venerdì 19 maggio 2017

Pettino le top model poi corro dai migranti


Esclusivo. un giorno con la parrucchiera che salta dal lusso alla povertà

Sabrina Lefebvre, hair stylist alle sfilate più celebri, lavora gratis nei campi profughi. Per restituire dignità ai disperati

Dalle passerelle al fango dei campi profughi il passo è breve. Ma non fatevi trarre in inganno. Quella che stiamo per raccontarvi non è la triste vicenda di qualcuno che ha perso tutto, ma una bella storia di solidarietà. Una di quelle storie che, ad ascoltarle, fanno bene al cuore.
La protagonista si chiama Sabrina Lefebvre. Francese di stanza a Londra, 29 anni, di professione fa l’hair-stylist: tecnicamente la parrucchiera, ma più trendy. Perché Sabrina lavora nel mondo della moda, pettina le modelle prima delle sfilate. Milano, Parigi, New York: alle fashion week di mezzo mondo la trovate sempre lì, dietro le quinte, armata di spazzola e phon.
Quando si spengono le luci, però, lo scenario cambia. La giovane continua a tagliare capelli e studiare acconciature, ma lo fa all’aperto o sotto una tenda improvvisata, nei campi profughi di Calais e Dunkerque, nel nord della Francia, dove da mesi si riversano i migranti provenienti da Siria, Iraq, Eritrea, Somalia e altri paesi devastati dalla guerra. Disperati in fuga, che hanno lasciato tutto e ora sperano di varcare il confine, di arrivare in Inghilterra per cominciare una nuova vita. Ma intanto restano lì, bloccati, accampati nel fango, al freddo, in balia di un inverno che sembra non voler finire mai. Dimenticati non da tutti, certo, ma da tanti. Non dai volontari. Non da Sabrina, che per dare loro una mano si è inventata quello che ha ribattezzato HairCult Project (lo trovate così su Facebook e Instagram): «Offrire un taglio di capelli è un modo per restituire a queste persone la loro dignità di esseri umani», spiega. Altro che frivolezza.


Appena sentono del suo arrivo, i migranti si mettono in fila, pazienti. Chi in patria faceva il parrucchiere o il barbiere corre ad aiutarla: a loro la Lefebvre affida una forbice e un pettine, assegna una sedia come postazione. I ragazzi la chiamano “boss”, con lei si sentono di nuovo utili, parte di un team. I clienti si siedono e raccontano le loro storie di speranza e disperazione, le donne arrivano con qualcosa di caldo da mangiare, contente – loro che non hanno quasi più niente – di condividere con lei quel poco che possiedono. Preparano il tè, le fanno assaggiare ricette tipiche del loro Paese. Qualcuno suona uno strumento, altri cantano. Sembrano felici. Per un attimo lo sono davvero. Per un attimo tutti si dimenticano di essere così lontani da casa, da una casa che non rivedranno mai più.
Così lei continua, imperterrita, instancabile. Taglia, spazzola, intreccia, sperimenta acconciature esotiche. «Fare il mio lavoro nel mondo della moda o in un campo profughi, in fondo, è la stessa cosa», ci stupisce. «In entrambi i casi ho a che fare con esseri umani di cui prendermi cura». Certo, l’esperienza di Calais e Dunkerque è decisamente più forte: «E’ nei luoghi più poveri che si vivono i momenti più ricchi», afferma. E ai social network affida ricordi, commenti, piccoli reportage quotidiani: “Immaginate una sciarpa rossa trasportata dal vento, dall’Etiopia all’Eritrea, attraverso Sudan, Egitto, Grecia, Serbia, Ungheria, Austria, Germania e Belgio, fino a Calais. E ora immaginate di dover fare questo stesso viaggio a piedi, camminando per chilometri, a bordo di navi e autobus sovraffollati, per ore interminabili, nella direzione opposta a tutto ciò che conoscete. Questo è il viaggio che il mio nuovo gruppo di amici eritrei ha fatto per arrivare qui”, scrive in uno degli ultimi commenti dal campo. Altri ne arriveranno a breve: calato il sipario sulle sfilate di Parigi, Sabrina è già pronta a ripartire, a tornare dai suoi “assistenti”. Sarà bello rivedere Jegr, il barbiere curdo, e gli operosi Shazad, Hawad e Bagzad. Ma sarà ancora più bello non vederli, non trovarli più lì. E saperli al sicuro, lontani. Oltremanica. A vivere, finalmente, la loro nuova vita.

di Federica Capozzi

FONTE: Gente N. 11
22 marzo 2016

2 commenti:

  1. sono venuta a trovarti, così per caso, cercavo un'immagine e ho incontrato quella dei tuoi occhiali con il relativo post. Ho copiato tutto, ti spiace. Ma tutto era troppo bello Marco. Questo è il mio blog:Cantolavita.blogspot.com Se vorrai lo cancellerò. Ho messo il tuo nome ma non il nome del blog. Ti ringrazio di tutto anche di aver scoperto un cuore sensibile all'amore verso il prossimo. Ciao. a presto Lucia

    RispondiElimina