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lunedì 18 dicembre 2023

La mia bellissima guerriera Indi Gregory


Dean, il padre di Indi Gregory, ha reso un commovente tributo a sua figlia durante il suo funerale nella Cattedrale di Nottingham, celebrato il 1° dicembre 2023.

“ Onestamente, sento, nel profondo del mio cuore, che Indi non era solo bella, forte e unica. Sapevo fin dall'inizio che era molto speciale.

Tuttavia, non avrei mai potuto immaginare il tipo di viaggio che noi e Indi avremmo dovuto affrontare per lottare per la sua vita. Non ha dovuto solo combattere contro i suoi problemi di salute, ma anche contro un sistema che rende quasi impossibile vincere. Eppure, era il suo punto più debole, i problemi di salute, che hanno distinto Indi come una vera guerriera.

[…] Dio ha messo Indi su questa terra con la missione di smascherare il male nel mondo. L'ha scelta perché era forte, bella e speciale. Ma ora questo capitolo del destino di Indi è finito. La sua eredità, tuttavia, è appena iniziata. Volevo assicurarmi che Indi fosse ricordata per sempre e vivrà nei nostri cuori e attraverso le nostre voci.

Ma, il mio più grande conforto in questo momento difficile è sapere dove sia Indi e con chi sia ora. Ho fatto battezzare Indi per proteggerla e affinché andasse in Paradiso. Mi dà pace sapere che è in Paradiso e Dio si prende cura di lei.

Ti amerò sempre, Indi.

Da Papà ”.


martedì 21 dicembre 2021

Toto, 13 anni, è colpito da leucemia acuta. Parte la Solidarietà per aiutare lui e suo padre Andrea nella loro difficile situazione

Questa è una storia drammatica, ma al contempo stesso commovente, perché intrisa di tanta Solidarietà.
Lui, il padre, si chiama Andrea Giorgi e ha 61 anni, mentre suo figlio si chiama Toto, ha 13 anni, e da alcuni mesi combatte contro una forma aggressiva di leucemia, grazie al Cielo però non fulminante.
Tutto ha avuto inizio il 28 maggio scorso quando papà Andrea ha portato suo figlio Toto ad una visita ospedaliera all'ospedale di Ravenna per quello che allora sembrava un banale dolore ad una gamba; ed invece era una cosa assai più seria: una leucemia acuta! Il ragazzo è stato inviato immediatamente al reparto pediatrico dell'ospedale di Rimini per tutti gli accertamenti del caso e per iniziare le terapie chemioterapiche.

Da quel 28 maggio tutto è cambiato per questa famiglia, Toto ha iniziato a fare un dentro-fuori dall'ospedale di Rimini per intraprendere le cure necessarie. L'inizio è stato molto doloroso, con il ragazzo che aveva febbre ricorrente, fino anche a 42°, con perdita dei capelli e il morale che, inevitabilmente, ne ha molto risentito. Poi le cose hanno iniziato a migliorare, Toto ha ritrovato il sorriso e la voglia di scherzare e ha ripreso anche a studiare, tanto che il ragazzo ha fatto l'esame di terza media dal computer nel letto d'ospedale, superandolo brillantemente con il massimo dei voti. Ed è stato molto bello, per lui, rivedere tramite computer, professori e compagni di classe.

Se tutta questa vicenda è stata molto dura per il figlio Toto, non di meno si può dire che la sia stata per il padre Andrea, unico genitore del ragazzo, che ha anche una sorella, di 16 anni. Questo perché Andrea ha sposato una donna indonesiana, dalla quale ha avuto i due figli, la quale però dopo alcuni anni vissuti in Indonesia e poi uno vissuto in Italia, è voluta tornare al suo paese di origine, lasciando però i figli completamente a carico del marito e tagliando tutti i ponti con loro. E tutto questo quando Toto aveva solamente 1 anno e mezzo. Andrea ha quindi dovuto fare tutto da solo, col suo lavoro da imbianchino che tuttavia ha dovuto smettere per seguire il figlio malato. Adesso Toto ha iniziato a frequentare il liceo, sia pure a distanza perché immunodepresso, e così la figlia, anch'essa impegnata con gli studi.

Con i figli che studiano, le spese per le cure di Toto (che ammontano a circa 1000 euro al mese e che la sanità non ricopre totalmente), un affitto di 500 euro al mese da pagare e il lavoro che, giocoforza, il papà ha dovuto lasciare, la situazione della famiglia ha iniziato a farsi "traballante" anche se papà Andrea, grazie al Cielo, aveva qualcosa da parte.
Ma la generosità degli italiani, lo sappiamo, in situazioni come questa è grande, e così la Comunità di Lido di Classe, il paese dove vive questa famiglia, ha iniziato ad aiutarli con donazioni e iniziative benefiche. A questo proposito dice Andrea: Vivo da sempre a Lido di Classe, per anni sono stato nel comitato cittadino, ho sempre cercato di fare del bene - dice l'uomo - Mia mamma mi diceva sempre: "Andrea, dove passi lascia il profumo, non la puzza"... E ora mi rendo conto che il bene che ho fatto mi sta tornando indietro. Quando in paese si è saputo di mio figlio, mi si sono stretti tutti attorno. In tanti già mi hanno fatto donazioni in denaro, altri mi portano la spesa a casa, altri semplicemente hanno manifestato la loro vicinanza con un messaggio, un abbraccio. Tutte cose che fanno bene al cuore e che non mi offendono assolutamente, non ho nulla di cui vergognarmi e, anzi, chiedo un aiuto a tutti. Ben vengano cose belle come questa in un anno così difficile. (cit. Ravennatoday)

Tra le donazioni ricevute, c'è anche quella che viene dal Joko Park, il parco giochi di Lido di Classe, gestito da una giovane coppia, Simona e il fidanzato Simone che, appresa della situazione di Andrea e suo figlio Toto, si sono adoperati a loro favore devolvendo una parte degli incassi della loro attività.

Chiunque, se lo vuole, può aiutare questa famiglia nel difficile percorso che stanno intraprendendo con una offerta libera da inviare, tramite bonifico all'Iban IT09S0306923603100000003032, oppure portando direttamente il proprio contributo a Filippi Elettrodomestici in via Vasco de Gama 21.

Come per ogni situazione simile a questa, l'unione di tante persone fa la forza, e ciascuno di noi può essere quella "forza motrice" che può aiutare questa bella famiglia ad affrontare la loro difficile situazione.
Una Grazie di vero cuore a chi vorrà e potrà farlo!


Marco

lunedì 15 novembre 2021

La piccola Sara, 3 anni, ha un tumore raro. La bambina e la sua famiglia hanno bisogno dell'aiuto di tutti noi!

Quella di cui voglio parlare oggi, sulle pagine di questo blog, è una storia molto dolorosa e difficile, una vicenda che ha bisogno dell'aiuto e dell'Amore di tante persone!

Sara è una bambina di tre anni e ha un tumore raro e molto grave, un neuroblastoma maligno al quarto stadio, che colpisce soprattutto i bambini al di sotto dei cinque anni, con possibilità di guarigione del 50 %.
Purtroppo la famiglia di Sara, composta dal padre Mattia Cantagalli, 37enne lughese, e dalla sua compagna Maria Valgimigli, 41 anni, residenti a Faenza, sono in una situazione economica estremamente difficile. Papà Mattia e mamma Maria infatti, per poter seguire la loro figlia malata nei suoi continui trasferimenti dentro e fuori dall'ospedale, iniziati nel mese di maggio, hanno perduto il lavoro. Lui e la sua compagna lavoravano per un fast food di Faenza come driver, ovvero si occupavano di fare le consegne a domicilio. Un lavoro non troppo remunerato, che gli consentivano di portare a casa 800 euro al mese in due. Di questa cifra però, ben 450 euro erano spesi per l'affitto, inoltre la coppia si deve occupare anche di un altro figlio, di 11 anni, con tutte le spese che ovviamente si possono immaginare. La coppia, grazie al Cielo, è stata supportata dalle rispettive famiglie, le quali però non possono fare più di tanto, perché anch'esse di ceto piuttosto modesto.
Con la perdita del lavoro dei genitori, con un altro figlio da seguire, con l'affitto da pagare e con i continui via-vai tra Rimini e Faenza per le chemioterapie e le trasfusioni della piccola Sara, la situazione della famiglia si è ulteriormente aggravata e, come se ciò non bastasse, incombe su di loro anche la scadenza del contratto d'affitto. Gli assistenti sociali del loro Comune di appartenenza si sono detti disponibili ad aiutarli a pagare l'affitto, ma bisogna comunque vincere le "reticenze" dei proprietari, non troppo fiduciosi delle rassicurazioni dello Stato. La famiglia Cantagalli è naturalmente inserita nella lista di attesa per poter avere un alloggio popolare da parte del Comune, ma la lista è lunga e, al momento, non ci sono alloggi disponibili.

Quella della famiglia Cantagalli è una situazione difficile, delicata, piena di incognite ed incertezze, ed è per questo che è nata l'idea di chiedere aiuto alla gente, al quel popolo italiano che in tante occasioni si è distinto per altruismo e generosità. Dice a questo riguardo papà Mattia: Racconto tutto questo senza vergogna, nella speranza di ricevere qualche aiuto. Sara oltre alla chemioterapia dovrà affrontare anche l'intervento chirurgico, il trapianto di midollo e la radioterapia. Cure lunghe che porteranno a grosse spese. Spero che la mia storia molto difficile possa raggiungere le persone di buon cuore che ancora esistono, anche un piccolo granello di sabbia può fare la differenza (cit. Ravennatoday).

Per poter aiutare la famiglia Cantagalli nella loro difficile situazione, si può donare un contributo libero al loro
IBAN  IT30X36772223000EM001525165
intestato a Mattia Cantagalli

Per poter seguire l'evoluzione della storia della piccola Sara, è nata anche la pagina Facebook “La piccola Sara, corredata da tante belle fotografie e notizie.


A fianco della famiglia Cantagalli, recentemente, sono scese in capo anche numerose realtà della zona come alcuni commercianti ravennati che hanno deciso di mettere a disposizione del progetto "Aiutiamo Sara" la loro esperienza e i loro prodotti. Al loro fianco è scesa anche in campo l'associazione "Cuore & Territorio", lanciando una campagna di raccolta fondi. Pertanto chi volesse sostenere la famiglia di Sara, potrà effettuare una donazione anche sul Conto Corrente bancario attivato presso la Cassa di Risparmio Ravenna,
IBAN IT 02 F 06270 13100 CC0000027952
intestato a CUORE E TERRITORIO APS
Causale “Aiutiamo Sara”.

Altri eventi solidali sono in fermento, come quello organizzato dal titolare del negozio "Gourmet" che ha organizzato per martedì 16 novembre, al Ristorante "Vecchia Canala", un evento culinario con parte dell’incasso che sarà devoluto alla bambina, e similmente farà lo stesso anche la pizzeria Take Away, che dal 12 al 30 novembre devolverà il 10% degli incassi giornalieri per questa nobile causa.

La Generosità del popolo italiano non si smentisce mai in situazioni come queste, anche se il percorso della piccola Sara è sicuramente ancora lungo, tortuoso e incerto.
Ciascuno di noi può dare il proprio personale contributo, per piccolo o grande che sia, come una goccia che, assieme a tante altre, si trasforma nel mare, un mare di Solidarietà e di Amore per una bimba di 3 anni che lotta per avere una vita normale.
Grazie di vero cuore a chi lo farà!


Marco

mercoledì 22 settembre 2021

Sceglie di lasciare tutto e apre un ospedale per gli orfani in Kenia. La storia di Amy Hehe

Il coraggio e il grande cuore di una donna che ha scelto di dedicare la sua vita ai bambini

La storia di Amy Hehe dovrebbe essere divulgata con ogni mezzo in tutto il mondo. È la scelta di vita di una giovane donna americana che ha deciso di dar vita al suo sogno: quello di aiutare chi è malato ed ha bisogno.

Amy ha lasciato tutto per aprire un ospedale ed un centro di aiuto in Kenya. I suoi pazienti sono bambini rimasti orfani, e malati terminali. Persone cui la vita non ha certo presentato il suo lato migliore. A soli 13 anni Amy aveva già capito quale sarebbe stato il suo percorso di vita.

Mollare tutto e aprire un ospedale. Lasciare, lei nata e cresciuta nel ricco Kentucky, uno stile di vita pasciuto e dar vita a Ovi Children’s Hospital.
Al suo fianco c'è Rob, il marito, felice di condividere un progetto di vita che fa dell’aiuto concreto il suo significato più profondo.

Amy cura, assiste, e da speranza a tanti piccoli bambini affetti da malnutrizione, malaria, traumi di guerra, hiv. Creature che, senza il sostegno di questa grande donna, sarebbero abbandonate a loro stesse.

Sebbene questa vita è la realizzazione di un mio sogno, sono la prima ad ammettere che non è per niente facile” ha detto Amy in una recente intervista. L’ambiente del Kenya infatti, oltre a non essere un hotel a 5 stelle, presenta difficoltà ed insidie di ogni genere. Ecco perchè la scelta di mollare tutto ed aprire un ospedale ed un centro di assistenza rende questa storia unica e di assoluto valore.

Troppo spesso ci troviamo a parlare, commentare, suggerire e, perchè no, criticare. Tra tutti questi verbi ne manca uno. Fare!

Non volendoci accodare al coro di coloro che parlano e basta non possiamo che inchinarci di fronte ad esperienze come questa. Divulgarla, perchè possa essere da monito e spunto di riflessione.

15 dicembre 2019

FONTE: Notizie Cristiane

venerdì 20 agosto 2021

Il caso di Luca, l'Aifa ha deciso il via libera alla gratuità del farmaco Zolgensma per la SMA1

“Messo a disposizione il farmaco, sempre a titolo gratuito, anche per i bambini con peso fino a 21 kg all’interno di studi clinici che acquisiscano ulteriori dati di efficacia e sicurezza per questa categoria”. Così i PortaVoce messinesi del MoVimento 5 Stelle Francesco D’Uva e Antonella Papiro

L’AIFA ha finalmente dato il via libera alla gratuità del farmaco Zolgensma per i bambini affetti da SMA1 sotto i 13,5 kg di peso e, al contempo, ha stretto un accordo con l’azienda Novartis per mettere a disposizione il farmaco, sempre a titolo gratuito, anche per i bambini con peso fino a 21 kg all’interno di studi clinici che acquisiscano ulteriori dati di efficacia e sicurezza per questa categoria”. Così i PortaVoce messinesi del MoVimento 5 Stelle Francesco D’Uva e Antonella Papiro.

Si tratta di un bel risultato che abbiamo fortemente caldeggiato. Ci siamo infatti impegnati affinché, a livello nazionale, venisse reso gratuito questo costosissimo farmaco per più bambini possibili, tra cui anche il piccolo Luca di Milazzo che ora potrà accedervi gratuitamente. La scorsa settimana avevamo depositato un’interpellanza parlamentare, oltre alle numerose iniziative, appelli e comunicati per sensibilizzare su questo delicato tema con la consapevolezza che il diritto alla salute e alla vita deve essere per tutti. La strada intrapresa è quella giusta ma ora bisogna fare in fretta e prevedere subito, negli studi clinici preposti, la somministrazione del farmaco ai bambini come il piccolo Luca che hanno superato i 18 chili”.

La catena di solidarietà era partita per cercare di dare una speranza al piccolo Luca Sansone di Milazzo e alla sua famiglia, che aveva lanciato un appello tramite la famosa piattaforma Gofundme. E in pochissimo tempo la sua storia era diventata virale. Luca è affetto da Sma (Atrofia muscolare spinale) di tipo 1, la forma più grave, e per tentare di farcela, come spiega la madre Carmela Melissa Santoro, il bimbo ha bisogno dello Zolgensma, un farmaco che costa ben 2 milioni e 100 mila dollari. Il suo appello è stato rilanciato al nostro giornale dal Sim, sindacato italiano militari carabinieri, sezione provinciale di Messina, che vuole dare eco alla causa: “Luca è un bambino come tanti – dicono – ma a differenza degli altri è affetto da una malattia degenerativa molto grave. Perciò, come Sim Carabinieri, ci teniamo davvero a dare il nostro contributo”.


10 marzo 2021

FONTE: Gazzetta del Sud

domenica 15 agosto 2021

In bici da Bergamo a Taranto: 33enne raccoglie 24mila euro per bimbi dell'ospedale jonico

Il biker Giuseppe Russo ha completato il percorso in 11 tappe e ha consegnato l'assegno per acquistare macchinari all'ospedale SS.Annunziata di Taranto

Un assegno di oltre 24mila euro, frutto delle donazioni raccolte durante il tour in bici Bergamo-Taranto, compiuto dal 2 al 12 ottobre scorsi, è stato consegnato questa mattina al primario del reparto di onco-ematologico pediatrica dell’ospedale SS. Annunziata di Taranto da Giuseppe Russo, 33enne originario di Massafra (Taranto) ma dal 2015 residente a Bergamo, promotore dell’iniziativa. Il biker ha realizzato l’impresa in 11 tappe ricevendo il sostegno della famiglia di Nadia Toffa, la co-conduttrice de «Le Iene» che fu madrina dell’altra iniziativa benefica avviata da «Tutti gli amici del mini bar» del rione Tamburi della vendita solidale delle magliette con la scritta
«Ie Jesche Pacce Pe Te». Russo ha raggiunto il reparto onco-ematologico pediatrico del SS. Annunziata dove è stato accolto dall’equipe medica e dal primario Valerio Cecinati, a cui ha consegnato l’assegno da 24.079,40 euro. Il ricavato dell’iniziativa sarà utilizzato per l’acquisto di materiale e di macchinari ad uso esclusivo del reparto onco-ematologico pediatrico.


9 novembre 2019

FONTE: La Gazzetta del Mezzogiorno

venerdì 13 agosto 2021

Il sogno di Mirko Toller diventa realtà: nasce ''Happy Land'' un Parco Avventura capace di non escludere nessuno

Il giovane di Segonzano affetto da atrofia muscolare spinale, morto a soli 16 anni nell’ottobre del 2020, voleva studiare robotica per progettare un luna park accessibile a tutti. Ora il suo sogno diventerà realtà

PORDENONE. Si chiamerà ''Happy Land'' il parco in onore di Mirko Toller, il giovane youtuber di Segonzano affetto da atrofia muscolare spinale, morto a soli 16 anni nell’ottobre del 2020. Mirko era diventato famoso per lo spot che aveva girato assieme a Checco Zalone per sensibilizzare le persone sulla sua malattia ed aveva conquistato tutti con la sua energia e la sua voglia di fare e aiutare gli altri.

"Happy Land" realizza uno dei sogni più grandi di Mirko: far nascere un parco giochi inclusivo, un luogo capace di non escludere nessuno e di far divertire tutti. L'annuncio è stato dato negli scorsi giorni dai promotori dell'iniziativa sui social, spiegando che
si tratta di un Parco Avventura completo, strutturato su 6/7 percorsi, alcuni percorribili anche in sedia a rotelle. Il parco avventura - si legge sulla pagina di Parco Sole di Notte, che ospiterà "Happy Land" - si svilupperà intorno alle piante presenti al centro del prato in modo da mimetizzarsi con esse e tutelare il patrimonio verde dell’area. Rimarrà comunque libero uno spazio di dimensioni adeguate per il passaggio di persone e mezzi destinate verso le altre aree del Parco Sole di Notte.

La struttura sorgerà a Pordenone, nell'area verde che si trova in continuità con il parco pubblico San Valentino e con il parco giochi inclusivo recentemente finanziato dalla Fondazione Pierantonio Locatelli, il primo parco avventura inclusivo in centro città. Il nome del parco dedicato a Mirko, "Happy Land", è stato scelto dal team del Parco Sole di Notte assieme al gruppo ambasciatori del Parco e ai partner del progetto. Prima di confermare l’idea, però, spiegano i promotori, è stata consultata la famiglia di Mirko Toller, che si è dimostrata entusiasta e nel post si inseriscono anche alcune frasi della mamma: Mirko l’avrebbe chiamato così – racconta Stella, la madre – perché lui stesso sognava un parco divertimenti a misura di disabilità e adatto a tutti.

In terza media, infatti, Mirko aveva affermato che alle superiori avrebbe studiato robotica per progettare un luna park accessibile a tutti. Anche alle persone con disabilità. Proprio in questi giorni il Parco Sole di Notte sta progettando in maniera più dettagliata la struttura di "Happy Land". Nel frattempo, il Comune di Pordenone sta procedendo con le necessarie verifiche amministrative. È già disponibile sulla pagina del Parco Sole di Notte una pagina destinata alla raccolta di donazioni e all’acquisizione di sponsor per sostenere il progetto di “Happy Land”.


di Marianna Malpaga

20 febbraio 2021

FONTE: il Dolomiti

mercoledì 11 agosto 2021

L'Islanda in bici per curare Camilla

Il viaggio di beneficenza di un professore di una scuola di Pontedera

In sella a una bici ci era salito solo per rimettere in sesto un ginocchio malandato dopo un infortunio su un campo di calcio. Lui, professore di educazione fisica all’Itis Marconi di Pontedera, non sapeva che da quel momento sarebbe nata una passione che gli avrebbe regalato emozioni uniche e viaggi in giro per il mondo. Un passione, però, che ha cominciato a far bene anche agli altri. E, grazie anche all’aiuto dei social network, a donare cifre sempre più importanti ai bambini e alle famiglie più bisognose. Carlo Pellegrini, 60 anni, da quasi un mese percorre in solitaria dieci ore al giorno in sella alla sua mountain bike. Tra ghiacciai, vulcani e paesaggio mozzafiato della bellissima e insidiosa Islanda. «Questo era un viaggio che avevo rimandato a settembre a causa del Covid, la Farnesina non mi garantiva il rientro e rimandai questa avventura che sognavo da tempo – ci racconta in uno dei rari giorni di sosta il professore di Vicopisano –. Due anni fa avevo percorso tremila chilometri nella Terra del Fuoco, in Patagonia. Mi piaceva l’idea di passare dal fuoco al ghiaccio, per questo ho messo in cantiere questo appuntamento con l’Islanda».

I due estremi, anche climatici, ma con una costante: la solidarietà. Nel 2019 raccolse 4.000 euro in Rete durante e dopo il suo viaggio per il Meyer di Firenze, in particolare destinati al progetto di costruzione di alloggi per le famiglie dei bimbi ricoverati a lungo termine provenienti da tutta Italia. «Ho aperto il mio profilo Facebook a fine 2018, ovviamente non per narcisismo ma proprio per comunicare al meglio lo scopo benefico dei miei viaggi – racconta ancora Pellegrini –. Ho iniziato ad andare in mountain bike a 33 anni per motivi di riabilitazione. Da quella bici, alla fine, non sono più sceso. Anzi, ho iniziato a percorrere la via Francigena, poi il cammino di Santiago e alla fine passando due mesi in Patagonia. Sono affascinato dal viaggio, magari un giorno mi romperò le scatole e abbandonerò tutto questo. Faccio qualcosa di molto faticoso, ma non mi pesa perché mi piace, mi diverte e mi rende felice. In 10 ore di pedalata al giorno, immerso in paesaggi incredibili, ho tempo di cercare me stesso tra le pieghe nascoste della mia personalità. Un viaggio attraverso le mie emozioni».

Carlo Pellegrini, e qui sta anche l’orgoglio della sua famiglia e dei suoi due figli, ha trasformato quel viaggio anche nella sua anima in qualcosa di utile, a sostegno di chi ha davvero bisogno. «Mi sono rivolto al Comune di Vicopisano per capire se potessi far restare nel territorio questo aiuto concreto. E alla fine il sindaco Ferrucci mi ha informato della storia di Camilla – spiega il professore di Vicopisano –. Non conosco lei, anche se viviamo nello stesso comune, e non conosco la sua famiglia. Ma ho accettato ben volentieri di associare il mio percorso di oltre 2.000 chilometri con lei e, appena tornato, se sarà possibile vorrò incontrarla. Non a caso la campagna da sostenere sul sito GoFundMe si chiama “In viaggio con Camilla”».

Camilla ha 16 anni, abita a Uliveto Terme. Ma ha la dolcezza, i sorrisi i modi tenerissimi e l’aspetto di una bambina. Camilla è affetta dalla sindrome oculo-auricolo vertebrale e dalla sindrome polimalformativa, due patologie rarissime. La raccolta fondi “In viaggio con Camilla” nasce dall’esigenza di sostenere la famiglia nell’acquisto di una macchina adatta per poterla aiutare negli spostamenti per le visite specialistiche ma anche per i suoi piccoli, grandi “viaggi”, come le sue amate giornate al mare. L’obiettivo è fissato a 11mila euro, per ora la raccolta sostenuta anche da Carlo Pellegrini ne ha già quasi messi insieme 3mila. «Sto pedalando e pensando tanto a Camilla, quando passo in solitaria tra la natura più selvaggia. Qui in Islanda è la natura la vera padrona, va ascoltata, rispettata e per entrarci serve farlo in punta di piedi. Ma ti fa riflettere, con le sue cascate, i vulcani e le immense colate di lava. Paesaggi lunari dove dare un senso a tutto. Conto di concludere gli oltre 2.000 chilometri, per la precisione 2.200, di questa “spedizione” entro il 27 luglio, ma se il meteo sarà un po’ più clemente degli ultimi giorni potrei concludere anche prima. Dopo un inizio positivo, con temperature estive e un sole inusuale per l’Islanda, praticamente 24 ore al giorno perché qui buio in questo periodo dell’anno non fa mai, il meteo è peggiorato negli ultimi giorni. Ma sono fiducioso, continuerò a scrivere il mio diario giornaliero su Facebook e a promuovere la raccolta fondi per Camilla e la sua famiglia». 


di Alessandro Bientinesi

16 luglio 2021

FONTE: Il Tirreno
 
 
Questo post si lega direttamente a quello pubblicato precedentemente, in cui si è raccontata la storia di Camilla e l'appello della sua famiglia per una raccolta fondi, volta ad acquistare un mezzo su misura per lei che le possa servire per i suoi spostamenti.
Quello che fa Carlo Pellegrini è degno di ogni merito, ma ciascuno di noi può contribuire alla causa di Camilla con un libera offerta, ciascuno secondo le proprie possibilità. Facciamolo allora, ricordiamoci sempre che il mare è composto da tante gocce, e ciascuno di noi può essere quella "goccia" d'Amore che può aiutare concretamente Camilla e la sua famiglia. 

Marco

lunedì 9 agosto 2021

In viaggio con Camilla

È stata istituita una raccolta fondi per comprare una macchina adatta alle esigenze di Camilla.

Camilla ha 16 anni, è nata il 27 aprile 2005, ma ha la dolcezza, i sorrisi, i modi tenerissimi e l’aspetto di una bambina. Abita a Uliveto Terme con la madre Marzia, che per starle sempre vicino, viste le sue necessità, è stata costretta a lasciare il suo lavoro, e la sorella Martina.
Il padre Dario vive a Tirrenia, un luogo che la bambina adora perché c’è il mare: la sua passione.
Camilla è una bambina serena e molto amata. Insieme al vento, che quasi sembra che tenti di ascoltare, quando la accarezza seduta in riva al mare sulla sua carrozzina, va pazza per le carezze e per gli abbracci.
Sindrome polimalformativa, questa la prima
diagnosi che i genitori hanno ascoltato dai medici dopo la nascita di Camilla. Pochissimi i casi in Italia, sono troppe persino le dita di una mano per contarli.
Camilla è anche affetta dalla sindrome oculo-auricolo vertebrale, ha subito un intervento al Meyer per aprire uno degli occhi completamente chiuso, ha un rene più piccolo dell’altro e un grave difetto interatriale al cuore, un
forellino” di 14 millimetri per il quale, come per il resto, è seguita e costantemente monitorata da specialisti. La ragazza ha urgente bisogno di un’auto “speciale”, perché adatta a lei, per potersi spostare con la madre sia per le visite specialistiche sia per i piccoli, grandi “viaggi” che la rendono particolarmente felice, come quando passa le giornate al mare.

La raccolta fondi “In viaggio con Camilla” nasce per sostenere la famiglia nell’acquisto della macchina con una somma di 11.000 Euro.

Per donare:
https://www.gofundme.com/f/gofundmecomfin-viaggio-con-camilla 



3 luglio 2021

FONTE: Vtrend

domenica 8 agosto 2021

Federica dona ancora! Riceve € 1500 e li devolve alla ricerca del Centro Dino Ferrari

CAPRI LEONELa “principessa guerriera” Federica riesce a rendere speciali tutti quelli che la circondano, ed ancora una volta ha voluto devolvere una donazione fatta alla onlus che porta il suo nome “Family’s Smard La Dolce Federica Onlus” al Centro Dino Ferrari di Milano, per finanziare la ricerca per trovare una cura alla Smard 1

Federica ha ricevuto in regalo la somma di 1500.00 euro da uno zio che il 13 luglio scorso ha compiuto 50 anni. Si tratta di Riccardo Longo, che fa parte dell’associazione “Etna Chapter
gruppo di motociclisti Harley-Davidson di Catania.

Zio Riccardo ha preferito invece che ricevere dei regali per se stesso regalare un sorriso a Federica, a lei che è l’anima dell’associazione “Family’s Smard La Dolce Federica Onlus”.

La piccola, a sua volta ha voluto donare la somma al “Centro Dino Ferrari di Milano”, per poter trovare una cura alla Smard1 e poter aiutare tutti coloro che ne sono affetti.

«Donare agli altri – affermano papà Davide e mamma Laura – ci rende migliori di quello che noi siamo, sostenere la ricerca è l’unica speranza per poter aiutare Federica e tutti i piccoli pazienti di malattie rare. Vogliamo ringraziare Riccardo Longo la sua famiglia e l’associazione Etna Chapter per l’affetto, il sostegno che in questi mesi hanno avuto per Federica, per la nostra famiglia e per tutti i piccoli pazienti affetti da Smard 1».

«Per raggiungere un obiettivo – conclude Laura Portale – bisogna remare tutti nella stessa direzione, per poter raccogliere i frutti di anni di lavoro bisogna crederci e c’è bisogno dell’aiuto di tutti, perché il mare è fatto di tante piccole gocce che unite tra di loro formano gli oceani. Quando doniamo per la ricerca oltre che aiutare gli altri aiutiamo noi stessi a vivere in un mondo migliore».


17 luglio 2018

FONTE: Associazione "Centro Dino Ferrari"

lunedì 26 luglio 2021

Sofia e Giulia che donano i capelli alle bambine malate di cancro

Un piccolo/grande gesto per i meno fortunati: donare i propri capelli a chi li ha persi per combattere una malattia

Ecco Sofia e Giulia, due delle bambine sarde che hanno partecipato all’iniziativa promossa dall’associazione CharliBrown che realizza i desideri dei bambini e ragazzi affetti da gravi patologie e che in questo caso ha lanciato l’iniziativa "Contro il Cancro Mettici la Testa" che raccoglie i capelli veri dei donatori per farne parrucche da donare alle bambine che hanno perso i capelli perchè stanno combattendo una lotta contro il cancro, ridando così alle ragazze che li ricevono un pò di forza e fiducia in loro stesse, perchè purtroppo spesso, anche la perdita di tutti i capelli è un momento drammatico nella lotta alla malattia in cui ci si vergogna ad uscire di casa, a farsi vedere dagli altri, ci si sente giudicate e si perde la fiducia in se stessi e nel proprio corpo.

Due delle protagoniste dell’iniziativa sono state proprio Sofia e Giulia, che a Cagliari hanno deciso di donare le loro lunghe chiome alle bambine più bisognose, e hanno sorriso davanti alla macchina fotografica, felici del loro gesto, insieme a loro altre ragazze che hanno deciso di compiere questo gesto generoso.

Giulia e Sofia colpiscono forse più degli adulti proprio perchè sono molto piccole, ancora alle scuole elementari, ma hanno già capito cosa significa donare alle persone meno fortunate di loro, e un gesto che spesso molte bambine della loro età vivono come drammatico, quello di un drastico taglio di chioma, l’hanno vissuto sorridenti e spensierate capendo quando bene potevano fare con quel piccolo, ma grande atto di generosità.

I membri dell’Associazione Chalibrown spiegano al sito sardegnalive.it:

Vogliamo donare una parrucca alle pazienti oncologiche e affette da alopecia che non hanno la possibilità di acquistarne una, tenendo conto che la più economica ha un costo di circa 550 euro.

La bellezza è molto importante per far sentire bene le donne. Le aiuta ad accettarsi e soprattutto a socializzare, due cose indispensabili nel processo di malattia
”.

L’associazione Charliebrown oltre all’iniziativa “contro il cancro mettici la testa” porta avanti da anni diversi progetti finalizzati a realizzare i desideri di adulti e bambini con malattie gravi e terminali, e hanno già realizzato più di 70 desideri coinvolgendo attori, cantanti, sportivi, o anche solo organizzando gite e viaggi e momenti di divertimento per le persone che stanno affrontando una battaglia importante contro una malattia, come raccontano i volontari, il loro obiettivo è quello di portare un sorriso dove c’è dolore e dare sostegno a pazienti e ai genitori dei piccoli pazienti.
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Per fortuna, di ragazze generose come Sofia e Giulia ce ne sono altre, e da anni ormai la raccolta di capelli va avanti, pochi mesi fa è stata proprio Maria Vittoria, una bambina di 8 anni bolognese a fare parlare di sè per la stessa scelta, infatti dopo aver visto “braccialetti rossi” ha deciso di donare i suoi capelli che crescevano ormai da anni ed ormai erano arrivati a 70 cm.
Come lei altre ragazze di cui non si parla, ma che generosamente si tagliano la chioma per donarla a chi ne ha bisogno, e che postano su social network le foto del prima e dopo, magari con l’invito ad unirsi al generoso gesto.

Bravissime tutte queste ragazze (e qualche volta anche qualche ragazzo) che capiscono l’importanza di donare qualcosa di sé, a cui si è spesso molto affezionati, a chi purtroppo sta combattendo una dura battaglia per la vita, e anche solo da dei capelli può trarre grande beneficio e rimettersi in forza.


30 maggio 2019

FONTE: Positizie

lunedì 5 luglio 2021

Paolo Scavo: aiutiamo il bimbo affetto da SMA di tipo 1

Paolo Scavo è un bimbo affetto dalla forma più grave di atrofia muscolare spinale (SMA di tipo 1) e necessita del nostro aiuto!

Mamma Francesca e papà Domenico sono i genitori di Paolo Scavo, un bimbo di 19 mesi affetto dalla forma più grave di atrofia muscolare spinale, la SMA di tipo 1. Come molti altri genitori di bimbi SMA, Francesca e Domenico stanno lottando per il diritto di scelta alle cure ma soprattutto lottano contro il tempo, il più impetuoso dei nemici.

La speranza del piccolo Paolo Scavo si chiama Zolgensma, il farmaco più costoso al mondo (il suo prezzo è di circa 2 milioni di dollari per la singola somministrazione), una terapia genica innovativa il cui uso è stato autorizzato nei paesi facenti parte dell’Unione Europea nel maggio del 2020, mentre in Italia ne è stato approvato l’utilizzo il 17 novembre 2020.

I problemi per Paolo Scavo, come per molti altri bambini affetti da SMA di tipo 1, sono legati all’esorbitante costo del farmaco che, secondo i parametri imposti dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), oggi può essere somministrato gratuitamente solo ai bambini affetti da SMA1 che hanno un peso inferiore ai 13,5 kg (inizialmente il limite era per i piccoli malati che non avevano superato i 6 mesi di vita).
Pur rientrando nel parametro “peso”, la corsa per avere l’accesso al farmaco in Italia viene interrotta da un’altra limitazione: la tracheostomia ed il supporto ventilatorio.
A causa della malattia infatti, il piccolo pugliese (la famiglia vive a Valenzano, Bari) necessita di assistenza venitolatoria e della PEG (Gastrostomia Endoscopica Percutanea), un piccolo tubicino collegato allo stomaco che gli permette di nutrirsi.

L’atrofia muscolare spinale costringe i piccoli pazienti ad una lenta e progressiva ipotonia muscolare, ossia il rilasciamento dei tessuti e la mancanza del tono muscolare, dovuta alla perdita dei motoneuroni. Oltre a colpire gli arti superiori ed inferiori, il tronco, le spalle, ecc., la debolezza muscolare incide anche sui muscoli della respirazione e della deglutizione. Nei casi più gravi di SMA 1, come quello di Paolo Scavo, i bambini necessitano per l’appunto di un supporto ventilatorio – spesso viene praticata una tracheostomia, ossia un foro (stomia) nel collo, all’altezza della trachea, per agevolare il passaggio dell’aria destinata ai polmoni – e di un supporto nutrizionale, come la PEG.

Negli Stati Uniti infatti, dove la piccola Melissa ha ricevuto finalmente il farmaco, la FDA (Food and Drug Administration, ente governativo statunitense che regolamenta i prodotti alimentari e farmaceutici) consente l’accesso al farmaco Zolgensma a tutti i bambini con SMA che non superano i 21 kg di peso.
Paolo Scavo ha quindi ancora una speranza ma servono 2 milioni e 100 mila euro per poter aver accesso alla terapia genica, una cifra che la famiglia sta cercando di raggiungere attraverso la raccolta fondi “Aiutiamo il piccolo Paolo”. Ma il tempo è tiranno e per il bambino affetto da SMA di tipo 1, per i suoi genitori e per il fratellone Francesco la fiamma della speranza inizia ad affievolirsi. Aiutiamoli!


Di Maria Corbisiero

6 maggio 2021

FONTE: Vita da mamma


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Tante gocce, tutte insieme, formano l'oceano. Ciascuno di noi può essere quella goccia d'Amore che, assieme a tante altre, può permettere a Paolo di continuare a vivere!
Aiutiamolo senza indugio allora, c'è poco tempo, ma tutti insieme ce la possiamo fare!

Marco

domenica 20 giugno 2021

Tutto l’amore di Asia che ha guarito Mattia: salva il fratellino donandogli il midollo

Due anni dopo il trapianto, la famiglia Marin di Monfumo ringrazia tutte le persone che hanno dato aiuto

Lei gli ha ridonato la vita. Lei è la persona che, sempre, lui avrà dentro di sè. È il 15 settembre 2017 quando Mattia si ammala. I primi esami. I primi accertamenti. La speranza che non sia quello. E invece. Invece la diagnosi: leucemia. Una malattia molto più diffusa in età infantile che in quella adulta, per la quale in Italia vengono diagnosticati circa quindici nuovi casi ogni centomila persone l’anno. Mattia che quei giorni avrebbe dovuto cominciare la seconda elementare, quel giorno lo passa a Padova in ospedale. Ricoverato al reparto di Oncoematologia Pediatrica. Un duro colpo. Un colpo al cuore, una vita che cambia nel giro di mezzo secondo per quella famiglia di Monfumo di Treviso. Per la mamma, Debora Pandolfo; per il papà, Mauro Marin; per la sorella, Asia. La mamma, di 42 anni, quando ci parla usa sempre il verbo al plurale: se Mattia stava male, stava male anche lei, se Mattia viene ricoverato, è come se venisse ricoverata anche lei. Un dolore dentro che senti, quando la creatura a cui hai dato la vita si ammala. «Mi ricordo ancora – dice la madre al Giornale – era di venerdì. La mattina abbiamo fatto gli esami del sangue e alle dieci e mezzo eravamo già ricoverati a Padova. In quel momento ci hanno detto che era leucemia».

Da lì parte un calvario. Mattia inizia a fare i cicli di chemioterapia e a ottobre 2017 i medici dicono ai genitori che c’è bisogno di un trapianto. «Abbiamo fatto gli esami io, mio marito e Asia – racconta la mamma -; a novembre ci dicono che Asia era compatibile. Lì abbiamo iniziato a pensare positivo. Era dura. Ci sono stati momenti difficili perché ti trovi in un posto che mai vorresti conoscere». Così il 16 febbraio 2018 Mattia viene sottoposto al trapianto. «Ci hanno ricoverato per 43 giorni. A marzo 2018 ci hanno dimesso». Da lì Mattia inizia ad andare in ospedale: per i primi tre mesi, due tre volte a settimana, ora ci va una volta ogni tre mesi. Una cosa che fa rendere i genitori orgogliosi e fieri che i loro figli siano stati forti. «Anche più di noi – dice la madre – Asia all’inizio era spaventata – racconta – chi non lo sarebbe, ma ora è felice, quando ha visto che il fratellino iniziava a star bene, era contenta. Con i medici le abbiamo fatto capire il gesto che stava per fare. E vogliamo dare e ringraziare tutti quelli che ci hanno dato una mano, dagli incontri di preghiera a chi ha donato dei soldi».

Una raccolta fondi era partita e con la squadra di calcio di Monfumo, la Asd, è stata organizzata una partita, il cui ricavato è andato alla Città della Speranza. «Che sia un messaggio di speranza – dice la mamma – per le famiglie che stanno passando questo calvario». Ora Mattia va a scuola, e della squadra di calcio è diventato la mascotte.


16 febbraio 2020

FONTE: Papaboys

venerdì 18 giugno 2021

Padova, l'appello dei genitori di un bimbo di 5 anni che lotta contro la leucemia: "Serve un donatore, il trapianto è l'ultima speranza"

"Serve un donatore di midollo osseo, di età compresa tra i 18 e i 35 anni. Aiutiamo Fabiano", sottolinea il sindaco di Pozzonovo, il comune dove vive il bambino

"Il trapianto di midollo è l'ultima speranza per salvare Fabiano". Questo l'appello dei genitori di un bambino di quasi 5 anni di Pozzonovo, nel Padovano, che dal 2019 soffre di leucemia. La mamma e il papà di Fabiano, supportati dalla sindaca Arianna Lazzarini, chiedono quindi ai giovani tra i 18 e i 35 anni di mettersi a disposizione per donare. Un appello ripreso anche dal presidente della Regione Veneto Luca Zaia.

L'inizio del calvario - "Era il gennaio 2019 e Fabiano ci sembrava particolarmente pallido e stanco - hanno raccontato i genitori al Gazzettino -. All'inizio non gli abbiamo dato un gran peso ma poi ci sono stati due episodi che ci hanno spinti a rivolgerci ai medici: camminando cadeva a terra senza motivo e salendo le scale si lamentava per il dolore". All'ospedale di Schiavonia è dunque arrivata la diagnosi, poi confermata all'ospedale di Padova: leucemia.

Dopo due anni di ricoveri, chemioterapie e cortisone, nel gennaio scorso sembrava che Fabiano stesse meglio. "Ci siamo illusi - hanno spiegato i genitori -. Abbiamo notato un ingrossamento dei testicoli. Due ecografie fatte nell'arco di 15 giorni non hanno rilevato nulla, ma la biopsia ha evidenziato che purtroppo la malattia era sempre presente e che, anzi, si era fatta più aggressiva".

Dunque, nel giro di una settimana, il bambino è stato sottoposto a due interventi molto invasivi. Ma poi è arrivata la brutta notizia: solo il trapianto può salvarlo. "E' stato avviato quindi il secondo protocollo che prevede tre mesi di preparazione. Siamo alla fine del secondo, Fabiano purtroppo risponde male alle cure. Venerdì scorso abbiamo firmato per acconsentire la ricerca di un donatore compatibile nella banca dati, ma ci hanno detto che lo è solo uno su centomila". Ecco quindi il perché dell'appello.

L'appello del sindaco - "Il piccolo Fabiano - residente a Pozzonovo, Padova - deve sottoporsi urgentemente a un trapianto di midollo osseo. Ha quasi 5 anni. Da due anni e mezzo sta combattendo contro la leucemia, con cicli di chemio che non hanno fatto sparire il male, divenuto ancora più aggressivo. Serve un donatore di midollo osseo, di età compresa tra i 18 e i 35 anni - è l'appello condiviso su Facebook dal sindaco di Pozzonovo Lazzarini e condiviso da Zaia - Chi può, contatti per favore ADMO - Associazione Donatori Midollo Osseo al numero 800890800 o si iscriva alla piattaforma presso il seguente indirizzo: http://admoveneto.it/iscriviti. Vi ringrazio di cuore per l'attenzione e la sensibilità con cui potrete contribuire al futuro del nostro piccolo Fabiano e di tanti altri malati che stanno attendendo la compatibilità di midollo osseo".


16 giugno 2021

FONTE: Tg com 24

martedì 20 aprile 2021

Manda tutti i suoi risparmi all’amico: «Costruisce un ospedale in Africa»

Il ragazzo è arrivato in Italia sei anni fa e lavora come lavapiatti. È stato accolto da una famiglia che ha scoperto per caso il suo gesto: «L’ha fatto di nascosto, siamo fieri di lui»

È stato per caso. Sandra era alle prese con operazioni bancarie legate al suo conto corrente e ha scoperto che su quello di Tignate — il ragazzo ghanese che ospita a casa sua da cinque anni e che considera ormai suo figlio — non c’era più nemmeno un centesimo. Ma come? si è stupita e preoccupata allo stesso tempo. Non si sarà cacciato in qualche guaio... Tignate Kwajo, 27 anni, è assunto con un regolare contratto come lavapiatti in un ristorante della sua città, vicino Rimini. Non ha uno stipendio stellare, certo, ma ha abbastanza per vivere dignitosamente e mettere da parte qualcosa per il suo futuro. Da quando è arrivato a casa di Sandra ha sempre lavorato e si è sempre distinto come lavoratore serio e affidabile. E ora cosa stava succedendo? Non senza imbarazzo Sandra è stata costretta a chiedere chiarimenti. Che fine hanno fatto i tuoi soldi? gli ha domandato non sapendo più che cosa pensare. Gli occhi le sono diventati lucidi per l’emozione quando ha sentito la sua risposta. «Li ho mandati al mio amico medico, ne aveva bisogno perché sta costruendo una clinica a Techiman», ha detto lui vergognandosi per aver taciuto fino ad allora su quella donazione.

La notizia della laurea

Ottomila euro, tutti i suoi risparmi, sono bastati a costruire un edificio modesto che diventerà un piccolo ospedale, soprattutto per bambini, a Techiman, appunto, la comunità da cui Tignate è partito quando ha deciso di venire a cercare fortuna in Europa. Sootey Tirbantey, il suo miglior amico, lo aveva salutato con un abbraccio. Lo ha stretto forte a sé prima di vederlo andar via, nel 2013. «Vai, amico mio, buona fortuna». Lui sarebbe rimasto lì a provare la via dello studio per aiutare la sua gente. Tignate ha saputo via WhatsApp che ce l’ha fatta: si è laureato in medicina. E per dargli una mano ha deciso di mandargli i suoi risparmi, appunto. La clinica di Sootey sarà operativa da giugno, intanto lui manda fotografie per mostrare al suo finanziatore l’avanzamento dei lavori.

L’infanzia insieme

Sono amici da una vita, Tignate e Sootey. Giocavano assieme da bambini, sono cresciuti a un passo l’uno dall’altro e quel ragazzo che da piccolo sognava di fare il medico, che tante volte aveva dato una mano a lui, adesso è l’unica persona cara che gli sia rimasta laggiù. Tignate non ha mai conosciuto sua madre, morta quando lui è nato e la scuola per lui è finita in seconda elementare. Suo padre, morto quando lui aveva 14 anni, non poteva permettersi di più. Quel ragazzino rimasto solo ha provato a costruire il suo futuro in quelle terre polverose, ma ha capito presto che doveva cercare altrove le sue opportunità. Così nel 2013, a 21 anni, ha deciso di andare via dal Ghana per raggiungere la Libia e, da lì, quella lunga striscia di terra promessa di cui aveva tanto sentito parlare, l’Italia. Un viaggio lunghissimo al limite della vita: passando per il Burkina Fasu, il Niger, il deserto e finalmente la Libia. Dieci mesi ad aspettare l’imbarco assieme a migliaia di altri disperati come lui finché un giorno non l’hanno messo su una bagnarola che ha passato il Mediterraneo ed è arrivata a Lampedusa.

Una nuova casa

All’inizio lo hanno accolto i ragazzi della comunità Papa Giovanni XXIII, poi la famiglia di Sandra. Lei (che di cognome fa Talacci e ha 52 anni) e suo marito Alfredo Magnanelli, 50 anni, hanno tre figli (23, 18 e 13 anni) e la loro casa è sempre stata un posto accogliente: prima di Tignate per 23 anni è rimasta con loro fino all’ultimo dei suoi giorni una ragazza dalla salute gravemente compromessa. E adesso è dal 1 maggio del 2015 che ospitano il ragazzo ghanese. «Sono fiera di te» gli ha detto Sandra dopo aver scoperto della sua donazione all’amico. La clinica è quasi pronta, Sootey infilato in un camice bianco sorride da una fotografia inviata via WhatsApp. Tignate, adesso sì, può pensare a se stesso.


di Giusi Fasano

17 aprile 2019

FONTE: Corriere della Sera

mercoledì 14 aprile 2021

Antonello e i suoi 11 figli riempiono il carrello delle famiglie brianzole in difficoltà

Antonello Crucitti, super papà bresciano, ha fondato l'associazione "Fede, speranza e carità" che aiuta le persone in difficoltà. Non solo cibo, ma anche parole di incoraggiamento

In famiglia sono in 13, mamma e papà compresi. Ma nel carrello della spesa c’è sempre posto anche per il rifornimento alimentare di chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena. Richieste di aiuto che arrivano da perfetti sconosciuti che la famiglia Crucitti aiuta. Così come è successo per quelle trentasei famiglie monzesi che nella settimana di Pasqua hanno ricevuto un graditissimo dono da papà Antonello e dalla sua grande famiglia.

Le parole d'ordine: organizzazione e solidarietà

Una storia controcorrente quella della famiglia Crucitti di Brescia: papà Antonello lavora in ospedale e con la moglie Angela che lavora come segretaria a scuola, ha 11 figli di età compresa tra i 24 e i 5 anni. Difficile gestire la quotidianità: da quando ci si sveglia a quando si va a letto tutto deve essere organizzato nei minimi particolari per evitare il caos. Scuola, lavoro, didattica a distanza, sport, catechismo, oratorio e poi le attenzioni particolari per l’ultimogenito nato con una malattia rara. Eppure in questa delicatissima catena di montaggio dove non è permesso il minimo inceppo, c’è tanto spazio anche per la solidarietà. Antonello ha dato vita all’associazione "Fede, speranza e carità" che opera a livello nazionale in aiuto delle persone in difficoltà, ispirandosi ai valori della fratellanza universale. Un modello di vita attento all’aiuto al prossimo – non solo materiale ma anche morale – che Antonello ha trasmesso ai suoi figli che oggi lo aiutano nell’associazione. E sono tantissime, soprattutto in questo anno di emergenza sanitaria, le famiglie che in tutta la Lombardia hanno ritrovato il sorriso grazie alla famiglia Crucitti.

Grandi pacchi alimentari per le famiglie bisognose di Monza

Nei giorni scorsi è stata la volta di 36 famiglie di Monza. La segnalazione è arrivata direttamente dalla dirigente Anna Cavenaghi dell’Istituto comprensivo di via Correggio che ha indicato a Davide Pacetta, volontario monzese dell’associazione e papà di 5 bambini che frequentano le scuole di Cederna, la necessità di aiutare alcune famiglie degli alunni del comprensivo. “Per noi è stata una grandissima gioia – spiega Antonello Crucitti a MonzaToday -. Abbiamo immediatamente riempito gli scatoloni con pasta, riso, passata di pomodoro, legumi, zucchero, olio, formaggio, latte, biscotti e brioche. Tutti prodotti di primissima qualità”. Insomma, un vero e proprio carrello della spesa dalla colazione alla cena per famiglie che, certamente meno numerose di quelle di Antonello, stanno attraversando un momento di difficoltà. A distribuire i grandi pacchi Davide, Daniele Crucitti e la sorella Annamaria. La giovane è anche vicepresidente dell’associazione "Fede, speranza e carità" e con un video ha ringraziato la preside monzese per la disponibilità e per aver permesso loro di regalare una Pasqua più serena a centinaia di monzesi. Negli ultimi tempi stiamo incrementando gli aiuti su Monza – prosegue Antonello -. Sono tante le famiglie in difficoltà”. Ma la vera sorpresa l’hanno ricevuta Davide e Annamaria quando hanno incrociato gli occhi commossi e sbalorditi delle famiglie. “Mamma e papà venivano con il sacchettino della spesa – prosegue Antonello -. Quando noi gli abbiamo consegnato uno scatolone stracolmo e pesante sono rimasti senza parole. Qualcuno non riusciva neppure a sorreggerlo. Ma vi assicuro che si riceve molto più nel dare che nell’avere”.

Un sostegno morale a chi si sente smarrito

L’aiuto per Antonello è fondamentale anche nella presenza. Una presenza che, oggi, purtroppo si deve limitare a una telefonata, per i più tecnologici a una videochiamata, ma che appena sarà possibile anche a un incontro. Antonello, fortificato dalla profonda fede che ha trasmesso ai suoi figli, non si è mai fermato di fronte alla fatica.Ricordo ancora di quella volta che telefonai a un uomo che vive in Brianza e che si era rivolto a noi per chiedere aiuto – aggiunge -. Non si sa perché ma quella sera decisi di chiamarlo per sentire come stava. Era a pezzi e pronto a farla finita. Ho preso di corsa la macchina e mi sono fiondato a casa sua evitando il peggio e dandogli quella forza che gli ha permesso di rimettersi in carreggiata”.

L'associazione per continuare a riempire la dispensa delle famiglie in difficoltà ha bisogno dell'aiuto di tutti.
Anche pochi euro sono fondamentali e preziosi, ricorda Antonello. Tutti i dettagli sull'associaizone e le modalità per sostenere l'operato di Antonello sul sito www.fedesperanzacarita.com o all'email info@fedesperanzacarita.com


di Barbara Apicella

7 aprile 2021

FONTE: Monza Today

sabato 27 marzo 2021

Silvio Irilli, coloro gli ospedali per aiutare a vincere la paura

Stanze grigie e anonime possono trasformarsi in una cascata di colori ed emozioni capaci di far tornare il sorriso ai bambini che devono effettuare il prelievo o una radioterapia. La sua professione la vive un po' come una missione Silvio Irilli, artista che dipinge gli ospedali per aiutare a vincere la paura.

Dal Fazzi di Lecce e il Monaldi di Napoli all'Istituto Nazionale Tumori di Milano, 15 ospedali diversi, per un totale di 3000 metri quadri sono stati dipinti in 9 anni da nord a sud Italia. “Con i colori, le emozioni e la fantasia, riporto l'umanità in ospedale”, racconta all'ANSA.
Originario di Chieri, in provincia di Torino, Silvio dipinge da trent'anni. “Ho iniziato da bambino a disegnare, a 21 anni ho iniziato a lavorare come illustratore nel settore dell'editoria, nel 2008 fui chiamato a dipingere 350 metri quadri del soffitto dell'ingesso dell'aquario di Atlanta, negli Stati Uniti, visitato da 3 milioni di persone ogni anno”. E' nato così il tema marino che lo ha fatto conoscere nel mondo, ma la svolta professionale è stata nel 2011, quando è stato chiamato dal Policlinico Gemelli per dipingere un corridoio di radioterapia oncologica.I medici - ricorda Silvio - mi chiesero di provare a dare un'accoglienza diversa ai piccoli malati oncologici. L'obiettivo era creare interazione tra ambiente e paziente, in un luogo normalmente associato a ansia o tristezza”. Di qui è iniziato un lavoro per dipingere 300 metri quadri di soffitto e pareti con onde, stelle marine, delfini e tartarughe sorridenti. E i risultati sono stati incredibili. “I bambini si trovano in un ambiente a loro misura e quando tornano a casa dicono ai genitori che non vedono l'ora di tornare nel sottomarino del Gemelli”.
Questo è diventato un supporto anche per i medici. “I dottori mi hanno spiegato di esser risusciti ad acquisire la fiducia dei pazienti, in alcuni casi non è stato necessario addormentare i bimbi per effettuare la radioterapia, andando oltre ogni aspettativa”.

Da qui, nel 2012, è nato il progetto "Ospedali dipinti", che in questi anni ha permesso di trasformare in un bosco incantato il corridoio dell'Ospedale Regina Margherita di Torino o ambientare in un acquario il pronto Soccorso di Novara, ancora, portare Villa Adriana dentro la sala bunker di radioterapia del Gemelli.
I temi da rappresentare nelle creazioni nascono da un colloquio realizzato con dottori e associazioni che prendono in carico il progetto. Le immagini vengono dipinte in studio e stampate su carta da parati o pellicola adesiva lavabile e certificata per l'uso ospedaliero. “Questo - spiega - consente una grande velocità nel trasformare i reparti, cosa impossibile se fosse tutto dipinto in loco, perché il reparto diventerebbe un cantiere per settimane. Invece nel giro di un weekend riusciamo magicamente a rivoluzionare un ambiente. Poi i dipinti vengono rifiniti a mano”.

A rendere possibile tutto questo è l'aiuto di onlus, fondazioni e privati che vogliono donare reparti dipinti a strutture ospedaliere. In questo modo, sottolinea, “le strutture pubbliche non debbono spendere soldi per la decorazione dei reparti”. E i progetti non mancano. A febbraio Irilli sarà all'Ospedale di Messina per realizzare l'Isola del Sorriso nel reparto di Neuropsichiatria, in collaborazione con l'associazione ABC Amici dei Bimbi in Corsia e con il contributo di Msd Italia. Quindi a Taranto, per terminare le stanze di degenza del reparto di Oncoematologia, che sarà intitolato a Nadia Toffa. “Il mio obiettivo - conclude - è aiutare più bambini possibili a vincere le paure e farli continuare a sognare anche in ospedale. Magari, in futuro, rendendo le mie opere anche interattive”.

10 dicembre 2019

FONTE: Ansa Salute&Benessere

venerdì 19 marzo 2021

Joao Stanganelli, il nonno brasiliano che realizza all’uncinetto bambole con la vitiligine

Scoprire la passione per l’uncinetto in pensione e realizzare delle bambole speciali che possono fare davvero bene al cuore (e all’autostima). Joao Stanganelli ha inventato Vitilinda, la prima bambola con la vitiligine. Ha quasi 10mila follower sul suo profilo Instagram e riceve ormai ordini da tutto il mondo.

C’è chi va in pensione e inizia a giocare a carte con gli amici. Chi fa del volontariato. Chi fa il nonno e va prendere i nipoti a scuola. Joao Stanganelli ha imparato a fare l’uncinetto. E lo ha fatto per una buona causa. Questo intraprendente nonno brasiliano, infatti, ha creato Vitilinda, una bambola molto speciale, che ha una missione precisa: aumentare l’autostima nei bambini che soffrono di vitiligine.

La vitiligine è una malattia che colpisce le cellule della pelle che producono melanina, vale a dire il pigmento responsabile della colorazione della pelle. Non è una patologia contagiosa, ma porta alla formazione di alcune macchie bianche sull'epidermide. Anche Joao soffre di vitiligine da quando aveva 38 anni e sa quanto chi ne soffre possa sentirsi a disagio in pubblico, anche a causa della reazione spropositata e ingiustificata che gran parte delle persone hanno nel momento in cui si imbattono in una persona affetta da questa patologia.

Così, una volta in pensione, Joao ha pensato di realizzare una bambola con tanto di vitiligine e, per farlo, ha chiesto alla moglie Marilena di insegnargli a lavorare all'uncinetto. Se all'inizio le cose non sono proprio andate per il meglio, con il tempo Joao ha preso sempre più dimestichezza con filo e uncinetto, fino ad arrivare a creare delle bambole davvero bellissime.

Bambola dopo bambola, Joao ha creato anche una bambola con l'alopecia e un'altra ancora sulla sedia a rotelle. Un modo per superare un taboo tra i bambini, e magari anche tra gli adulti, ma soprattutto per far capire ai bambini affetti da qualsiasi malattia che non sono meno belli rispetto agli altri.

di Gaia Cortese

26 settembre 2019

FONTE: ohga!

lunedì 15 marzo 2021

«WonderLAD», la casa che permette ai piccoli malati di restare bambini

Una piccola città dell’infanzia, che si animerà a partire da gennaio 2020, con vari laboratori creativi, attività d’arte e di sostegno secondo il modello «Cure & Care»

È diritto di ogni bambino potere godere appieno della propria età. Anche - anzi, soprattutto - se si trova a combattere con una grave malattia. Una circostanza eccezionale, a volte violenta, che lo astrae dalla sua vita di ogni giorno, in particolare dalla dimensione del gioco e della creatività proprie del suo essere bambino, di cui invece avrebbe particolare bisogno per affrontare dolore, solitudine, incertezza, isolamento. Per di più in un ambiente estraneo come l’ospedale. In nome di questo diritto fondamentale dei bambini, due visionari come Cinzia Favara, psicoterapeuta e arteterapeuta, e il marito Emilio Randazzo, "architetto-terapeuta", come lui stesso si definisce scherzosamente, hanno messo in moto un progetto all’avanguardia per ribaltare gli elementi di una situazione negativa extra-ordinaria come è appunto la malattia oncologica pediatrica.

Tecnologie all’avanguardia

Forti ciascuno della propria professione e, insieme, dell’esperienza più che ventennale della loro LAD Onlus, operativa presso il reparto di Oncologia Pediatrica del Policlinico di Catania, Cinzia ed Emilio hanno pensato quindi a una grande "casa" dove i bambini malati non ospedalizzati possano vivere esperienze positivamente eccezionali durante la malattia. Per combatterla non solo con le medicine, ma anche con lo stupore e la meraviglia, magari scoprendo potenzialità, passioni e persino talenti. Non a caso hanno scelto di chiamarla WonderLAD e di costruirla con materiali e tecnologie all’avanguardia nel campo della bio-architettura, «per ottenere - come spiega Emilio, direttore di LAD - comfort, salubrità degli ambienti e prestazioni energetiche di massimo livello, sublimando lo scopo sociale dell’architettura». Che si mette così al servizio dei piccoli ospiti della struttura, rendendo WonderLAD «un luogo di opportunità e scoperta attraverso l’arte e la creatività, che - come spiega Cinzia, presidente di LAD - permettono ai piccoli pazienti di restare in contatto con le parti sane e belle della loro identità di bambini».

La quotidianità che cura

Inaugurata il 21 novembre 2019, proprio in coincidenza con il trentesimo anniversario della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, WonderLAD è un modello unico a livello internazionale e una delle più importanti opere di Terzo settore in Italia. Diventata realtà grazie a una rete internazionale di eccellenze e un esercito di sostenitori privati, tra fondazioni, aziende e sponsor secondo l’idea della "solidarietà diffusa" su tutto il tessuto sociale, con un contributo del Ministero del Lavoro e Politiche Sociali. La struttura di 1.870 mq comprende anche un auditorium avveniristico, una biblioteca e sei monovani dotati di quattro posti letto, bagno privato e cucina, per accogliere le famiglie dei piccoli pazienti, e si estende tra giardini, parco giochi e posteggi, su un terreno di 17.500 mq concesso dal Comune di Catania in comodato d’uso, un po’ fuori dal centro cittadino. Una piccola città dell’infanzia, che si animerà a partire da gennaio 2020, con vari laboratori creativi, attività d’arte e di sostegno e altre attività ludico-ricreative secondo la metodologia del "Cure & Care", reinterpretando l’esperienza torinese di una "quotidianità che cura" di CasaOz, da cui è nata l’idea iniziale di WonderLAD, sviluppata poi nel connubio tra bio-architettura e arteterapia.

Un ambiente armonioso

Come è proprio del mondo LAD, edificato da Cinzia ed Emilio sulla consapevolezza di quanto anche un ambiente circostante armonioso possa incidere positivamente sullo stato psicologico ed emotivo dell’essere umano. Soprattutto di un bambino. Arte, psicologia, architettura e solidarietà sono, dunque, le colonne portanti di questo luogo, voluto peraltro non solo per i bimbi malati non ospedalizzati, ma anche per le loro famiglie, fratellini e sorelline compresi, affinché il percorso della malattia - già a partire dalla delicata fase diagnostica - non prenda del tutto il sopravvento sulle loro vite. Allentato da un altro caposaldo di WonderLAD: l’incontro. Anche con i bambini del territorio, in particolare delle scuole, per mantenere vivo il rapporto con il mondo esterno attraverso la relazione quotidiana, attenuando quel senso di isolamento che spesso la malattia oncologica porta con sé. E raggiungere così un unico, significativo obiettivo: salvaguardare l’infanzia attraverso "l’arte che cura".


di Ornella Sgroi

21 marzo 2020

FONTE: Corriere della Sera

lunedì 8 marzo 2021

L’ospedale gioiello che cura i bambini nel paese che non c’è, il Somaliland

Nel pacifico Somaliland, non riconosciuto dalla comunità internazionale, funziona il Mas Children Hospital di Hargeisa. È l’unico del Corno orientale che cura bambini altrimenti destinati a morire. Un gioiello africano gestito da africani

E se non c’è l’incubatrice? «Usiamo il metodo di mamma canguro». Ogni tanto succede, racconta la dottoressa Khadra: arrivano i neonati prematuri in apnea, «non pesano neanche un chilo», ma in ospedale non c’è un apparecchiatura dove metterli. «Allora ricorriamo al metodo più naturale ed efficace: li avvolgiamo in un marsupio di pezze e li lasciamo tutto il giorno sul petto della madre, pelle a pelle…». Funziona? «Deve funzionare. Perché fare il medico qui è una questione d’energia e di fantasia».

Qui è il Mas Children Hospital di Hargeisa, capitale del Somaliland. Un gioiello africano, gestito da medici africani. L’unico del Corno Orientale in grado di ricoverare bambini destinati, altrimenti, a morte sicura. Sei pediatri diretti da Khadra Ibrahimi, 45 anni, studi a Roma e specialistica al Sant’Anna di Torino, tornata a casa quattro anni fa per dare una mano. E costruire questo progetto Mas, sigla dedicata a Mohamed Aden Sheikh: un medico esiliato dal dittatore somalo Siad Barre, che negli Anni 90 faceva il consigliere comunale a Torino e che prima di morire, rincasato nel Somaliland indipendente, non riuscì per pochi mesi a vedere la posa dell’ultima pietra: «Da queste parti - spiega Khadra - avere un ospedale specialistico è una cosa rarissima. Eppure è utile come e più degli ospedali tradizionali. Perché una volta bisognava andare in Europa, per certe cure».

Cinque anni d’attività, 60 mila bambini curati gratis, chirurgia plastica e pediatrica, otorino e ortopedia, un’équipe tutta locale istruita dai medici del Regina Margherita di Torino. Da un mese il Mas ha aperto anche un blocco operatorio e una terapia intensiva, altri tre anni di training d’una missione internazionale diretta dal professor Piero Abbruzzese, anima italiana dell’ospedale, pioniere della cardiochirurgia infantile, ora direttore scientifico dell’onlus Marco Berry e consulente del governo di Hargeisa: «Quando sono arrivato, nel 2011, non c’era niente. Mi è piaciuta subito l’idea d’un ospedale che funziona, più che su un generico concetto di carità, sulla solidarietà consapevole verso un Paese ignorato dal mondo».

L’ospedale che c’è nel Paese che non c’è. Perché il pacifico Somaliland è un paradosso geopolitico, non riconosciuto dalla comunità internazionale che da sempre copre d’aiuti la vicina Somalia degli shebab e delle corti islamiche. Da un quarto di secolo indipendente da Mogadiscio - una guerra che costò centinaia di migliaia di morti, un milione di profughi, Hargeisa rasa al suolo dalle bombe di Siad Barre - il Somaliland oggi ha moneta, esercito, governo. Ed è un piccolo miracolo di stabilità africana: le ultime elezioni si sono svolte senza sparatorie. Terra poverissima, i 4 milioni d’abitanti vivono di rimesse degli emigrati e d’un po’ di bestiame venduto ai ricchi del Golfo.

Poche cose danno orgoglio come l’ospedale Mas: «Nessuno ci riconosce come Stato - sorride Khadra - ma i pazienti ce li mandano, eccome...». Pur fra mille problemi: i blackout, da rimediare coi generatori; l’acqua, che manca in metà capitale; stipendi e forniture da pagare, «abbiamo raccolto 200 mila dollari di beneficenza, ma non bastano mai». E soprattutto i pezzi di ricambio: «Se si rompe una macchina per l’anestesia, come la ripari? L’ultima volta è venuto un volontario da Firenze. Ma ora vorremmo formare tecnici nostri». Indipendenza, autonomia. Al professor Abbruzzese, per riconoscenza, è stato appena dedicato il nuovo padiglione chirurgico: «Glielo dovevamo. Voi italiani fate tanto per noi. Ma noi lo sappiamo: un giorno l’Africa dovrà imparare ad aiutarsi da sola».


di Francesco Battistini

8 gennaio 2018

FONTE: Corriere della Sera