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giovedì 14 dicembre 2023

Teresina e suo marito sono malati e con tanti debiti.... aiutiamoli ad avere un futuro più sereno!



Cari amici,

condivido sulle pagine di questo blog la dolorosa storia di Teresina, una mia cara amica che conosco oramai da diversi anni e che versa in gravi problemi sia di salute che finanziarie. E non solo lei, ma anche suo marito, recentemente passato attraverso ben tre ospedali e ora molto limitato nella deambulazione, tanto che la stessa Teresina è costretta ad aiutarlo quando si deve lavare e vestire.

Non mi dilungo troppo nel descrivere la loro situazione, in quanto la potete trovare sulla piattaforma GoFundMe cliccando qui: "Aiutiamo Teresina ad avere un futuro sereno"
raccolta fondi aperta proprio per poter aiutare questa famiglia bisognosa, affinché possano permettersi di pagare le tante spese che hanno e, soprattutto, i molti debiti che hanno contratto ultimamente.

In aggiunta a tutto quanto è esposto nella raccolta fondi GoFundMe, si aggiunga anche il fatto che Teresina e suo marito avrebbero bisogno di cambiare occhiali, di avere apparecchi acustici e, cosa molto importante, dovrebbero affrontare delle cure odontoiatriche che include anche la realizzazione di una dentiera.

E' sempre cosa triste e dolorosa constatare come delle persone oramai anziane e con varie problematiche di salute, debbano finire per indebitarsi fino al collo per potersi curare e andare avanti, stentatamente, con la propria vita.... quando, per contro, fuori c'è tanta gente che vive nell'abbondanza, con macchine e Suv costosi, grandi case, abbigliamento “di marca” e chi più ne ha più ne metta.
Questa “forbice” tra ricchi e poveri è sempre più marcata, quando invece non dovrebbe essere così!
La cosa più triste però è constatare come alle persone più povere, spesso, manca persino il necessario, tanto da non sapere proprio cosa fare per poter sbarcare il lunario.

E allora, con il cuore, tra le pagine di questo blog, vengo a chiedere a tutta la gente di buona volontà, di poter aiutare questa coppia con un offerta libera, ciascuno donando secondo le proprie possibilità.
E se per talune persone fosse proprio impossibile donare il proprio obolo, può comunque aiutare questa famiglia con la condivisione della loro storia e con la propria personale, sentita preghiera.

Come soleva dire l'indimenticabile Madre Teresa di Calcutta, tante gocce, tutte insieme, formano gli oceani. Cerchiamo allora di essere, anche noi, una goccia di Solidarietà e Amore in aiuto di questa coppia bisognosa.... e così anche per loro ci potrà essere un futuro più sereno e roseo, come ciascuna persona avrebbe il diritto di avere.

Grazie di vero cuore a tutti!


Marco

martedì 26 settembre 2023

Fratel Biagio e Padre Pio


Fratel Biagio Conte ci racconta qual'è il suo rapporto con Padre Pio e come lo ha conosciuto.

Fratel Biagio: “ Il momento in cui ho conosciuto Padre Pio, ve lo devo dire, non l'ho conosciuto direttamente, ma in cammino.
Quando me ne andai via di casa, che ho lasciato tutto, nel 1990 a 26 anni.... Palermo al mare davanti e dietro le montagne. Da quelle montagne ho vissuto un periodo di eremitaggio all'interno della Sicilia, quasi un anno isolato da questo mondo che mi aveva ferito, deluso, la società, egoistica e indifferente.
A piedi poi... il buon Dio mi accompagna fino ad Assisi da San Francesco. Perché prima inseguivo le cose del mondo... ero fan dei giocatori, cantanti, attori... ero nella moda. Ma da quel momento la mia vita ha un cambiamento... seguo invece... divento fan di Gesù, di Maria, di San Giuseppe, di tutti i Santi e le Sante di Dio.
Padre Pio lo incontro grazie a un frate cappuccino nella zona della Campania. Mentre mi avviavo per Assisi a piedi, incontro un frate che veniva dall'Africa, da una missione dell'Africa. Lui mi parla di Padre Pio e mi da un immaginetta di Padre Pio. Io ne avevo sentito parlare ma mai avevo avuto un diretto.... e lui mi disse: “Tieni questa preghiera di Padre Pio”. E da allora Padre Pio mi accompagna, mi ha accompagnato ad Assisi ed il ritorno. Poi qui, io non volevo più tornare a Palermo, in Italia.... volevo andare in Africa, in India. Ma il buon Dio mi ha detto: “L'Africa è qua, qui c'è tanto da fare. Volevi aiutare, ecco datti da fare!”.
Qui inizia la missione e Padre Pio mi accompagna da allora, anche con i francescani, i cappuccini. Inizia un primo incontro con i cappuccini qui a Palermo, alle catacombe, in quanto loro facevano già un servizio di carità, e andavo a portare i fratelli, che ancora non avevo la struttura, li portavo lì a fare la doccia. Mi davano la biancheria, il mangiare.
Allora ecco che nasce un incontro, un legame. Allora Padre Pio è presente, è qui con noi. E oggi tanti gruppi, come oggi in particolare, siete venuti a dare conforto, sostegno, a noi che operiamo in questa comunità. Con un impegno enorme, delicato, che il Signore ci ha inviato ad alleviare la sofferenza dei più deboli, degli ultimi, dei senzatetto ”.


Fonte: You Tube


martedì 20 dicembre 2022

Addio a Sinisa Mihajlovic, campione nello sport e nella vita, con tanta Fede e un rapporto “speciale” con Medjugorje

Venerdì 16 dicembre 2022 ci ha lasciati Sinisa Mihajlovic, indimenticabile campione di calcio e allenatore, vincitore di due Coppe dei Campioni con la Stella Rossa di Belgrado all'inizio degli anni novanta e poi militante in diverse squadre italiane come la Roma, la Sampdoria, la Lazio e l'Inter. Giocatore dal carattere forte e indomabile, ma leale e carismatico, si ricordano in particolar modo i suoi famosi calci di punizione, dalle traiettorie spesso imparabili per i portieri avversari.
Notevole anche la sua carriera come tecnico, in cui ha allenato squadre come Bologna, Sampdoria, Fiorentina Milan e Torino.

La Malattia, la sua Fede e il legame forte con Medjugorje

Nel 2019 Sinisa scopre di essere affetto da leucemia mieloide acuta, malattia terribile con la quale lotterà fino alla fine, e causa del suo decesso avvenuto pochi giorni fa all'età di 53 anni.

Per chi lo ha conosciuto ci sono solamente parole buone per Sinisa, vero e proprio campione dello sport ma anche nella vita, e persona dalla vera e genuina Fede.
Da sempre credente, lui amava definirsi metà ortodosso e metà cattolico, e viveva la propria Fede, a detta di sua figlia Viktorija, in maniera discreta e riservata.
Indimenticabile, per lui, è stato un pellegrinaggio fatto a Medjugorje nel 2008, che lo ha profondamente toccato e cambiato. Come lui stesso ha raccontato al giornale Tuttosport: «In quel posto mi è successa una cosa che non mi era mai accaduta, non avevo mai provato. Quando sono arrivato là mi sono sentito di colpo come un bambino. Mi sono seduto su una panchina e sarei potuto stare così all’infinito, stavo benissimo. È stato il momento più bello della mia vita, ero beato! In quella circostanza ho pianto tre o quattro volte ma non so dire perché. Su quella panchina è come se mi fossi ripulito, come se avessi tolto una pietra dal cuore. Da lì ho iniziato a pregare. Solo che commettevo uno sbaglio, pregavo solo quando avevo bisogno, un po’ come tutti. Sono andato un po’ in conflitto, a volte Dio mi aiutava a volte no. Poi ho capito che bisogna pregare sempre, da prima della malattia prego due volte al giorno. Ma non bisogna dire “voglio, voglio…”, ma “grazie, grazie…”».

La figlia Viktorija rivela che c'era l'intenzione di tornare a Medjugorje tutti insieme con la propria famiglia, ma purtroppo, a causa della pandemia, questo pellegrinaggio non si è potuto attuare.

Belle e profonde anche le parole di Chiara Amirante, fondatrice della Comunità Nuovi Orizzonti, e di don Davide Banzato, giovane sacerdote della stessa Comunità, che lo ricordano con molto affetto. A questo proposito Chiara Amirante, sui social dove è presente, ricorda di lui: «Al suo primo viaggio a Medjugorje era venuto a trovarci nella comunità Nuovi Orizzonti incontrando e ascoltando le storie dei ragazzi usciti da diversi inferni. C'era anche Mirijana presente (una dei sei veggenti di Medjugorje) che ha fatto la sua testimonianza personale e abbiamo vissuto un momento intimo molto intenso di condivisione, dove avevo potuto raccontare la storia della comunità, e ricordo le sue lacrime di commozione e un abbraccio unico, di uomo davvero fuori dal comune, a pochi anni da una guerra tremenda nell'ex Jugoslavia. Sinisa Mihajlovic non aveva nascosto le sue lacrime da guerriero con un cuore immenso, dicendo parole, per chi ha vissuto quel momento, straordinarie quanto la sua anima, sigillate da un abbraccio autentico e spontaneo che a noi potrebbe sembrare semplice, ma che invece è stato potente per i ragazzi presenti».

Importante, per la sua vita di uomo e di Cristiano, è stato anche un incontro avvenuto con Papa Francesco durato ben tre ore. Sinisa ricorda il Papa come un «uomo saggio, gentilissimo e anche simpatico con la battuta pronta».

Uomo profondamente buono e sempre disponibile, la scomparsa di Sinisa lascia un grande vuoto dietro di sé, soprattutto nella propria famiglia, ma da persona di Fede non dubitiamo affatto che il buon Dio lo accoglierà tra le Sue Braccia e gli riserverà un posto meraviglioso nel Suo Beatissimo Regno.

Ciao caro Sinisa, fai tanto del Bene da Lassù e intercedi per tutti quanti noi, pellegrini su questa terra. Sii eternamente Felice!


Marco

lunedì 22 agosto 2022

La Fede di Lucio Dalla


Forse non tutti lo sanno ma Lucio Dalla, uno dei più grandi cantautori nella storia della musica italiana, di cui si è detto, scritto e parlato moltissimo a proposito della sua musica, è stato anche una persona dalla viva e genuina Fede, come possono confermare tutti coloro che gli erano amici e che lo conoscevano bene. Lo stesso Lucio non ha mai nascosto la sua Fede, di cui sovente parlava anche durante delle interviste fatte con lui. Non la sbandierava ai quattro venti ma non la teneva neppure nascosta. Proprio pochi giorni prima di morire (la sua morte è avvenuta a Montreux, Svizzera, il 1° marzo del 2012) si era confessato in San Petronio a Bologna e aveva partecipato alla S. Messa nella chiesa dei Celestini, di fronte al balcone di casa sua.
Il domenicano padre Bernardo Boschi, suo amico e confessore, non nascondeva che A volte si ritirava con noi in convento, anche due o tre giorni, per meditare e pregare (Fonte: Avvenire 3-3-2015).

In un intervista fatta con lui nel 2000 da padre Vito Magno, Lucio Dalla sottolinea chiaramente il suo essere Cristiano Cattolico e parla della sua Fede come uno dei pochi punti fermi e delle certezze della mia vita, la quale però non gli proibiva di immaginare, di sperimentare anche possibilità che non contrastano con la sua certezza religiosa, ma che fanno parte della sua struttura di uomo contemporaneo. Uomo di Fede sì quindi, ma anche e soprattutto "uomo", con le sue idee e il suo modo di vedere le cose che traspaiono chiaramente nei testi delle sue canzoni.
In questa intervista Lucio si professa Credente fin da quando era bambino e sente la Fede quasi come una "necessità" da parte dell'uomo di oggi in un mondo, una società sempre più complessa ed enigmatica. Non nasconde il suo amore per i Salmi (che ha anche cantato) e per le Sacre Scritture, anche se su queste ultime ha sempre preferito non parlare perché, per sua stessa ammissione, “Mi manca la conoscenza teologica e storica per farlo”, pur sottolineandone l'intensità e il mistero, un mistero “destinato a scoprirlo solamente chi viaggia nell'anima e non nella conoscenza scientifica”. (Fonte Radio Vaticana)

Anche il domenicano padre Giovanni Bertuzzi, direttore del Centro San Domenico a Bologna, ricorda con affetto Lucio Dalla, descrivendolo come una persona molto disponibile, aperta e gioviale. Padre Giovanni tra l'altro, essendo bolognese come Lucio, lo ha conosciuto fin da quando era ragazzo, sottolineandone le qualità sia come cantante che, ancor di più, come musicista, già dagli esordi, quando faceva parte di un gruppo jazz assieme a Renzo Arbore e a Pupi Avati.
Di lui, padre Giovanni, ricorda un interessante aneddoto: durante la celebrazione di una Santa Messa, celebrata proprio da padre Giovanni e con Lucio Dalla presente tra i tanti fedeli, c'era anche un coro di studenti che cantavano durante il Rito. Al termine della Celebrazione Lucio si presentò in sacrestia, colpito dalla voce di uno di questi studenti, e lo chiamò a cantare con lui in uno dei suoi dischi di maggior successo. Padre Giovanni non si era accorto del talento di questo ragazzo, Lucio Dalla invece sì.
Padre Giovanni rimarca il fatto che Lucio viveva il suo essere Cattolico praticante attraverso una Fede molto spontanea, nel bel mezzo però di una vita molto movimentata e anche un po' "anarchica". Aveva una notevole sensibilità musicale ma anche religiosa, che gli faceva sentire la Presenza di Dio nella natura e nella sua vita in generale.
Era disponibile e generoso nel confronto degli altri, era facile interloquire con lui, nonostante la sua popolarità, e si comportava da persona qualunque senza particolari riservatezze e mai con altezzosità. Era una persona semplice e umile.
Padre Giovanni, sempre tirando fuori aneddoti dalla "scatola dei ricordi", ci tiene a dire come la sua celebre canzone "Caro amico ti scrivo" fu composta da Lucio nel parlatorio del convento assieme a padre Michele Casali, il fondatore del centro San Domenico, oggi diretto proprio da padre Giovanni Bertuzzi. Lucio e padre Michele si vedevano molto spesso tra loro, e da uno di questi colloqui praticamente è nato il testo di questa famosa canzone.

E' giusto ricordare che Lucio Dalla nel 1997 cantò davanti a Giovanni Paolo II, accanto a Bob Dylan, Bocelli, Morandi, Celentano e tanti altri, e quell'evento, per stesse parole di Lucio rimane uno dei più grandi momenti della mia vita. Cantai "Henna", che esprime il valore redentivo della sofferenza e dell’amore e la dedicai a Papa Wojtyla.
Lucio Dalla curò anche la colonna sonora del cortometraggio "Il giorno del sole", per il Congresso Eucaristico del 1987. In quell'occasione racconta la sua Fede, il suo rapporto con Padre Pio e il suo bisogno di pregare:
Qualche volta vorrei essere dimenticato per andare in chiesa a pregare.
Per Lucio la sua musica era preghiera, e citava spesso Sant’Agostino: Qui bene cantat bis orat .

La vita di Fede di Lucio Dalla e la sua vita di musicista spesso "urtavano" l'una contro l'altra.... non è facile infatti vivere la Fede in un mondo come quello della musica e dello spettacolo, che spesso vanno controcorrente rispetto a certi Valori. Non mancavano, per queste ragioni, certe "contraddizioni" nella sua vita.... ed ecco che allora Lucio sentiva il bisogno di confessarsi spesso.


Marco

lunedì 25 ottobre 2021

Simone, disabile grave, ha realizzato il desiderio di ricevere la S. Cresima nel suo giardino

Simone ha una gravissima disabilità, non può parlare e non può muoversi, ma questa domenica ha realizzato il suo grande desiderio di ricevere la S. Cresima nel giardino della sua casa, trasformata in una piccola chiesa, dalle mani del Vescovo e del diacono che lo conoscono bene.

ROMASimone è un ragazzo gravemente disabile a causa di una forte afasia complicata da diversi altri gravi problemi, non può né parlare e né muoversi dal suo letto, ma ciò nonostante non ha mai perduto la voglia di vivere né di comunicare con le persone che gli sono intorno. E ha sempre manifestato una forte Spiritualità, tanto da voler ardentemente ricevere i Sacramenti, prima la S. Comunione e ora, da questa domenica, la S. Cresima. Per fare ciò, la sua casa, in cui vive assieme a sua mamma Sara, nel quartiere Tiburtino di Roma, si è trasformata in una piccola chiesa all'aperto, con la presenza di tanti amici, del diacono e del Vescovo.
Simone, munito di un particolare “tubetto”, uno strumento che gli permette di comunicare attraverso leggere pressioni con le dita, ha fatto chiaramente capire che era suo desiderio ricevere questo importante Sacramento, e tutto questo si è realizzato nel giardino della sua nuova casa, ottenuta quest'ultima a costo di lunghe e faticose battaglie dalla sua instancabile madre Sara.

La grande Fede di Simone

E' da diversi anni che Simone ha manifestato un sempre più grande desiderio di Spiritualità, nato probabilmente negli anni della scuola. Da anni Simone ascolta devotamente la S. Messa e i vari riti Cattolici delle più importanti Festività, quindi più recentemente ha scoperto anche il S. Rosario. Tutto questo ha coinciso, qualche anno fa, con l'intenzione di Simone di fare la prima Comunione, cosa non semplice da attuare a causa della sua gravissima disabilità, ma che alla fine è avvenuta. In questo modo Simone è entrato, di fatto, nella Comunità del suo quartiere, nonostante la sua impossibilità di muoversi dalle mura della sua casa. In tutto questo ha pesato molto la devozione e compostezza che Simone ha sempre manifestato tutte le volte che ha seguito la S. Messa, fatto questo che ha convinto tutti e tolto ogni dubbio sulla profondità e radicalità delle sue intenzioni.
Simone ha manifestato spesso anche l'intenzione di pregare insieme alle altre persone, spesso quando si manifestavano dei problemi legati alla sua salute, a problemi nati con la Asl o per altre ragioni ancora.

Il desiderio realizzato della Cresima nel suo giardino

Non c'è stata una presenza di persone molto numerosa alla Cresima di Simone, a causa della pandemia, ma tutte le persone a lui più care erano presenti, e tra queste il diacono Roberto Proietti, due responsabili della Caritas, un medico molto amico della famiglia e diverse altre persone ancora, tutte care amiche di Simone e di sua mamma Sara. Ed era presente anche il Vescovo, mons. Paolo Ricciardi, che ha avuto modo di conoscere il piccolo ma bel “mondo” che ruota attorno a Simone. Soprattutto ha conosciuto lui, con il suo “tubetto” comunicatore che gli permette di interagire con le altre persone.
Al termine della cerimonia c'è stato anche un piccolo ma gradevole rinfresco, e Simone, che è stato per tutto il tempo della Festa senza respiratore, era visibilmente felice, immerso totalmente in questo clima gioioso, di vero e profondo affetto.


Marco

23 ottobre 2021

venerdì 15 ottobre 2021

Suor Angelica Ballan, artista per diffondere il messaggio di Cristo all'uomo

A fare una statua ci vuole un artista,

a fare un santo ci vuole un artista.

Tu sei l’artista di te stesso

Don Giacomo Alberione (1884-1971)


Per poter comprendere il personaggio di oggi, basta guardarlo diritto negli occhi e si riesce ad intravedere quell’oceano di pace e serenità, tipici di chi è naturalmente riuscito a raggiungere la propria felicità, senza perdere nulla di se stessi. Il suo sorriso e la sua umiltà fanno poi il resto e costituiscono l’immagine tipica di chi è riuscito a mettere a servizio del prossimo un dono di Dio, un proprio ”talento”, nel senso evangelico del termine.

PRIMA DI OGNI COSA, PARLACI DI TE!
Sono Suor Angelica BALLAN delle Pie discepole del Divin Maestro, una delle congregazioni Paoline fondate da Don Giacomo Alberione, dedita a far conoscere, amare e adorare l’Eucarestia attraverso varie forme, una delle quali anche l’arte e, nello specifico, la scultura che per me è la mia principale forma di espressione.

COME NASCE LA TUA VOCAZIONE E COME RIESCI A CONIUGARLA CON QUESTA TUA PARTICOLARE PASSIONE?
Sono entrata in Congregazione molto giovane per soddisfare la mia personale vocazione di glorificare il Signore, aiutando i fratelli e compiendo la missione che mi sarebbe stata assegnata. Sin da bambina, tuttavia, ho sempre avvertito una particolare sensibilità per la bellezza e per la scultura. Durante la ricreazione mi chiudevo in una stanza e realizzavo le mie prime opere: volevo rappresentare l’anima in contemplazione di Dio. Preso atto di questa mia particolare versatilità, ho fatto presente alla madre Superiore di poter impiegare il mio tempo ricreativo per esprimere quanto sentivo attraverso la creazione di opere artistiche. In quel periodo, a dire il vero, non pensavo nemmeno di essere capace di poter realizzare un’opera d’arte, tuttavia avevo il bisogno interiore di concretizzare il mio sentimento, la mia poesia in una scultura. Volevo dar vita e rendere tangibile ciò che io custodivo nell’animo. Io lo facevo di nascosto in un locale lontano dagli sguardi delle mie sorelle: non volevo essere esibizionista ed ho anche rischiato a farmi avanti con la Superiora; avevo paura che mi mandasse via avendo chiesto un qualcosa che esulava dalla normalità del sentire comune delle mie consorelle.
Dovete capire che chiedere qualcosa di diverso, a quel tempo, poteva essere interpretato come incapacità di condividere e vivere in Comunità. La madre Superiore, invece, si è rivelata “madre” e mi ha risposto con un sorriso, invitandomi ad uscire dal mio nascondiglio segreto e spostare la mia passione in un luogo più ampio. Oggi, ringraziando Dio, la scultura, unitamente alla Preghiera, è la mia forma di apostolato e la mia principale ispirazione e fondamento di vita. Il mio servizio all’interno dell’Ordine oggi è proprio questo e testimonio, ovunque venga chiamata, la bellezza ed il messaggio salvifico del Vangelo.
Come richiesto dal nostro fondatore, la mia non è un’arte solo decorativa e fine a se stessa, in quanto questa è una prerogativa di tutti, ma è il mio sale con cui io cerco di dare un senso alla mia vita ed alla vita degli altri. Senza questo sale non avremmo alcuna ragione di esistere.

IN CHE MODO L’ABILITÀ MANUALE PUÒ DIVENIRE MEZZO EVANGELICO?
Ho già detto che la mia arte non è fine a se stessa, perché altrimenti non potrebbe adempiere al proprio fine: la mia missione di diffondere attraverso di essa il messaggio di Cristo. Io dico sempre che non si può esprimere ciò che non si possiede e per tale motivo la mia ispirazione parte proprio dal bisogno dell’uomo e dalla mia necessità di diffondere il Vangelo all’uomo di oggi. Parto, quindi, sempre da ciò che l’uomo di oggi potrebbe percepire dalla mia opera per avvicinarsi a Cristo.
Una volta sono stata chiamata a Philadephia per una mostra liturgica in occasione di un congresso eucaristico internazionale ed un giornalista, soffermandosi dinanzi alla statua di una mia Madonna, mi ha chiesto chi fosse. Alla mia risposta che era la madre di Gesù, costui mi riferì che aveva fotografato tante Madonne, ma che nessuna come quella che aveva dinanzi gli aveva fatto pensare alla Madonna. Mi basterebbe che anche un solo uomo possa convertirsi o pensare a Dio guardando le mie creazioni. Quello è il mio sale ed è ciò che mi spinge a vivere questo mio carisma come la mia missione su questa terra.

COSA PROVI QUANDO TERMINI UNA TUA CREAZIONE?
La prima sensazione è la coscienza delle sue imperfezioni: c’è sempre qualcosa da migliorare. Una volta, terminata una Madonna, mi sono accorta che vista frontalmente era perfetta ed incarnava il mio ideale e l’armonia delle forme. Purtroppo di fianco non aveva la stessa resa e mi sembrava meno armonica. Alla fine, tenuto conto che comunque la sua funzione principale l’avrebbe resa frontalmente, in quanto è in tale posizione che noi siamo soliti guardare a Maria, anche in funzione del suo posizionamento in una Chiesa, ho comunque dovuto lasciare il passo e ritenerla conclusa: il bello ha fatto un passo indietro rispetto alla sua funzione sacra. L’artista ha lasciato il passo alla religiosa. Comunque non c’è mai il senso della perfezione e della completezza.

TI CHIEDI MAI COSA PROVANO GLI ALTRI AD AMMIRARE UNA TUA OPERA?
Ogni volta che sto per terminare un’opera, la faccio visionare a più persone di diversa estrazione sociale e grado culturale, non solo alle mie sorelle. Le mia creazioni, infatti, nella maggior parte dei casi vengono inserite nelle Chiese, che vengono praticate da chiunque. È molto importante per me sapere e capire il punto di vista di terzi: la mia arte, che comunque parte da me, deve essere capace di mediare tra le varie istanze e di non tradire né l’ispirazione, né la funzione evangelizzatrice, né il senso artistico. Molto spesso le mie opere più importanti, come i portali, vengono anche vagliati dalla Commissione di Liturgia Arte Sacra. A prescindere dall’aspetto formale, quindi, ogni mia opera non può prescindere dal preliminare contatto umano con l’uomo, anche il più semplice.

DAI UN MESSAGGIO DI SPERANZA AI GIOVANI
L’arte e l’uso delle mani, unite alla ricerca del bello e del buono, sono il sale non solo della mia vita ed ogni giovane può intraprendere questa strada che sicuramente è una via sicura di bellezza disvelatrice del proprio animo. Ogni persona cerca la bellezza, specialmente voi giovani. Noi siamo portati naturalmente alla bellezza, il problema è saperla cercare e trovare, specialmente al giorno d’oggi ove siamo proiettati in una direzione totalmente opposta. Se si coltiva il bello, non si corre il rischio di poter incappare negli antri bui e negli inciampi della vita. La bellezza, anche involontariamente, ci conduce naturalmente a Dio. Lo dice anche una poesia ed è sentire comune… non solo il mio, ovvero di una religiosa.
Un’ultima cosa: SBAGLIARE È UMANO MA È DIVINO SAPERSI RISOLLEVARE. Forza e Coraggio… anzi “Buona Strada”.

Ho visto con i miei occhi le creazioni di Suor Angelica e sono di gran lunga più belle di quello che voglia farci credere. Sono veramente il suo legame con il Padre ed al di la’ della loro bellezza esprimono il significato di una vita vissuta alla ricerca di Dio e della sua perfezione, nella consapevolezza, tuttavia, della nostra umana finitudine. È veramente un “personaggione”… e se volete potrete incontrala qui a Roma ove le Pie discepole del Divin Maestro” – congregazione Paolina fondata da Don Giacomo Alberione – effettuano delle bellissime esperienze di manualità, di servizio e di spiritualità.


di Muflone Inarrestabile

a cura di Michele Zoncu

1 settembre 2017

domenica 20 giugno 2021

Tutto l’amore di Asia che ha guarito Mattia: salva il fratellino donandogli il midollo

Due anni dopo il trapianto, la famiglia Marin di Monfumo ringrazia tutte le persone che hanno dato aiuto

Lei gli ha ridonato la vita. Lei è la persona che, sempre, lui avrà dentro di sè. È il 15 settembre 2017 quando Mattia si ammala. I primi esami. I primi accertamenti. La speranza che non sia quello. E invece. Invece la diagnosi: leucemia. Una malattia molto più diffusa in età infantile che in quella adulta, per la quale in Italia vengono diagnosticati circa quindici nuovi casi ogni centomila persone l’anno. Mattia che quei giorni avrebbe dovuto cominciare la seconda elementare, quel giorno lo passa a Padova in ospedale. Ricoverato al reparto di Oncoematologia Pediatrica. Un duro colpo. Un colpo al cuore, una vita che cambia nel giro di mezzo secondo per quella famiglia di Monfumo di Treviso. Per la mamma, Debora Pandolfo; per il papà, Mauro Marin; per la sorella, Asia. La mamma, di 42 anni, quando ci parla usa sempre il verbo al plurale: se Mattia stava male, stava male anche lei, se Mattia viene ricoverato, è come se venisse ricoverata anche lei. Un dolore dentro che senti, quando la creatura a cui hai dato la vita si ammala. «Mi ricordo ancora – dice la madre al Giornale – era di venerdì. La mattina abbiamo fatto gli esami del sangue e alle dieci e mezzo eravamo già ricoverati a Padova. In quel momento ci hanno detto che era leucemia».

Da lì parte un calvario. Mattia inizia a fare i cicli di chemioterapia e a ottobre 2017 i medici dicono ai genitori che c’è bisogno di un trapianto. «Abbiamo fatto gli esami io, mio marito e Asia – racconta la mamma -; a novembre ci dicono che Asia era compatibile. Lì abbiamo iniziato a pensare positivo. Era dura. Ci sono stati momenti difficili perché ti trovi in un posto che mai vorresti conoscere». Così il 16 febbraio 2018 Mattia viene sottoposto al trapianto. «Ci hanno ricoverato per 43 giorni. A marzo 2018 ci hanno dimesso». Da lì Mattia inizia ad andare in ospedale: per i primi tre mesi, due tre volte a settimana, ora ci va una volta ogni tre mesi. Una cosa che fa rendere i genitori orgogliosi e fieri che i loro figli siano stati forti. «Anche più di noi – dice la madre – Asia all’inizio era spaventata – racconta – chi non lo sarebbe, ma ora è felice, quando ha visto che il fratellino iniziava a star bene, era contenta. Con i medici le abbiamo fatto capire il gesto che stava per fare. E vogliamo dare e ringraziare tutti quelli che ci hanno dato una mano, dagli incontri di preghiera a chi ha donato dei soldi».

Una raccolta fondi era partita e con la squadra di calcio di Monfumo, la Asd, è stata organizzata una partita, il cui ricavato è andato alla Città della Speranza. «Che sia un messaggio di speranza – dice la mamma – per le famiglie che stanno passando questo calvario». Ora Mattia va a scuola, e della squadra di calcio è diventato la mascotte.


16 febbraio 2020

FONTE: Papaboys

domenica 14 giugno 2020

E’ morto Rohan Kemu, giovane disabile 18enne, "in odore di Santità"


E’ stato ospite per 15 anni della Casa della carità, tenuta da una congregazione fondata da un sacerdote italiano. “Ci ha dato la gioia e la grazia di toccare il Corpo di Gesù”. Nonostante le sue fatiche, era pieno di entusiasmo. Aveva un forte amore per l’Eucarestia. Diffondeva gioia attorno a lui.

Mumbai (AsiaNews) – Rohan Kemu, un giovane 18enne con disabilità fisiche e mentali, è morto lo scorso 4 giugno nella Casa della carità a Uttan, a nord di Mumbai. Fino all’ultimo le suore della Casa Mariana della carità si sono occupate di lui e dicono che egli ha lasciato dietro la sua morte "un odore di Santità".

Sr Julie Pereira, la superiora della Casa, ricorda che Rohan “per 15 anni è stato un dono per noi, da quando aveva tre anni fino ai 18 anni. Ci ha dato la gioia e la grazia di toccare il Corpo di Gesù”. Sr Julie ricorda che negli ultimi 20 giorni di vita Rohan aveva febbre di continuo. Lei lo ha tenuto in braccio giorno e notte, senza mai lasciarlo o metterlo a letto: “Mi sedevo su una sedia, con lui fra le braccia, e pregavo il rosario della Divina Misericordia. In quei momenti ho sentito la presenza di Dio, di Gesù che mi diceva: Questo sono io; è il mio corpo che stai sostenendo; fai questo in memoria di me; tutto ciò che fai a lui, lo hai fatto per Gesù. Rohan ci ha insegnato a vivere nonostante le molte sofferenze e offrendo il proprio dolore a Cristo. Egli ci ha insegnato a contemplare Dio e come pregarlo. Più soffriva, più la sua preghiera era sincera. Anche durante la sua agonia, ci ha insegnato a pregare”.

La Casa della carità di Uttan (Bhyandar) è stata costruita nel 1992. La congregazione delle suore della "Casa Mariana della carità" è stata fondata da un sacerdote italiano, p. Mario Prandi (1910-1986). Al presente vi sono 11 ospiti, tutti disabili fisici e mentali. Il più vecchio ha 82 anni; il più giovane ha cinque anni, ma è stato accolto nella casa quando aveva solo un mese di vita.

Godfrey Malu, diacono della parrocchia di Nostra Signora del Mare a Uttan, ha conosciuto Rohan per otto anni. “Rohan – dice ad AsiaNews – è stato proprio scelto da Dio prima che nascesse, per essere un esempio di pazienza, resistenza, misericordia e amore a Dio. Se tu lo guardavi, il tuo cuore si riempiva di compassione, ma a vedere il suo entusiasmo, nonostante i suoi limiti fisici, ti faceva vergognare”.

Fin dalla nascita Rohan ha sofferto di distonia, una malattia per cui parti del corpo subiscono spasmi muscolari incontrollabili, spesso molto dolorosi, causati da messaggi sbagliati del cervello. La madre di Rohan è morta quando lui aveva tre anni. Suo padre era un alcolizzato cronico, che lo picchiava di continuo senza pietà.

La gente del villaggio, assistendo a questi abusi e torture quotidiani, oltre al fatto che il padre non si preoccupava di nutrirlo, ha chiesto alle suore della Casa di carità di accogliere Rohan.

I traumi subiti, hanno creato in lui così tanta paura che all’inizio, se le suore cercavano di parlare con lui, si rinchiudeva in se stesso. Le voci maschili poi, lo terrorizzavano, dato che gli ricordavano quella del padre. Se qualcuno alzava la voce per parlare, subito cadeva nella paura e nell’insicurezza.

A poco a poco – racconta p. Godfrey - crescendo nella Casa, insieme ad altri ospiti, anch’essi disabili, ha imparato a godere la vita, a essere felice, gioviale, sempre sorridente.

La cosa più bella che gli è accaduta è stata quando ha fatto la Prima Comunione con tutti gli altri bambini. Ha frequentato la classe di catechismo come tutti, e ha compreso che Gesù era suo amico e si prendeva cura di lui. Il suo amore all’Eucarestia era così forte che se non gli portavano la comunione, rimaneva contrariato e piangeva. Gli piaceva molto seguire la messa in latino alla televisione, ma soprattutto amava parteciare alla messa in maharati e vi partecipava in modo integrale: corpo, mente e anima. I suoi Santi favoriti erano Padre Pio e Giovanni Paolo II. Conservava due immaginette sotto il cuscino: Padre Pio alla sua destra, Giovanni Paolo II alla sua sinistra. Sapeva che questi due Santi intercedevano per lui perché fosse alleggerito dalla sofferenza fisica
”.

A Rohan piacevano I cartoni animati e il cioccolato fondente. Il suo sorriso era contagioso anche per i dottori che lo curavano. Alcuni di loro hanno pagato di tasca propria le cure mediche e le operazioni di cui egli aveva bisogno

Ringrazio Dio per il dono di Rohan – conclude Gpdfrey - perchè egli mi ha insegnato cosa significa sorridere e dire grazie a Dio per il suo benedirci molto più di quanto noi meritiamo. Egli è stato unn esempio vivente di come diffondere il messaggio dell’amore di Dio nonostante i nostri dolori e sofferenze”.


di Nirmala Carvalho

8 marzo 2020

FONTE: Asianews

sabato 11 aprile 2020

«Qui ad Aleppo, sotto le bombe e i missili, preghiamo per voi italiani»


Intervista a padre Ibrahim Al Sabbagh, parroco di Aleppo: «Conosciamo la paura di uscire di casa, le scuole chiuse, il timore di andare in chiesa. Ci avete aiutati: come potremmo ora dimenticarci di voi?»

«Ad Aleppo abbiamo fatto esperienza della solidarietà, carità e tenerezza di tanti italiani che ci hanno aiutato durante la guerra. Ora siete voi in difficoltà ma è come se il coronavirus avesse colpito noi: come potremmo dimenticarvi?». Così padre Ibrahim Al Sabbagh, francescano della parrocchia latina di Aleppo, la seconda città per importanza e la capitale economica della Siria, una delle più colpite dalla guerra, spiega a tempi.it perché i bambini della sua parrocchia di San Francesco hanno pregato per tutti gli italiani durante la via crucis della seconda settimana di quaresima. «Sappiamo cosa vuol dire non potere mandare i figli a scuola e avere paura di uscire di casa».

Perché vi siete fermati a pregare per l’Italia?

Io ho conosciuto di persona tanti italiani, nostri amici e benefattori. È da più di due settimane che offro la Messa per l’Italia e le persone colpite, invitando la gente a pregare per voi. Come potrei non farlo? Tra fine gennaio e inizio febbraio sono stato nel vostro paese e ho visto la preoccupazione negli occhi di tante persone. Questo mi ha amareggiato.

Ad Aleppo cadono ancora bombe e missili, soffrite il freddo e la fame, avete tempo per pensare anche ai nostri problemi?

Quando ho sentito che siete stati obbligati a chiudere le scuole e poi a bloccare la celebrazione delle Messe, ho provato molto dolore perché mi è tornata alla mente la nostra sofferenza e la nostra incertezza: durante gli anni più brutti della guerra ogni volta che aprivamo le porte della chiesa, rischiavamo che ci cadesse un missile in testa. I genitori erano sempre indecisi, ogni giorno, se mandare i figli a scuola. Ma noi siamo una cosa sola, per questo preghiamo per voi: è come se la nostra sofferenza proseguisse nella seconda parte del nostro corpo, che siete voi. Voi in Italia, infatti, fate parte del nostro stesso corpo nella Chiesa. Come potremmo non pregare per voi?

Da quanto tempo lo fate?

Ormai la gente si è abituata al ritornello del prete che chiede di pregare per l’Italia. Succede da diverse settimane, poi però i 660 bambini del catechismo spontaneamente hanno proposto: offriamo la via crucis del secondo venerdì di quaresima per i bambini italiani che non possono andare a scuola. Anche loro infatti ricordavano gli anni in cui non potevano uscire di casa per via delle bombe.

Qual è oggi la situazione ad Aleppo?

Purtroppo i problemi aumentano. Stanno venendo fuori tante malattie che prima non c’erano e che sono sicuramente dovute alla guerra. Ogni singolo giorno spuntano nuovi casi di un cancro atroce che uccide i pazienti in poche settimane. E poi malattie cardiache e vascolari. Inoltre, a causa della guerra tutto è inquinato: l’acqua, il latte, il cibo, nessuno di noi sa davvero che cosa mangia, non ci sono controlli. Se guardo alla situazione con occhi umani, sono costretto a dire: vedo la fame, la mancanza di lavoro, le malattie, non c’è una prospettiva, non c’è futuro. Come si può sperare in una situazione così?

Una domanda che oggi si fanno anche tanti italiani.

Se guardiamo la realtà solo con occhi umani, siamo costretti a dire: non c’è speranza. Ma noi siriani di Aleppo in questi anni di guerra abbiamo imparato che non bisogna mai riporre la nostra speranza nelle sicurezze terrene. Si può avere speranza solo in Gesù Cristo, solo dal mistero della sua morte e risurrezione può nascere la speranza. Se infatti apriamo gli occhi della fede, possiamo vedere quanta tenerezza abbiamo sperimentato in questi anni. Dio si è fatto compagno di strada attraverso la preghiera di tante persone, che ci hanno aiutato. E la maggior parte di queste persone erano italiani. Gli italiani sono un popolo buono e generoso. Se ora preghiamo per voi è perché Cristo, fondamento della nostra speranza, ci invita a uscire da noi stessi e a guardare la sofferenza degli altri. Ora siete voi a soffrire e noi siamo con voi.

Che cosa sta facendo la Chiesa di Aleppo per aiutare la città a ripartire?

Abbiamo lavorato su due binari. Il primo è quello dell’emergenza: abbiamo distribuito acqua potabile, pacchi alimentari, assistenza sanitaria, vestiti. Qui gli anziani hanno una pensione così bassa che non consente neanche di comprare un terzo delle medicine di cui hanno bisogno, mentre per quanto riguarda i neonati la gente non può permettersi pannolini e latte artificiale.

E il secondo binario?

Abbiamo sviluppato progetti di micro-economia per ricostruire la città. Abbiamo aiutato a ripartire 1.200 imprese, un numero enorme se si considera che nello stesso lasso di tempo il governatorato ne ha aiutate 5.000. E poi, grazie all’aiuto di numerosi ingegneri, abbiamo ricostruito in tutto 1.500 case, che avevano diversi livelli di danni. Il lavoro da fare è enorme. Purtroppo, mentre pensavamo che tutto andasse per il meglio, la crisi libanese ha causato il blocco dei conti correnti di tanti siriani, che si sono impoveriti, e di molte organizzazioni internazionali. Poi la guerra è ricominciata.

Parla del conflitto di Idlib, che vede contrapposti alla Turchia e ai terroristi il governo siriano e la Russia?

Sì, va avanti già da un mese e mezzo e sembra di essere tornati all’inizio della guerra. I missili cadono di nuovo sui nostri quartieri. Aleppo non è come Damasco o Latakia, dove la vita è ripartita: qui manca tutto e non si produce niente. Inflazione e caro vita ci mettono in enorme difficoltà. Nessuno può più permettersi un chilo di pomodori o cetrioli. Ieri un fruttivendolo mi raccontava che non sa più cosa portare in città, perché la gente non può permettersi di comprare nulla. Gli aleppini entrano nel suo negozio e gli chiedono un pomodoro o una mela, perché di più non possono acquistare. In tanti si informano sui prezzi e poi se ne vanno, perché sono troppo alti. Soffriamo la fame e preghiamo davvero che il coronavirus non arrivi mai qui.

Sareste in grado di affrontarlo?

Come potremmo? Se arriva qui, finirà tutto. Gli ospedali sono danneggiati per la guerra, dubito che potremmo affrontare una crisi del genere. Noi ci affidiamo a Dio, non abbiamo altro da fare.


di Leone Grotti

10 marzo 2020

FONTE: Tempi.it

domenica 6 gennaio 2019

Lavori di manutenzione per l'inverno, serve un aiuto


L'appello delle religiose


Siamo le monache benedettine del SS. Sacramento del Monastero San Pietro in Montefiascone (Viterbo), lettrici della vostra bella rivista fino a quando siamo state in grado di pagare l'abbonamento. Ci eravamo già rivolte con un appello ai lettori di Famiglia Cristiana e grazie anche al loro aiuto avevamo fatto fronte alla manutenzione straordinaria dei tetti. Ci diamo da fare e siamo aperte all'accoglienza di pellegrini, gruppi parrocchiali e gruppi di preghiera, ma l'affluenza è in diminuzione e ci sembra di soccombere anche se la speranza in Dio ci sostiene.
Ora si rende necessaria la manutenzione ordinaria del monastero, risalente al 600, che presenta parecchie infiltrazioni di acqua e in queste condizioni sarà difficile affrontare l'inverno. Inoltre, abbiamo un debito di 20000 euro da due anni per lavori inderogabili eseguiti e non riusciamo a estinguerlo.
Le coordinate per chi volesse aiutarci sono:


C/c postale n. 12380010 intestato a Monastero benedettine S. Pietro

Iban IT76N0521673160000000001768.


Ringraziamo se potrete pubblicare il nostro appello, continueremo a pregare per voi e per i benefattori che vorranno darci una mano.


FONTE: Famiglia Cristiana N. 43
28 ottobre 2018

www.monasterosanpietromontefiascone.com


Con la S. Epifania le Feste Natalizie sono terminate, e questo è stato per molti tempo di "regali" e di una maggiore predisposizione ad aiutare il proprio prossimo. Con il cuore lancio allora questo appello, tratto dalla rivista "Famiglia Cristiana", affinchè si possano aiutare queste suore nelle loro incombenti difficoltà economiche.
Le persone che vivono periodi di difficoltà sono tante, lo sappiamo, ma proviamo per un attimo a pensare a tutto il Bene che fanno queste suore al mondo intero: e questo non soltanto per la loro benevola accoglienza dei pellegrini, ma anche e sopratutto per la loro costante preghiera, rivolta sempre e soltanto al maggior Bene di tutti! Non a caso i conventi, dove si respira aria di vera e genuina Fede e Amore verso il Signore e verso il prossimo, sono considerati come dei "parafulmini" per il mondo intero, vere e proprie "oasi" di Bene, che richiamano Grazie e Benedizioni dal Cielo alla terra. Quelle che sono e saranno queste anime belle totalmente consacrate al Signore, lo capiremo bene solamente quando saremo al cospetto del nostro buon Dio. Ma proprio per tutto questo, penso sia giusto e sacrosanto cercare di aiutare queste anime belle nelle loro difficoltà finanziarie, con l'offerta del nostro obolo, condividendo il loro appello, e anche accompagnandole con la preghiera. Facciamolo quindi, tocchiamoci il cuore e aiutiamo queste suore ad andare avanti con la loro meravigliosa Missione d'Amore. Facciamolo e anche noi ne ricaveremo Grazie e Benedizioni, perchè il nostro buon Dio non si fa mai superare in Generosità.
Grazie di vero cuore a chi risponderà a questo appello.

Marco

venerdì 12 maggio 2017

Preghiera alla Madonna di Fatima

Preghiera alla Madonna di Fatima

 Maria Madre, Maria bella,
Dolce aiuto, cara stella,
Puro giglio, vaga rosa
Senza spina obrobiosa,
Noi con fede e con amore
T'invochiamo in tutto l're.
Il tuo aiuto sol vogliamo,
O Maria, tuoi figli siamo,
Dolce Madre di pietà,
Dacci aiuto e carità.
De! riscalda il nostro cuore
Col tuo aiuto e santo amore.
Dolce Madre di clemenza
Dacci aiuto e provvidenza,
Dona aiuto agli ammalati,
Dona aiuto ai tribolati,
Dona aiuto ai poverelli,
Dona aiuto agli orfanelli.
Il tuo aiuto speciale
Ci sia scudo in ogni male.
O dolcissima Maria,
Dacci aiuto all'agonia
Per godere il tuo bel viso
Col tuo aiuto in Paradiso.



martedì 13 settembre 2016

Madre Teresa di Calcutta ai giovani di tutto il mondo

Testo tratto dalla lettera che Madre Teresa indirizzò alle migliaia di giovani che arrivarono da tutto il mondo per celebrare insieme con Giovanni Paolo II la Giornata Mondiale della Gioventù il 15 agosto 1991

Cari giovani, il male più grande di oggi è la mancanza d'amore e di carità, la terribile indifferenza verso i fratelli e sorelle, figli di Dio nostro Padre, che vivono ai margini, preda dello sfruttamento, della corruzione, della povertà, della malattia. Poiché la vita vi si apre davanti, la mia preghiera per voi è che possiate sempre più comprenderne il senso vero.
La vita è un dono meraviglioso di Dio e tutti sono stati creati per amare ed essere amati. Non è un dovere aiutare i poveri materialmente e spiritualmente: è un privilegio, perché Gesù, Dio fatto uomo, ci ha assicurato che "Qualunque cosa farete all'ultimo dei miei fratelli l'avrete fatta a me...". Non permettete che falsi scopi - denaro, potere, piacere - vi rendano schiavi e vi facciano smarrire il senso autentico della vita. Imparate ad amare cercando di conoscere sempre più profondamente Gesù, di credere fermamente in Lui, di ascoltarlo in profonda preghiera e nella meditazione delle sue parole e dei suoi gesti che rivelano perfettamente l'amore e sarete presi dalla corrente dell'amore divino che partecipa agli altri l'amore. Soltanto in Cielo noi vedremo di quanto siamo debitori ai poveri, per averci aiutati ad amare meglio il Signore.
Dio vi benedica
”.


Madre Teresa


venerdì 20 maggio 2016

Inno alla Vergine

Inno alla Vergine

   Vergine Madre,
figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio,


tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo Fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.


Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’eterna pace
così è germinato questo fiore.


Qui se’ a noi meridiana face
di caritate; e giuso, intra i mortali,
se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disianza vuol volar sanz’ali.

La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate

Dante Alighieri,
 Paradiso XXXIII, 1-21


domenica 14 giugno 2015

Vuoi telefonare a Dio?

- Controlla che il prefisso sia giusto.
- Non comporre il numero senza pensarci bene per non fare una telefonata a vuoto.
- Non irritarti quando senti il segnale di «occupato». Attendi e riprova. Sei certo di avere composto il numero giusto?
- Ricorda che una conversazione telefonica con Dio non è un monologo.
- Non parlare continuamente tu, ma ascolta che cosa ha da dirti Lui.
- Se la comunicazione si interrompe, verifica se sei stato tu ad aver interrotto il collegamento.
- Non abituarti a chiamare Dio unicamente in casi di emergenza, scegliendo solo il numero di pronto intervento.
- Non telefonare a Dio solo alle ore della «tariffa ridotta», ossia prevalentemente di domenica.
- Anche nei giorni feriali dovrebbe esserti possibile una breve chiamata ad intervalli regolari.
- Ricordati che le telefonate con Dio sono senza scatti.
- Non dimenticarti di richiamare Dio che ti lascia incessantemente messaggi sulla tua segreteria telefonica.

N.B. Se nonostante l’osservazione di queste norme, la comunicazione risulta difficile, rivolgiti con fiducia allo Spirito Santo:
Egli riattiverà la linea.
Se il tuo apparecchio non funziona per niente, portalo al seminario di riparazione che si chiama perdono.
Qualsiasi apparecchio è garantito a vita e sarà rimesso a nuovo da un trattamento gratuito.


NUMERI TELEFONICI D’EMERGENZA

Quando sei nel dolore – Giovanni 14
Quando gli uomini ti abbandonano – Salmo 27
Se vuoi essere utile – Giovanni 15
Quando hai peccato – Salmo 51
Quando sei preoccupato – Mat 6,19-34
Quando sei in pericolo – Salmo 91
Quando Dio ti sembra lontano – Salmo 139
Quando la tua fede vacilla – Ebrei 11
Quando sei solo e timoroso – Salmo 23
Quando provi amarezza – 1 Corinzi 13
Se cerchi il segreto della felicità – Col 3,12-17
Per la comprensione del Cristianesimo – 2 Cor 5,15-19
Quando ti senti giù e a disagio – Romani 8,31
Quando vuoi pace e riposo – Mat 11,25-30
Se cerchi rifugio dal mondo – Salmo 90
Quando vuoi certezza cristiana - Rom 8,1-30
Quando sei lontano da casa – Salmo 121
Quando la tua preghiera è arida – Salmo 67
Per una grande opportunità/invenzione – Isaia 55
Quando vuoi coraggio per un incarico – Giosuè 1
Per andare d’accordo con gli altri – Romani 12
Se ti preoccupi per i tuoi affari – Marco 10,23-27
Se sei depresso – Salmo 27
Se il tuo portafoglio è vuoto – Salmo 37
Se perdi la fiducia nelle persone – 1 Corinzi 13
Se le persone sembrano scortesi – Giovanni 15
Se sei scoraggiato per il lavoro – Salmo 126
Se il mondo è troppo piccolo per te – Salmo 19

Numeri Alternativi:

Per affrontare la paura – Salmo 34,7
Per avere sicurezza – Salmo 121,3
Per avere certezza – Marco 8,35
Per avere rassicurazione – Salmo 145,18


venerdì 12 dicembre 2014

“Torino, la mia Africa”

Ha lasciato il lavoro per dedicarsi ai più bisognosi. Paolo guida l'associazione Amici di Lazzaro e fa il missionario nelle zone degradate del capoluogo piemontese

Sognava di andare in missione nel Terzo Mondo. Poi ha scoperto che la sua Africa, le sue favelas sono qui in Italia. A Torino, tra mendicanti, tossici, senza fissa dimora e prostitute: Paolo Botti è per tutti loro una piccola stella cometa. Attraverso la sua associazione Amici di Lazzaro dal 1997 fino a oggi ha avvicinato migliaia di persone che hanno conosciuto degrado, solitudine, perdita della propria dignità. Persone sfruttate o abbandonate a sé stesse, incamminate verso un destino infelice e rinate grazie all'impegno di Paolo e della sua squadra di volontari: “Sin da giovanissimo – racconta – sentivo dentro di me solo un desiderio: fidarmi di Dio e vivere per il bene e per il Vangelo. Volevo occuparmi dei poveri, dei giovani, e offrire loro una speranza, una prospettiva di vita”.

Fare il volontario

La sua storia, in tempi di crisi occupazionale può sembrare paradossale. A 18 anni abita da solo e inizia a lavorare alla Comau, un azienda del gruppo Fiat, come progettista elettronico. Intanto si iscrive alla facoltà di informatica. Dopo qualche anno, però, lascia gli studi e appena ottenuta una promozione e un aumento di stipendio, decide di licenziarsi per abbracciare la sua vocazione.
Quando lavoravo facevo una vita da povero in un alloggio spartano, non avevo la tv, né l'automobile, nessuna spesa superflua, Poi ho deciso di licenziarmi, ho regalato tutto quello che mi restava, mobili, dischi, libri”. A quel punto Paolo va a vivere in una piccola comunità gestita a Torino dai padri gesuiti con i quali è già in contatto da tempo. Lavora con loro all'accoglienza prima di famiglie e profughi della guerra di Bosnia, poi di vittime di tratta africane e dell'est. “E' in quel contesto che ho trovato l'Africa e i poveri senza lasciare l'Italia. La mia condizione di partenza – racconta – non era di infelicità o insoddisfazione, anzi era proprio il mio essere felice che mi incoraggiava a condividere il mio star bene, dentro e fuori, con gli altri
.

Quelle notti alla stazione centrale della città

In quegli anni l'attività di Paolo non è solo circoscritta al supporto dei gesuiti all'interno dell'istituto. Porta con sé la vocazione del volontario itinerante. Inizia, così, ad accompagnare un padre gesuita francese durante le sue "spedizioni" settimanali alla stazione Porta Nuova.
Ho cominciato ad andare alla stazione per stare con i barboni”, ricorda. “Eravamo in cinque o sei, guidati da padre Jean-Paul. Una sera la settimana andavamo a trovarli, parlavamo con loro, cantavamo e pregavamo insieme, e alla fine si distribuivano cibo, bevande calde e vestiti”. Quando padre Jean-Paul lascia Torino, Paolo decide di intensificare la collaborazione con i gesuiti e fondare, al contempo, un associazione che si occupi dei bisognosi, andandoli a cercare alla stazione centrale e nelle periferie torinesi più degradate. Nasce così, nel 1997, Amici di Lazzaro, associazione formata da un gruppo di ragazzi dinamici, energici. Subito concentrano la loro attenzione su uno dei drammi peggiori di Torino, il mercato delle vittime di tratta, sopratutto giovanissime e donne nigeriane. Ne studiano i movimenti, tentano più volte il dialogo con le prostitute. Paolo si reca persino in Nigeria per inquadrare meglio le origini del fenomeno.

Aiuto concreto alle donne vittime di tratta

Dal 1999 iniziano le uscite notturne: gruppi di volontari, a turno, incontrano le ragazze e, tra le altre cose, le informano sulla possibilità, prevista dall'articolo 18 della legge 286 del 1998, di usufruire di un programma di protezione nel caso in cui denuncino gli sfruttatori. Ma entrare nel loro mondo non è semplice ed è anche molto rischioso. Gli Amici di Lazzaro si organizzano in unità di strada. Man mano si stabiliscono rapporti di fiducia e alcune di esse denunciano i loro protettori.
L'associazione avvia collaborazioni con il Comune, la Caritas e il gruppo Abele per creare una sorta di rete contro lo sfruttamento della prostituzione su tutto il territorio torinese. L'intesa è fruttuosa e alcune delle ragazze che si avvicinano agli Amici di Lazzaro si ritrovano libere e inserite in contesti di lavoro come colf, baby sitter oppure badanti.

Dio è accanto a lui

Col tempo i numeri crescono e ormai centinaia di donne ogni anno dialogano con i volontari dell'associazione. Sono aumentate le unità d'azione, rivolte anche ai senza dimora e ai bambini di strada costretti all'accattonaggio o a lavare i vetri ai semafori. Un avventura che per Paolo è diventata una ragione di vita e nella quale ha un compagno speciale, il Signore, che lo affianca quotidianamente.
Prego spesso e durante la giornata cerco di non far mancare letture spirituali, decine del rosario dette qua e là e tante preghiere brevissime che riempiono i momenti tra le tante cose da fare e da vivere. Ho avuto tante difficoltà, tanti problemi superati che ora mi sembrano piccoli, perchè vedo che mai sono stato abbandonato da Dio. Ora, quando mi si presenta davanti un dubbio o una difficoltà, mi chiedo: "Ti è mai mancato qualcosa? Ti ha mai lasciato solo Dio?" E la risposta è "No, non sono mai stato solo, mai mi è mancato qualcosa". Quindi vado avanti con fiducia”.

La Fede profonda di bisognosi e prostitute

Per Paolo “la Fede dei poveri in genere è più forte della nostra. Spesso si pensa che i poveri preghino o credano perchè hanno bisogno, in realtà credono e hanno Fede nonostante i loro bisogni. E tante volte io stesso e i nostri volontari siamo colpiti dalle preghiere di ringraziamento a Dio fatte dalle ragazze sfruttate, che in strada intonano i loro canti di grazie per la vita, per le cose che hanno, per l'Amore che ricevono... e noi sappiamo che hanno poco, che soffrono tanto, che vengono maltrattate e sfruttate, eppure ringraziano e sanno vedere il bene che c'è intorno a loro”.

Il dono della catechesi tascabile

La Fede, dunque, è punto in comune, un punto d'incontro tra l'azione di Paolo e chi vive sulla strada. La condivisione della Parola di Dio è un momento per avvicinarsi, per tendersi la mano reciprocamente.
Noto che i poveri hanno un idea di Dio semplice e nel mio piccolo cerco di dare loro strumenti per approfondire come preghiere o catechesi semplici di Benedetto XVI o di Papa Francesco nella loro lingua, dal cinese all'inglese, dall'arabo al francese. A tutti – conclude – dico di pregare per me e per l'associazione, perchè credo davvero che Dio ascolti il grido dei poveri”.

A SCUOLA DI INTEGRAZIONE

Dal giugno 2000 gli Amici di Lazzaro hanno avviato un corso gratuito di italiano per donne straniere di ogni provenienza e livello culturale. Oltre alle lezioni vengono proposte anche iniziative di aggregazione (gite, cene e incontri tra giovani italiani e stranieri), e di formazione culturale (diritti e doveri, visite a musei, mostre e monumenti) e spirituale (incontri con le comunità etniche torinesi, catechesi, la World's Prayer, preghiera collettiva mensile promossa dall'associazione).

GRUPPO STAZIONI, NON SOLO AIUTO MATERIALE

PortaNuova-binari. PortaSusa. PortaNuova-centro: sono questi i tre gruppi che operano tra i senzacasa nelle stazioni ferroviarie di Torino. E' qui che gli Amici di Lazzaro hanno iniziato ad ascoltare, parlare, cantare con chi vive senza una casa. Nelle due più importanti stazioni di Torino sono centinaia i senza dimora che ogni giorno chiedono aiuto. A loro si offre una coperta, un sacco a pelo, un vestito pulito.
Il nostro carisma – spiegano i volontari – non è offrire il semplice aiuto materiale, quanto il dare prima di tutto amicizia, preghiera, ascolto e attenzioni. E' poi dall'amicizia che si arriva anche all'aiuto materiale”.

CON I POVERI DI TRE CONTINENTI


Da aspirante missionario, Paolo Botti non poteva che dedicare una serie di progetti ad alcune delle zone più sofferenti del mondo. Gli Amici di Lazzaro sostengono iniziative in Europa, Asia e Africa. In Romania, a Timisoara, fanno da supporto a una casa per ragazzi abbandonati fondata dalla Caritas locale. In Iraq, a Baghdad, lavorano con una parrocchia che da aiuto materiale ai poveri del quartiere. In Egitto a ElMinia, aiutano Casa Letizia che si occupa di orfani e famiglie povere. Nel Sudan, a Rumbek, operano in progetti che mirano a portare l'acqua a piccoli ospedali e un progetto pastorale per l'educazione dei giovani. In Nigeria, a Lagos, è in cantiere un progetto di prevenzione della tratta, reinserimento di ragazze rimpatriate e appoggio a famiglie vittime di minacce.


Di Gelsonimo Del Guercio

FONTE: A Sua Immagine N. 99
29 novembre 2014


Una storia bellissima, che si commenta da sola.
Ragazzi, pensiamoci un attimo..... avere un buon lavoro (cosa al giorno d'oggi, tutt'altro che scontata), belle prospettive, una vita soddisfacente..... e nonostante questo lasciare tutto, per inseguire un sogno, un ideale, una vocazione..... e dedicarsi al prossimo, quello più disagiato, quello dei poveri, dei barboni, delle donne sfruttate. Ma l'Amore è anche questo, una forza irresistibile che ti porta a fare scelte anche radicali, lasciando la sicurezza per l'incertezza, la stabilità per l'incognita. Ma è grazie a persone come Paolo che la nostra società si regge ancora in piedi, a lui e quell'innumerevole stuolo di volontari, di cui si parla così poco, che dedicano tempo, energia e passione, laddove c'è bisogno, al prossimo bisognoso. E se non è Amore questo, allora cos'è?
Un grazie sentito a Paolo allora, alla sua splendida Associazione, e a tutti coloro che dedicano di loro stessi al prossimo e a Dio. Che mondo sarebbe questo senza di loro? Ma ci sono, grazie a Dio ci sono.... e sono molti di più di quanto si possa immaginare. Non dimentichiamocelo mai!

Marco