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sabato 27 aprile 2019

Nek: «Nelle favelas ho visto cosa riesce a fare l’Amore»


Il cantante Nek racconta la sua esperienza di missione in Brasile con Nuovi Orizzonti: «Qui la comunità ha salvato tanti bambini dalle strade»


«Sono emozionato». Così il cantante Nek descrive il suo stato d’animo assai particolare di un momento molto importante, che però non è quello di esibirsi ancora una volta sul palco di Sanremo o di ritirare il premio per il disco più venduto dell’anno. No, Nek si racconta così ai suoi amici social di Facebook poco prima di salire su un furgoncino un po’ sgarrupato, con la scritta "Novos Horizontes" semicancellata, che lo conduce nella favelas di Quixada, in Brasile, a distribuire cibo alle famiglie povere e a tanti bambini vestiti quasi di niente ma sempre allegri. Una sorta di diario social – apprezzato dai fan di Nek con decine di migliaia di like, commenti e visualizzazioni delle foto – che il cantante emiliano ha tenuto per un paio di settimane, tanto quanto è durato il viaggio missionario che in questo inizio di estate lo ha visto volare in Sud America assieme ad alcuni amici di Nuovi Orizzonti, a cominciare da don Davide Banzato, assistente spirituale del movimento fondato da Chiara Amirante.

CAVALIERE DELLA LUCE

Un legame, quello tra l’artista e Nuovi Orizzonti, che nasce una dozzina di anni fa, quasi per caso, dopo un concerto benefico, e che ha trasformato la vita di Filippo Neviani (è questo il vero nome di Nek), che allora si definiva «un cristiano tiepido» e che oggi è un Cavaliere della Luce, ovvero consacrato «a portare l’Amore in un mondo che sta morendo per mancanza d’Amore, con l’impegno di testimoniare la gioia di Cristo risorto e di portare la rivoluzione del Vangelo nel mondo».

Proprio quello che Nek ha fatto in Brasile, dove ha trascorso le sue giornate soprattutto tra i bambini «che hanno solo bisogno di giocare cantare correre essere abbracciati», ha scritto su Facebook e, c’è da scommettere, con quei verbi uno accanto all’altro senza una virgola, per dare ancora più valore alla forza dirompente degli stessi. «Oggi i bambini corrono felici, amano scherzare e ridere. Guardate cosa riesce a fare l’amore!!!!», aggiunge in un altro post, con tanto di foto-ricordo con i piccoli della Cittadella di Quixada, la comunità tirata su da Nuovi Orizzonti, parallela a quella di Fortaleza. E anche qui Nek è stato, in questa che è una delle città più pericolose al mondo per episodi di violenza e triste capitale della prostituzione minorile.

In Brasile il cantante 46enne e gli altri volontari si sono prodigati con il "Progetto Coração", voluto per portare beni di prima necessità e che tanti benefattori, anche dall’Italia, sostengono con poche decine di euro al mese. Una generosità che ha permesso anche la realizzazione di due case di accoglienza per bambini di strada vittime di violenze, di un centro di recupero per ragazzi e uno per la formazione delle mamme.

Una "fotografia" che Nek ha scattato cogliendone tutte le sfumature e facendola rimbalzare ancora sui social, così: «Storie pazzesche di degrado vero il loro... da fare accapponare la pelle. Bambine che a 11 anni sono costrette dai genitori a prostituirsi, a fare uso di droga, poi in seguito abbandonate. Nem, oggi un ragazzo, da piccolo viveva in un’automobile abbandonata in una stazione di benzina e veniva seviziato da camionisti ubriachi che gli spegnevano le sigarette addosso. Una donna l’ha salvato portandolo in comunità». E ancora l’invito del cantante, che vale più di altre mille parole: «Guardate cosa riesce a fare l’Amore!!!».

E cosa riesce a fare un artista celebrato, che intanto si è rituffato alla grande in una tournée in tutta Italia assieme a Francesco Renga e Max Pezzali, dopo aver lasciato «un pezzo del mio cuore nelle favelas».

di Igor Traboni

12 luglio 2018

FONTE: Famiglia Cristiana


Filippo Neviani, in "arte" Nek, ha proprio ragione: «Guardate cosa riesce a fare l’Amore!!!».
L'Amore è veramente la più grande "Forza" dell'Universo, e riesce a portare Gioia, Allegria e Bontà dappertutto, anche in mezzo alla povertà più nera, dove droga e prostituzione spesso regnano sovrane.
Ma l'Amore vince e vincerà sempre!

Marco

venerdì 25 novembre 2016

Chiara Amirante: “Così abbraccio chi vive disperato nei deserti delle nostre metropoli”


Chiara Amirante, classe 1966, fondatrice di Nuovi Orizzonti: 
Un gran numero di ragazzi è dipendente da droghe, giochi d'azzardo, alcol e sesso nella solitudine più profonda. Ma tendere la mano può riaccendere la speranza in chi l'ha persa. Da quell'intuizione sono nati 210 centri di accoglienza e 5 Cittadelle Cielo. L'ultima inaugurata a Frosinone. 

ROMA
C'è un popolo della notte che vive nei deserti delle nostre metropoli imprigionato nella disperazione. Nelle strade delle nostre città un gran numero di ragazzi, spesso anche figli di buone famiglie, vive dipendente da droghe, giochi d'azzardo, alcol, sesso, nella solitudine più profonda. A loro tendiamo la mano sapendo che un dialogo, un abbraccio, anche un semplice saluto possono riaccendere la speranza in chi l'ha persa


Chiara Amirante, classe 1966, fondatrice di Nuovi Orizzonti, associazione di diritto pontificio impegnata in diverse iniziative sociali, parla con Repubblica il giorno in cui inaugura una "Cittadella Cielo" a Frosinone alla presenza di Andrea Bocelli, Amedeo Minghi, Filippo Neviani (in arte Nek), Raffaele Riefoli (in arte Raf) e suor Cristina Scuccia. Già cinque nel mondo, le Cittadelle sono piccoli villaggi di accoglienza dove chiunque si senta solo, emarginato e disperato, può essere accolto, sostenuto e amato. E dove chi lo desidera possa formarsi al volontariato per poi realizzare nuovi progetti e iniziative nella propria realtà locale.

Come è nata l'idea delle Cittadelle Cielo?

L'idea è nata nel '96 poco dopo aver aperto la prima comunità di accoglienza Nuovi Orizzonti per ragazzi di strada. Avevo iniziato ad andare in strada per mettermi in ascolto del grido del popolo della notte e mi ero resa conto di quante nuove povertà esistono. Allora non immaginavo di trovare tanti ragazzi disperati, anche ragazzi benestanti ma con la morte nel cuore, persone che erano finite in veri e propri tunnel infernali di droga e alcol, prostituzione, schiavitù... giovani con situazioni di vita personali drammatiche. Subito capii che dovevo creare dei luoghi per accoglierli


Cosa fece per loro?
La prima risposta fu appunto accoglierli per fare con loro percorsi di ricostruzione interiore e di guarigione del cuore basati sul Vangelo. Poi, man mano che questo popolo che bussava alle porte della comunità e del mio cuore aumentava nacque il sogno delle Cittadelle Cielo. Dei piccoli villaggi, aperti all'accoglienza di chiunque viva situazioni di grave disagio e con Centri di accoglienza, di ascolto, prevenzione, centri di cooperazione internazionale, formazione e promozione di cultura, centri di spiritualità, preghiera, luoghi di accoglienza per malati terminali, centri accoglienza alla vita. Piccoli villaggi di formazione al volontariato internazionale affinché chiunque lo desideri possa anche a sua volta essere di sostegno ad altri. Cerchiamo di portare la gioia a chi ha perso la speranza, dischiudere nuovi orizzonti a chi vive nel disagio, intervenendo a 360 gradi in tutti gli ambiti del disagio sociale


Quale regola di base vi spinge ad agire?
Soltanto una: l'Amore. L'Amore fa miracoli perché Dio è Amore


Va ancora oggi in strada la notte?
Oggi poco perché sono letteralmente sommersa di lavoro e di richieste di aiuto ma ci sono ormai tantissimi dei ragazzi accolti in comunità e altri che fanno parte di più di mille equipe di servizio che vanno in strada, nelle scuole, nei bar, nelle zone più "calde"...


Cosa fate quando andate in strada?
Semplicemente andiamo incontro ai ragazzi, a chi sta male, a chi è emarginato. Andiamo e iniziamo a dialogare fuori dalle discoteche, dai locali, nelle stazioni ovunque ci siano dei luoghi di aggregazione. Cerchiamo un dialogo vero, profondo. Spesso basta un saluto, un abbraccio, perché il cuore delle persone disperate e sole si apra


Abbracciate i ragazzi?
Anche, sì. Una delle tante iniziative che facciamo in strada si chiama Abbracci Gratis. Per strada offriamo un abbraccio. E da quell'abbraccio può nascere un dialogo, anche profondo. I malesseri sono tanti: dipendenza da droghe, alcol, gioco, bulimia, depressione. I ragazzi sono spesso immersi in situazione di disagio profondissimo. Ma basta poco per cambiare le cose. L'Amore di Gesù è più potente di tutto


Come ha deciso di andare per strada?
E' stato il frutto di una sofferenza, una malattia terribile che non sembrava avere soluzione. Lessi Giovanni 15: Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Scoprii che la gioia piena che Cristo ci dona resiste alle prove più terribili della vita e questo mi spinse ad andare per strada a cercare i più disperati con il desiderio di riaccendere la speranza nei loro cuori


Da quella intuizione sono nate tante realtà. Per dare qualche numero: 210 centri di accoglienza, formazione e orientamento, 78 Centri residenziali di accoglienza, reinserimento e formazione, 57 Centri di ascolto di prevenzione e di servizio, 75 famiglie aperte all'accoglienza, 5 Cittadelle del Cielo nel mondo, 500.000 Cavalieri della Luce impegnati a portare la gioia a chi vive situazioni di grave disagio...
È tutto un miracolo. Come anche l'ultima Cittadella a Frosinone. Oggi presentiamo questa iniziativa al territorio perché vogliamo impegnarci insieme a ogni persona di buona volontà nell'edificare la Civiltà dell'Amore, una società rinnovata dalla forza della solidarietà, della condivisione, della giustizia sociale, dell'attenzione a chi soffre
.

di Paolo Rodari

6 novembre 2016

FONTE: Repubblica.it 




Conosco di fama Chiara Amirante e da diverso tempo seguo quello che questa splendida persona, per Grazia di Dio, compie. E ho colto l'occasione dell'inaugurazione della "Cittadella Cielo" di Frosinone, avvenuta il 6 novembre scorso (vedi video sopra), per postare questa bella intervista con lei.
Quanta Grazia, quanta Grazia c'è nelle Opere che il buon Dio compie attraverso questo suo docile strumento, questo suo "pennello" mi sentirei di chiamarla, che è appunto Chiara Amirante, a favore delle persone più bisognose, deboli, sbandate e disperate..... Un "pennello" dicevo nelle mani del buon Dio che, attraverso di lei, compie autentici Capolavori di Amore e Solidarietà che si chiamano Cittadelle Cielo, Comunità Nuovi Orizzonti, Cavalieri della Luce.... e tanto altro ancora. Un vero e proprio fiume d'Amore sgorga da tutte queste Opere meravigliose, l'Amore di Dio che, per parole della stessa Chiara, fa autentici Miracoli, perché Dio è Amore.
Grazie di cuore Chiara, per tutto quello che sei e che fai, sopratutto per essere un docile strumento nelle mani di Dio.... e Lode e Gloria a Dio per tutta la Benevolenza che sempre ci dona in tanti, infiniti modi diversi. Lode e Gloria al nostro buon Dio, sempre e dovunque!

Marco

martedì 2 giugno 2015

Lì dove abita la tenerezza del Signore


Restituire dignità e speranza alle donne vittime della prostituzione. Per farlo suor Rita Giaretta ha creato Casa Rut, “un luogo che profuma di resurrezione e non di giudizio”


Capivo che volevo abbracciare il mondo con tutto il cuore e che la mia vita volevo donarla, spenderla per le donne. Noi pensiamo che la schiavitù sia stata abolita, che nella nostra società odierna non esista più, che non ci riguardi o che riguardi semplicemente il passato. Invece ci è accanto invisibile, muta! E' nel nostro Paese! La prostituzione è schiavitù femminile, che viola la dignità e il corpo delle donne, costrette a pagare quel pezzo di marciapiede sul quale lavorano con debiti che le legano a vita alla camorra! E mi chiedo... gli uomini? E noi donne? Cosa facciamo? Questa domanda crescente dei cosiddetti "clienti", non riguarda forse noi tutti?”.
Le parole di suor Rita Giaretta pesano come macigni. Impossibile rimanere indifferenti. Smascherano con franchezza rara la cecità comoda a cui ci siamo abituati. Gli occhi grigi attenti, il tono della voce che riesce in una doppia impresa: essere severo, incisivo, forte, ma allo stesso tempo dolce e avvolgente, misericordioso, materno, capace di penetrare il cuore umano, portandolo con immediatezza alle grandi domande della vita. Davvero non si può fare nulla per cambiare le cose, sopratutto quelle che sembrano essere così dagli albori dell'umanità?

In viaggio verso l'amore

Un filo delicatissimo e tutto rosa unisce passato e presente di questa donna coraggiosa, oggi Suora Orsolina del Sacro Cuore di Maria. La vocazione religiosa per Rita Giaretta arriva nella maturità.
Avevo 29 anni e una vita che si stava già svolgendo pienamente. Avevo il mio lavoro di infermiera, tante amicizie, un compagno con cui facevo progetti”. Nell'ambito del lavoro ha un interesse particolare: “Mi impegnavo nel sindacato per la tutela dei diritti delle donne. Mi accorgevo delle ingiustizie, di quanto fosse necessario combattere ogni momento per guadagnarsi certi diritti minimi che poi non erano mai acquisiti, ma un continuo impegno. Ecco, avevo una vita ordinaria, ma sentivo dentro di me una voce, non ancora distinta, che mi faceva capire che nonostante tutto quella non era la mia strada. Un viaggio in India con degli amici missionari mi ha portato al cuore dell'umanità. Lì dove la vita faceva fatica, ecco tutta la dignità, il rispetto per l'esistenza che andava soccorsa. Quella voce iniziava a farsi più nitida, il Signore mi stava chiamando. Ma un altro passo è stato decisivo. Insieme a me, nella clinica privata presso cui lavoravo, c'era una suora orsolina che prestava servizio. Ho iniziato a prendere qualche caffè con lei ma più per sfida, per prenderla quasi in giro, e invece dopo alcuni esercizi spirituali fatti con lei e le sue consorelle, ho capito che quella poteva essere finalmente la strada per me”.


Cuore amante


Rita entra nella congregazione delle Orsoline a Vicenza. La sua scelta si scontra però con l'opposizione dei genitori: “Non capivo perchè tanto dolore potesse essere causato dalla mia volontà di seguire Gesù, ma è scritto anche nel Vangelo”. Nel 1995 lascia Vicenza e viene trasferita al sud. “Per me è stato un passo in più nel realizzare la mia vocazione di donna consacrata. Ho sempre sentito dentro di me questa forza, questo desiderio di andare verso la terra del Sud, lì dove era più necessaria una presenza religiosa, e direi proprio femminile. Lì dove era necessario svelare la tenerezza e il cuore amante di Dio a chi era nel bisogno. Il 2 ottobre 1995, il giorno degli angeli custodi, suor Rita e le sue consorelle si trasferiscono a Caserta. Partono senza un progetto preciso. Si lasciano toccare dalla gente, dalle domande di chi incontrano. “Non è stato facile all'inizio, ma volevamo incarnare quella che Papa Francesco oggi chiama una "Chiesa in uscita". Così, andando in giro per le strade, ci siamo accorte di queste ragazze, spesso minorenni, ridotte in schiavitù e vittime della tratta. Un pugno nello stomaco. Quelle ragazze, quelle donne maltrattate, violentate, fracassate, rese oggetto, chiamavano noi”.

Il giorno delle primule


L'8 marzo 1997, in occasione della festa delle donne, suor Rita e le sue consorelle decidono di andare incontro a queste ragazze. La polizia, che hanno consultato, le ha invitate a desistere, ma loro sono determinate. L'amore è più forte di tutto.
Abbiamo deciso di andare noi in strada, come andava Gesù e come ci insegna il Vangelo, a portare un gesto di tenerezza, un abbraccio d'amore per loro. Con noi abbiamo portato un vasetto di primule e un bigliettino in cui c'era scritto: "Cara amica qualcuno pensa a te con amore". Ricordo la commozione e la delicatezza di quel primo incontro. Loro non si aspettavano che ci saremmo avvicinate. Ricordo la loro paura iniziale, poi l'apertura, le confidenze disperate fino alle preghiere a mani giunte. "Tornate! Tornate! No buono questo lavoro". E da quel momento abbiamo capito che quello era il nostro posto, era il mio!”.

Corpi rigenerati

Per aiutare le donne vittime della tratta nel casertano, pochi giorni a settimana non bastano. Suor Rita vuole fare di più. Inizia a dare una brandina a chi tra violenze sul corpo e debiti da saldare rischia la vita. Le brandine si sommano, si accavallano nel convento, nasce spontaneo il bisogno di disporre di una casa dove accogliere queste giovani creature, spesso madri, sottraendole a un destino che sembra già scritto.
Troppo spesso si dice "c'è sempre stata la prostituzione", ma questa non è una giustificazione per non fare nulla! Qualcosa si può fare, dobbiamo crederci e volerlo. Casa Rut è nata con l'idea di essere casa accogliente, volto della tenerezza di Dio, luogo che profuma di resurrezione e di non giudizio. Sì, di non giudizio. La prima cosa è non giudicare, è amarle nella loro interezza. Queste donne si vergognano, loro sì. E chi le usa no... Perchè? Loro che non riescono a guardarsi allo specchio o che si truccano così tanto da coprire il viso. Non c'è cosa più bella, miracolo più grande che vedere fiorire quei volti, puliti, rigenerati perchè semplicemente amati! Corpi martoriati, spezzati, fracassati che trovano braccia pronte ad abbracciarle e guarirle senza pregiudizi”.

Perchè abbiano la vita

Casa Rut è sorta nel cuore di un condominio, sulla strada che porta alla Reggia di Caserta. “Che bello pensare che la nostra casa è sulla via della bellezza! Siamo verso la bellezza e dentro un condominio che ha imparato a volerci bene e a crescere con noi. E' un movimento che non esclude nessuno. Casa Rut è incastonata in un territorio che cresce con lei e lei con lui. Non si può fare a meno di nessuno. Abbiamo angeli custodi anonimi che lasciano biscotti per le ragazze fuori dalla porta, mamme che cercano babysitter o amici che vogliono insegnare alle ragazze l'italiano. Ricordiamoci che un'ora donata è un'ora di grazia, un'ora che umanizza!”. Il sorriso di suor Rita è un abbraccio materno, caldo.Ho tanti figli e figlie. Al contrario di quanto si possa pensare, tutte le dimensioni umane si sviluppano in questa mia scelta, sento questa abbondanza che è fecondità”.
C'è un versetto del Vangelo particolarmente caro a suor Rita. Casa Rut è stata costruita su queste parole e in esse trova sempre nuova linfa per rigenerare nell'amore donne e amiche che accoglie: “Sono venuto perchè abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). Apriamo occhi e cuore perchè tutti abbiano vita e l'abbiano piena in Cristo.


Sartoria etnica

Nel 2004, grazie all'aiuto di tante amiche e amici, è nata NeWhope ("nuova speranza"), cooperativa sociale che ha attirato un laboratorio di sartoria etnica a Casa Rut. Ad abiti per prime comunioni e a un servizio di riparazioni sartoriali, dal 2008 si affianca anche la produzione di tovaglie, zaini e tanti altri coloratissimi manufatti etnici. L'obiettivo è dare un lavoro e rendere possibile la piena integrità di queste giovani donne nella nostra società, mettendo sempre al primo posto la tutela e la dignità della donna.

Bomboniere della speranza


Un'altra bellissima iniziativa riguarda le "bomboniere della speranza" che si possono ordinare direttamente a Casa Rut o tramite il sito internet della comunità. “Quelle mani che un tempo erano vittime di violenza oggi producono bellezza. Cucendo e assemblando è un pò come se le nostre ragazze ricucissero la loro vita per ricominciare”, dice suor Rita.


di Maria Luisa Rinaldi

FONTE: A Sua Immagine N. 104
3 gennaio 2015


C'è veramente tutto in questa storia: il brutto e il Bello del nostro mondo, della nostra società.
Il brutto che consiste nell'orribile sfruttamento delle donne, trattate come vere e proprie schiave e costrette da uomini senza scrupoli a vendere il proprio corpo ad altri uomini senza morale che di certo non si pongono tanti problemi nel fare quello che fanno.
E poi c'è il Bello, la splendida vocazione di suor Rita Giaretta, chiamata dal Signore ad accuparsi di queste donne, toglierle dalla strada e donare loro quell'Amore e quella Dignità che fino ad ora non avevano avuto la possibilità di avere. E questo è per loro come una rinascita, significa essere rigenerate nello spirito e nel corpo, e poter ricominciare una nuova vita, con degli affetti sinceri e genuini, con un lavoro dignitoso..... tutto quello che fin qui era stato a loro negato.
Questa è la forza dell'Amore, quello Vero, quello che, ci auguriamo tutti, possa trionfare sempre sul male, fino a estirparlo fin dalle sue radici più profonde.

Marco 

venerdì 12 dicembre 2014

“Torino, la mia Africa”

Ha lasciato il lavoro per dedicarsi ai più bisognosi. Paolo guida l'associazione Amici di Lazzaro e fa il missionario nelle zone degradate del capoluogo piemontese

Sognava di andare in missione nel Terzo Mondo. Poi ha scoperto che la sua Africa, le sue favelas sono qui in Italia. A Torino, tra mendicanti, tossici, senza fissa dimora e prostitute: Paolo Botti è per tutti loro una piccola stella cometa. Attraverso la sua associazione Amici di Lazzaro dal 1997 fino a oggi ha avvicinato migliaia di persone che hanno conosciuto degrado, solitudine, perdita della propria dignità. Persone sfruttate o abbandonate a sé stesse, incamminate verso un destino infelice e rinate grazie all'impegno di Paolo e della sua squadra di volontari: “Sin da giovanissimo – racconta – sentivo dentro di me solo un desiderio: fidarmi di Dio e vivere per il bene e per il Vangelo. Volevo occuparmi dei poveri, dei giovani, e offrire loro una speranza, una prospettiva di vita”.

Fare il volontario

La sua storia, in tempi di crisi occupazionale può sembrare paradossale. A 18 anni abita da solo e inizia a lavorare alla Comau, un azienda del gruppo Fiat, come progettista elettronico. Intanto si iscrive alla facoltà di informatica. Dopo qualche anno, però, lascia gli studi e appena ottenuta una promozione e un aumento di stipendio, decide di licenziarsi per abbracciare la sua vocazione.
Quando lavoravo facevo una vita da povero in un alloggio spartano, non avevo la tv, né l'automobile, nessuna spesa superflua, Poi ho deciso di licenziarmi, ho regalato tutto quello che mi restava, mobili, dischi, libri”. A quel punto Paolo va a vivere in una piccola comunità gestita a Torino dai padri gesuiti con i quali è già in contatto da tempo. Lavora con loro all'accoglienza prima di famiglie e profughi della guerra di Bosnia, poi di vittime di tratta africane e dell'est. “E' in quel contesto che ho trovato l'Africa e i poveri senza lasciare l'Italia. La mia condizione di partenza – racconta – non era di infelicità o insoddisfazione, anzi era proprio il mio essere felice che mi incoraggiava a condividere il mio star bene, dentro e fuori, con gli altri
.

Quelle notti alla stazione centrale della città

In quegli anni l'attività di Paolo non è solo circoscritta al supporto dei gesuiti all'interno dell'istituto. Porta con sé la vocazione del volontario itinerante. Inizia, così, ad accompagnare un padre gesuita francese durante le sue "spedizioni" settimanali alla stazione Porta Nuova.
Ho cominciato ad andare alla stazione per stare con i barboni”, ricorda. “Eravamo in cinque o sei, guidati da padre Jean-Paul. Una sera la settimana andavamo a trovarli, parlavamo con loro, cantavamo e pregavamo insieme, e alla fine si distribuivano cibo, bevande calde e vestiti”. Quando padre Jean-Paul lascia Torino, Paolo decide di intensificare la collaborazione con i gesuiti e fondare, al contempo, un associazione che si occupi dei bisognosi, andandoli a cercare alla stazione centrale e nelle periferie torinesi più degradate. Nasce così, nel 1997, Amici di Lazzaro, associazione formata da un gruppo di ragazzi dinamici, energici. Subito concentrano la loro attenzione su uno dei drammi peggiori di Torino, il mercato delle vittime di tratta, sopratutto giovanissime e donne nigeriane. Ne studiano i movimenti, tentano più volte il dialogo con le prostitute. Paolo si reca persino in Nigeria per inquadrare meglio le origini del fenomeno.

Aiuto concreto alle donne vittime di tratta

Dal 1999 iniziano le uscite notturne: gruppi di volontari, a turno, incontrano le ragazze e, tra le altre cose, le informano sulla possibilità, prevista dall'articolo 18 della legge 286 del 1998, di usufruire di un programma di protezione nel caso in cui denuncino gli sfruttatori. Ma entrare nel loro mondo non è semplice ed è anche molto rischioso. Gli Amici di Lazzaro si organizzano in unità di strada. Man mano si stabiliscono rapporti di fiducia e alcune di esse denunciano i loro protettori.
L'associazione avvia collaborazioni con il Comune, la Caritas e il gruppo Abele per creare una sorta di rete contro lo sfruttamento della prostituzione su tutto il territorio torinese. L'intesa è fruttuosa e alcune delle ragazze che si avvicinano agli Amici di Lazzaro si ritrovano libere e inserite in contesti di lavoro come colf, baby sitter oppure badanti.

Dio è accanto a lui

Col tempo i numeri crescono e ormai centinaia di donne ogni anno dialogano con i volontari dell'associazione. Sono aumentate le unità d'azione, rivolte anche ai senza dimora e ai bambini di strada costretti all'accattonaggio o a lavare i vetri ai semafori. Un avventura che per Paolo è diventata una ragione di vita e nella quale ha un compagno speciale, il Signore, che lo affianca quotidianamente.
Prego spesso e durante la giornata cerco di non far mancare letture spirituali, decine del rosario dette qua e là e tante preghiere brevissime che riempiono i momenti tra le tante cose da fare e da vivere. Ho avuto tante difficoltà, tanti problemi superati che ora mi sembrano piccoli, perchè vedo che mai sono stato abbandonato da Dio. Ora, quando mi si presenta davanti un dubbio o una difficoltà, mi chiedo: "Ti è mai mancato qualcosa? Ti ha mai lasciato solo Dio?" E la risposta è "No, non sono mai stato solo, mai mi è mancato qualcosa". Quindi vado avanti con fiducia”.

La Fede profonda di bisognosi e prostitute

Per Paolo “la Fede dei poveri in genere è più forte della nostra. Spesso si pensa che i poveri preghino o credano perchè hanno bisogno, in realtà credono e hanno Fede nonostante i loro bisogni. E tante volte io stesso e i nostri volontari siamo colpiti dalle preghiere di ringraziamento a Dio fatte dalle ragazze sfruttate, che in strada intonano i loro canti di grazie per la vita, per le cose che hanno, per l'Amore che ricevono... e noi sappiamo che hanno poco, che soffrono tanto, che vengono maltrattate e sfruttate, eppure ringraziano e sanno vedere il bene che c'è intorno a loro”.

Il dono della catechesi tascabile

La Fede, dunque, è punto in comune, un punto d'incontro tra l'azione di Paolo e chi vive sulla strada. La condivisione della Parola di Dio è un momento per avvicinarsi, per tendersi la mano reciprocamente.
Noto che i poveri hanno un idea di Dio semplice e nel mio piccolo cerco di dare loro strumenti per approfondire come preghiere o catechesi semplici di Benedetto XVI o di Papa Francesco nella loro lingua, dal cinese all'inglese, dall'arabo al francese. A tutti – conclude – dico di pregare per me e per l'associazione, perchè credo davvero che Dio ascolti il grido dei poveri”.

A SCUOLA DI INTEGRAZIONE

Dal giugno 2000 gli Amici di Lazzaro hanno avviato un corso gratuito di italiano per donne straniere di ogni provenienza e livello culturale. Oltre alle lezioni vengono proposte anche iniziative di aggregazione (gite, cene e incontri tra giovani italiani e stranieri), e di formazione culturale (diritti e doveri, visite a musei, mostre e monumenti) e spirituale (incontri con le comunità etniche torinesi, catechesi, la World's Prayer, preghiera collettiva mensile promossa dall'associazione).

GRUPPO STAZIONI, NON SOLO AIUTO MATERIALE

PortaNuova-binari. PortaSusa. PortaNuova-centro: sono questi i tre gruppi che operano tra i senzacasa nelle stazioni ferroviarie di Torino. E' qui che gli Amici di Lazzaro hanno iniziato ad ascoltare, parlare, cantare con chi vive senza una casa. Nelle due più importanti stazioni di Torino sono centinaia i senza dimora che ogni giorno chiedono aiuto. A loro si offre una coperta, un sacco a pelo, un vestito pulito.
Il nostro carisma – spiegano i volontari – non è offrire il semplice aiuto materiale, quanto il dare prima di tutto amicizia, preghiera, ascolto e attenzioni. E' poi dall'amicizia che si arriva anche all'aiuto materiale”.

CON I POVERI DI TRE CONTINENTI


Da aspirante missionario, Paolo Botti non poteva che dedicare una serie di progetti ad alcune delle zone più sofferenti del mondo. Gli Amici di Lazzaro sostengono iniziative in Europa, Asia e Africa. In Romania, a Timisoara, fanno da supporto a una casa per ragazzi abbandonati fondata dalla Caritas locale. In Iraq, a Baghdad, lavorano con una parrocchia che da aiuto materiale ai poveri del quartiere. In Egitto a ElMinia, aiutano Casa Letizia che si occupa di orfani e famiglie povere. Nel Sudan, a Rumbek, operano in progetti che mirano a portare l'acqua a piccoli ospedali e un progetto pastorale per l'educazione dei giovani. In Nigeria, a Lagos, è in cantiere un progetto di prevenzione della tratta, reinserimento di ragazze rimpatriate e appoggio a famiglie vittime di minacce.


Di Gelsonimo Del Guercio

FONTE: A Sua Immagine N. 99
29 novembre 2014


Una storia bellissima, che si commenta da sola.
Ragazzi, pensiamoci un attimo..... avere un buon lavoro (cosa al giorno d'oggi, tutt'altro che scontata), belle prospettive, una vita soddisfacente..... e nonostante questo lasciare tutto, per inseguire un sogno, un ideale, una vocazione..... e dedicarsi al prossimo, quello più disagiato, quello dei poveri, dei barboni, delle donne sfruttate. Ma l'Amore è anche questo, una forza irresistibile che ti porta a fare scelte anche radicali, lasciando la sicurezza per l'incertezza, la stabilità per l'incognita. Ma è grazie a persone come Paolo che la nostra società si regge ancora in piedi, a lui e quell'innumerevole stuolo di volontari, di cui si parla così poco, che dedicano tempo, energia e passione, laddove c'è bisogno, al prossimo bisognoso. E se non è Amore questo, allora cos'è?
Un grazie sentito a Paolo allora, alla sua splendida Associazione, e a tutti coloro che dedicano di loro stessi al prossimo e a Dio. Che mondo sarebbe questo senza di loro? Ma ci sono, grazie a Dio ci sono.... e sono molti di più di quanto si possa immaginare. Non dimentichiamocelo mai!

Marco