Renato Giuliani era un imprenditore meccanico di Varese, morto nello scorso gennaio a 97 anni. Vedovo e senza figli, non voleva che la sua eredità andasse sprecata, e ha deciso di fare un regalo al territorio e alla sua comunità.
A beneficiare del lavoro di una vita, una decina di associazioni di volontariato e ricerca della sua città, per distribuire un totale di 7 milioni di euro. Lo riporta il Corriere della Sera, a cui il nipote Sandro Bernardini racconta “Per decenni zio Renato ha vissuto senza pensare alla morte. E quando l'ha sentita vicino ha pensato di nuovo al futuro”.
In memoria dell'imprenditore, verranno rifatti gli arredi dell'ospedale pediatrico "Filippo del Ponte" di Varese, ma verranno anche acquistare ambulanze, promosse ricerche sul cancro e sostenute iniziative sociali e culturali.
Una scelta altruista e commovente, che potrà fare la differenza per le associazioni di volontariato coinvolte. Una in particolare, è il "Ponte del Sorriso", che assiste bambini gravemente malati, a cui sono arrivati 780mila euro.
“Di solito riusciamo a raccogliere sui 500 mila euro l'anno tramite donazioni e iscrizioni - spiega Emanuela Crivellaro, responsabile dell'associazione "Ponte del Sorriso", al Corriere della Sera - ma per noi questa è una svolta, significa programmare obiettivi che avranno una durata di 20 o 30 anni, ad esempio la costruzione di una struttura che consentirà ai genitori di rimanere vicini ai piccoli ricoverati e per la quale ci mancavano ancora 200 mila euro. Non abbiamo mai incontrato il signor Giuliani, la notizia della donazione ci è arrivata tramite telefono nel gennaio scorso. Si è trattato di un gesto commovente: quello di un anziano che al termine del suo cammino riesce a pensare ancora ai bambini. In una parola, al futuro”.
La decisione di Giuliani era nota ai familiari, come racconta il nipote ed esecutore testamentario sulle pagine del Corriere.
“La svolta è arrivata con la morte della moglie, quando ha cominciato a interrogarmi cosa sarebbe rimasto di lui. Lì ha iniziato a chiedere a me e ad altri suoi collaboratori di cui si fidava quali fossero a Varese le realtà del volontariato serie a cui fare le donazioni - racconta il nipote Sandro Bernardini - È stata una scelta meditata e condivisa con le persone vicine. Anche per questo noi parenti ne condividiamo lo spirito e lo riteniamo un gesto di assoluta grandezza”.
Renato Giuliani aveva il diploma di disegnatore meccanico, era stato soldato e prigioniero in un campo di lavoro tedesco durante la seconda guerra mondiale, ed era poi diventato protagonista del boom economico nella zona di Varese. Insieme ai suoi fratelli, Giuliani fondò un'industria di macchianari industriali, la Ficep, che può vantare oggi sedi in tutto il mondo. Dopo essersi sganciato dai fratelli, creò una nuova azienda di materie plastiche, in cui ha lavorato fino a 93 anni.
La storia di Renato Giuliani racconta "una pagina perfetta di storia italiana", scrive Claudio del Frate, giornalista del Corriere. Una parabola umana fatta di duro lavoro, impegno, e, infine, solidarietà.
3 ottobre 2016
FONTE: Huffingtonpost.it
Questa storia è in verità un pochino datata, essendo passata agli onori della cronaca più di un anno fa (precisamente nell’estate del 2015), ma è così particolare e, se vogliamo, anche così poetica, che ho pensato di non poterla tralasciare dal raccontarla sulle pagine di questo blog.
Tutto è iniziato con una fotografia, questa fotografia (vedi sopra) che ritrae un piccolo bimbo intento a fare i compiti con il suo librone di scuola posato su uno sgabello, alla luce di un lampione. A scattare questa fotografia è stata una ragazza filippina, Joice Gilos Torrefranca, studentessa universitaria, colpita dalla singolarità di ciò che stava vedendo. Questa fotografia è finita immediatamente sul proprio profilo di Facebook accompagnata da una semplice frase: “Sono stata ispirata da un bambino”.
Ebbene, in poco tempo questa immagine così simbolica e originale è divenuta virale, e di condivisione in condivisione si è diffusa a macchia d’olio su tutto il web fino a diventare conosciuta in tutto il mondo! Magia dei social network.
Ma chi è questo bambino e perché fa i suoi compiti all’aperto alla luce di un lampione, anziché farli comodamente in casa propria? Con i mezzi odierni non c’è voluto molto a conoscere la verità.
Il bambino si chiama Daniel, è filippino, ha 10 anni (quando è stata scattata questa foto ne aveva 9) e fa i compiti per strada all’aperto e alla luce di un lampione perché è di famiglia così povera da non avere neppure una casa vera e propria.
Andando a scavare ancora più in profondità nella storia di questo bambino filippino, tante altre cose sono venute fuori, particolari che contribuiscono ad accrescere l’alone di poesia di questa splendida immagine e ad approfondirne i contenuti.
Come detto, il bambino si chiama Daniel, Daniel Cabrera per la precisione, il cui cognome è quello di un padre che la madre però non ha mai voluto sposare, il quale si è ammalato ed è morto nel 2013 nella galera a Mindanao.
La madre si chiama Maria Christina Espinosa, è molto povera, sbriga qualche lavoretto e chiede l’elemosina alla “carinderia” McDonald’s di Mandaue City, una città di quasi 400mila abitanti. I capi di questo locale si dichiarano felici dell’aiuto economico fornito alla donna e a suo figlio, un aiuto in verità non certo risolutivo in quanto la donna è costretta ad “arrotondare” facendo anche la lavandaia. Guadagna il minimo indispensabile per tirare avanti con il piccolo Daniel e il suo fratellino Gabriel, scolaro anche lui di due anni più giovane, percependo appena 60 pesos al giorno, al cambio meno di un euro e mezzo. La donna possiede altri 4 figli, ma viste le ristrettezze economiche in cui si trova, sono dislocati tra i suoi parenti a Mindanao.
La povertà della famiglia è tale che essi vivono all’addiaccio sotto il muricciolo del McDonald’s, accatastando qualche panca per proteggersi dal brutto tempo. La luce Daniel la trova dov’è, nel sole durante il giorno, e in qualche lampione alla sera, mentre qualche pezzo di legno inchiodato può divenire un ottimo tavolino per fare i propri compiti.
A sentire il piccolo Daniel, non gli mancava nulla per andare a scuola, tranne l’album per disegnare. Possedeva tuttavia una sola matita, con cui doveva fare tutto, anche perché un'altra che aveva in precedenza gli era stata rubata e mai sostituita (ma cambiata con un “rosario” da tenere sempre con sé per scongiurare altri possibili furti).
Particolare interessante inerente alla fotografia, il compito che il piccolo Daniel stava svolgendo con il suo grosso libro aperto sopra lo sgabello, consisteva nell’identificare gli animali illustrati nella pagina del volume e trascriverne il nome in inglese. Un compito certamente interessante per un bambino di quell’età, un compito che il piccolo stava svolgendo con grande impegno, nonostante le difficoltà della sua condizione economica.
Questo e anche altri particolari della vita del piccolo Daniel ci sono stati forniti dal giornalista filippino Dale G. Israel, che due giorni dopo lo scatto di Joyce, si è interessato alla vicenda del bambino e della sua famiglia, facendo loro visita nel parcheggio del McDonald’s dove essi risiedono. Ed in tale occasione il giornalista ha domandato anche al bambino che cosa gli piacerebbe fare da grande…. e lui, con il candore tipico dei bambini gli ha risposto: “Il poliziotto. O forse anche il dottore”. Mestieri importanti insomma, al servizio degli altri…. e c’è da credere che la “gavetta” che sta facendo ora, nelle ristrettezze e nella povertà, servirà al piccolo Daniel quando sarà più grande, per ricercare con maggiore determinazione i propri obiettivi e anche per avere una visione della vita più altruistica, al servizio delle fasce più deboli e disagiate, quelle di cui lui stesso fa parte.
La cosa più bella di tutta questa particolarissima, originale storia, è che la toccante foto del piccolo Daniel che ha fatto il giro del mondo, ha innescato un’onda di solidarietà a favore del bambino filippino, così che in breve tempo sono arrivate tante donazioni a lui e alla sua famiglia, tanto da consentire loro di migliorare significativamente le proprie condizioni di vita.
“Ora Daniel non dovrà soffrire per completare gli studi”, spiega la signora Espinosa…. e così ora è possibile vedere Daniel a scuola con tutto l’occorrente necessario per le sue lezioni. La madre ha fatto sapere che gli è stata affidata anche una borsa di studio universitaria per il proprio futuro, un futuro che ora appare assai più roseo che in precedenza. E così il suo sogno di diventare poliziotto o medico potrà realmente concretizzarsi grazie alla generosità della gente, sempre sensibile di fronte a storie come queste.
E' questa una bellissima storia che sembra proprio destinata ad avere un lieto fine, nata tutta da un immagine profonda e poetica in cui c’è dentro la povertà e l’impegno di un bambino, la sensibilità di una studentessa, l’intraprendenza di un giornalista e la generosità della gente.
E anche questo è Amore.
Marco