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martedì 12 febbraio 2019

Dalle scene finali del film Schindler's List, un grande insegnamento: Amiamo più che possiamo finché ne abbiamo il tempo!


Il 27 gennaio è stata la Giornata della Memoria delle vittime dell'Olocausto e, come ogni anno, non sono mancati in televisione, sui giornali e sul web programmi, documentari e articoli dedicati alla Shoah, questa “piaga” dolorosissima della nostra storia umana, forse, mi verrebbe spontaneamente da dire, la piaga più dolorosa, orribile, e “irreale” nella sua crudele assurdità dell'intera storia umana. Ed è un bene, lasciatemelo dire, che si parli spesso della Shoah, a distanza di tanti anni, perché l'uomo capisca i suoi tragici errori e non abbia mai più a ripeterli! MAI PIU'!

Questa Giornata ha fatto sorgere in me un gran desiderio di vedere il celebre film “Schindler's List”, capolavoro di Steven Spielberg, che narra la storia di quest'uomo, Oskar Schindler, imprenditore tedesco il quale, approfittando della sua importante posizione all'interno del partito nazista di Hitler di cui faceva parte, ha saputo salvare la vita ad oltre 1100 ebrei portandoli a lavorare nella propria fabbrica di pentole e tegami, poi riconvertita per ordini di partito in fabbrica di armamenti (che tuttavia lui, da un certo momento in avanti, produceva “difettosi” per fare in modo che la guerra finisse nel più breve tempo possibile), infine “comprando” i propri lavoratori uno a uno per impedire che fossero deportati nuovamente nei campi di concentramento. Una pagina davvero splendida all'interno dell'orrore senza fine dell'Olocausto!
Ero convinto di avere, da qualche parte, il dvd di questo celebre e bellissimo film, ma evidentemente mi sbagliavo, oppure, cosa più probabile, l'ho smarrito e magari, chissà, tornerà fuori quando meno me l'aspetto. Mi sono allora accontentato di vederne qualche spezzone su You Tube, e in particolar modo, le salienti e meravigliose scene finali (vedi video qui sotto). Vedere quest'uomo, Oskar Schindler (interpretato mirabilmente dall'attore Liam Neeson), persona dal grande, grandissimo cuore, ma anche amante della vita e di certe “piacevolezze” della vita, commuoversi profondamente, fino alla “disperazione”, per non essere riuscito a salvare più vite umane di quello che avrebbe potuto fare, magari rinunciando alla sua bella macchina o a una spilla d'oro in suo possesso, che avrebbe potuto “barattare” con qualche gerarca nazista per avere qualche altra persona ebrea in cambio..... beh, non o timore a dirlo, mi ha commosso profondamente, fino alle lacrime. E ho visto e rivisto questo bellissime, commoventi, meravigliose scene finali varie volte.
Penso del resto che sia ben difficile rimanere indifferenti di fronte a immagini del genere e posso ben immaginare che, come queste scene abbiano scosso e commosso me, così sarà successo a una moltitudine di altre persone. Queste immagini del film mi hanno anche aperto a una delicata e profonda riflessione: quando ciascuno di noi lascerà questa vita e comparirà dinanzi al nostro buon Dio con tutto quello che di buono e meno buono avrà fatto durante la propria vita.... quale sarà lo stato della nostra coscienza, della nostra anima? Io credo profondamente che la nostra reazione sarà in tutto e per tutto simile a quella di Oskar Schindler dinanzi ai “suoi” cari amici ebrei nel momento del loro commiato finale. Dinanzi al nostro buon Padre, Dio infinitamente Amoroso verso ciascuno di noi, nella Sua Luce vedremo quanto Bene avremmo potuto fare in più rispetto a quello che abbiamo realmente fatto, quanto Amore avremmo potuto dare in più, ai nostri cari, alle persone a noi vicine, a tutti..... e ci pentiremo amaramente di non averlo fatto, di non aver DATO di più, di non aver AMATO di più! Ma ce ne pentiremo non per timore del Giudizio di Dio, che pure ci sarà (Dio è Buono e Misericordioso ma è anche Giusto Giudice).... ma bensì perché abbiamo “tradito” il Suo Divino Amore, quando ce lo chiedeva, quando ci chiedeva di essere più tolleranti, meno egoisti, ci chiedeva di perdonare, di aiutare, di essere meno attaccati alle “nostre cose terrene” e quindi di essere maggiormente caritatevoli verso il nostro prossimo. Eh sì, ci pentiremo immensamente di tutto il Bene che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto.... e chiederemo perdono, perdono infinito al nostro buon Dio!

Cari amici tutti, con questo post non intendo certo fare una paternale.... ma con il cuore in mano mi sento di dire a tutti e anche a me stesso: la vita è una sola, quindi cerchiamo di “spenderla” bene, nel miglior modo possibile, e dire “miglior modo possibile” significa dire “Amare”! Probabilmente la stragrande maggioranza di noi non potrà salvare oltre 1000 uomini come fece a suo tempo il compianto Oskar Schindler, ma ciascuno di noi può fare la sua parte, può fare tanto! Il Bene compiuto anche nelle piccole cose, ha un valore immenso per il nostro buon Dio! Sorridere sempre, dire una buona parola, dare un incoraggiamento, perdonare sempre, saper rinunciare a delle cose che ci piacciono per farne altre che sono di maggior utilità.... sono tutte cose importantissime, che cambiano in meglio il mondo intero.
E poi preghiamo, preghiamo molto, preghiamo per il bene di tutti! Si dice che quando si prega per una persona, un Angelo va a posarsi sulla spalla della persona per cui si sta pregando. Trovo che questa sia una cosa bellissima! Amiamo allora, più che possiamo, e “lavoriamo” su noi stessi per divenire le migliori persone possibili. L'Amore e solo l'Amore è tutto quello che ci porteremo appresso da questa vita all'Altra, alla Vita Eterna, l'Amore è l'unico Bene che non perisce e che rimarrà per sempre!

Queste mie parole possono sembrare dirette alle sole persone credenti.... ma in realtà non è così! Anche in chi non crede in Dio, dico con fermezza e certezza che fare il Bene è la miglior cosa possibile che una persona possa fare, il miglior “affare” della propria vita. Amare significa essere felici, sempre e in qualsiasi situazione!
Auguro a tutti, di vero cuore, di essere sempre felici, e di vivere la propria vita con tutto l'Amore di cui si è capaci!

Marco




“Chi salva una vita salva il mondo intero”

giovedì 31 gennaio 2019

Saper vedere il bene anche nell'inferno di un lager nazista


Oggi (27 gennaio 2019 n.d.r.) è la Giornata della Memoria e vorrei che prestassimo una particolare attenzione alla testimonianza della scrittrice Edith Bruck, un'ebrea ungherese di 86 anni che nell'aprile del 1944 fu deportata ad Auschwitz con tutta la sua poverissima famiglia. Girò sette campi di concentramento fino al 15 aprile del 1945, quando lei e sua sorella furono liberate dagli Alleati. Ha perso, nei lager nazisti, i genitori e il fratello.
Edith Bruck non ha mai nascosto nulla dell'orrore dei campi di concentramento, che descrive come «un inferno», il «male assoluto». Dice perfino che «il sole avrebbero dovuto vergognarsi di sorgere su quei campi». E non nasconde neppure il fatto che quell'orrore possa ripetersi, perché il mostro dell'antisemitismo e del razzismo è sempre vivo.
Ma rispetto a tanta narrazione dei lager Edith Bruck sa aggiungere qualcosa di sorprendente, che dà forza e speranza alla vita di ciascuno di noi, in qualsiasi situazione di bruttezza e di dolore ci possiamo venire a trovare. È sconvolgente come questa donna, questa straordinaria donna, riesca sempre, nei suoi racconti, a trovare un positivo anche nella realtà più orribile, in quella più apparentemente senza speranza. «Della mia prigionia nei lager nazisti conservo la memoria – dice – di quattro piccoli episodi che hanno permesso che io sia viva».

Il primo piccolo episodio accadde subito, al suo arrivo ad Auschwitz. I nazisti dividevano i deportati in due direzioni: chi andava verso destra era destinato ai lavori forzati, chi andava verso sinistra alle camere a gas. Suo padre, suo fratello e sua sorella furono indirizzati verso destra; lei e la mamma verso sinistra. «Io non sapevo quale fosse la differenza fra destra e sinistra – racconta Edith Bruck – e stavo attaccata alla gonna di mia madre. A un tratto un soldato tedesco, l'ultimo della fila, si chinò verso di me e mi sussurrò: “Vai a destra, vai a destra!”. Il tedesco è simile all'Yiddish che io parlavo e capii, ma non volevo lasciare mia mamma. Lui insisteva, mia mamma cercava con forza di trattenermi, allora quel soldato la colpì con il calcio del fucile facendola cadere e mi spinse verso destra.
Non ho più rivisto mia mamma da quel momento, e quando racconto questo fatto mi blocco: ma poi riparto, perché devo testimoniare che un soldato delle SS mi ha salvato la vita
».

Il secondo episodio che racconta Edith Bruck è del giorno in cui lei e la sorella buttarono a terra, nella neve, dei giubbotti militari che dovevano trasportare. Un soldato si avvicinò per ucciderla con la pistola in pugno, quando lei gli prese un braccio. Fu il gesto che le salvò la vita: «Se una lurida sporca schifosa ebrea ha il coraggio di mettere le mani su un tedesco, merita di vivere», le disse.

Il terzo episodio è di quando uno dei suoi aguzzini le diede la propria gavetta da lavare, e lei si accorse che c'era dentro un po' di marmellata. «In quella marmellata c'era la vita, e lui me l'aveva lasciata apposta. Era la mano di Dio scesa sulla terra».

Infine, il ricordo di quando, chiusa in un castello, pelava le patate e il cuoco le chiese come si chiamava: «Allora io c'ero, avevo un nome, non ero un numero tatuato su un braccio! “Mi chiamo Edith”, risposi. Il cuoco si chinò su di me. Mi disse: “Io ho una figlia piccola come te”, e mi regalò un piccolo pettine che aveva nel taschino».

Com'è possibile che una donna che ha vissuto quell'inferno conservi il ricordo di quei piccoli gesti? Quale miracolo accade in lei? «Nessuno può immaginare – dice – che cosa possa voler dire un gesto positivo in un campo di concentramento. Senza quei piccoli gesti dei miei carcerieri io oggi non sarei assolutamente qua. Perché in quei piccoli gesti era la salvezza, era la speranza. Allora non tutto era perduto, non tutto era buio. E così è oggi: non tutto è perso. Non bisogna mai perdere la speranza, anche se viviamo in un mondo difficile. Ognuno di noi può aggiungere una goccia di bene in questo immenso mare nero».

Come sarebbe tutto diverso – come saremmo tutti diversi – se ognuno di noi sapesse cogliere sempre il positivo dentro la realtà. E se riuscissimo a pronunciare queste stesse parole di Edith Bruck: «Non riesco a odiare nessuno al mondo. Credo che questa sia una grazia per me».

di Michele Brambilla

27 gennaio 2019

FONTE: Editoriale della Gazzetta di Parma


Articolo molto, molto bello e significativo che riporto con estremo piacere sulle pagine di questo blog.
Le parole di Edith Bruck, sopravvissuta ai campi di concentramento e poi divenuta scrittrice di grande successo nonché testimone verace degli orrori dell'olocausto, ci insegnano come anche nel “nero più nero” ci possa essere qualche raggio di luce, come anche nell'“inferno in terra” dei campi di sterminio nazisti ci potesse essere qualche sprazzo di Amore che, nel caso suo, gli sono valsi la sopravvivenza. Il “nero assoluto” non esiste, sembra dirci Edith, e questo è un insegnamento importantissimo! Dobbiamo sempre avere fiducia nell'essere umano.
Un'altra cosa che mi piace sottolineare della testimonianza di Edith è la sua positività, il suo ottimismo, la sua visione speranzosa della vita e dell'uomo, il suo vedere sempre e comunque il “bicchiere mezzo pieno”. E' una dote bellissima questa, una dote che, per le stesse parole di Edith “non mi fa odiare nessuno al mondo”. E questa penso che sia la cosa in assoluto più bella, perché dove non c'è odio alberga l'Amore, e l'Amore è il più grande attributo di Dio, la Forza più grande dell'Universo e la vera ragione dell'esistenza dell'uomo.
Grazie cara Edith per la tua testimonianza, ricolma di fiducia e di speranza.

Marco