tutto, e la sua casa è piacevole, ma tutt'altro che opulenta. Invece, Harris Rosen ha dedicato la maggior parte dei suoi milioni a rendere il mondo un posto migliore in un modo molto tangibile.

In primo luogo, donò $ 10 milioni e 20 acri di terra all'Università della Florida Centrale, in modo che potessero espandere il loro programma di ospitalità. Il nuovo Rosen College of Hospitality Management, inaugurato nel 2004, e il meraviglioso campus sono una combinazione di tutte le migliori parti di altri campus di gestione dell'ospitalità in tutto il mondo. Il college è ora sede di 3500 studenti ed è il più grande programma di ospitalità negli Stati Uniti.

Non contento di fermarsi con quella massiccia dose di filantropia, il signor Rosen ha rivolto la sua attenzione ad aiutare un quartiere locale. L'area del Tangelo Park è una porzione della Florida centrale originariamente aranceti. La maggior parte delle persone che vivevano lì erano persone che lavoravano nei boschi. Nel corso degli anni, i boschi sono scomparsi, ma la povertà e l'isolamento della zona non hanno funzionato. Il signor Rosen ha visto qualcosa nel vicinato, forse qualcosa che gli ricordava la sua infanzia. Ha escogitato un piano sorprendentemente semplice ed efficace per cambiare il volto dell'area, nel corso di una conversazione di un'ora con quattro colleghi.
Nel 1993, ha lanciato il Tangelo Park Program, un progetto a più livelli dedicato all'educazione. Il programma fornisce l'accesso all'asilo in età prescolare per i bambini dai 2 ai 4 anni. I genitori dei bambini nel programma hanno anche la possibilità di ricevere una formazione tecnica e di seguire corsi di formazione professionale e genitoriale. Tutti i diplomati della zona che vengono accettati in un'università pubblica, in una comunità, in una scuola pubblica o in una scuola professionale della Florida ricevono una borsa di studio della Fondazione Harris Rosen. Le borse di studio coprono tasse scolastiche, soggiorno e istruzione fino allo studente laureato. Dall'inizio del programma, 200 studenti hanno ottenuto le borse di studio Rosen e 150 di questi studenti si sono laureati. Il programma è ora in vigore da abbastanza tempo che gli studenti che hanno beneficiato del programma pre-K, stanno ora entrando all'università con la borsa di studio Rosen. La generosità di Harris Rosen ha completamente cambiato il modo in cui i bambini nella zona vedono se stessi e il loro futuro. Il programma ha persino permesso ad alcuni adulti di frequentare il college. Fino ad oggi, ha utilizzato $ 9 milioni di fondi propri per il programma. Ha in programma di continuare a sponsorizzare l'educazione dei bambini nell'area, fino a quando il panorama economico della comunità non sarà stato influenzato positivamente. Come dice lui, "sarò coinvolto nel programma fino a quando Tangelo Park è una comunità chiusa e la casa media sta vendendo per $ 1 milione".

Non contento di riposare sugli allori, nell'aprile 2014 Harris ha annunciato che stava lanciando un programma di borse di studio per aiutare i bambini nel quartiere di Orlando di Parramore.

Ha anche un programma per la costruzione di alloggi a basso costo ad Haiti. Nel gennaio 2012, Harris ha acquistato un appezzamento di terreno di 60 acri nella zona calpestata della città haitiana di Hinge. Ora è in procinto di costruire centinaia di case unifamiliari a basso costo. Le case costano solo $ 5000 e possono essere acquistate con pagamenti estremamente bassi. Come se ciò non fosse abbastanza sorprendente, la compagnia di Harris si sta offrendo anche per finanziare i mutui oltre 100 anni a solo l'1% all'anno. È davvero incredibile.

Mentre i suoi obiettivi possono sembrare alti, devi solo guardare da dove viene per capire perché crede che cambiare il mondo sia possibile. Harris Rosen ha fatto quello che ha detto sua madre. Ha una buona educazione. Però non ha dato quell'educazione per scontata. Ha lavorato sodo, e poi ha preso i soldi che ha guadagnato, e ha fatto in modo che altre persone avessero le opportunità che aveva. Se ciò che una persona fa con i loro soldi dice molto su di loro, le scelte finanziarie di Harris Rosen lo rendono una delle persone più gentili e generose del pianeta. Questo pianeta sarebbe un posto davvero incredibile, se ci fossero più uomini e donne come lui.


FONTE: Celebgossipcolumn

sabato 18 marzo 2017

Piacenza, l'asilo dai 3 ai 90 anni dove anziani e bimbi si prendono per mano


Si chiama educazione intergenerazionale: nella stessa struttura si incontrano e giocano insieme piccoli e vecchi, tra favole e lezioni di cucina. "Esperimento riuscito"

PIACENZA. Alcuni hanno quasi un secolo, altri soltanto tre anni. Sono l'inizio e l'autunno della vita. A Piacenza c'è un asilo dove gli estremi si incontrano e vecchi e bambini "crescono" insieme. Dove la lentezza è un dono. C'è Fiorella che ha 87 anni e Stefano e Carlo che vanno al nido. Lei spinge il deambulatore e loro la precedono. 
Guardate - ride Fiorella - ho tanti cavalieri, non sembro una regina?. Poi tutti a sporcarsi di farina e a impastare torte. Divertendosi non poco. Mano nella mano. Perché i più anziani e i più piccoli hanno lo stesso passo, si sa, e basta uno sguardo per essere complici e diventare amici. 

Aurora, 36 mesi, taglia pezzetti di mela e Maria, 90 anni, che è mamma, nonna e bisnonna e da giovane faceva la "bottonaia", mescola farina e zucchero, mentre Franco, classe 1933, legge le fiabe a Noemi, e Olga, nata nel 1927, attenta e lucida, racconta di sé: 
Io li ascolto i bambini sapete, ci gioco, gli narro le storie della mia infanzia, e loro sono attenti, mi guardano diritti diritti negli occhi. E se mi fermo, mi tirano per il braccio: "Nonna Olga, poi che cosa fa il lupo?"


Si chiama "educazione intergenerazionale", consiste nel far coabitare nella stessa struttura un asilo nido e un centro anziani, i piccolissimi e i grandi vecchi. 
E poi creare delle occasioni di incontro, come la cucina, la pittura, la lettura, in cui le età si mescolino, le generazioni si fondano, partendo dalla constatazione che gli anziani e i bambini insieme stanno bene, e imparano gli uni dagli altri spiega Elena Giagosti, coordinatrice del progetto che l'Unicoop di Piacenza sta sperimentando da alcuni anni. Una grande struttura moderna di vetro e acciaio, finestre luminose sul verde, spazi ampi e colorati che ospitano circa 80 anziani e un nido per 40 bambini dai tre mesi ai tre anni. Luoghi divisi naturalmente, ma con tante aree comuni. 


A metà mattina c'è il laboratorio di cucina. Mele golden, lievito e granella di zucchero. Grandi e piccoli tagliano e impastano, sotto lo sguardo vigile delle educatrici. Carlo, tre anni, immerge il dito nel dolce: 
Fiorella non ha fatto niente, ho fatto tutto io, sono un cuoco, e i nonni del nido sono buffi, e ride contentissimo della sua battuta. Giacomo Scaramuzza ha 94 anni, è stato giornalista alla "Libertà" ed è tuttora attivissimo. Quando sono venuto a vivere qui, non sapevo che ci fossero anche i bambini, per me che non ho avuto figli sono stati una scoperta incredibile, io partecipo a tutte le attività, con loro non c'è bisogno di parole, ci si capisce con gli sguardi, c'è uno scambio assolutamente naturale. Troppo spesso oggi le età non si incontrano, come se la vecchiaia fosse qualcosa da nascondere. Così, invece, è un po' come passare il testimone.... Un progetto per adesso unico in Italia ma già attivo in Francia e soprattutto a Seattle, alla "Providence Mount St Vincent", la prima scuola materna inserita in un centro anziani, diventata famosa in tutto il mondo con il documentario "Present Perfect". 


Racconta una mamma: 
Mia figlia è entusiasta degli anziani del nido. Se li incontriamo fuori li saluta, li riconosce, come fossero amici della sua età. Perché a contatto con i "grandi vecchi" i piccoli imparano a non avere paura di rughe e disabilità, spiega Valentina Suzzani, responsabile pedagogica dell'asilo. Così il deambulatore diventa un triciclo da spingere, la carrozzina del nonno una macchina sportiva, e se per gli anziani i piccoli sono una ventata di gioia, i bambini attingono alla saggezza e all'ironia di chi ormai non ha più frettaOggi siamo oggetto di tesi di laurea, ma quando abbiamo iniziato non sapevamo nulla né della Francia né di Seattle - dice Elena Giagosti - avevamo però alle spalle decenni di esperienza della Unicoop nella gestione sia di nidi che di anziani. E ogni volta che avveniva "l'incontro" ci rendevamo di quanto fosse prezioso per entrambi. Così abbiamo pensato di far "convivere" sotto uno stesso tetto le varie età della vita. Ed oggi è un successo


Franco Campolonghi è nato nel 1933, di anni ne ha 84, è il responsabile della biblioteca del nido e qui, al centro anziani, ha anche incontrato una nuova compagna. 
I libri e i giornali sono stati sempre la mia più grande passione, da giovane divoravo Hemingway, e poi Piero Chiara, Fruttero e Lucentini. Così sapendo del mio amore per la lettura mi hanno chiesto se volevo occuparmi dei libri per il nido. E per me è stata una festa. Mi sono informato, ho cercato i testi giusti. Ogni giovedì i piccoli salgono qui con le educatrici e noi vecchi leggiamo loro le favole. Ci divertiamo un mondo, e vedessi quanto sono attenti. Se smetti ti tirano per la giacca. E alla fine vogliono sempre ricominciare da capo


di Maria Novella De Luca

19 febbraio 2017

FONTE: Repubblica.it


Gran bella iniziativa che riporto con molto piacere sulle pagine di questo blog.
Gli anziani sono spesso ritenuti come un "peso" per la nostra società moderna, dove tutto deve essere all'insegna dell'efficenza e della produttività, spesso passando sopra ad altri valori che non sono di sicuro meno importanti. Ed invece gli anziani sono una grande risorsa per tutti quanti noi, una risorsa di esperienza, di saggezza e di Amore. Vivere con una persona anziana ti insegna tante cose ed è quindi bello che ci possa essere la possibilità di vedere anziani e bambini (che sono il futuro del mondo) passare del tempo insieme, condividendo le stesse cose e attingendo il "meglio" che possono offrire queste età così differenti, gli uni dagli altri. Per gli anziani passare del tempo con i bambini è sempre un motivo di grande gioia, mentre per i bambini passare del tempo con gli anziani significa "fare il pieno" di affetto e calore, nonché di valori ed esperienze preziose che certamente costituiranno per loro un "bagaglio" importante nel prosieguo della loro vita. Ben vengano quindi iniziative come queste, con l'augurio che si diffondano sempre di più!

Marco

venerdì 4 novembre 2016

Hanan Al Hroub, la maestra migliore del mondo tra i bambini del campo profughi


La maestra elementare di Betlemme, 5 figli, vincitrice del Global teacher prize 2016, il premio da un milione di dollari per il docente che si è maggiormente distinto nel suo lavoro: "A noi palestinesi hanno portato via la terra perché eravamo ignoranti"

DUBAI
Sono nata e cresciuta in un campo profughi tra violenza, soprusi e tensione quotidiana. Non ho avuto una vera infanzia e invece vorrei che i nostri figli, che tutti i bambini del mondo, potessero ridere, giocare, imparare a convivere in un clima sereno. Sono diventata insegnante per crescere una generazione che sappia vivere in pace

Hanan Al Hroub, 43 anni e cinque figli, maestra elementare nel campo profughi palestinese di Betlemme, ancora non riesce a credere di aver vinto il premio Nobel dei professori, "The Global teacher prize" indetto dalla Varkey Foundation. È la miglior docente del mondo dopo aver battuto altri ottomila candidati. Il sorriso occupa tutto il suo bel volto mentre le immagini della sua terra, dei giorni in classe, tra timori e speranze confinate nel campo, diventano realtà in un fiume di parole.

Cosa dirà ai suoi studenti domani?
Che sono il futuro dell'umanità, che le nostre armi sono solo l'educazione e l'istruzione. Con quelle possiamo cambiare il mondo, farlo diventare un luogo più giusto e pacifico.

Cosa farà con il milione di dollari del premio?
Vorrei usarlo per aiutare chi, di qualunque paese, vuole studiare e non ha i mezzi. O per i professori che vogliono imparare il mio metodo per combattere la violenza e l'aggressività.

Da cosa è nato il suo metodo?
Studiavo letteratura inglese all'università. Un giorno mio marito, mentre tornava a casa con i figli, è stato ferito a colpi di fucile dai soldati israeliani. I bambini hanno assistito impotenti, lo hanno visto a terra, coperto di sangue. Sono rimasti scioccati, non riuscivano più a studiare, ad uscire di casa. Era già difficile prima, vivere tra check pont e arresti. Dopo il ferimento non erano più gli stessi. Allora ho deciso: ho lasciato l'università e sono diventata io la loro maestra, ho cercato di riavvicinarli allo studio con il gioco e, giorno dopo giorno, anche i compagni di scuola hanno cominciato a venire da noi. Imparavano divertendosi. Decidere di insegnare in una vera classe è stato il passaggio successivo


Come insegna?
È difficile per ragazzini che crescono in un clima di violenza, ingiustizia e sopruso concentrarsi, studiare. Diventano facilmente aggressivi perché sono tristi, frustrati dalla realtà. Così quando arrivano a scuola cerco di essere allo stesso tempo un'insegnante e una sorta di genitore che li conosce a fondo, sa le loro debolezze e i loro problemi. Attraverso il gioco li educo ad ascoltare gli altri, a comprendere le opinioni diverse, ad accettare la sconfitta senza rabbia. Creo un clima di collaborazione, fiducia, rispetto. E i risultati si sono visti: meno aggressività, voti migliori


La sua è una vittoria per la Palestina?
Sì, con me hanno vinto tutti i docenti del mio paese. Dedico a loro la mia vittoria e anche a tutti i professori che insegnano in condizioni difficili, a chi come me crede che l'educazione, il sapere, siano le armi per cambiare il nostro futuro, il mondo. A noi palestinesi hanno portato via la terra perché eravamo ignoranti, ma le cose cambieranno. Come dice il verso di un poeta palestinese: "Nel corso del tempo potremo magari fare cose da prigionieri, ma stiamo educando la speranza"


Il Papa ha annunciato la sua vittoria.
Sono ancora incredula che una persona della sua levatura religiosa mi abbia nominata, che abbia ricordato il diritto dei bambini a giocare, ridere, che abbia parlato dell'importanza dei professori nel segnare le vite. Vorrei incontrarlo, le sue parole hanno significato per me che veramente c'è una volontà comune di combattere la violenza e vivere in pace.

di Caterina Pasolini

15 marzo 2016

FONTE: Repubblica.it  



Amare il proprio lavoro, svolgerlo con dedizione e passione, sopratutto quando questo porta frutti di pace e concordia..... ebbene, anche questo è Amore.
Grazie Hanan Al Hroub!

Marco

giovedì 23 luglio 2015

«Educare alla vita i ragazzi difficili». La scelta di Giorgia Benusiglio

A 17 anni rischiò di morire per l’ecstasy. Oggi il suo lavoro è aiutare gli adolescenti

Giorgia arriva trafelata, affida i cagnolini al fidanzato e si concede un’oretta per parlare di sé. Non capita tanto spesso. «Misuro il tempo libero con il contagocce», sorride, «praticamente vado a ruba».
La cercano tutti, in effetti. Nelle scuole, nelle carceri, ai convegni, nelle comunità di recupero, ai workshop, negli incontri pubblici e nelle piccole riunioni di settore. Chiedono la sua presenza professori e genitori, educatori e psicologi, da un capo a all’altro della Penisola e ultimamente anche oltre confine. E quando è a casa le basta dare un’occhiata alla posta o ai messaggini arrivati via WhatsApp, ce ne sono sempre in gran quantità. Tutto questo in direzione di un unico argomento: la devianza giovanile, cioè la strada sbagliata che porta le esistenze di ragazzi e ragazze verso la droga, l’alcol, l’autolesionismo, il bullismo, l’anoressia, il cyberbullismo... «Non l’avrei mai detto. Stavo per morire e invece guarda cosa sto facendo... Adesso questa è la mia vita, il mio lavoro. Studio, mi aggiorno, seguo tutto e tutti e provo a fare del mio meglio per educare alla vita ragazzi che hanno bisogno di essere ascoltati e capiti, due cose per nulla scontate».

Riavvolgiamo il nastro del tempo, torniamo a una sera in discoteca dell’anno 1999. Giorgia aveva 17 anni e voglia di ballare fino all’alba. Prese una mezza pasticca di ecstasy e finì all’ospedale di Niguarda con un’epatite tossico-fulminante. Il suo cuore stava rallentando e si sarebbe fermato in poche ore se Alessandra, una ragazza di 19 anni, non si fosse schiantata in macchina a centinaia di chilometri da lei. C’era una donatrice e i medici tentarono il trapianto, il primo in Italia dopo una diagnosi di quel genere. Giorgia (che di cognome fa Benusiglio) promise a se stessa e a suo padre Mario che se fosse sopravvissuta sarebbe andata di scuola in scuola a fare della sua esperienza una campagna antidroga. Andò bene e quella ragazzina magra magra tornò a casa ad affrontare il lunghissimo percorso post-trapianto (che in realtà non finirà mai).
Nel 2007 arrivò l’ora di mantenere la vecchia promessa. La prima scuola fu a Milano e da lì in poi arrivarono richieste per decine e decine di interventi, ovunque. Giorgia sapeva come parlare ai ragazzini, gli insegnanti si accorsero della sua capacità di entrare in sintonia con loro e lei cominciò a capire che forse proprio quello era il futuro che più le corrispondeva. Nel 2010 scrisse un libro che amplificò l’effetto (Vuoi trasgredire? Non farti!) e lo stesso anno si laureò in Scienze della formazione primaria. L’indirizzo? Psicologia della famiglia ovviamente, e la sua tesi, manco a dirlo, puntò sui comportamenti devianti e a rischio e sui punti deboli della crescita adolescenziale.

«Più entravo in quel mondo più mi ci appassionavo - spiega lei -. Così non ho mai smesso di leggere e studiare, ho coltivato contatti importanti che mi hanno molto arricchito, ho moltiplicato gli impegni sull’argomento adolescenza. Ho conosciuto mostri sacri dello studio sulle dipendenze, come Riccardo Gatti, tanto per citarne uno». Nei 32 anni di Giorgia ci sono collaborazioni con la Comunità di San Patrignano, con Onlus come «Cuore e Parole», con don Mazzi, con la Kayros di don Burgio (cappellano del carcere minorile Beccaria) e progetti di lavoro con gruppi di psicologi, di detenuti e di educatori. Una vera e propria professione, ormai. Lei è diventata un’autorità, tanto da meritarsi il prestigio di un riconoscimento americano (il premio Melvin Jones Fellow). Ma quello che più la fa felice sono le parole di chi le scrive o la chiama per dirle che la sua vita sta andando un po’ meglio da quando lei ha cominciato a farne parte. Per esempio queste: «Cara Giorgia, volevo ringraziarti per avermi salvato la vita. Se non fosse stato per te io quella mezza pasticca di ecstasy l’avrei provata (...) per dimenticare, perché mi vedo molto brutta e mi sento molto sola». Ogni messaggio racconta un dramma: «Cara Giorgia stamattina, quando hai parlato di bulimia, anoressia e autolesionismo ho pensato che con te potevo sfogarmi. Ho 13 anni e da un anno sono autolesionista(...) ogni volta che sto male la prima cosa che penso è farmi del male».
Molti affidano confidenze a «Giorgia Benusiglio prevenzione droga», la sua pagina facebook: «Ho 13 anni, da un po’ di tempo penso che la mia vita debba finire adesso. Sono autolesionista, mi limito a farmi del male con le unghie ma ho quasi tentato il suicido quando in casa non c’era nessuno...».
Qualche volta a scrivere sono le madri. Non sanno come comportarsi davanti a una figlia o un figlio adolescente che sembra voler comunicare con tutti tranne che con loro. «Io non ho certo la pretesa di sapere cosa fare in ogni occasione - dice Giorgia -, ma so che spesso bastano piccole cose a fare grandi differenze. Un esempio? Se tua figlia è lontana a studiare da qualche parte non le chiedere ogni santo giorno: cos’hai mangiato? Chiedile se si sta divertendo, se sta bene. Cambiano i toni immediatamente. Quando mi riscrivono per dirmi che ha funzionato io mi sento felice. Per loro e per me stessa».

di Giusi Fasano

31 maggio 2015

FONTE: http://www.corriere.it/cronache/15_maggio_31/educare-vita-ragazzi-difficili-scelta-giorgia-benusiglio-51207b18-075d-11e5-811d-00d7b670a5d4.shtml


Ecco una storia che ci insegna come da un male vissuto, spesso ne può uscire un Bene, come da una cattiva esperienza possono scaturire dei frutti estremamente buoni e duraturi. E questo è proprio il caso di Giorgia Benusiglio, che da una tragica esperienza che l'ha portata fin sulla soglia della morte, è ritornata alla vita con la fortissima motivazione di aiutare tutta quella gioventù che spesso si ritrova allo sbando, incamminata verso cattive strade e ammaliata da false luci. E c'è davvero molto bisogno di testimonianze forti e dell'esperienza di persone come Giorgia, per aiutare giovani e genitori.

Marco