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lunedì 22 agosto 2022

La Fede di Lucio Dalla


Forse non tutti lo sanno ma Lucio Dalla, uno dei più grandi cantautori nella storia della musica italiana, di cui si è detto, scritto e parlato moltissimo a proposito della sua musica, è stato anche una persona dalla viva e genuina Fede, come possono confermare tutti coloro che gli erano amici e che lo conoscevano bene. Lo stesso Lucio non ha mai nascosto la sua Fede, di cui sovente parlava anche durante delle interviste fatte con lui. Non la sbandierava ai quattro venti ma non la teneva neppure nascosta. Proprio pochi giorni prima di morire (la sua morte è avvenuta a Montreux, Svizzera, il 1° marzo del 2012) si era confessato in San Petronio a Bologna e aveva partecipato alla S. Messa nella chiesa dei Celestini, di fronte al balcone di casa sua.
Il domenicano padre Bernardo Boschi, suo amico e confessore, non nascondeva che A volte si ritirava con noi in convento, anche due o tre giorni, per meditare e pregare (Fonte: Avvenire 3-3-2015).

In un intervista fatta con lui nel 2000 da padre Vito Magno, Lucio Dalla sottolinea chiaramente il suo essere Cristiano Cattolico e parla della sua Fede come uno dei pochi punti fermi e delle certezze della mia vita, la quale però non gli proibiva di immaginare, di sperimentare anche possibilità che non contrastano con la sua certezza religiosa, ma che fanno parte della sua struttura di uomo contemporaneo. Uomo di Fede sì quindi, ma anche e soprattutto "uomo", con le sue idee e il suo modo di vedere le cose che traspaiono chiaramente nei testi delle sue canzoni.
In questa intervista Lucio si professa Credente fin da quando era bambino e sente la Fede quasi come una "necessità" da parte dell'uomo di oggi in un mondo, una società sempre più complessa ed enigmatica. Non nasconde il suo amore per i Salmi (che ha anche cantato) e per le Sacre Scritture, anche se su queste ultime ha sempre preferito non parlare perché, per sua stessa ammissione, “Mi manca la conoscenza teologica e storica per farlo”, pur sottolineandone l'intensità e il mistero, un mistero “destinato a scoprirlo solamente chi viaggia nell'anima e non nella conoscenza scientifica”. (Fonte Radio Vaticana)

Anche il domenicano padre Giovanni Bertuzzi, direttore del Centro San Domenico a Bologna, ricorda con affetto Lucio Dalla, descrivendolo come una persona molto disponibile, aperta e gioviale. Padre Giovanni tra l'altro, essendo bolognese come Lucio, lo ha conosciuto fin da quando era ragazzo, sottolineandone le qualità sia come cantante che, ancor di più, come musicista, già dagli esordi, quando faceva parte di un gruppo jazz assieme a Renzo Arbore e a Pupi Avati.
Di lui, padre Giovanni, ricorda un interessante aneddoto: durante la celebrazione di una Santa Messa, celebrata proprio da padre Giovanni e con Lucio Dalla presente tra i tanti fedeli, c'era anche un coro di studenti che cantavano durante il Rito. Al termine della Celebrazione Lucio si presentò in sacrestia, colpito dalla voce di uno di questi studenti, e lo chiamò a cantare con lui in uno dei suoi dischi di maggior successo. Padre Giovanni non si era accorto del talento di questo ragazzo, Lucio Dalla invece sì.
Padre Giovanni rimarca il fatto che Lucio viveva il suo essere Cattolico praticante attraverso una Fede molto spontanea, nel bel mezzo però di una vita molto movimentata e anche un po' "anarchica". Aveva una notevole sensibilità musicale ma anche religiosa, che gli faceva sentire la Presenza di Dio nella natura e nella sua vita in generale.
Era disponibile e generoso nel confronto degli altri, era facile interloquire con lui, nonostante la sua popolarità, e si comportava da persona qualunque senza particolari riservatezze e mai con altezzosità. Era una persona semplice e umile.
Padre Giovanni, sempre tirando fuori aneddoti dalla "scatola dei ricordi", ci tiene a dire come la sua celebre canzone "Caro amico ti scrivo" fu composta da Lucio nel parlatorio del convento assieme a padre Michele Casali, il fondatore del centro San Domenico, oggi diretto proprio da padre Giovanni Bertuzzi. Lucio e padre Michele si vedevano molto spesso tra loro, e da uno di questi colloqui praticamente è nato il testo di questa famosa canzone.

E' giusto ricordare che Lucio Dalla nel 1997 cantò davanti a Giovanni Paolo II, accanto a Bob Dylan, Bocelli, Morandi, Celentano e tanti altri, e quell'evento, per stesse parole di Lucio rimane uno dei più grandi momenti della mia vita. Cantai "Henna", che esprime il valore redentivo della sofferenza e dell’amore e la dedicai a Papa Wojtyla.
Lucio Dalla curò anche la colonna sonora del cortometraggio "Il giorno del sole", per il Congresso Eucaristico del 1987. In quell'occasione racconta la sua Fede, il suo rapporto con Padre Pio e il suo bisogno di pregare:
Qualche volta vorrei essere dimenticato per andare in chiesa a pregare.
Per Lucio la sua musica era preghiera, e citava spesso Sant’Agostino: Qui bene cantat bis orat .

La vita di Fede di Lucio Dalla e la sua vita di musicista spesso "urtavano" l'una contro l'altra.... non è facile infatti vivere la Fede in un mondo come quello della musica e dello spettacolo, che spesso vanno controcorrente rispetto a certi Valori. Non mancavano, per queste ragioni, certe "contraddizioni" nella sua vita.... ed ecco che allora Lucio sentiva il bisogno di confessarsi spesso.


Marco

venerdì 22 novembre 2019

Gennaro, infermiere napoletano e tenore, che canta per i suoi pazienti anziani e malati


La storia di Gennaro, l’operatore sanitario, tenore, ha fatto il giro della rete arrivando fino in televisione, perchè Gennaro, appassionato di musica e tenore, allieta i suoi pazienti anziani anche a suon di musica

Gennaro Guerra è un operatore socio sanitario, un OSS che lavora presso l’Rsa Padre Annibale di Francia, a Napoli, oltre al suo lavoro, Gennaro ha un’altra grande passione, la musica, infatti è un tenore, e questa sua abilità la utilizza per allietare e alleviare le giornate degli anziani ricoverati presso la casa di riposo.

Così, è cosa normale e risaputa che quando si entra nell’ RSA si può sentire qualcuno che canta brani popolari e neomelodici di musica napoletana, ed è proprio Gennaro che girando per i corridoi e per le sale, si cimenta in qualche canzone per rallegrare e svagare le menti nostalgiche.

Magari si trova a cantare una canzone che ad una paziente ricorda il suo primo amore, o per un altro paziente quella che lo riporta indietro agli amici d’infanzia, e gli anziani lo seguono nella musica, cantando insieme, in allegria e godendosi qualche momento di spensieratezza.


Gennaro racconta:

La musica, oltre ad essere un antidolorifico è un buon antidoto contro la depressione e la solitudine a cui molto spesso vanno incontro gli anziani ricoverati nelle case di riposo, che si rallegrano e rianimano sulle note delle loro canzoni preferite”. Con "O surdato nnammurato", "Funiculì funicolà", "Reginella", appaiono sorrisi e voglia di cantare o godere della voce del tenore.

il suo obiettivo e la sua passione è poter dare sollievo attraverso la musica e la sua voce agli anziani ricoverati, perchè gli anziani sono una memoria storica, una fonte preziosa per la nostra cultura e sono anche i progenitori della nostra società e dei nostri diritti, per questo donare un sorriso, una risata e una canzone può essere un piccolo gesto di grande importanza.

Gennaro si impegna non solo prestando la sua voce, ma soprattutto entrando in relazione con gli anziani, apprezzandoli e rispetta la loro vita e la loro storia.

Ormai nell’ospedale lo apprezzano tutti ed è talmente amato dei pazienti che spesso medici ed infermieri quando si trovano a curare un paziente difficile, che sia un anziano o un bambino, chiamano lui, che arriva e per tranquillizzarli intona una canzone, appena inizia a cantare "il gioco è fatto" come racconta lo stesso Gennaro

Tutti i pazienti vogliono raccontare la loro esperienza con la musica di Gennaro, c’è chi racconta di essersi rianimato sentendolo cantare, chi dice che Ogni volta che viene, tiene allegro tutto il reparto, mentre una collega commenta il gesto di un‘anziana, che appena il tenore ha iniziato a cantare si è alzata dal letto per ballare:

Vedi la musica cosa fa? Fa alzare i pazienti dalle sedie”.

Gennaro è divenuto tanto popolare che proprio i suoi pazienti hanno voluto fargli una sorpresa, iscrivendolo lo scorso anno ad Italian’s Got Talent, un talent show di Sky in cui il tenore si è esibito incantando la platea, con indosso la divisa da lavoro, perchè la sua passione per il canto non può prescindere dalla voglia di aiutare e rallegrare i suoi anziani.

15 febbraio 2019

FONTE: Positizie.it

lunedì 4 novembre 2019

La violoncellista che suona in ospedale per i malati terminali


La musica come cura di anima e corpo. Così Claire Oppert, una famosa violoncellista francese allieta i pazienti ricoverati in ospedale

La musicista Claire Oppert da anni fa visite settimanali all’ospedale Sainte-Perine di Parigi portando con sé il suo violoncello e regala un piccolo concerto ai malati, suona nella sala comune, oppure affianco al letto dei pazienti del reparto di oncologia e di cure palliative, ogni settimana nuovi grandi classici, per alleviare le sofferenze di chi è ricoverato.

I compositori preferiti di Claire sono Franz Schubert e Johann Sebastian Bach, ma ha inserito nel suo repertorio anche Mozart, Brahms, Maghreb e molti altri, a seconda di quello che il suo pubblico, quello dei pazienti, gli chiede di suonare.

Le persone per cui suona solo solitamente malati terminali o persone che stanno vivendo grandi sofferenze, fisiche e psicologiche, e la musica classica aiuta ad alleviare il dolore, trasporta per qualche ora in un’altro mondo, cullati dalle note dei grandi classici, si risolleva l’animo e lo spirito.

Nonostante sia una musicista professionista e stia girando il mondo con il suo strumento, la violoncellista ha un appuntamento fisso con il suo pubblico speciale, ogni venerdì, in ospedale, ormai sia per i pazienti che per il personale medico ed infermieristico, è diventato un appuntamento a cui non si può mancare.


Claire la considera una missione di vita, infatti quando era piccola voleva essere un "medico-musicista" e unire le sua grandi passioni, quella per la musica e quella per curare le persone e fare del bene. Così, pur avendo poi scelto una sola carriere tra la due, ovviamente quella di musicista, non ha mai perso la voglia di fare del bene agli altri attraverso la sua arte, la musica, ed attraverso il potere che questa può esercitare su chi la ascolta, rilassare, tranquillizzare, fare volare lontano con l’immaginazione.

Jean-Marie Gomas, coordinatore del Centro del dolore cronico e di cure palliative racconta:
Quando i pazienti la vedono entrare, si rilassano. Le domandano di suonare Schubert o Mozart e lei le esegue perfettamente. La sua musica, oramai, è un’arte con funzioni terapeutiche”.

E' stato proprio lui ad essere uno dei principali fautori di questa iniziativa che poi via via è stata seguita ed apprezzata da tutto lo staff medico, che aspetta il Venerdì pomeriggio per ascoltare nei corridoi, tra un paziente e l’altro, risuonare leggiadre le note del suo violoncello.

Una bellissima iniziativa, che unisce la passione per la musica all’amore per gli altri.
Complimenti a questa musicista dal cuore grande!

21 maggio 2019

FONTE: Positizie.it

martedì 29 settembre 2015

Suor Manuela Vargiu: consacrati con la voglia di cantare la gioia di Dio!!!


Suor Manuela è giovanissima, vive a Roma e continua gli studi di teologia, fa parte dell’ordine “Le Missionarie Figlie di Gesù Crocifisso”. Come Suor Cristina, anche lei ama la musica e il canto e in varie occasioni ha partecipato al Festival “Il mondo canta Maria” insieme ad altri artisti della Christian Music. A conclusione d’intervista ho chiesto a Suor Manuela di dare un consiglio a Suor Cristina che al momento è su tutti i canali web e televisivi. Prima della sua vocazione alla vita consacrata, Suor Manuela era una studentessa di medicina con tanti amici e un fidanzato. Viveva in Sardegna a Sassari. Conduceva una vita normale e serena e proprio in quella normalità, comincia a sentire la strana sensazione che le mancasse qualcosa. Un viaggio a Lourdes gliene darà la conferma…

Come e quando ti sei accorta di essere chiamata alla vita consacrata?

Certamente è stato un cammino lento e progressivo dell’anima, ero una ragazza come tante altre e studiavo medicina. Il mio sogno era partire con “Medici senza frontiere”, nei paesi in via di sviluppo per aiutare tante persone. Dentro al cuore, continuamente sentivo che Gesù mi chiedeva qualcosa di più. Ho sempre avuto un bel rapporto con Gesù, sentivo che mi stava chiedendo altro, ma continuavo a fare “orecchie da mercante” perché l’idea di dover lasciare tutto (il sogno di diventar medico, il mio ragazzo, la mia famiglia e i miei amici) mi spaventava tantissimo. Avevo paura di fare questo salto nel buio, perché così lo definivo, un salto che poi si è rivelato non nel buio ma nella Luce di Cristo. La mia resistenza alla chiamata del Signore era anche dovuta al fatto che il mio ragazzo non frequentava la Chiesa ed era lontano dall’ambiente cristiano. Mi diceva spesso che erano stati i preti e le suore ad avermi fatto il lavaggio del cervello e di conseguenza sosteneva che ciò che sentivo era tutta illusione. Continuava a farmi domande di fede molto grandi di fronte alle quali io stessa spesso non trovavo risposta! Così alla fine ho detto “Basta, Signore se ci sei vienimi a cercare nel chiasso del mondo”.

Suor Manuela, quando ti sei consacrata avevi soltanto 21 anni. Perché hai scelto proprio quest’ordine delle Missionarie Figlie di Gesù Crocifisso?

Perché fin da adolescente sono stata sempre attirata, conquistata dal Crocifisso; vedere quest’uomo li, crocifisso, mi dava la misura alta dell’Amore e pensavo sempre al fatto che Gesù è stato così grande nell’Amore da dare la vita per noi. Anche io in qualche modo desideravo dare la vita per gli altri, non sapevo ancora qual’era la strada ma volevo vivere la misura alta dell’Amore. Quando parlavo con il mio padre spirituale, lui spesso mi parlava di questa congregazione, delle Missionarie Figlie di Gesù Crocifisso, ma anche in quel caso continuavo a fare “orecchie da mercante” perché il convento mi sembrava un luogo stretto per me e quindi preferivo non dargli peso, nonostante ciò, quando poi da sola mi trovavo davanti al Crocifisso mi sentivo attirata da Lui e chiamata da quest’Amore più grande.

Com’era la tua vita prima di sposare il Signore? Eri vicina alla Chiesa e frequentavi qualche gruppo?

Come dicevo prima sono sempre stata vicina alla parrocchia ma non frequentavo nessun gruppo. Dirigevo il coro dei bambini della parrocchia, mi occupavo dell’animazione liturgica. Tutto ciò che era musica mi ha sempre attirata e mi aiutava a lodare Dio. Sono sempre stata vicina a Gesù, pregavo con Lui ma non con delle formule già scritte, amavo chiacchierare con Lui. Frequentavo anche tanti amici che non stavano in parrocchia, uscivo con loro nei fine settimana, andavamo nei locali. Vivevo la mia fede ma in modo tale che non mi chiamasse troppo in causa. Mi nascondevo dietro l’immagine di una brava ragazza pur di non farmi chiedere di più dal Signore.

Ad un certo punto lasciasti gli studi di medicina e anche il tuo ragazzo. Perché ti sentivi tanto combattuta nel dare il tuo
Si al Signore, cosa ti spaventava?

Mi spaventava il pensiero di dover lasciare tutto ciò che per me era sicuro, le mie sicurezze costituite dai miei studi e da un futuro da me già programmato; mi spaventava dover lasciare la mia famiglia, gli amici e il mio ragazzo per fare un salto verso la strada che il Signore mi avrebbe indicato. Un po’ come quando il Signore nell’antico testamento chiama Abramo e gli dice “Esci dalla tua terra e va nella terra che io ti indicherò”. Prima gli chiede di uscire e solo dopo gli indica la terra, e così era per me, mi chiedeva di uscire, mi dovevo prima fidare, non mi diceva cosa avrei trovato, l’unica garanzia che mi dava era quella della Sua presenza accanto a me, dovevo fidarmi di Lui.

Ad un certo punto, decidi di staccare con tutto e ne approfitti per trascorrere l’intera estate frequentando le discoteche, nel “chiasso del mondo”. Era un modo per sentire meno la chiamata che in quel momento ti provocava ansia e paura nel lasciare tutto?

Era un modo per nascondermi perché solitamente il Signore sceglie di parlare nel silenzio e di conseguenza io sceglievo il chiasso per non sentirlo, ma anche per sfidarlo perché di fatto io gli lanciai una sfida: “Signore vienimi a cercare nel chiasso del mondo se ci sei davvero”. Ed è stato bellissimo perché in realtà il Signore mi ha cercato in modo discreto, lasciandomi libera. Proprio in quel chiasso che avevo scelto mi trovai a sperimentare un vuoto incredibile nel cuore e in questo vuoto ritrovai la nostalgia di Dio, di quel Dio che mi aveva sempre riempito il cuore della Sua presenza. Mi sentivo come il figlio della parabola del Padre misericordioso, quel figlio che va via e dopo aver sperperato tutti gli averi del padre, si ritrova a mangiare il cibo dei porci e dopo un po’ nemmeno quello. Iniziai così a pensare a tutto quello che avevo quando stavo a casa di Dio Padre, dove avevo tante cose, quando ero con Lui il mio cuore traboccava di gioia, vivevo nelle pienezza nonostante le difficoltà, e invece lontana da Lui mi sentivo a mani vuote. Il Signore è proprio in quella nostalgia che sentivo che mi ha riconquistata o meglio ancora mi ha ri-attirata a sè. Gesù è entrato nel chiasso del mondo con una brezza leggera facendosi presente nel mio cuore.

In quel periodo il tuo direttore spirituale ti è stato molto di aiuto, ma non solo… Un giorno vieni chiamata dall’UNITALSI a dare una testimonianza a Lourdes e ti viene chiesto anche di cantare. Proprio lì, la Madonna ti aiuta a capire qual’era la tua strada. Che succede?

Poco prima di partire per Lourdes, pregai la Madonna e le chiesi di mettermi una mano in testa e di portarmi a Lourdes e di indicarmi lì la strada... Lei esaudì questo mio desiderio. Infatti, venni chiamata dall’Unitalsi per dare una testimonianza a Lourdes e per cantare, così chiesi di poter partire con gli ausiliari per poter prestare servizio agli ammalati. Durante la giornata dedicata alla celebrazione penitenziale, sentii il desiderio di confessarmi, ma in quel momento stavo prestando servizio e non potevo partecipare alla celebrazione in maniera attiva. La sera quando già tutto era finito chiesi ad un Vescovo di confessarmi l’indomani, dato l’ora tarda, invece lui con fare molto paterno si rese subito disponibile. Andammo insieme di fronte alla Grotta e ancor prima della confessione iniziammo un dialogo che durò per più di un ora e che si concluse con la confessione. Attraverso la paternità di questo Vescovo passò tutta la paternità di Dio che mi riportò a Sé, anche grazie all’intercessione di Maria, che come una mamma mi aveva portata lì. La grazia del sacramento della confessione sciolse la paralisi del mio cuore ed in quel momento sentii forte il desiderio di non aspettare più, ma finalmente di fare un salto, non più nel buio, ma nelle braccia di Dio, in quelle Sue mani che ormai ero certa mi avrebbero sempre accompagnato.

Suor Manuela, hai una grande passione sin da piccola per la musica e il canto. Essendo una giovane suora come Suor Cristina, che al momento la vediamo sotto l’effetto mediatico dei media e del web dopo la sua partecipazione a The Voice, che consiglio vorresti darle essendo una tua consorella?

Penso innanzitutto che ad ognuno di noi sono stati dati dei doni per il bene comune e penso che Suor Cristina abbia deciso di partecipare a questa trasmissione per donarci questo suo dono, come in fondo anche lei stessa ha detto “Ho un dono, ve lo dono”. Certamente il Signore ci chiede di portare il Vangelo ovunque, attraverso quello che siamo e attraverso i doni che ci ha dato. Sicuramente il mondo dello spettacolo è un mondo che nasconde anche tante insidie e tanti pericoli, ma questo non ci deve chiudere ed impaurire. In modo semplice penso che dobbiamo starle vicino e dobbiamo pregare per lei! Certamente bisogna avere tanta prudenza, ma se il Signore la sta chiamando per questa via, la condurrà Lui e la prenderà per mano.

Tu hai scritto un brano dal titolo “Come vorrei” tratto dall’album Anime, che parla proprio della crocifissione di Gesù…

E’ un brano a cui sono molto legata e che fra l’altro ho cantato a Lourdes e ho avuto anche la grazia di cantarlo davanti a Giovanni Paolo II. Questo brano racconta l’Amore più grande che passa proprio per la Croce e racconta il mio desiderio di essere portata in qualche modo sulla Croce di Cristo per vivere la misura dell’Amore più grande che sta nel dare la vita per gli altri. In questo brano chiedo al Signore di darmi la grazia di morire anch’io per Amore così come Lui è morto per Amore nostro.

Il 27 aprile ci sarà la Santificazione di Karol Wojtyla e di Giovanni XXIII. Cos’hai provato a cantare per Lui?

E’ stata una grande emozione e non a caso ho scelto un brano sulla croce, proprio perché Papa Wojtyla stesso mi ha insegnato che la croce non va temuta ma va accolta nella nostra vita e va portata con Amore e per Amore. La croce è stata già vinta dalla Vita, dall’Amore di Cristo, e Giovanni Paolo II mi ha insegnato proprio questo, che la croce è solo una porta spalancata sulla Resurrezione. Quando ho testimoniato davanti a lui mi sono sentita piccola, un puntino davanti a un grande uomo che, attraverso la sua testimonianza, ha saputo regalare la paternità di Dio a tutto il mondo!
di Rita Sberna

6 aprile 2014






Quando vedo e sento parlare una suora o una missionaria o un consacrato di Vera e profonda Fede, rimango sempre ammirato dal loro sguardo luminoso. E' uno sguardo speciale, diverso da quello delle altre persone, uno sguardo che emana gioia, limpidezza, dolcezza e Amore allo stesso tempo. E questo sguardo, questa particolare
luce
negli occhi, traspare più che mai dal volto di suor Manuela Vargiu in questo video (che consiglio a tutti di vedere), una ragazza che ha lasciato tutto (il mondo) per abbracciare la Vita Consacrata, per essere tutta del suo Gesù.
E pensare che c'è ancora chi crede che le persone che lasciano la vita del mondo per abbracciare la Vita Consacrata, siano delle persone infelici, delle persone che
fuggono
il mondo e la società, perchè in essa non si ritrovano, o per trovare una qualche sorta di protezione da un mondo in cui non riescono a inserirsi o ad adattarsi. Oppure si pensa che siano persone che scappano dopo qualche cocente delusione in amore. Niente di più falso, niente di più lontano dalla verità di questo! E per capirlo, lo ribadisco, basta guardare lo sguardo luminoso di suor Manuela mentre risponde alle domande del suo intervistatore. Ed è lo sguardo di una persona FELICE, felice per quello che fa, per quello che è, felice per la strada che ha intrapreso, felice perchè ha trovato l'Amore, quello più Vero, l'Amore di Dio! Un Amore che suor Manuela ha sempre avuto nel cuore, ma che solo con la Consacrazione ha trovato il suo pieno compimento. E del resto è lei stessa a dirlo, alla domanda dell'intervistatore, che le chiede perchè avesse voluto indossare quest'abito (minuto 10' 30")? E lei, con disarmante naturalezza, risponde semplicemente Perchè mi sono innamorata!.  

Il Bene che fanno queste belle anime con la loro vita, con il loro esempio, con la loro preghiera, con la loro dedizione... in una parola: con il loro Amore.... lo capiremo bene solamente quendo saremo
di là. Per adesso mi sento solamente di dire: Grazie suor Manuela per tutto quello che fai e grazie a tutte le persone che, come te, rispondono con gioia e Amore alla chiamata del Signore. Grazie di tutto!
E Lode e Gloria al Signore per donare al mondo anime belle come queste, di cui c'è veramente un immenso bisogno!!!

Marco