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venerdì 15 ottobre 2021

Suor Angelica Ballan, artista per diffondere il messaggio di Cristo all'uomo

A fare una statua ci vuole un artista,

a fare un santo ci vuole un artista.

Tu sei l’artista di te stesso

Don Giacomo Alberione (1884-1971)


Per poter comprendere il personaggio di oggi, basta guardarlo diritto negli occhi e si riesce ad intravedere quell’oceano di pace e serenità, tipici di chi è naturalmente riuscito a raggiungere la propria felicità, senza perdere nulla di se stessi. Il suo sorriso e la sua umiltà fanno poi il resto e costituiscono l’immagine tipica di chi è riuscito a mettere a servizio del prossimo un dono di Dio, un proprio ”talento”, nel senso evangelico del termine.

PRIMA DI OGNI COSA, PARLACI DI TE!
Sono Suor Angelica BALLAN delle Pie discepole del Divin Maestro, una delle congregazioni Paoline fondate da Don Giacomo Alberione, dedita a far conoscere, amare e adorare l’Eucarestia attraverso varie forme, una delle quali anche l’arte e, nello specifico, la scultura che per me è la mia principale forma di espressione.

COME NASCE LA TUA VOCAZIONE E COME RIESCI A CONIUGARLA CON QUESTA TUA PARTICOLARE PASSIONE?
Sono entrata in Congregazione molto giovane per soddisfare la mia personale vocazione di glorificare il Signore, aiutando i fratelli e compiendo la missione che mi sarebbe stata assegnata. Sin da bambina, tuttavia, ho sempre avvertito una particolare sensibilità per la bellezza e per la scultura. Durante la ricreazione mi chiudevo in una stanza e realizzavo le mie prime opere: volevo rappresentare l’anima in contemplazione di Dio. Preso atto di questa mia particolare versatilità, ho fatto presente alla madre Superiore di poter impiegare il mio tempo ricreativo per esprimere quanto sentivo attraverso la creazione di opere artistiche. In quel periodo, a dire il vero, non pensavo nemmeno di essere capace di poter realizzare un’opera d’arte, tuttavia avevo il bisogno interiore di concretizzare il mio sentimento, la mia poesia in una scultura. Volevo dar vita e rendere tangibile ciò che io custodivo nell’animo. Io lo facevo di nascosto in un locale lontano dagli sguardi delle mie sorelle: non volevo essere esibizionista ed ho anche rischiato a farmi avanti con la Superiora; avevo paura che mi mandasse via avendo chiesto un qualcosa che esulava dalla normalità del sentire comune delle mie consorelle.
Dovete capire che chiedere qualcosa di diverso, a quel tempo, poteva essere interpretato come incapacità di condividere e vivere in Comunità. La madre Superiore, invece, si è rivelata “madre” e mi ha risposto con un sorriso, invitandomi ad uscire dal mio nascondiglio segreto e spostare la mia passione in un luogo più ampio. Oggi, ringraziando Dio, la scultura, unitamente alla Preghiera, è la mia forma di apostolato e la mia principale ispirazione e fondamento di vita. Il mio servizio all’interno dell’Ordine oggi è proprio questo e testimonio, ovunque venga chiamata, la bellezza ed il messaggio salvifico del Vangelo.
Come richiesto dal nostro fondatore, la mia non è un’arte solo decorativa e fine a se stessa, in quanto questa è una prerogativa di tutti, ma è il mio sale con cui io cerco di dare un senso alla mia vita ed alla vita degli altri. Senza questo sale non avremmo alcuna ragione di esistere.

IN CHE MODO L’ABILITÀ MANUALE PUÒ DIVENIRE MEZZO EVANGELICO?
Ho già detto che la mia arte non è fine a se stessa, perché altrimenti non potrebbe adempiere al proprio fine: la mia missione di diffondere attraverso di essa il messaggio di Cristo. Io dico sempre che non si può esprimere ciò che non si possiede e per tale motivo la mia ispirazione parte proprio dal bisogno dell’uomo e dalla mia necessità di diffondere il Vangelo all’uomo di oggi. Parto, quindi, sempre da ciò che l’uomo di oggi potrebbe percepire dalla mia opera per avvicinarsi a Cristo.
Una volta sono stata chiamata a Philadephia per una mostra liturgica in occasione di un congresso eucaristico internazionale ed un giornalista, soffermandosi dinanzi alla statua di una mia Madonna, mi ha chiesto chi fosse. Alla mia risposta che era la madre di Gesù, costui mi riferì che aveva fotografato tante Madonne, ma che nessuna come quella che aveva dinanzi gli aveva fatto pensare alla Madonna. Mi basterebbe che anche un solo uomo possa convertirsi o pensare a Dio guardando le mie creazioni. Quello è il mio sale ed è ciò che mi spinge a vivere questo mio carisma come la mia missione su questa terra.

COSA PROVI QUANDO TERMINI UNA TUA CREAZIONE?
La prima sensazione è la coscienza delle sue imperfezioni: c’è sempre qualcosa da migliorare. Una volta, terminata una Madonna, mi sono accorta che vista frontalmente era perfetta ed incarnava il mio ideale e l’armonia delle forme. Purtroppo di fianco non aveva la stessa resa e mi sembrava meno armonica. Alla fine, tenuto conto che comunque la sua funzione principale l’avrebbe resa frontalmente, in quanto è in tale posizione che noi siamo soliti guardare a Maria, anche in funzione del suo posizionamento in una Chiesa, ho comunque dovuto lasciare il passo e ritenerla conclusa: il bello ha fatto un passo indietro rispetto alla sua funzione sacra. L’artista ha lasciato il passo alla religiosa. Comunque non c’è mai il senso della perfezione e della completezza.

TI CHIEDI MAI COSA PROVANO GLI ALTRI AD AMMIRARE UNA TUA OPERA?
Ogni volta che sto per terminare un’opera, la faccio visionare a più persone di diversa estrazione sociale e grado culturale, non solo alle mie sorelle. Le mia creazioni, infatti, nella maggior parte dei casi vengono inserite nelle Chiese, che vengono praticate da chiunque. È molto importante per me sapere e capire il punto di vista di terzi: la mia arte, che comunque parte da me, deve essere capace di mediare tra le varie istanze e di non tradire né l’ispirazione, né la funzione evangelizzatrice, né il senso artistico. Molto spesso le mie opere più importanti, come i portali, vengono anche vagliati dalla Commissione di Liturgia Arte Sacra. A prescindere dall’aspetto formale, quindi, ogni mia opera non può prescindere dal preliminare contatto umano con l’uomo, anche il più semplice.

DAI UN MESSAGGIO DI SPERANZA AI GIOVANI
L’arte e l’uso delle mani, unite alla ricerca del bello e del buono, sono il sale non solo della mia vita ed ogni giovane può intraprendere questa strada che sicuramente è una via sicura di bellezza disvelatrice del proprio animo. Ogni persona cerca la bellezza, specialmente voi giovani. Noi siamo portati naturalmente alla bellezza, il problema è saperla cercare e trovare, specialmente al giorno d’oggi ove siamo proiettati in una direzione totalmente opposta. Se si coltiva il bello, non si corre il rischio di poter incappare negli antri bui e negli inciampi della vita. La bellezza, anche involontariamente, ci conduce naturalmente a Dio. Lo dice anche una poesia ed è sentire comune… non solo il mio, ovvero di una religiosa.
Un’ultima cosa: SBAGLIARE È UMANO MA È DIVINO SAPERSI RISOLLEVARE. Forza e Coraggio… anzi “Buona Strada”.

Ho visto con i miei occhi le creazioni di Suor Angelica e sono di gran lunga più belle di quello che voglia farci credere. Sono veramente il suo legame con il Padre ed al di la’ della loro bellezza esprimono il significato di una vita vissuta alla ricerca di Dio e della sua perfezione, nella consapevolezza, tuttavia, della nostra umana finitudine. È veramente un “personaggione”… e se volete potrete incontrala qui a Roma ove le Pie discepole del Divin Maestro” – congregazione Paolina fondata da Don Giacomo Alberione – effettuano delle bellissime esperienze di manualità, di servizio e di spiritualità.


di Muflone Inarrestabile

a cura di Michele Zoncu

1 settembre 2017

venerdì 2 ottobre 2020

Carlo Acutis verrà beatificato il 10 ottobre: chi era


Indicato dal Papa come modello di santità giovanile, è sepolto ad Assisi. Il vescovo: "Una gioia anche per i giovani, che trovano in lui un modello di vita". È stato proposto come patrono di internet

La diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino è in festa per la notizia della beatificazione del venerabile Carlo Acutis che avverrà ad Assisi sabato 10 ottobre, alle 16, nella basilica papale di San Francesco. “La gioia che da tempo stiamo aspettando ha finalmente una data – afferma il vescovo Domenico Sorrentino –. Parliamo della beatificazione del venerabile Carlo Acutis. La presiederà il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione per le Cause dei santi. È bello che la notizia arrivi mentre ci prepariamo alla festa del Corpo e del Sangue del Signore. Il giovane Carlo si distinse per il suo amore per l’Eucaristia, che definiva la sua autostrada per il Cielo”. “La notizia – aggiunge il presule – costituisce un raggio di luce in questo periodo in cui nel nostro Paese stiamo faticosamente uscendo da una pesante situazione sanitaria, sociale e lavorativa. In questi mesi abbiamo affrontato la solitudine e il distanziamento sperimentando l’aspetto più positivo di internet, una tecnologia comunicativa per la quale Carlo aveva uno speciale talento, al punto che Papa Francesco, nella sua lettera Christus vivit rivolta a tutti i giovani del mondo, lo ha presentato come modello di santità giovanile nell’era digitale”.

Lo scorso 22 febbraio, ricevendo il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Papa Francesco aveva autorizzato il Dicastero a promulgare tra gli altri, il decreto riguardante il miracolo, attribuito alla intercessione del ragazzo morto a 15 anni per una leucemia fulminante.

Il corpo del venerabile Carlo è sepolto al Santuario della Spogliazione di Assisi.
Una gioia grande per questa Chiesa particolare - aveva scritto già allora la diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino - , che lo ha visto camminare sulle orme di San Francesco verso la santità. Una gioia grande per la Chiesa ambrosiana, che gli ha dato i natali e lo ha accompagnato nel suo incontro con Gesù. Una gioia grande per gli ormai tanti devoti di Carlo in tutto il mondo. Una gioia grande soprattutto per i giovani, che trovano in lui un modello di vita.

Noti alcuni i suoi "slogan": “Non io ma Dio”,
Tutti nasciamo originali, molti moriamo fotocopie”. “L’Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo”. Al Santuario della Spogliazione - conferma la diocesi - Carlo sta già attirando migliaia di giovani e devoti da tutto il mondo. Mi auguro - conclude monsignor Domenico Sorrentino - che la sua beatificazione possa farne ancor più un punto di riferimento e un incoraggiamento alla santità. Essa è vocazione per tutti. Anche per i giovani.

Acutis è uno dei giovani indicati da Papa Francesco come modelli nella Christus vivit, insieme a tre italiani (san Domenico Savio e i beati Piergiorgio Frassati e Chiara Badano) e altre figure, europee ed extraeuropee. In virtù della sua buona frequentazione della Rete è stato proposto come patrono di Internet.

Carlo Acutis: chi era (di Andrea Galli)

Carlo Acutis è morto il 12 ottobre 2006 a Monza; aveva 15 anni ed è spirato a causa di una leucemia fulminante. Una tragedia, umanamente parlando. Una fine assurda per la repentinità e per la parabola che si veniva ad interrompere, così in ascesa, così ricca di prospettive.

Rampollo di una famiglia di primo piano del mondo finanziario italiano, adolescente prestante, dal carattere vivace e particolarmente socievole, Acutis era un ragazzo che, come si suol dire, avrebbe potuto fare di tutto nella vita. Ma Dio aveva su di lui un piano diverso.

La sua fama di santità è esplosa a livello mondiale, in modo misterioso – spiegava qualche tempo fa monsignor Ennio Apeciti, responsabile dell’Ufficio delle cause dei santi dell’arcidiocesi di Milano - come se Qualcuno, con la "Q" maiuscola, volesse farlo conoscere. Attorno alla sua vita è successo qualcosa di grande, di fronte a cui mi inchino.

Carlo, nato a Londra nel 1991, dove i genitori si trovavano per motivi di lavoro, fu segnato da una pietà profonda quanto precoce. Fece la Prima Comunione, con un permesso speciale, a sette anni. Fu un adolescente da Messa e Rosario quotidiani. Maturò un amore vivo per i santi, per l’Eucaristia, fino ad allestire una mostra sui miracoli eucaristici che oggi è rimasta online e ha avuto un successo inaspettato, anche all’estero.

Sportivo e appassionato di computer, come tanti coetanei, brillava per la virtù della purezza. Padre Roberto Gazzaniga, gesuita, incaricato della pastorale dell’Istituto Leone XIII, storica scuola della Compagnia di Gesù a Milano, ha ricordato così l’eccezionale normalità di Acutis, arrivato lì, a liceo classico, nell’anno scolastico 2005-2006:
L’essere presente e far sentire l’altro presente è stata una nota che mi ha presto colpito di lui. Allo stesso tempo eracosì bravo, così dotato da essere riconosciuto tale da tutti, ma senza suscitare invidie, gelosie, risentimenti. La bontà e l’autenticità della persona di Carlo hanno vinto rispetto ai giochi di rivalsa tendenti ad abbassare il profilo di coloro che sono dotati di spiccate qualità.

Carlo inoltre
non ha mai celato la sua scelta di fede e anche in colloqui e incontri-scontri verbali con i compagni di classe si è posto rispettoso delle posizioni altrui, ma senza rinunciare alla chiarezza di dire e testimoniare i principi ispiratori della sua vita cristiana. Il suo era il flusso di un’interiorità cristallina e festante che univa l’Amore a Dio e alle persone in una scorrevolezza gioiosa e vera. Lo si poteva additare e dire: ecco un giovane e un cristiano felice e autentico.

Grazie al suo esempio e al suo carisma anche il domestico di casa Acutis, un induista di casta sacerdotale bramina, decise di chiedere il battesimo. In ospedale, posto di fronte alla morte, nella tenerezza dei suoi 15 anni, Carlo disse:
Offro tutte le sofferenze che dovrò patire al Signore, per il Papa e per la Chiesa, per non fare il purgatorio e andare dritto in Paradiso. Scrisse un giorno questa frase: Tutti nasciamo come degli originali, ma molti muoiono come fotocopie. Non fu il suo caso.


15 giugno 2020

FONTE: Avvenire

domenica 14 giugno 2020

E’ morto Rohan Kemu, giovane disabile 18enne, "in odore di Santità"


E’ stato ospite per 15 anni della Casa della carità, tenuta da una congregazione fondata da un sacerdote italiano. “Ci ha dato la gioia e la grazia di toccare il Corpo di Gesù”. Nonostante le sue fatiche, era pieno di entusiasmo. Aveva un forte amore per l’Eucarestia. Diffondeva gioia attorno a lui.

Mumbai (AsiaNews) – Rohan Kemu, un giovane 18enne con disabilità fisiche e mentali, è morto lo scorso 4 giugno nella Casa della carità a Uttan, a nord di Mumbai. Fino all’ultimo le suore della Casa Mariana della carità si sono occupate di lui e dicono che egli ha lasciato dietro la sua morte "un odore di Santità".

Sr Julie Pereira, la superiora della Casa, ricorda che Rohan “per 15 anni è stato un dono per noi, da quando aveva tre anni fino ai 18 anni. Ci ha dato la gioia e la grazia di toccare il Corpo di Gesù”. Sr Julie ricorda che negli ultimi 20 giorni di vita Rohan aveva febbre di continuo. Lei lo ha tenuto in braccio giorno e notte, senza mai lasciarlo o metterlo a letto: “Mi sedevo su una sedia, con lui fra le braccia, e pregavo il rosario della Divina Misericordia. In quei momenti ho sentito la presenza di Dio, di Gesù che mi diceva: Questo sono io; è il mio corpo che stai sostenendo; fai questo in memoria di me; tutto ciò che fai a lui, lo hai fatto per Gesù. Rohan ci ha insegnato a vivere nonostante le molte sofferenze e offrendo il proprio dolore a Cristo. Egli ci ha insegnato a contemplare Dio e come pregarlo. Più soffriva, più la sua preghiera era sincera. Anche durante la sua agonia, ci ha insegnato a pregare”.

La Casa della carità di Uttan (Bhyandar) è stata costruita nel 1992. La congregazione delle suore della "Casa Mariana della carità" è stata fondata da un sacerdote italiano, p. Mario Prandi (1910-1986). Al presente vi sono 11 ospiti, tutti disabili fisici e mentali. Il più vecchio ha 82 anni; il più giovane ha cinque anni, ma è stato accolto nella casa quando aveva solo un mese di vita.

Godfrey Malu, diacono della parrocchia di Nostra Signora del Mare a Uttan, ha conosciuto Rohan per otto anni. “Rohan – dice ad AsiaNews – è stato proprio scelto da Dio prima che nascesse, per essere un esempio di pazienza, resistenza, misericordia e amore a Dio. Se tu lo guardavi, il tuo cuore si riempiva di compassione, ma a vedere il suo entusiasmo, nonostante i suoi limiti fisici, ti faceva vergognare”.

Fin dalla nascita Rohan ha sofferto di distonia, una malattia per cui parti del corpo subiscono spasmi muscolari incontrollabili, spesso molto dolorosi, causati da messaggi sbagliati del cervello. La madre di Rohan è morta quando lui aveva tre anni. Suo padre era un alcolizzato cronico, che lo picchiava di continuo senza pietà.

La gente del villaggio, assistendo a questi abusi e torture quotidiani, oltre al fatto che il padre non si preoccupava di nutrirlo, ha chiesto alle suore della Casa di carità di accogliere Rohan.

I traumi subiti, hanno creato in lui così tanta paura che all’inizio, se le suore cercavano di parlare con lui, si rinchiudeva in se stesso. Le voci maschili poi, lo terrorizzavano, dato che gli ricordavano quella del padre. Se qualcuno alzava la voce per parlare, subito cadeva nella paura e nell’insicurezza.

A poco a poco – racconta p. Godfrey - crescendo nella Casa, insieme ad altri ospiti, anch’essi disabili, ha imparato a godere la vita, a essere felice, gioviale, sempre sorridente.

La cosa più bella che gli è accaduta è stata quando ha fatto la Prima Comunione con tutti gli altri bambini. Ha frequentato la classe di catechismo come tutti, e ha compreso che Gesù era suo amico e si prendeva cura di lui. Il suo amore all’Eucarestia era così forte che se non gli portavano la comunione, rimaneva contrariato e piangeva. Gli piaceva molto seguire la messa in latino alla televisione, ma soprattutto amava parteciare alla messa in maharati e vi partecipava in modo integrale: corpo, mente e anima. I suoi Santi favoriti erano Padre Pio e Giovanni Paolo II. Conservava due immaginette sotto il cuscino: Padre Pio alla sua destra, Giovanni Paolo II alla sua sinistra. Sapeva che questi due Santi intercedevano per lui perché fosse alleggerito dalla sofferenza fisica
”.

A Rohan piacevano I cartoni animati e il cioccolato fondente. Il suo sorriso era contagioso anche per i dottori che lo curavano. Alcuni di loro hanno pagato di tasca propria le cure mediche e le operazioni di cui egli aveva bisogno

Ringrazio Dio per il dono di Rohan – conclude Gpdfrey - perchè egli mi ha insegnato cosa significa sorridere e dire grazie a Dio per il suo benedirci molto più di quanto noi meritiamo. Egli è stato unn esempio vivente di come diffondere il messaggio dell’amore di Dio nonostante i nostri dolori e sofferenze”.


di Nirmala Carvalho

8 marzo 2020

FONTE: Asianews