Visualizzazione post con etichetta Istruzione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Istruzione. Mostra tutti i post

sabato 18 settembre 2021

Il falegname dell'Iowa che ha pagato il college a 33 studenti bisognosi

Appena prima della sua morte, avvenuta nel 2005, un falegname dell'Iowa chiamato Dale Schroeder decise di donare i risparmi di una vita per aiutare gli studenti più bisognosi del luogo ad andare al college. Cresciuto in povertà e vissuto con uno stile di vita frugale, Schroeder aveva infine accumulato 3 milioni di dollari. Nei 14 anni successivi alla sua morte, la sua donazione ha mandato al college ben 33 studenti.

Nato nel 1919, Dale Schroeder lavorò come falegname, a Des Moines in Iowa, per ben 67 anni. Quandò venne a mancare, nel 2005, aveva messo da parte quasi 3 milioni di dollari.

Cresciuto in povertà, ebbe uno stile di vita estremamente frugale. Secondo il suo amico e avvocato, Steve Nielsen, Schroeder aveva solo due paia di jeans: uno per il lavoro e uno per andare in chiesa. Non si sposò mai e non aveva discendenti.

Prima della sua morte, nel 2005, Schroeder entrò nell'ufficio di Nielsen e gli disse che voleva avviare un programma per delle borse di studio. Non aveva avuto la possibilità di andare al college, ma voleva che gli altri fossero in grado di ricevere un'educazione. I suoi soldi, nei 14 anni successivi alla sua morte, sono andati a ben 33 ragazzi provenienti da famiglie poco agiate e hanno permesso loro di andare al college. Molti di loro, oggi, sono dottori, insegnanti e psicologi.

Nel 2019 i "Dale's Kids" si sono incontrati per una cena, per onorare l'uomo che aveva reso possibili i loro sogni. Si sono seduti attorno al vecchio cestino del pranzo del falegname per condividere aggiornamenti sulle loro vite.

L'ultima è stata Kira Conard, che aveva il sogno di diventare psicoterapeuta. “Per essere un uomo che non mi ha mai incontrato, questo gesto è incredibile” ha detto. Dopo aver mandato al college 33 ragazzi, il fondo si è putroppo esaurito.


13 luglio 2021

FONTE: Fatti strani dal mondo

giovedì 2 settembre 2021

Harris Rosen, un milionario fatto da sé che sta cambiando il mondo

Ciò che una persona fa con i loro soldi, dice molto su di loro. Alcune persone lo tengono vicino, salvandolo, non condividendolo mai con nessuno. Alcune persone danno per scontata la loro ricchezza, spendendo i loro soldi "volenti o nolenti" senza pensare al futuro. Alcune persone raggiungono un equilibrio, parcellizzando attentamente, un po 'alla volta. Un piccolo gruppo di persone prende i loro soldi e li usa per influenzare grandi cambiamenti. Harris Rosen, un imprenditore con sede in Florida, fa parte di quest'ultimo gruppo. Sebbene provenisse da umili origini, alla fine accumulò una considerevole fortuna, stimata in centinaia di milioni di dollari. Piuttosto che sedersi sui suoi milioni, tuttavia, ha ritenuto necessario cambiare il mondo intorno a lui in meglio. Il modo in cui ha investito i suoi soldi, ha avuto un effetto a catena che cambierà la vita delle generazioni a venire. Ecco come un uomo generoso, con un piano sorprendentemente semplice, ha reso il suo angolo del mondo un posto infinitamente migliore.

Harris Rosen è nato il 9 settembre 1939 a New York City. È cresciuto in Hell's Kitchen. Mentre quella zona di Manhattan è ora sede di ristoranti di fascia alta, club e grattacieli, negli anni '40 e '50, era un ghetto. Gli appartamenti sembravano accatastati a casaccio gli uni sugli altri, i senzatetto erano affollati sotto ogni sporgenza disponibile, e la zona era rumorosa, sporca e pericolante. Mentre si trovava nella scuola elementare, il signor Rosen sarebbe sfuggito alla zona povera aiutando suo padre a completare e posizionare i segnaposti con lettere a mano per i principali banchetti che si tengono al Waldorf-Astoria. Il mondo del Waldorf-Astoria e le persone che incontrava lì, tra cui Marilyn Monroe, lo rendevano desideroso di qualcosa di meglio. Sua madre ha chiarito che l'unica via d'uscita dalla loro situazione attuale era attraverso una buona educazione. Ha preso a cuore la sua lezione, e attraverso il lavoro manuale e la concentrazione, si è laureato con voti solidi e una borsa di studio alla Cornell University.

Si è laureato da Cornell con un B.S. nell'Amministrazione degli alberghi, e poi ha trascorso tre anni nell'esercito statunitense di stanza all'estero. Dopo essere tornato, è tornato a lavorare nel settore dell'ospitalità, lavorando proprio nell'hotel dove ha scoperto che c'era qualcosa al di là del mondo fuori dalla sua porta. Ha iniziato come venditore di convention per il Waldorf-Astoria, per poi passare a lavorare per Hilton Hotels e il New Yorker Hotel. Fu infine assunto dalla Walt Disney Company, dove divenne strumentale nello sviluppo delle loro località di Contemporary, Polynesian e Fort Wilderness. Tuttavia, qualcosa non stava funzionando. I più alti della Disney finirono per licenziarlo perché non aveva un futuro come "un uomo della compagnia". Decise che la loro valutazione era vera e si preparò a fare qualcosa al riguardo.

Nei primi anni '70, usò gli ultimi $ 20.000 e comprò un Quality Inn a Orlando. L'hotel ha 265 camere. Avanziamo rapidamente per quasi 40 anni e ha costruito uno dei gruppi alberghieri di maggior successo di proprietà privata nel mondo. È il più grande in Florida, infatti. Lavora ancora fuori dal suo ufficio nel piccolo hotel di 265 camere che ha dato il via a tutto, e la sua casa è piacevole, ma tutt'altro che opulenta. Invece, Harris Rosen ha dedicato la maggior parte dei suoi milioni a rendere il mondo un posto migliore in un modo molto tangibile.

In primo luogo, donò $ 10 milioni e 20 acri di terra all'Università della Florida Centrale, in modo che potessero espandere il loro programma di ospitalità. Il nuovo Rosen College of Hospitality Management, inaugurato nel 2004, e il meraviglioso campus sono una combinazione di tutte le migliori parti di altri campus di gestione dell'ospitalità in tutto il mondo. Il college è ora sede di 3500 studenti ed è il più grande programma di ospitalità negli Stati Uniti.

Non contento di fermarsi con quella massiccia dose di filantropia, il signor Rosen ha rivolto la sua attenzione ad aiutare un quartiere locale. L'area del Tangelo Park è una porzione della Florida centrale originariamente aranceti. La maggior parte delle persone che vivevano lì erano persone che lavoravano nei boschi. Nel corso degli anni, i boschi sono scomparsi, ma la povertà e l'isolamento della zona non hanno funzionato. Il signor Rosen ha visto qualcosa nel vicinato, forse qualcosa che gli ricordava la sua infanzia. Ha escogitato un piano sorprendentemente semplice ed efficace per cambiare il volto dell'area, nel corso di una conversazione di un'ora con quattro colleghi.
Nel 1993, ha lanciato il Tangelo Park Program, un progetto a più livelli dedicato all'educazione. Il programma fornisce l'accesso all'asilo in età prescolare per i bambini dai 2 ai 4 anni. I genitori dei bambini nel programma hanno anche la possibilità di ricevere una formazione tecnica e di seguire corsi di formazione professionale e genitoriale. Tutti i diplomati della zona che vengono accettati in un'università pubblica, in una comunità, in una scuola pubblica o in una scuola professionale della Florida ricevono una borsa di studio della Fondazione Harris Rosen. Le borse di studio coprono tasse scolastiche, soggiorno e istruzione fino allo studente laureato. Dall'inizio del programma, 200 studenti hanno ottenuto le borse di studio Rosen e 150 di questi studenti si sono laureati. Il programma è ora in vigore da abbastanza tempo che gli studenti che hanno beneficiato del programma pre-K, stanno ora entrando all'università con la borsa di studio Rosen. La generosità di Harris Rosen ha completamente cambiato il modo in cui i bambini nella zona vedono se stessi e il loro futuro. Il programma ha persino permesso ad alcuni adulti di frequentare il college. Fino ad oggi, ha utilizzato $ 9 milioni di fondi propri per il programma. Ha in programma di continuare a sponsorizzare l'educazione dei bambini nell'area, fino a quando il panorama economico della comunità non sarà stato influenzato positivamente. Come dice lui, "sarò coinvolto nel programma fino a quando Tangelo Park è una comunità chiusa e la casa media sta vendendo per $ 1 milione".

Non contento di riposare sugli allori, nell'aprile 2014 Harris ha annunciato che stava lanciando un programma di borse di studio per aiutare i bambini nel quartiere di Orlando di Parramore.

Ha anche un programma per la costruzione di alloggi a basso costo ad Haiti. Nel gennaio 2012, Harris ha acquistato un appezzamento di terreno di 60 acri nella zona calpestata della città haitiana di Hinge. Ora è in procinto di costruire centinaia di case unifamiliari a basso costo. Le case costano solo $ 5000 e possono essere acquistate con pagamenti estremamente bassi. Come se ciò non fosse abbastanza sorprendente, la compagnia di Harris si sta offrendo anche per finanziare i mutui oltre 100 anni a solo l'1% all'anno. È davvero incredibile.

Mentre i suoi obiettivi possono sembrare alti, devi solo guardare da dove viene per capire perché crede che cambiare il mondo sia possibile. Harris Rosen ha fatto quello che ha detto sua madre. Ha una buona educazione. Però non ha dato quell'educazione per scontata. Ha lavorato sodo, e poi ha preso i soldi che ha guadagnato, e ha fatto in modo che altre persone avessero le opportunità che aveva. Se ciò che una persona fa con i loro soldi dice molto su di loro, le scelte finanziarie di Harris Rosen lo rendono una delle persone più gentili e generose del pianeta. Questo pianeta sarebbe un posto davvero incredibile, se ci fossero più uomini e donne come lui.


FONTE: Celebgossipcolumn

giovedì 22 luglio 2021

Aiuta concretamente un bambino africano

L'Uganda é uno dei paesi più belli dell'Africa. Alcuni luoghi sono stati dichiarati patrimonio dell'umanità e ha ben 9 parchi naturali con leoni, antilopi, elefanti, gorilla e molti altri animali. Le sue bellezze naturali comprendono la savana, il lago Victoria, l'imponente massiccio montuoso Ruwenrozi. Il paese ha 44 milioni di abitanti e più della metà sono adolescenti al di sotto dei 15 anni. Quasi il 90 % della popolazione é di fede cristiana.
L'Uganda, che nei secoli passati ha avuto importanti regni, venne raggiunta nel 1875 dall'esploratore inglese Stanley e nel 1894 divenne un protettorato britannico. Nel 1962 ottenne l'indipendenza dal Regno Unito e da allora ha attraversato varie situazioni storiche drammatiche tra cui due guerre.

Attualmente l'Uganda ha varie situazioni problematiche tra le quali l'emergenza Covid che nonostante le misure di sicurezza e i vaccini deve ancora essere debellato così come non é stato ancora debellato in Italia, la povertà che colpisce milioni di persone adulte e bambini, la diffusione dell'Aids: 25 milioni di persone sono sieropositive anche se c'é una campagna di informazioni per tentare di bloccare l'ulteriore espansione della malattia.
A causa di conflitti, Aids e povertà ci sono in Uganda molti bambini orfani. E proprio per dare un futuro sereno, educazione e protezione ai bambini orfani il signor Moses Omara, un maestro di Storia e materie letterarie, assistente sociale, con varie, importanti esperienze di lavoro in associazioni internazionali tra le quali la FAO, ha fondato SORD (Stanford Foundation for Orphans and Rural development) che tradotto in italiano vuol dire Fondazione Stanford per gli orfani e lo sviluppo rurale. L' associazione ha fondato due scuole, una scuola a Kawenze, un distretto di Kampala, la capitale dell'Uganda e un'altra ad Amotalar, nel nord del paese, per i bambini orfani. Con il signor Omara collaborano alcuni determinati volontari, uomini e donne, sia ugandesi, sia inglesi e canadesi. Moses Omara ci racconta anche dell'amicizia tra SORD e due associazioni di volontariato in Italia: Friends and Bikers for Africa Onlus di Napoli, fondata da Francesco Maglione, di cui hanno scritto varie riviste tra cui "Famiglia Cristiana", che ha supportato le attività scolastiche della scuola di Kawempe dal 2018 al 2020 e Twins & Moto Club sempre di Napoli di Davide Liccardo che ha collaborato a costruire un'aula scolastica sempre a Kawempe. Inoltre Moses Omara ha intenzione se ci saranno altri volontari e volontarie italiani nelle due scuole di inserire nel programma di studi anche la nostra lingua e la nostra cultura. Già alcuni bambini stanno imparando il francese.
Quindi SORD ha un ottimo rapporto con l'Italia che speriamo diventi sempre più stretto in futuro.
Un altro progetto di SORD é stato donare ai bambini una capra. Avere una capra é molto importante per i bambini che vivono in zone povere e rurali perché assicura una quantità giornaliera di latte, elemento fondamentale dell'alimentazione sana dei bambini. Un altro progetto che si é attuato é stato piantare alberi per preservare l'ambiente che purtroppo é molto inquinato.

Le scuole di SORD sono non solo luogo di studio, di apprendimento, di socializzazione per i bambini orfani ma anche le loro abitazioni dove sono trattati con umanità e affetto fraterno. Inoltre i bambini saranno aiutati anche quando saranno più adulti e seguiti per ottenere un lavoro da loro scelto che garantirà loro l'indipendenza economica. Le lezioni si svolgono solo in lingua inglese. L'inglese e lo swahili sono le lingue ufficiali parlate in Uganda dove ci sono anche numerose lingue locali. Conoscere molto bene l'inglese offre l'opportunità di poter ottenere in futuro lavori qualificati e di poter comunicare molto di più. Moses Omara e sua moglie sono devoti cristiani e hanno tre figli.
SORD ha una bella pagina FB pubblica e un bel sito online dove in inglese si racconta la storia dell'associazione, dei volontari, si forniscono chiare informazioni, si spiegano le finalità delle scuole.
Nella pagina fb ci sono anche le fotografie di alcuni bambini e si raccontano le le loro storie. Frequentano le scuole più di 200 bambini e bambine di varie fasce d'età, dai 3 ai 15 anni e di diverse classi scolastiche, come ad esempio Abi, una bambina di 5 anni, Natasha di 8 anni, Emmanuel di 15 anni di cui possiamo vediamo le foto, sorridenti.
La nuova scuola di Amotalar ha urgentemente bisogno di utensili essenziali come scrivanie per gli studenti per un costo totale di 2.300 euro, letti per un costo totale di 2.100 euro, materassi per un costo totale di 1.000 euro.
Ogni donazione sarà di grande aiuto, si può avere le informazioni su come farla scrivendo un email a: info@sorduganda.org

Aiutare concretamente un bambino secondo le proprie possibilità, sia con una piccola sia con una grande donazione (ad esempio una signora ha donato 7 tablet ai bambini per poter studiare qualche tempo fa) sarà un vero, aiuto concreto. I bambini hanno bisogno di molte cose ma come ha comunicato Moses Omara stesso, scrivanie, letti e materassi sono ora gli utensili più urgenti che la scuola deve acquistare.

Aiutare concretamente un bambino vuol dire andare a dormire con la coscienza serena, soddisfatti che se un bambino avrà un letto con un materasso per dormire e una scrivania per studiare questo sarà dipeso anche da noi. Si tratta di necessità vitali che la nostra umanità, coscienza e senso della giustizia reclamano per tutti i bambini del pianeta.
Aiutiamo oggi i bambini orfani delle scuole della Fondazione Stanford.


di Lavinia Capogna

22 luglio 2021

martedì 13 novembre 2018

A questi bambini ho donato una scuola


L'ITALIA CHE NON STA A GUARDARE: I “MIRACOLI” DI UN GIOVANE CREMONESE

Dopo la maturità Nicolò ha aiutato i poveri in India. Ora in Grecia ha costruito aule per i piccoli profughi: «anche loro hanno lavorato con me»

«Quando sono arrivato a Samo mi sono ripromesso che avrei cambiato le cose. Le ultime le ho cambiate ieri, con calce, mattoni e camion colmi di banchi e sedie».
Venticinque anni, originario di Cremona, aveva da poco finito il liceo quando è nata in lui la voglia di regalare sorrisi. Dopo la maturità la scelta di cambiare vita. Adesso l'ultimo dei tanti sogni umanitari di Nicolò Govoni si avvera. Sull'isola greca di Samo, in un campo profughi in cui la notte si confonde con il giorno e la felicità sembra spesso negata, adulti e bambini si trovano a vivere in tende in uno spazio che dovrebbe ospitare settecento persone, ma ne accoglie quasi tremila. Lì, però, il sogno di Nicolò ha portato un po' di allegria: una scuola costruita mattone dopo mattone grazie alle donazioni provenienti dall'Italia.
Ha aperto le porte a metà agosto, dopo mesi di intenso lavoro. Lì, ora, il diritto allo studio non è più un miraggio. «Mi sono posto l'obiettivo di costruire una scuola, sembrava una missione impossibile. Mi sono dato trenta giorni di tempo, ho raccolto fondi a sufficienza per affittare un edificio e iniziare a ristrutturarlo. Sono arrivati tanti fondi dal nostro Paese, da chi leggeva i miei racconti su Facebook e decideva di darci una mano, ma non erano sufficienti. Poi, quando stavamo per mollare, la svolta: un anonimo lettore di Bianco come Dio (il secondo libro di Govoni, uscito come e-book, prossimamente edito per Rizzoli, ndr) ha deciso di sponsorizzare la scuola per un anno intero». I lavori serratissimi, mentre i profughi sbarcavano e la necessità del diritto allo studio si faceva sempre più urgente. «In un mese», racconta Nicolò, «abbiamo costruito i muri, rifatto l'impianto elettrico, comprato banchi e sedie ad Atene, installato i condizionatori e procurato tutta la cancelleria di cui avevamo bisogno. In quattro parole, abbiamo costruito una scuola, insegnanti e bambini insieme. Ogni giorno prendevamo misure, pulivamo le stanze, facevamo gli imbianchini per dimenticare gli abusi del campo profughi e i maltrattamenti che vediamo intorno a noi».

La scelta di partire, per Nicolò, è arrivata dopo il liceo linguistico a Cremona. Prima il periodo in India come volontario in un orfanotrofio, poi il trasferimento sull'isola greca. «Sono arrivato qui a settembre, ho cominciato a occuparmi dei bambini rifugiati che provenivano da Siria, Afghanistan, Iraq, Palestina, Kurdistan, Iran, Algeria e Congo. Questa missione mi riempie di gioia, è il lavoro più importante della mia vita».
Un mondo difficile, quello di Samo. «Ho visto rifugiati dormire in mezzo ai topi, nello sporco e nel degrado. Mi sono detto che sarei rimasto lì fino a quando la situazione non fosse cambiata. A dicembre, poi, ho scoperto che uno dei miei bambini, un orfano arrivato a Samo con alcuni parenti, viveva una situazione di abuso domestico. Ho fatto di tutto per aiutarlo, mi sono appellato al sistema di protezione dell'infanzia, agli assistenti sociali, al governo, alle Nazioni Unite. Le ho provate tutte, mi sono persino offerto come padre in affido di questo bimbo. La mia denuncia e i miei tentativi di dare al ragazzo la felicità che merita sono stati ignorati. Quel giorno ho perso la prima vera battaglia della mia vita, e ancora mi si spezza il cuore».
In quel momento, però, alla porta di Nicolò ha bussato un'altra occasione. «La State University di New York mi ha offerto una borsa di studio per un prestigioso master. Quello da sempre è stato il sogno della mia vita, ma in quel contesto mi è parso quasi di secondo piano. I miei studenti sono fuggiti dalla guerra e hanno perso tutto, ma ora hanno qualcosa di prezioso, un mentore, e i loro occhi brillano di gratitudine ogni giorno. E poi c'era quel bambino vittima di abusi, se me ne fossi andato sarebbe rimasto solo. Ho rinunciato, sono rimasto con i miei ragazzi». E i risultati sono arrivati. La scuola è il primo passo in avanti per cambiare le cose. «Oggi, un mese dopo, quasi cento bambini e adolescenti hanno la scuola che meritano, la scuola che era stata loro negata, quella per cui sono sopravvissuti a una guerra, la vera alternativa alla prigione in cui vivono». Un progetto portato avanti tutti insieme.
Mentre lo racconta, a Nicolò si illuminano gli occhi. «Perché», spiega, «questo è il bello della mia missione: che insieme si può fare la differenza». Ha un nome la scuola, si chiama Mazi, è il primo istituto per bambini rifugiati a Samo. Rimpianti? «No», risponde convinto Nicolò. «Anzi, sono felice di essere qui e di imparare ogni giorno dai ragazzi. Un anno fa mi dicevano di tornare a casa, di riprendere in mano la mia vita. Lo ammetto, ci ho pensato. Ma poi sono rimasto, e non avrei potuto fare scelta migliore».

A Nicolò squilla il telefono, dall'altro capo dell'Europa è sua nonna Mariuccia. Vuole sapere come sta, da qualche giorno è in pensiero per lui. Nicolò la rassicura. «Sto bene», le dice. Entrambi avranno gli occhi lucidi a fine chiamata. «E' la nonna che mi ha cresciuto, che mi ha insegnato la compassione e l'importanza di aiutare il prossimo», spiega Nicolò, che nonostante tutto si commuove a sentire le voci della vita che ha abbandonato per rincorrere la sua lunga, vorticosa, missione per la felicità.

Di Enrico Galletti

FONTE: Gente N. 35
1-9-2018


Ecco una di quelle storie di Amore e Solidarietà che riporto sempre con molto piacere sul mio blog.
Per chi volesse conoscere la vicenda umana di Nicolò e seguire e sostenere l'evoluzione dei progetti da lui intrapresi, lo può fare attraverso la sua pagina Facebook.
E da parte mia posso solamente dire: “Grazie di tutto Nicolò!”.

Marco

domenica 22 luglio 2018

Papà Nayak, analfabeta, scava a mano la strada per consentire ai figli di andare a scuola. Adesso è un eroe


Alla fine la sua impresa durata due anni è stata segnalata dalla gente del posto a un quotidiano regionale: il governo lo ha premiato con uno stipendio adeguato al lavoro svolto

BANGKOK - Spinto dalla motivazione di dare un'educazione ai suoi figli, il venditore di frutta indiano Jalandhar Nayak, 45 anni, ha scavato a mano da zolle e roccia una strada di 8 chilometri che va dal suo piccolo villaggio di Gumsahi alla scuola di Phulbani.

Per completare oltre la metà del percorso l'uomo ha impiegato due anni cercando di combinare i suoi affari con 8 ore di scavi quotidiani a colpi di piccone, zappa e scalpello per aggirare lo sperone di roccia che costringeva i suoi tre bambini a impiegare oltre tre ore per andare e venire dalle lezioni, in ogni condizione atmosferica.

Alla fine la sua impresa è stata segnalata dalla gente del posto a un quotidiano regionale che ha trasformato Nayak in un eroe popolare e, di conseguenza, il governo lo ha premiato con uno stipendio adeguato al lavoro svolto. Non solo.

Secondo un'intervista concessa dal fruttivendolo alla tv locale News World Odisha, il governatore si è anche incaricato di completare con il suo aiuto gli ultimi 7 km che ancora mancano alla mèta, destinati ad accorciare ulteriormente le distanze. “I miei bambini avevano difficoltà a camminare sulle pietre - ha raccontato Nayak - Li avevo visti spesso inciampare contro le rocce”. Da qui la decisione di rimboccarsi le maniche e scavare la strada attraverso le colline.

Oltre alla commovente storia del sacrificio di papà Nayak che non è mai andato a scuola e sognava un destino diverso per i figli, la sua vicenda cela la malinconica sorte di una delle tante piccole comunità piano piano spopolate dai vecchi abitanti in cerca di centri più grandi dove vivere, prosperare e muoversi con facilità.

Gumsahi è infatti così tagliato fuori dal mondo che solo la sua famiglia ha resistito a vivere nel villaggio. Sarebbe toccato alle autorità collegare anche le aree più remote e permettere ai bambini di esercitare il loro diritto allo studio. Ma non sono poche le cause delle negligenze, inclusa la corruzione che impedisce a panchayat di villaggio e municipi di spendere i soldi nei servizi per le comunità isolate.

Per questo le azioni individuali nel generale lassismo delle autorità finiscono per trasformare i protagonisti in eroi, spesso onorati e col tempo anche venerati nell'India rurale dove personaggi veramente esistiti finiscono negli altari degli spiriti locali. Già l'impresa del fruttivendolo analfabeta è stata paragonata a quella di un abitante del poverissimo Bihar passato alla storia dopo essere morto dieci anni fa al termine di una impresa ancora più faticosa della sua.

Si chiamava Dasrath Manjhi, ed era illetterato e di umili origini come Nayak. Spese 22 anni della sua vita a creare con martello e scalpello una strada lunga 100 metri, larga nove e profonda sette per accorciare da 55 a soli 15 km il tragitto dei viandanti tra Atri e Wazirganj vicino alla città di Gaia. Quando si spense, gli furono concessi funerali di Stato tra ali di folla che hanno accompagnato il suo feretro attraverso quella fenditura costruita senza chiedere una rupia, per il semplice beneficio della sua gente.

di Raimondo Bultrini

12 gennaio 2018

FONTE: Repubblica.it


E' veramente sorprendente vedere quello che riescono a fare certe persone, povere, spesso poverissime, ma armate di tanta forza di volontà, ingegno e intraprendenza. E anche e sopratutto di Amore, aggiungo io, perchè quello che ha fatto quest'uomo lo ha fatto per Amore del proprio figliolo, per permettergli di andare a scuola e istruirsi come invece lui non ha mai potuto fare nella propria vita.
Onore e merito quindi a quest'uomo, Jalandhar Nayak, e a tutti coloro che si spendono, si sacrificano e si donano per il bene della propria famiglia, della società e dell'intera umanità. Il mondo tutto vive e si regge grazie a queste meravigliose persone, grazie all'Amore di questi uomini così ricchi interiormente. E questa è la sola e unica ricchezza che conta veramente!

Marco

venerdì 4 novembre 2016

Hanan Al Hroub, la maestra migliore del mondo tra i bambini del campo profughi


La maestra elementare di Betlemme, 5 figli, vincitrice del Global teacher prize 2016, il premio da un milione di dollari per il docente che si è maggiormente distinto nel suo lavoro: "A noi palestinesi hanno portato via la terra perché eravamo ignoranti"

DUBAI
Sono nata e cresciuta in un campo profughi tra violenza, soprusi e tensione quotidiana. Non ho avuto una vera infanzia e invece vorrei che i nostri figli, che tutti i bambini del mondo, potessero ridere, giocare, imparare a convivere in un clima sereno. Sono diventata insegnante per crescere una generazione che sappia vivere in pace

Hanan Al Hroub, 43 anni e cinque figli, maestra elementare nel campo profughi palestinese di Betlemme, ancora non riesce a credere di aver vinto il premio Nobel dei professori, "The Global teacher prize" indetto dalla Varkey Foundation. È la miglior docente del mondo dopo aver battuto altri ottomila candidati. Il sorriso occupa tutto il suo bel volto mentre le immagini della sua terra, dei giorni in classe, tra timori e speranze confinate nel campo, diventano realtà in un fiume di parole.

Cosa dirà ai suoi studenti domani?
Che sono il futuro dell'umanità, che le nostre armi sono solo l'educazione e l'istruzione. Con quelle possiamo cambiare il mondo, farlo diventare un luogo più giusto e pacifico.

Cosa farà con il milione di dollari del premio?
Vorrei usarlo per aiutare chi, di qualunque paese, vuole studiare e non ha i mezzi. O per i professori che vogliono imparare il mio metodo per combattere la violenza e l'aggressività.

Da cosa è nato il suo metodo?
Studiavo letteratura inglese all'università. Un giorno mio marito, mentre tornava a casa con i figli, è stato ferito a colpi di fucile dai soldati israeliani. I bambini hanno assistito impotenti, lo hanno visto a terra, coperto di sangue. Sono rimasti scioccati, non riuscivano più a studiare, ad uscire di casa. Era già difficile prima, vivere tra check pont e arresti. Dopo il ferimento non erano più gli stessi. Allora ho deciso: ho lasciato l'università e sono diventata io la loro maestra, ho cercato di riavvicinarli allo studio con il gioco e, giorno dopo giorno, anche i compagni di scuola hanno cominciato a venire da noi. Imparavano divertendosi. Decidere di insegnare in una vera classe è stato il passaggio successivo


Come insegna?
È difficile per ragazzini che crescono in un clima di violenza, ingiustizia e sopruso concentrarsi, studiare. Diventano facilmente aggressivi perché sono tristi, frustrati dalla realtà. Così quando arrivano a scuola cerco di essere allo stesso tempo un'insegnante e una sorta di genitore che li conosce a fondo, sa le loro debolezze e i loro problemi. Attraverso il gioco li educo ad ascoltare gli altri, a comprendere le opinioni diverse, ad accettare la sconfitta senza rabbia. Creo un clima di collaborazione, fiducia, rispetto. E i risultati si sono visti: meno aggressività, voti migliori


La sua è una vittoria per la Palestina?
Sì, con me hanno vinto tutti i docenti del mio paese. Dedico a loro la mia vittoria e anche a tutti i professori che insegnano in condizioni difficili, a chi come me crede che l'educazione, il sapere, siano le armi per cambiare il nostro futuro, il mondo. A noi palestinesi hanno portato via la terra perché eravamo ignoranti, ma le cose cambieranno. Come dice il verso di un poeta palestinese: "Nel corso del tempo potremo magari fare cose da prigionieri, ma stiamo educando la speranza"


Il Papa ha annunciato la sua vittoria.
Sono ancora incredula che una persona della sua levatura religiosa mi abbia nominata, che abbia ricordato il diritto dei bambini a giocare, ridere, che abbia parlato dell'importanza dei professori nel segnare le vite. Vorrei incontrarlo, le sue parole hanno significato per me che veramente c'è una volontà comune di combattere la violenza e vivere in pace.

di Caterina Pasolini

15 marzo 2016

FONTE: Repubblica.it  



Amare il proprio lavoro, svolgerlo con dedizione e passione, sopratutto quando questo porta frutti di pace e concordia..... ebbene, anche questo è Amore.
Grazie Hanan Al Hroub!

Marco

lunedì 10 ottobre 2016

La toccante storia del piccolo Daniel, dal lampione di strada alla borsa di studio


Questa storia è in verità un pochino datata, essendo passata agli onori della cronaca più di un anno fa (precisamente nell’estate del 2015), ma è così particolare e, se vogliamo, anche così poetica, che ho pensato di non poterla tralasciare dal raccontarla sulle pagine di questo blog.

Tutto è iniziato con una fotografia, questa fotografia (vedi sopra) che ritrae un piccolo bimbo intento a fare i compiti con il suo librone di scuola posato su uno sgabello, alla luce di un lampione. A scattare questa fotografia è stata una ragazza filippina, Joice Gilos Torrefranca, studentessa universitaria, colpita dalla singolarità di ciò che stava vedendo. Questa fotografia è finita immediatamente sul proprio profilo di Facebook accompagnata da una semplice frase: “Sono stata ispirata da un bambino”.
Ebbene, in poco tempo questa immagine così simbolica e originale è divenuta virale, e di condivisione in condivisione si è diffusa a macchia d’olio su tutto il web fino a diventare conosciuta in tutto il mondo! Magia dei social network.

Ma chi è questo bambino e perché fa i suoi compiti all’aperto alla luce di un lampione, anziché farli comodamente in casa propria? Con i mezzi odierni non c’è voluto molto a conoscere la verità.
Il bambino si chiama Daniel, è filippino, ha 10 anni (quando è stata scattata questa foto ne aveva 9) e fa i compiti per strada all’aperto e alla luce di un lampione perché è di famiglia così povera da non avere neppure una casa vera e propria.
Andando a scavare ancora più in profondità nella storia di questo bambino filippino, tante altre cose sono venute fuori, particolari che contribuiscono ad accrescere l’alone di poesia di questa splendida immagine e ad approfondirne i contenuti.



Come detto, il bambino si chiama Daniel, Daniel Cabrera per la precisione, il cui cognome è quello di un padre che la madre però non ha mai voluto sposare, il quale si è ammalato ed è morto nel 2013 nella galera a Mindanao.
La madre si chiama Maria Christina Espinosa, è molto povera, sbriga qualche lavoretto e chiede l’elemosina alla “carinderia” McDonald’s di Mandaue City, una città di quasi 400mila abitanti. I capi di questo locale si dichiarano felici dell’aiuto economico fornito alla donna e a suo figlio, un aiuto in verità non certo risolutivo in quanto la donna è costretta ad “arrotondare” facendo anche la lavandaia. Guadagna il minimo indispensabile per tirare avanti con il piccolo Daniel e il suo fratellino Gabriel, scolaro anche lui di due anni più giovane, percependo appena 60 pesos al giorno, al cambio meno di un euro e mezzo. La donna possiede altri 4 figli, ma viste le ristrettezze economiche in cui si trova, sono dislocati tra i suoi parenti a Mindanao.
La povertà della famiglia è tale che essi vivono all’addiaccio sotto il muricciolo del McDonald’s, accatastando qualche panca per proteggersi dal brutto tempo. La luce Daniel la trova dov’è, nel sole durante il giorno, e in qualche lampione alla sera, mentre qualche pezzo di legno inchiodato può divenire un ottimo tavolino per fare i propri compiti.
A sentire il piccolo Daniel, non gli mancava nulla per andare a scuola, tranne l’album per disegnare. Possedeva tuttavia una sola matita, con cui doveva fare tutto, anche perché un'altra che aveva in precedenza gli era stata rubata e mai sostituita (ma cambiata con un “rosario” da tenere sempre con sé per scongiurare altri possibili furti).
Particolare interessante inerente alla fotografia, il compito che il piccolo Daniel stava svolgendo con il suo grosso libro aperto sopra lo sgabello, consisteva nell’identificare gli animali illustrati nella pagina del volume e trascriverne il nome in inglese. Un compito certamente interessante per un bambino di quell’età, un compito che il piccolo stava svolgendo con grande impegno, nonostante le difficoltà della sua condizione economica.

Questo e anche altri particolari della vita del piccolo Daniel ci sono stati forniti dal giornalista filippino Dale G. Israel, che due giorni dopo lo scatto di Joyce, si è interessato alla vicenda del bambino e della sua famiglia, facendo loro visita nel parcheggio del McDonald’s dove essi risiedono. Ed in tale occasione il giornalista ha domandato anche al bambino che cosa gli piacerebbe fare da grande…. e lui, con il candore tipico dei bambini gli ha risposto: “Il poliziotto. O forse anche il dottore”. Mestieri importanti insomma, al servizio degli altri…. e c’è da credere che la “gavetta” che sta facendo ora, nelle ristrettezze e nella povertà, servirà al piccolo Daniel quando sarà più grande, per ricercare con maggiore determinazione i propri obiettivi e anche per avere una visione della vita più altruistica, al servizio delle fasce più deboli e disagiate, quelle di cui lui stesso fa parte.



La cosa più bella di tutta questa particolarissima, originale storia, è che la toccante foto del piccolo Daniel che ha fatto il giro del mondo, ha innescato un’onda di solidarietà a favore del bambino filippino, così che in breve tempo sono arrivate tante donazioni a lui e alla sua famiglia, tanto da consentire loro di migliorare significativamente le proprie condizioni di vita.
Ora Daniel non dovrà soffrire per completare gli studi
, spiega la signora Espinosa…. e così ora è possibile vedere Daniel a scuola con tutto l’occorrente necessario per le sue lezioni. La madre ha fatto sapere che gli è stata affidata anche una borsa di studio universitaria per il proprio futuro, un futuro che ora appare assai più roseo che in precedenza. E così il suo sogno di diventare poliziotto o medico potrà realmente concretizzarsi grazie alla generosità della gente, sempre sensibile di fronte a storie come queste. 

E' questa una bellissima storia che sembra proprio destinata ad avere un lieto fine, nata tutta da un immagine profonda e poetica in cui c’è dentro la povertà e l’impegno di un bambino, la sensibilità di una studentessa, l’intraprendenza di un giornalista e la generosità della gente.
E anche questo è Amore.

Marco