LA FONDAZIONE GIOVANNI CELEGHIN
Fabio Celeghin per raccogliere fondi contro il tumore al cervello si è inventato un modo del tutto particolare: la "Da Santo a Santo", un tour in bici in sei tappe. Finora ha donato quasi un milione di euro
«Il chirurgo, dopo averlo operato mio padre, ci ha detto: per questo tipo di malattia non c’è cura». La malattia era il glioblastoma multiforme, un tumore al cervello molto aggressivo, e chi parla è Fabio Celeghin. Suo padre Giovanni morirà poco tempo dopo. «Non eravamo e non siamo strutturati per sentirci dire questo. Una persona deve avere almeno qualche possibilità di salvarsi. Quando papà è venuto a mancare mia sorella e io avevamo due scelte da fare: dimenticare il più in fretta possibile o mettere a disposizione di altri l’esperienza che ci eravamo fatti e la voglia di rivincita che avevamo nei confronti di questa patologia. Ha vinto la seconda». Per questo motivo - cioè per finanziare la ricerca e dare ai malati qualche possibilità di cura che aumenti nel tempo - Fabio e sua sorella l’anno dopo danno vita alla Fondazione Giovanni Celeghin. E per raccogliere fondi per la onlus, che poi li destina a progetti specifici, si è inventato un modo del tutto particolare: la "Da Santo a Santo", un tour in bici in sei tappe, in cui organizzare eventi, che parte da una città. E ogni città in Italia ha il suo santo patrono. Mille chilometri su e giù per l’Italia, che si ripetono (ma con tappe diverse). In 5 anni la corsa ha raccolto 340mila euro e permesso di fare donazioni agli ospedali di Rimini e di Rieti e finanziato diversi progetti di ricerca a Bologna, Padova, Milano, Roma, Napoli, Pavia e Genova.
«Quest’anno la corsa partirà da Firenze il 4 giugno e toccherà La Spezia, Neive (Cuneo), Milano, Verona, Asiago (Vicenza) e arriverà come sempre a Padova il 9 giugno. I soldi che raccoglieremo andranno a finanziare il Besta Neuro Sim Center di Milano, centro di formazione di eccellenza per la formazione di giovani neurochirurghi provenienti da tutta Europa. Con la raccolta di quest’anno dovremmo arrivare un milione di euro di finanziamenti. La bici non è un caso: il padre, oltre che essere un imprenditore (oggi il gruppo della distribuzione organizzata da lui fondato, "Dmo", conta circa 2.000 dipendenti) era un grande appassionato di ciclismo, a cui dedicava buona parte del suo tempo libero». «Raramente ho conosciuto una persona che riesca a fare così tanto per gli altri anche dopo la sua morte, non smetterò mai di ringraziare mio padre per i valori che ci ha insegnato. In tutto quello che ha fatto ha messo anima e cuore e l’ha trasmesso a chi ha avuto modo di incontrarlo, di lavorarci, di vivere con lui. Di poche parole, la sua stretta di mano valeva più di mille contratti. Credeva nella beneficenza e nella ricerca, per questo ha donato molto, spesso senza renderlo noto».
Fabio non è solo. Con lui viaggia un gruppo storico di amici instancabili, che sfidano ogni tipo di meteo. «C’è chi guida il furgone, chi segue la mappa, chi prepara da mangiare, il fotografo. I miei vecchi amici hanno aderito con entusiasmo. Con la corsa di quest’anno dovremmo raggiungere il milione di euro raccolti. Mia sorella non pedala, ma si occupa a tempo pieno della fondazione, che è gestita in modo professionale come un’azienda: ci siamo resi conto che per farla funzionare davvero è un lavoro continuo di 365 giorni all’anno».
di Fausta Chiesa
20 maggio 2018
FONTE: Corriere.it
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