LE MISSIONI DON BOSCO OPERANO IN CIRCA 50 PAESI
Dalla Liberia alla Cambogia, dall'India alle Filippine, anche in Siria, sotto le bombe. Scuole, centri di formazione professionale e oratori aperti a tutti, cristiani e non. Parla il presidente Giampietro Pettenon
Sono in Liberia e in Cambogia, in India e nelle isole Salomone, in Congo e nelle Filippine. Sono perfino ad Aleppo (Siria), dove, anche sotto le bombe, organizzano “estate ragazzi”. Dei 16 mila religiosi che compongono la congregazione salesiana, circa 10 mila vivono sparsi nel mondo, a fianco dei giovani. «La dimensione missionaria ci appartiene fin dalle origini» spiega Giampietro Pettenon, un coadiutore salesiano presidente delle Missioni don Bosco. E nonostante la straordinaria diversità di ambienti di vita, ci sono alcune costanti. «Le nostre scuole e i nostri centri di formazione professionale sono aperti a tutti, cristiani e non e ovunque sono riconosciuti per il loro impegno formativo». Poi, naturalmente, c'è l'oratorio. «Un cortile, un pallone e una persona pronta ad accoglierti. Questo modello funziona a tutte le latitudini. Senza mai rinnegare quello che siamo» riflette Pettenon, «sappiamo avere uno stile molto “laico” che ci consente di raggiungere le realtà più lontane. Siamo accettati e rispettati in Myanmar, un Paese ateo».
In tempi di grande instabilità, molti missionari sono esposti a pericoli e a volte pagano con la vita: «Tra le aree più critiche lo Yemen e la Siria». Ma anche quando non ci sono forti tensioni politiche, ogni giorno si combatte la battaglia contro vecchie e nuove forme di disagio, «a cominciare dalla durissima realtà dei ragazzi di strada, presente in tante grandi città del mondo».
Per sostenere questo straordinario impegno ci sono le Missioni don Bosco, collegate a una cinquantina di Paesi. Oltre 200 mila sono i benefattori che scelgono di dare un contributo. «Sono la nostra forza. Su indicazione del fondatore, ogni giorno preghiamo per loro durante la prima Messa mattutina celebrata nella basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, punto d'origine dell'esperienza salesiana». Per saperne di più: www.missionidonbosco.org 011/3990101
di Lorenzo Montanaro
NEL CUORE DELL'AFRICA
Dalla strada alla vita, i miracoli di Lubumbashi
Nella terza città del Congo i Salesiani ofrono ai ragazzi poveri ed emarginati una concreta possibilità di riscatto sociale
Quando lo vedono arrivare, a bordo del suo furgone, i bambini di strada gli corrono incontro e lo abbracciano. Padre Eric Meert, sacerdote belga, è uno dei salesiani presenti a Lubumbashi, la terza città del Congo. Per migliaia di giovani costretti a vivere di espedienti, senza famiglia né un tetto, lui è uno dei pochissimi punti di riferimento, è un sorriso da incontrare, una carezza da ricevere, insieme con una concreta proposta di cambiamento.
Quella congolese è una missione storica, la più antica presenza salesiana in Africa: la sua fondazione risale al 1911. Nel tempo questa realtà ha dovuto e saputo trasformarsi, per servire i nuovi poveri e modellarsi sui cambiamenti di una terra dai mille contrasti.
«A Lubumashi da anni la situazione dei bambini di strada è divenuta un'emergenza» ci racconta Alessia Andena, del dipartimento progetti Missioni don Bosco, appena rientrata dal Congo. «Arrivano da tutto il paese, nella speranza di trovare un'alternativa alla desolante povertà delle campagne». Ma quando, completamente soli, raggiungono la città, incontrano un destino duro e pieno di pericoli.
Tra le baracche sgangherate si possono raccogliere tante storie. «Molti ragazzi finiscono sulla strada perchè i genitori non li possono mantenere: manca il cibo e l'istruzione non è gratuita. Altri vi arrivano a seguito di disgregazioni familiari». Ma ci sono anche fattori culturali. «Vi sono bambini che vengono accusati di stregoneria. Può bastare un'anomalia del comportamento, magari dovuta a forme di disabilità, oppure una disgrazia in famiglia per la quale si cerca un capro espiatorio. E' una ferita profonda: se non si interviene in tempo lascia i segni per tutta la vita».
A questo si aggiungono tutti i pericoli legati alla vita di strada: il degrado, il rischi di subire abusi, il consumo di droghe. Ecco i mille volti che padre Eric incontra ogni notte, mentre gira i quartieri periferici insieme a un confratello burundese. Ogni ragazzo, con il suo nome e la sua storia, riceve un'attenzione unica e personale. E per tutti c'è la proposta di andare al centro di Bakanja Ville, il primo passo verso una nuova vita. In questa struttura salesiana (una ventina i padri che vivono a Lubumashi, cui si affianca il lavoro di assistenti sociali, psicologi, educatori) i ragazzi ricevono una prima assistenza in una casa sicura. «Quando possibile si cerca di reinserirli nelle famiglie d'origine. E si offre loro la possibilità di studiare, gratuitamente, per costruirsi un futuro» spiega ancora Alessia Andena.
Sul modello di don Bosco, anche in Congo i Salesiani hanno avviato scuole e centri di formazione professionale, che formano meccanici, falegnami e molti altri professionisti. «Grazie a questi percorsi tanti giovani riescono a uscire dal disagio. Quando capiscono di essere amati, il cambiamento diventa possibile». Una storia, tra tante? «Ho incontrato un bimbo di soli nove anni. Timido e gentile, era in strada da quattro giorni e dormiva da solo. Gli ho promesso che a Bakanja Ville ci saremmo incontrati. E lui mi ha dato fiducia».
di Lorenzo Montanaro
FONTE: Famiglia Cristiana N. 30
24 luglio 2016
Che opera straordinaria che compiono i missionari nel mondo! Essi portano Fede, speranza, aiuto morale e materiale, amicizia.... e tanto altro ancora. E lo portano sopratutto nei luoghi dove la povertà, l'ignoranza, l'anarchia e le guerre la fanno spesso da padrone. I missionari sono veramente una grande "Luce" accesa nel mondo!
Ricordiamoci spesso di loro.... ricordiamoci di loro e sosteniamoli sia materialmente che spiritualmente, perchè essi hanno bisogno di noi, così il mondo ha bisogno di loro!
Marco
Nessun commento:
Posta un commento