venerdì 28 febbraio 2020

Manager di una multinazionale lascia la carriera e diventa monaca a Orta San Giulio


Girava il mondo, ma adesso ha preferito la clausura nel convento sull’isola cusiana

Dai business plan e dagli impegni frenetici in una multinazionale alle ore canoniche, scandite dalla regola di San Benedetto. Non ha avuto esitazioni, Nicoletta Falzoni: era manager della Camel (brand mondiale del tabacco) ed è diventata suora di clausura. Adesso fa parte delle ottanta monache dell’abbazia «Mater Ecclesiae» all’Isola di San Giulio.

Suor Maria Fides è di Vazzola, vicino a Vittorio Veneto, e per molti anni è stata una manager di successo. «Aveva una professione molto gratificante - racconta la madre di suor Maria. - Era stimata e girava il mondo. Abitava a Milano. Io non ho mai avuto la percezione di quello che stava maturando». La svolta risale all’agosto 2011. «Era andata in pellegrinaggio a Medjugorje - dice il suo parroco, don Massimo Bazzichetto - e ha sentito la chiamata del Signore. A Milano, in Duomo, un confessore le ha consigliato di rivolgersi a madre Canopi, all’Isola». Il colloquio tra la giovane manager e la badessa è stato decisivo. A tutti, suor Maria Fides ha spiegato: «Sono arrivata a riconoscere questo: il fatto che io avessi trovato l’Isola non era casuale. Il mondo ci offre tantissimo e tutto molto attraente. La chiamata di Dio va nella direzione opposta».

La professione religiosa è stata celebrata dal vescovo Brambilla: «Come può succedere che una ragazza giovane, di belle speranze, che probabilmente faceva girare la testa anche a qualche ragazzo, si innamori di una vita come questa?». Si può rispondere in modo facile, dice il vescovo: «Nicoletta è diventata suor Maria Fides e ha cercato le cose di Lassù. Noi purtroppo siamo rimasti quaggiù. Faremo pregare suor Maria Fides per noi. A noi non resta che la durezza delle cose del mondo».

di Marcello Giordani

20 giugno 2019

FONTE: La Stampa

lunedì 17 febbraio 2020

Nasce la bambina e la mamma muore, l’infermiera appoggia la neonata sul cuore della mamma che ricomincia a battere


Una donna di soli 23 anni, Shelly Cawley aveva appena dato alla luce la sua bambina con un cesareo d’urgenza quando, per un coagulo di sangue che ha bloccato le arterie, la donna è entrata in coma.

Il marito e neo papà era disperato e racconta così i momenti in cui i medici gli dicevano che per la donna non c’era più nulla da fare: “Sei così felice quando nasce tuo figlio, e il momento dopo pensi che dovrai dire addio per sempre a tua moglie. Era come se fossi anestetizzato”.

Ma un’infermiera, Ashley Manus, ha avuto un’idea dopo aver pensato e ha raccontato così: “Sappiamo che per un neonato il contatto con la pelle della madre può essere molto utile, e allora perché non poteva funzionare anche il contrario?

Allora è stata presa la bambina e messa sul petto della mamma e lì lasciata per dieci minuti e, dopo ancora un po’, la donna ha lanciato un urlo e il marito racconta così: “Abbiamo visto il monitor cardiaco mostrare un segno di vita. Era inspiegabile, ma Shelly era tornata. Mia moglie era tornata da noi

La donna dopo qualche giorno si è ripresa completamente e ha raccontato così: “Ho guardato il viso di Rylan e ho visto la bambina più bella del mondo… So che tutte le madri lo dicono, ma noi due dopo tutto quello che è successo abbiamo un rapporto speciale”.

Sono passati due anni da quel giorno e ora mamma e bimba stanno benissimo e Shelly ha detto:Quando crescerà le dirò che mi ha salvato la vita.

De.15:9-10 Guàrdati dall’accogliere nel tuo cuore un cattivo pensiero che ti faccia dire: «Il settimo anno, l’anno di remissione, è vicino!», e ti spinga ad essere spietato verso il tuo fratello bisognoso, così che non gli darai nulla; poiché egli griderebbe al SIGNORE contro di te, e un peccato sarebbe su di te.

Dagli generosamente; e quando gli darai, non te ne dolga il cuore; perché, a motivo di questo, il SIGNORE, il tuo Dio, ti benedirà in ogni opera tua e in ogni cosa a cui porrai mano.



22 gennaio 2020

FONTE: Notiziecristiane

martedì 11 febbraio 2020

Jonah, il ragazzino prodigio dell’uncinetto sta raccogliendo migliaia di dollari per gli orfani dell’Etiopia, un punto alla volta


Lui si chiama Jonah Larson ed è un bambino come tanti se non fosse per una particolarità: a soli 5 anni ha imparato l’arte dell’uncinetto da autodidatta guardando dei video tutorial su Youtube e oggi, che di anni ne ha 11, è considerato un vero e proprio prodigio.

La prima creazione, che fece quando aveva ancora 5 anni, fu uno strofinaccio, e da allora non si è più fermato per merito sia della sua passione che delle donazioni di materiale da parte di numerosi fan. Donazioni che lo hanno incoraggiato ad andare avanti e per le quali Jonah è molto grato. A tal punto da voler fare qualcosa di altrettanto generoso per altri bambini, quelli etiopi, terra da cui Jonah proviene e che ha lasciato dopo l’adozione, senza però dimenticarsi delle sue radici.

Grazie alla fama conquistata in questi anni, Jonah ha infatti deciso di lanciare una raccolta fondi su GoFundMe per sostenere, in collaborazione con Roots Ethiopia, organizzazione non profit del suo villaggio di nascita, le scuole rurali povere e aiutare le madri e i giovani a identificare i loro punti di forza e a sviluppare capacità imprenditoriali.

Cosa che Jonah ha saputo fare fin da piccolo, tant’è che oggi ha una sua attività, “Jonah’s Hands”, e sui social è seguitissimo: basta guardare la sua pagina Instagram dove l’estetica dei manufatti è talmente curata, con colori ben abbinati e design innovativi, da lasciare a bocca aperta qualunque appassionato di crochet.


Il piccolo Jonah produce di tutto, dalle zucche all’uncinetto ai guanti, dai cappelli alle coperte, dalle borse ai centrini, e riceve puntualmente materiale in regalo dai suoi numerosissimi fan sparsi per il mondo.

La sua seguittissima serie, chiamata “Impara a lavorare all’uncinetto con Jonah” insegna a tutti questa meravigliosa arte sdoganando, fra le altre cose, pregiudizi, visto che spesso il crochet è associato alle donne.

Le sue creazioni sono state pubblicate su diversi magazine, tra cui la rivista specializzata “Crochet World”, inoltre fa spesso apparizioni televisive ed è apparso nello show di OGGI condotto da Kelly Clarkson. Insomma, ormai è una star!


Con la fama sono arrivate anche le collaborazioni con nomi d’eccellenza, fra cui Daniel Sheehan di Atlanta, che lo ha conosciuto grazie a Instagram e che oggi lo sta guidando nella progettazione della sua linea di moda.

Ma il segreto del suo successo non sta solo nella sua genialità ma nell’amore che dimostra per le persone, confermato dalla raccolta fondi per la sua terra d’origine, l’Etiopia. Di sicuro riuscirà nell’intento di aiutare bambini e mamme etiopi a far crescere e sviluppare i propri talenti. Dal canto nostro possiamo aiutarlo a raggiungere questo importante obiettivo facendo una donazione su GoFundMe.

Complimenti per il tuo talento e per la tua generosità piccolo, ma grande, Jonah!


di Laura De Rosa

18 ottobre 2019

FONTE: Greenme

martedì 4 febbraio 2020

Alessandro Frigiola, l'“Angelo” dei bambini malati di cuore


Alessandro Frigiola è una di quelle persone che, per dirla in poche e semplici parole, “fanno del gran Bene alla nostra società”.
Nato nel 1942 a Bressanone, da una mamma casalinga e da un papà dipendente dell'Inps, all'età di 4 anni si trasferisce a Vicenza, città nella quale vive ancora oggi. Frequenta il liceo classico e nel 1970 si iscrive all'università, alla facoltà di Ingegneria a Padova. Il percorso del giovane Alessandro sembra scorrere su binari ben definiti, fino a quando, nell'estate del 1971, accade un fatto che cambia radicalmente le prospettive della sua vita. Quasi per caso gli capita tra le mani il libro "La cittadella" di Joseph Cronin, un romanzo che tratta la vita di un giovane e idealista medico scozzese, Andrew Manson, che tasta con mano l'arretratezza delle università e la superficialità con cui i medici trattano spesso i loro pazienti. Il romanzo colpisce "diritto al cuore" il giovane Alessandro, che cambia immediatamente facoltà e si iscrive a Medicina, con l'intento, una volta divenuto medico, di dedicarsi alle necessità dei più poveri e bisognosi. Già durante gli studi universitari Frigiola si iscrive al Cuamm, un'organizzazione umanitaria che cura i malati in Africa, quindi negli anni seguenti si reca più volte nei paesi del Terzo Mondo dove, tra l'altro, ha anche la Grazia di incontrare e conoscere padre Giuseppe Ambrosoli, il missionario medico che operò per trent'anni in Uganda.

Alessandro Frigiola decide di specializzarsi in cardiochirurgia infantile data l'altissima percentuale di mortalità (quasi il 50%) tra i bambini malati di cuore che ancora vi era negli anni Settanta. Una volta laureato, Frigiola si trasferisce per qualche anno a Marsiglia, dove il suo maestro, il professor José Aubert, lo inizia alla professione e dove avviene un episodio che segna indelebilmente la sua vita. Il piccolo Amadou, un bambino di appena quattro anni, entra nella sala operatoria dell'ospedale di Marsiglia per un operazione al cuore, in condizioni gravissime. Dopo ore di intervento, iniziano i tentativi di rianimare il cuore del bambino, tenuto in vita grazie alla macchina cuore-polmone e alla circolazione extracorporea del sangue. Per quattro lunghe ore l'equipe del professor Aubert con il professor Frigiola cercano di rianimare il bambino, ma invano. Quando tutto sembra ormai perduto il professor Aubert si arrende e chiede che la macchina cuore-polmone venga staccata, Frigiola però non ci sta e rimane per altre quattro ore a massaggiare qual piccolo cuore fino a quando, contro ogni aspettativa, riprende a battere... e il bambino a vivere. Questo episodio straordinario motiva grandemente il professore che comprende più che mai quanto questa sia la strada della sua vita.


Durante un viaggio missione in Vietnam compiuto in compagnia del professor Lecompte, Alessandro Frigiola rimane sconcertato nel vedere l'altissima percentuale di mortalità tra i bambini con malformazioni cardiache: “Non potevo vedere migliaia di bambini morire di cuore entro il primo anno di vita senza fare nulla!”. Per questa ragione, insieme alla professoressa Silvia Cirri, nel 1993 fonda l'associazione “Bambini Cardiopatici nel Mondo”, composta oggi da una squadra di oltre 300 medici ed operante in 27 paesi di tutto il mondo. L'associazione invia mensilmente medici in missioni per operare i bambini con patologie cardiache, trasformando spesso delle tende da campo in ospedali super attrezzati e tecnologici, con l'intento però di gettare delle solide "basi" affinché le missioni vadano avanti poi con le proprie gambe. All'Ospedale di San Donato Milanese (dove, dal 1990, Frigiola è primario della divisione di cardiochirurgia nel Centro Cardiovascolare Edmondo Malan) vengono invece formati i medici locali da inviare in ogni parte del mondo per operare e guarire bambini e neonati malati.

Il Professor Alessandro Frigiola ha operato ad oggi oltre dodicimila pazienti di cui più della metà bambini (con una percentuale d'insuccesso inferiore al 5%), e facendo parte di 435 missioni. Di indole positivo e ottimista non smette mai di definire gli italiani come “un popolo di persone estremamente generose”, anche se non manca di denunciare certe carenze dei nostri ospedali che a suo dire non sono “a misura di bambino” come invece sono in paesi quali gli Stati Uniti, il Canada e l'Inghilterra.
Il professore è passato recentemente anche agli onori della cronaca per avere contribuito a salvare la vita della piccola Amina, una bambina di appena dieci giorni, che necessitava di cure urgentissime e per la quale sembrava non esserci più alcuna speranza (vedi: Io sono una persona x bene). Del resto il professor Frigiola è fatto così, professionale, determinato e pieno di energia e progettualità. E nonostante le tante "primavere" sulle spalle, lotta costantemente per la vita dei suoi pazienti perché, per sue stesse parole non riesco mai ad abituarmi alla morte.

Grazie caro Professore, di tutto!

Marco


FONTI: “Eroi quotidiani” di Giovanni Terzi, Il Piacenza, Io sono una persona x bene