martedì 12 marzo 2019

Aiutiamo Serena, l'appello di suo papà Abramo: “Ho bisogno di lavorare per curare mia figlia”


Caivano – Ancora senza un lavoro, Abramo Zampella, cittadino caivanese che dopo diversi appelli e manifestazioni ha più volte spiegato il suo problema, non ultima la sua intervista la settimana scorsa a Tv Luna scrive una lettera ai giornali locali. Nè il sindaco Monopoli, nè l’assistenza sociale si sono interessati al suo caso, e il tempo passa…

Gentile direttore,

le scrivo sperando che questa lettera, pubblicata, smuova le acque. Ci sto provando da tre anni e nessuno mi ascolta. Ma io sto ancora qui!

Spero che accettiate di pubblicare la mia storia: una vera e propria richiesta di aiuto in modo da far conoscere ancora di più e ad un numero maggiore di persone la nostra vicenda, nella speranza che qualcosa migliori.

Di "speranza", specialmente dopo determinati episodi che si sentono e si vedono sempre più frequentemente, dopo che le persone grazie a questo Stato che non ci aiuta preferiscono togliersi la vita, ne abbiamo tanto bisogno, in questi tempi che appaiono oscuri, in cui a volte ci sentiamo smarriti davanti al male e alla violenza che ci circondano, in questi tempi dove davanti al dolore, alla sofferenza, ci sentiamo persi e anche un po’ scoraggiati, perché ci troviamo impotenti e ci sembra che… questo buio non debba mai finire.

E non si tratta solo delle discriminazioni in cui ci troviamo a vivere ogni giorno noi famiglie "disabili": molte di queste le risolviamo con il nostro ingegno. Ma purtroppo non tutti gli ostacoli possono essere superati con la buona volontà ed è per questo che chiedo il vostro interessamento.

Anzitutto ringrazio Dio per tutto quello che ho: Serena è la cosa più bella che mi ha donato.

A volte può succedere che la malattia, soprattutto quella grave, quella che non ha soluzioni, metta in crisi e porti con se interrogativi che scavano in profondità. Il primo istinto può essere quello della ribellione, perché a me è capitato! Ma bisogna avere fede mi dico, andando avanti.

Serena ha una malattia che la mortifica, la limita nei movimenti: ha la Distrofia Muscolare tipo Becker (DMB). (Attualmente non esiste alcuna possibilità di cura che conduca alla guarigione ma solo terapie che permettono di prevenire le contratture, di migliorare la postura e di contenere asimmetrie, lordosi e scoliosi, ndr).

E’ una malattia che ho definito scostumata, senza educazione, che non ti avverte quando viene a trovarti, ma che fino ad oggi fa la visita di cortesia e se ne va dandoti appuntamento alla prossima volta. Ma dobbiamo conviverci per forza, non abbiamo alternative. Anzi più lei è aggressiva e cattiva più noi la combattiamo con forza. Perché la malattia non porta via le emozioni, i sentimenti, la possibilità di capire che la persona vale molto di più del fare. Insomma la sofferenza ci ha reso più forti, il non volersi arrendere è diventato un valore aggiunto nel nostro percorso di vita. Questo fino al dicembre 2013, quando sono incominciati i nostri problemi: fino a quel momento non ci potevamo rimproverare di niente e neanche la malattia ci faceva paura.

Ma dall’oggi al domani mi sono trovato senza lavoro e a capire piano piano che a 43 anni il mondo può anche finire e che per me sta diventando un problema anche portarla all’ Antares a Caserta per fare le terapie.

Ho cercato di parlare col sindaco di Caivano e anche di Napoli, ho lanciato una petizione a mio nome su change.org, ho inviato curriculum, richieste di aiuto a tutti gli imprenditori caivanesi, televisione: ma ad oggi nessun risultato. Ho parlato con l’assistente sociale del mio Comune, con la responsabile dei lavori socialmente utili, agenzie di lavoro interinali ma ho ricevuto solo non risposte che sono sinonimo di una indifferenza che fa paura. “Vi faremo sapere, non vi preoccupate, al più presto vedremo, i tempi sono maturi, mi invii il suo curriculum”.

E allora mi sono domandato cosa posso fare per cercare di scuotere la coscienza di qualche brava persona che in qualche modo comprenda il problema e mi dia la possibilità di tornare a fare quello che ho sempre fatto? Tornare a lavorare e a pensare a fare, ogni giorno, qualche cosa in più per Serena. Per arrivare a non dovermi rimproverare un giorno che lo potevo fare e che per mentalità non l’ho fatto.

Cerco insomma qualche anima buona che ci aiuti a non arrenderci
”.

Abramo Zampella

Via Turati, 30 Caivano (Na)
tel. 333.8007822 , 3343839902


di Pasquale Gallo

6 febbraio 2017

FONTE: Il Giornale di Caivano


Pubblico sulle pagine di questo blog l'accorato appello di papà Abramo che cerca urgentemente un lavoro per poter assicurare tutte le cure e l'assistenza necessaria alla sua amata figlia Serena, colpita da una malattia rara. Chiunque potesse aiutare papà Abramo e trovargli un lavoro, lo faccia senza indugio, perchè la sua situazione lo richiede veramente!
Grazie di cuore a tutti!

Marco

mercoledì 6 marzo 2019

Urgentissimo Appello per Yvelyse Martorana, malata molto grave di Elettrosensibilità (EHS)


URGENTISSIMO!

Cerchiamo case o porzioni di case o dépandance per ospitare Yvelyse Martorana, malata molto grave di Elettrosensibilità (EHS), le cui condizioni continuano a peggiorare.
L’esposizione a campi elettromagnetici le ha provocato problemi neurologici: attualmente non tollera la luce che le causa forti dolori agli occhi e fotofobia, per cui rimane quasi sempre in penombra e indossa permanentemente occhiali scuri, la sera non accende la luce elettrica.
Le autorità interpellate (Sindaco, Prefetto, ASL di Bagheria, AUSL di Palermo) ignobilmente perseverano nel loro assordante silenzio, ma Yvelyse non può più aspettare!

E’ URGENTE, URGENTISSIMO trovarle una sistemazione lontana da:
- Ripetitori di telefonia mobile
- Antenne
- Tralicci dell’alta tensione
- Stazioni o Reti ferroviarie
- Reti Autostradali.

Inoltre, l’abitazione non deve essere stata ristrutturata e/o ritinteggiata di recente,
- deve essere sana, ossia priva di umidità e/o muffe;
- No pini e/o abeti;
- No campi coltivati in prossimità;
- No ristoranti, pizzerie, panifici in prossimità;
- No centri storici;
- No condomini;
- No scale (Yvelyse, ormai, ha seri problemi nel fare le scale);
- No eccessivamente isolata (ricordiamo che si tratta di una persona ammalata che non può vivere in mezzo al nulla, anche per questioni di sicurezza!).

Tali prescrizioni sono inprescindibili non per capriccio ma per la natura delle patologie di cui Yvelyse è affetta. Se siete in possesso o conoscete qualcuno che voglia cedere in affitto un’abitazione con i requisiti richiesti, chiamate Andrea al 3687769190. Se trovate spento, potete inviare un SMS o un WhatsApp e verrete ricontattati.

Per favore CONDIVIDETE, Yvelyse sta molto male.

GRAZIE DI CUORE!

Andrea e Yvelyse


L'Elettrosensibilità è una delle patologie meno conosciute e più gravi che esistano, sopratutto per chi ne è colpito in forma molto grave. E questo è proprio il caso di Yvelyse Martorana, "protagonista", suo malgrado, di questo appello.
Chiunque potesse aiutare Yvelyse a trovare ua sistemazione adatta a lei lo faccia senza esitazione, perchè la sua situazione è grave e quindi molto urgente. Non è semplice trovare una casa adatta a lei, ma se qualcuno avesse una segnalazione da fare o una casa da affittare, lo faccia immediatamente!
Grazie di vero cuore a che vorrà e potrà aiutarla!

Marco

venerdì 1 marzo 2019

“Non morirò con i soldi in banca”. L’imprenditore Vinicio Bulla paga le scuole ai figli dei suoi dipendenti


Vinicio Bulla, l’imprenditore cattolico che paga le scuole ai figli dei propri dipendenti: dal Veneto, l’incredibile storia della Rivit di Asiago “non morirò con i soldi in banca”

In un giornale come spesso accade anche nella vita di tutti i giorni, a far molto rumore sono le storie truci, le azioni ignobili e i gravi soprusi: ora non siamo certo qui a fare la retorica “moralista” delle “buone notizie” eppure ogni tanto parlare di un imprenditore che pensa al bene dei propri lavoratori (e al loro futuro) fa semplicemente bene alla nostra umanità, altro che “moralismo”. Si chiama Vinicio Bulla, è un imprenditore veneto che crede non solo nel sacro valore del lavoro ma anche nella sacralità della vita umana e nella famiglia: e per questo ha deciso di pagare le scuole ai figli dei propri dipendenti, affermando anche provocatoriamente «non morirò certo con i soldi in banca».
Sembra una fake news e invece è tutto vero, si tratta del patron della Rivit di Asiago: producono ed esportano in tutto il mondo dei tubi di acciaio inox e leghe speciali destinate alle aziende di estrazione petrolio e gas. «Non voglio morire con i soldi in banca, voglio aiutare il territorio», spiega il Bulla, imprenditore di Caltrano, vicinissimo all’Altopiano di Asiago. Occupa 150 dipendenti nello stabilimento ed esporta in tutto il mondo: la cosa di cui va maggiormente fiero è di non aver mai portato i suoi operai alla cassa integrazione, anche se da qualche mese ha deciso di fare un surplus del tutto non richiesto alla propria azienda. Nello scorso ottobre ha sottoscritto un “contratto di welfare” che prevede per i figli dei lavoratori «il rimborso delle quote di iscrizione, rette, servizi mensa e scolastici per la frequenza di asili nido e materne, fino ad un massimale fissato in 6.600 euro annui per figlio in caso di asilo nido e in tremila per la scuola materna», riporta l’Avvenire dopo il servizio andato in onda sul Tg1 negli scorsi giorni.

UN IMPRENDITORE CATTOLICO CHE “DONA” GRATUITÀ

Nel caso poi di nuove nascite o di adozioni di figli oltre il primo, i dipendenti della Rivit hanno diritto secondo quanto stabilito dal signor Vinicio ad una cifra una tantum di 2mila euro per il secondo figlio, o di 3mila per il terzo figlio e così via che si aggiungono ai 550 euro al mese per il nido e ai 250 euro per la materna. Altro che reddito di cittadinanza, per il patron della Rivit il miglior modo per “far crescere l’economia” è scommettere sul futuro e la famiglia dei propri operai, continuando a dar loro un lavoro e non risparmiandosi mai nel sostenere che un bene reale è presente sempre, anche se si parla di tubi e acciai inox.
«La vita, anzi la nuova vita è o no un valore non negoziabile? Io, da imprenditore cattolico, che crede ancora nei valori che non sono trattabili, mi sono posto ripetutamente il problema e ho deciso di destinare i miei risparmi alla promozione della natalità, anziché a qualche banca, col rischio magari di perdere tutto», spiega il 79enne ai colleghi di Avvenire dopo aver firmato il progetto di welfare per i prossimi 7 anni, con rimborsi annui di 200mila euro. Attenzione però, non siamo mica di fronte ad un “benefattore” che in maniera un po’ casuale vuole lavarsi la coscienza con un bene “una tantum”: il Bulla il suo progetto l’ha studiato per bene in modo che fosse adattabile e sostenibile per tutti, la sua famiglia compresa. «L’accordo rientra nello spirito sperimentale ed innovativo», conferma la Spa in cui partecipano i tre figli eredi della Rivit. Così tanto studiato che, seppur perfezionabile nei prossimi anni, Vinicio Bulla si è affidato alla Confindustria Vicenza per poter portare l’esempio anche in altre industrie: «questi sono i Veneti! Vinicio Bulla, fondatore della Rivit di Caltrano (VI), azienda diventata un colosso mondiale, ha “congelato” i suoi risparmi in banca per pagare le scuole ai figli dei dipendenti, invece di concedersi vacanze e benefit», spiega soddisfatto e stupefatto il Governatore del Veneto, Luca Zaia.

di Niccolò Magnani

6 febbraio 2019

FONTE: Il Sussidiario.net


Bella storia, che ci insegna che si può essere imprenditori di successo anche nel più vero e genuino spirito Cattolico, investendo sulle persone e sul loro futuro. Un bellissimo insegnamento e un esempio per ogni imprenditore che volesse seguire la stessa strada.
Grazie Vinicio

Marco