Restituire dignità e speranza alle donne vittime della prostituzione. Per farlo suor Rita Giaretta ha creato Casa Rut, “un luogo che profuma di resurrezione e non di giudizio”
“Capivo che volevo abbracciare il mondo con tutto il cuore e che la mia vita volevo donarla, spenderla per le donne. Noi pensiamo che la schiavitù sia stata abolita, che nella nostra società odierna non esista più, che non ci riguardi o che riguardi semplicemente il passato. Invece ci è accanto invisibile, muta! E' nel nostro Paese! La prostituzione è schiavitù femminile, che viola la dignità e il corpo delle donne, costrette a pagare quel pezzo di marciapiede sul quale lavorano con debiti che le legano a vita alla camorra! E mi chiedo... gli uomini? E noi donne? Cosa facciamo? Questa domanda crescente dei cosiddetti "clienti", non riguarda forse noi tutti?”.
Le parole di suor Rita Giaretta pesano come macigni. Impossibile rimanere indifferenti. Smascherano con franchezza rara la cecità comoda a cui ci siamo abituati. Gli occhi grigi attenti, il tono della voce che riesce in una doppia impresa: essere severo, incisivo, forte, ma allo stesso tempo dolce e avvolgente, misericordioso, materno, capace di penetrare il cuore umano, portandolo con immediatezza alle grandi domande della vita. Davvero non si può fare nulla per cambiare le cose, sopratutto quelle che sembrano essere così dagli albori dell'umanità?
In viaggio verso l'amore
Un filo delicatissimo e tutto rosa unisce passato e presente di questa donna coraggiosa, oggi Suora Orsolina del Sacro Cuore di Maria. La vocazione religiosa per Rita Giaretta arriva nella maturità.
“Avevo 29 anni e una vita che si stava già svolgendo pienamente. Avevo il mio lavoro di infermiera, tante amicizie, un compagno con cui facevo progetti”. Nell'ambito del lavoro ha un interesse particolare: “Mi impegnavo nel sindacato per la tutela dei diritti delle donne. Mi accorgevo delle ingiustizie, di quanto fosse necessario combattere ogni momento per guadagnarsi certi diritti minimi che poi non erano mai acquisiti, ma un continuo impegno. Ecco, avevo una vita ordinaria, ma sentivo dentro di me una voce, non ancora distinta, che mi faceva capire che nonostante tutto quella non era la mia strada. Un viaggio in India con degli amici missionari mi ha portato al cuore dell'umanità. Lì dove la vita faceva fatica, ecco tutta la dignità, il rispetto per l'esistenza che andava soccorsa. Quella voce iniziava a farsi più nitida, il Signore mi stava chiamando. Ma un altro passo è stato decisivo. Insieme a me, nella clinica privata presso cui lavoravo, c'era una suora orsolina che prestava servizio. Ho iniziato a prendere qualche caffè con lei ma più per sfida, per prenderla quasi in giro, e invece dopo alcuni esercizi spirituali fatti con lei e le sue consorelle, ho capito che quella poteva essere finalmente la strada per me”.
Cuore amante
Rita entra nella congregazione delle Orsoline a Vicenza. La sua scelta si scontra però con l'opposizione dei genitori: “Non capivo perchè tanto dolore potesse essere causato dalla mia volontà di seguire Gesù, ma è scritto anche nel Vangelo”. Nel 1995 lascia Vicenza e viene trasferita al sud. “Per me è stato un passo in più nel realizzare la mia vocazione di donna consacrata. Ho sempre sentito dentro di me questa forza, questo desiderio di andare verso la terra del Sud, lì dove era più necessaria una presenza religiosa, e direi proprio femminile. Lì dove era necessario svelare la tenerezza e il cuore amante di Dio a chi era nel bisogno”. Il 2 ottobre 1995, il giorno degli angeli custodi, suor Rita e le sue consorelle si trasferiscono a Caserta. Partono senza un progetto preciso. Si lasciano toccare dalla gente, dalle domande di chi incontrano. “Non è stato facile all'inizio, ma volevamo incarnare quella che Papa Francesco oggi chiama una "Chiesa in uscita". Così, andando in giro per le strade, ci siamo accorte di queste ragazze, spesso minorenni, ridotte in schiavitù e vittime della tratta. Un pugno nello stomaco. Quelle ragazze, quelle donne maltrattate, violentate, fracassate, rese oggetto, chiamavano noi”.
Il giorno delle primule
L'8 marzo 1997, in occasione della festa delle donne, suor Rita e le sue consorelle decidono di andare incontro a queste ragazze. La polizia, che hanno consultato, le ha invitate a desistere, ma loro sono determinate. L'amore è più forte di tutto.
“Abbiamo deciso di andare noi in strada, come andava Gesù e come ci insegna il Vangelo, a portare un gesto di tenerezza, un abbraccio d'amore per loro. Con noi abbiamo portato un vasetto di primule e un bigliettino in cui c'era scritto: "Cara amica qualcuno pensa a te con amore". Ricordo la commozione e la delicatezza di quel primo incontro. Loro non si aspettavano che ci saremmo avvicinate. Ricordo la loro paura iniziale, poi l'apertura, le confidenze disperate fino alle preghiere a mani giunte. "Tornate! Tornate! No buono questo lavoro". E da quel momento abbiamo capito che quello era il nostro posto, era il mio!”.
Corpi rigenerati
Per aiutare le donne vittime della tratta nel casertano, pochi giorni a settimana non bastano. Suor Rita vuole fare di più. Inizia a dare una brandina a chi tra violenze sul corpo e debiti da saldare rischia la vita. Le brandine si sommano, si accavallano nel convento, nasce spontaneo il bisogno di disporre di una casa dove accogliere queste giovani creature, spesso madri, sottraendole a un destino che sembra già scritto.
“Troppo spesso si dice "c'è sempre stata la prostituzione", ma questa non è una giustificazione per non fare nulla! Qualcosa si può fare, dobbiamo crederci e volerlo. Casa Rut è nata con l'idea di essere casa accogliente, volto della tenerezza di Dio, luogo che profuma di resurrezione e di non giudizio. Sì, di non giudizio. La prima cosa è non giudicare, è amarle nella loro interezza. Queste donne si vergognano, loro sì. E chi le usa no... Perchè? Loro che non riescono a guardarsi allo specchio o che si truccano così tanto da coprire il viso. Non c'è cosa più bella, miracolo più grande che vedere fiorire quei volti, puliti, rigenerati perchè semplicemente amati! Corpi martoriati, spezzati, fracassati che trovano braccia pronte ad abbracciarle e guarirle senza pregiudizi”.
Perchè abbiano la vita
Casa Rut è sorta nel cuore di un condominio, sulla strada che porta alla Reggia di Caserta. “Che bello pensare che la nostra casa è sulla via della bellezza! Siamo verso la bellezza e dentro un condominio che ha imparato a volerci bene e a crescere con noi. E' un movimento che non esclude nessuno. Casa Rut è incastonata in un territorio che cresce con lei e lei con lui. Non si può fare a meno di nessuno. Abbiamo angeli custodi anonimi che lasciano biscotti per le ragazze fuori dalla porta, mamme che cercano babysitter o amici che vogliono insegnare alle ragazze l'italiano. Ricordiamoci che un'ora donata è un'ora di grazia, un'ora che umanizza!”. Il sorriso di suor Rita è un abbraccio materno, caldo. “Ho tanti figli e figlie. Al contrario di quanto si possa pensare, tutte le dimensioni umane si sviluppano in questa mia scelta, sento questa abbondanza che è fecondità”.
C'è un versetto del Vangelo particolarmente caro a suor Rita. Casa Rut è stata costruita su queste parole e in esse trova sempre nuova linfa per rigenerare nell'amore donne e amiche che accoglie: “Sono venuto perchè abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). Apriamo occhi e cuore perchè tutti abbiano vita e l'abbiano piena in Cristo.
Sartoria etnica
Nel 2004, grazie all'aiuto di tante amiche e amici, è nata NeWhope ("nuova speranza"), cooperativa sociale che ha attirato un laboratorio di sartoria etnica a Casa Rut. Ad abiti per prime comunioni e a un servizio di riparazioni sartoriali, dal 2008 si affianca anche la produzione di tovaglie, zaini e tanti altri coloratissimi manufatti etnici. L'obiettivo è dare un lavoro e rendere possibile la piena integrità di queste giovani donne nella nostra società, mettendo sempre al primo posto la tutela e la dignità della donna.
Bomboniere della speranza
Un'altra bellissima iniziativa riguarda le "bomboniere della speranza" che si possono ordinare direttamente a Casa Rut o tramite il sito internet della comunità. “Quelle mani che un tempo erano vittime di violenza oggi producono bellezza. Cucendo e assemblando è un pò come se le nostre ragazze ricucissero la loro vita per ricominciare”, dice suor Rita.
di Maria Luisa Rinaldi
FONTE: A Sua Immagine N. 104
3 gennaio 2015
C'è veramente tutto in questa storia: il brutto e il Bello del nostro mondo, della nostra società.
Il brutto che consiste nell'orribile sfruttamento delle donne, trattate come vere e proprie schiave e costrette da uomini senza scrupoli a vendere il proprio corpo ad altri uomini senza morale che di certo non si pongono tanti problemi nel fare quello che fanno.
E poi c'è il Bello, la splendida vocazione di suor Rita Giaretta, chiamata dal Signore ad accuparsi di queste donne, toglierle dalla strada e donare loro quell'Amore e quella Dignità che fino ad ora non avevano avuto la possibilità di avere. E questo è per loro come una rinascita, significa essere rigenerate nello spirito e nel corpo, e poter ricominciare una nuova vita, con degli affetti sinceri e genuini, con un lavoro dignitoso..... tutto quello che fin qui era stato a loro negato.
Questa è la forza dell'Amore, quello Vero, quello che, ci auguriamo tutti, possa trionfare sempre sul male, fino a estirparlo fin dalle sue radici più profonde.
Marco
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