Alessandro Frigiola è una di quelle persone che, per dirla in poche e semplici parole, “fanno del gran Bene alla nostra società”.
Nato nel 1942 a Bressanone, da una mamma casalinga e da un papà dipendente dell'Inps, all'età di 4 anni si trasferisce a Vicenza, città nella quale vive ancora oggi. Frequenta il liceo classico e nel 1970 si iscrive all'università, alla facoltà di Ingegneria a Padova. Il percorso del giovane Alessandro sembra scorrere su binari ben definiti, fino a quando, nell'estate del 1971, accade un fatto che cambia radicalmente le prospettive della sua vita. Quasi per caso gli capita tra le mani il libro "La cittadella" di Joseph Cronin, un romanzo che tratta la vita di un giovane e idealista medico scozzese, Andrew Manson, che tasta con mano l'arretratezza delle università e la superficialità con cui i medici trattano spesso i loro pazienti. Il romanzo colpisce "diritto al cuore" il giovane Alessandro, che cambia immediatamente facoltà e si iscrive a Medicina, con l'intento, una volta divenuto medico, di dedicarsi alle necessità dei più poveri e bisognosi. Già durante gli studi universitari Frigiola si iscrive al Cuamm, un'organizzazione umanitaria che cura i malati in Africa, quindi negli anni seguenti si reca più volte nei paesi del Terzo Mondo dove, tra l'altro, ha anche la Grazia di incontrare e conoscere padre Giuseppe Ambrosoli, il missionario medico che operò per trent'anni in Uganda.
Alessandro Frigiola decide di specializzarsi in cardiochirurgia infantile data l'altissima percentuale di mortalità (quasi il 50%) tra i bambini malati di cuore che ancora vi era negli anni Settanta. Una volta laureato, Frigiola si trasferisce per qualche anno a Marsiglia, dove il suo maestro, il professor José Aubert, lo inizia alla professione e dove avviene un episodio che segna indelebilmente la sua vita. Il piccolo Amadou, un bambino di appena quattro anni, entra nella sala operatoria dell'ospedale di Marsiglia per un operazione al cuore, in condizioni gravissime. Dopo ore di intervento, iniziano i tentativi di rianimare il cuore del bambino, tenuto in vita grazie alla macchina cuore-polmone e alla circolazione extracorporea del sangue. Per quattro lunghe ore l'equipe del professor Aubert con il professor Frigiola cercano di rianimare il bambino, ma invano. Quando tutto sembra ormai perduto il professor Aubert si arrende e chiede che la macchina cuore-polmone venga staccata, Frigiola però non ci sta e rimane per altre quattro ore a massaggiare qual piccolo cuore fino a quando, contro ogni aspettativa, riprende a battere... e il bambino a vivere. Questo episodio straordinario motiva grandemente il professore che comprende più che mai quanto questa sia la strada della sua vita.
Durante un viaggio missione in Vietnam compiuto in compagnia del professor Lecompte, Alessandro Frigiola rimane sconcertato nel vedere l'altissima percentuale di mortalità tra i bambini con malformazioni cardiache: “Non potevo vedere migliaia di bambini morire di cuore entro il primo anno di vita senza fare nulla!”. Per questa ragione, insieme alla professoressa Silvia Cirri, nel 1993 fonda l'associazione “Bambini Cardiopatici nel Mondo”, composta oggi da una squadra di oltre 300 medici ed operante in 27 paesi di tutto il mondo. L'associazione invia mensilmente medici in missioni per operare i bambini con patologie cardiache, trasformando spesso delle tende da campo in ospedali super attrezzati e tecnologici, con l'intento però di gettare delle solide "basi" affinché le missioni vadano avanti poi con le proprie gambe. All'Ospedale di San Donato Milanese (dove, dal 1990, Frigiola è primario della divisione di cardiochirurgia nel Centro Cardiovascolare Edmondo Malan) vengono invece formati i medici locali da inviare in ogni parte del mondo per operare e guarire bambini e neonati malati.
Il Professor Alessandro Frigiola ha operato ad oggi oltre dodicimila pazienti di cui più della metà bambini (con una percentuale d'insuccesso inferiore al 5%), e facendo parte di 435 missioni. Di indole positivo e ottimista non smette mai di definire gli italiani come “un popolo di persone estremamente generose”, anche se non manca di denunciare certe carenze dei nostri ospedali che a suo dire non sono “a misura di bambino” come invece sono in paesi quali gli Stati Uniti, il Canada e l'Inghilterra.
Il professore è passato recentemente anche agli onori della cronaca per avere contribuito a salvare la vita della piccola Amina, una bambina di appena dieci giorni, che necessitava di cure urgentissime e per la quale sembrava non esserci più alcuna speranza (vedi: Io sono una persona x bene). Del resto il professor Frigiola è fatto così, professionale, determinato e pieno di energia e progettualità. E nonostante le tante "primavere" sulle spalle, lotta costantemente per la vita dei suoi pazienti perché, per sue stesse parole “non riesco mai ad abituarmi alla morte”.
Grazie caro Professore, di tutto!
Marco
FONTI: “Eroi quotidiani” di Giovanni Terzi, Il Piacenza, Io sono una persona x bene
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