lunedì 29 giugno 2020

Le madri del perdono tolgono il cappio dal collo


In Iran è attivo un movimento che incoraggia le famiglie delle vittime di omicidio a graziare i responsabili. Nella Repubblica Islamica, al primo posto nelle esecuzioni capitali, sono stati salvati molti condannati. “Non sono tanti gli iraniani che credono nella legge del taglione”: nel 2016 risparmiate almeno 228 vite

Centinaia di persone si erano radunate davanti alla prigione di Nour, nel nord dell'Iran, per assistere all'impiccagione di un uomo di nome Balal, condannato per omicidio. “Perdonalo! Perdonalo!” gridava qualcuno tra la folla. Fu allora che la madre della vittima (un giovane accoltellato in una rissa) si avvicinò all'omicida, lo schiaffeggiò e, lasciando tutti a bocca aperta, gli tolse il cappio dal collo. Anche il boia si sciolse in lacrime. La donna aveva perdonato il colpevole, risparmiandogli così la vita. “Ho sognato mio figlio. Mi ha detto che non vuole vendetta”.
In Iran la legge del taglione prevede che il sangue si paghi con il sangue. Ma il "movimento del perdono" non ci sta. L'acronimo persiano è "Legam": significa "Campagna per l'abolizione della pena di morte passo dopo passo". Nella Repubblica Islamica, che insieme alla Cina è al primo posto al mondo per le esecuzioni capitali, la società civile ha cominciato nel 2014 (quando Balal fu perdonato) ad attivarsi con sit-in e sui social media contro la pena capitale, con l'aiuto di celebrità dello sport e del cinema (incluso il regista Asghar Farhadi) che invitavano le famiglie delle vittime al perdono. In caso di omicidio, infatti, la shaira (la legge islamica) prevede la morte, ma la famiglia della vittima ha diritto a risparmiare il condannato in cambio di un pagamento in denaro.
Il popolo iraniano è un popolo gentile. Una famiglia che ha perduto un figlio non vuole che la stessa cosa accada ad un'altra famiglia”, dice al Corriere uno dei fondatori di "Legam", l'85enne Mohammed Maleki, che abbiamo incontrato nella sua casa a Teheran. “In realtà – sostiene – non sono tanti gli iraniani che credono nella legge del taglione”. Quel che è chiaro è che, in un paio d'anni, il movimento del perdono ha ottenuto risultati concreti, anche se non ha certo fermato le esecuzioni. Nel 2016, almeno 530 persone sono state messe a morte, secondo i dati dell'organizzazione "Iran Human Rights" (IHR). Tuttavia, tra i condannati per omicidio (che è la seconda principale accusa che porta alla forca, dopo il traffico di droga) sono di più coloro che sono stati "perdonati" (228) rispetto agli impiccati (142). E i dati per il 2017 sono simili, preannuncia IHR. Il prezzo pagato dagli attivisti di "Legam" è però altissimo. “Per questa attività Narges Mohammadì è stata condannata a 10 anni di carcere”, spiega Maleki, anche lui più volte arrestato (e torturato) per attivismo sociale e politico dal 1981 al 2009. “Io per legge sono troppo anziano per il carcere, ho problemi al cuore e ho il cancro. Ma creano problemi alla mia famiglia: a mio figlio maggiore hanno rifiutato di consegnare la laurea ed è disoccupato; il più giovane è in Olanda e se rientra rischia l'arresto, mentre io non posso lasciare l'Iran, non lo vedo da sette anni”.
Nel 2016 altre 296 persone sono invece finite sulla forca per traffico di droga (il 56% del totale). A novembre, però, è arrivata una buona notizia, spiega il portavoce di "Iran Human Rights" Mahmood Amiry-Moghaddam: il parlamento ha approvato un emandamento alla legge sui narcotici che, se applicato, potrebbe portare a commutare la pensa di morte a 5000 condannati. “Finora dal passaggio della legge non ci sono state esecuzioni per crimini di droga. In ogni caso, il significato va oltre quello immediato. Da dieci anni ci occupiamo di pena capitale: non c'era sensibilità per i condannati per traffico di droga, nemmeno da parte degli attivisti dei diritti umani. Il fatto che ora le stesse autorità ammettano che le esecuzioni non hanno risolto il problema e che il parlamento per la prima volta in 38 anni abbia approvato un emandamento è un risultato significativo. E' il risultato di anni di lotta da parte della società civile dentro e fuori l'Iran”.


Di Viviana Mazza

FONTE: Speciale “Buone Notizie” del Corriere della Sera
2 gennaio 2018


Che grande Virtù è quella di saper perdonare! E perdonare una persona che ha ucciso una persona cara, persino un figlio, è un atto veramente Eroico e Santo! Onore e merito quindi a tutti coloro che sanno perdonare, onore e merito al "movimento del perdono" in Iran, che ha salvato (e certamente ne salverà ancora) tantissime vite umane condannate alla pena di morte. Grazie di esistere!

Marco

mercoledì 24 giugno 2020

Taranto, tumore alle ossa a 11 anni. Il padre di Vincenzo: “Tra 15 giorni a Roma per il trapianto. Aiutateci non abbiamo soldi”


Vincenzo ha 11 anni e vive nel rione Tamburi a Taranto. Da dicembre del 2019 lotta contro un linfoma linfoblastico primitivo delle ossa che lo costringe a lunghi cicli di chemioterapia presso il reparto di Oncoematologia Pediatrica del Policlinico di Bari.

I viaggi da Bari a Taranto per permettere che il piccolo possa stare meglio pesano giorno dopo giorno alla famiglia di Vincenzo. Il padre, Francesco, è invalido e non potendo lavorare cerca di far vivere una vita dignitosa ai suoi cari con la sola pensione di invalidità.

Pur di stare accanto a mio figlio ho dormito in macchina – racconta con la voce rotta Francesco – solo nel periodo di lockdown, essendo immunodepresso, non potevo stargli accanto”.

Vincenzo tra meno di 15 giorni sarà trasferito a Roma per sottoporsi a un trattamento di immunoterapia e per il trapianto di midollo osseo. “Per vincere questa lunga e durissima battaglia dobbiamo trasferirci per due mesi a Roma, ma non sappiamo come fare. Non abbiamo i soldi per pagare un albergo o una casa e andando avanti così non sapremo come riuscire a mangiare”.

Per questo motivo Francesco e sua moglie Tiziana hanno deciso di fare un appello sui social. “Chiediamo un aiuto a tutti voi per il nostro campione che per i prossimi mesi dovrà affrontare gli ultimi traguardi per riuscire a stare bene. Ringrazio anticipatamente tutte le persone e le associazioni che vogliono partecipare con un piccolo contributo a far rinascere Vincenzo”.

Per chi volesse contattare Francesco il suo numero di telefono è 347 8224989. Per ci invece volesse dare un piccolo contributo per aiutarli nella lotta contro la malattia può fare una donazione sul conto corrente della famiglia intestato a Francesco Semeraro. Il codice Iban è IT91 V076 0115 8000 0009 3276 467 e la causale è BENEFICENZA PER IL PICCOLO VINCENZO.
Basta anche solo un centesimo per regalare una nuova vita al mio bambino. Grazie a tutti quelli che ci daranno una mano”.


di Eleonora Franklin

21 giugno 2020

FONTE: Il Quotidiano Italiano

lunedì 22 giugno 2020

Pinerolo, anziana lascia 200 mila euro in eredità a 69 famiglie con figli disabili


Prima di morire Olga Ghirardi, un'anziana residente a Pinerolo, nel Torinese, aveva lasciato delle indicazioni chiare su come utilizzare la sua eredità. Nello specifico, ha chiesto che 200 mila euro andassero a famiglie della sua città che avessero figli affetti da handicap.
Il Comune ha pubblicato un bando e sono arrivate 75 richieste. Ne sono state accolte 69, che dunque hanno avuto un piccolo-grande aiuto economico per migliorare le vite dei loro ragazzi disabili, ciechi o autistici. Il Comune ha ricordato la benefattrice con una cerimonia pubblica che si è tenuta il 16 settembre, momento in cui ufficialmente sono state consegnati i benefici alle 69 famiglie

19 agosto 2019

FONTE: La Repubblica

domenica 14 giugno 2020

E’ morto Rohan Kemu, giovane disabile 18enne, "in odore di Santità"


E’ stato ospite per 15 anni della Casa della carità, tenuta da una congregazione fondata da un sacerdote italiano. “Ci ha dato la gioia e la grazia di toccare il Corpo di Gesù”. Nonostante le sue fatiche, era pieno di entusiasmo. Aveva un forte amore per l’Eucarestia. Diffondeva gioia attorno a lui.

Mumbai (AsiaNews) – Rohan Kemu, un giovane 18enne con disabilità fisiche e mentali, è morto lo scorso 4 giugno nella Casa della carità a Uttan, a nord di Mumbai. Fino all’ultimo le suore della Casa Mariana della carità si sono occupate di lui e dicono che egli ha lasciato dietro la sua morte "un odore di Santità".

Sr Julie Pereira, la superiora della Casa, ricorda che Rohan “per 15 anni è stato un dono per noi, da quando aveva tre anni fino ai 18 anni. Ci ha dato la gioia e la grazia di toccare il Corpo di Gesù”. Sr Julie ricorda che negli ultimi 20 giorni di vita Rohan aveva febbre di continuo. Lei lo ha tenuto in braccio giorno e notte, senza mai lasciarlo o metterlo a letto: “Mi sedevo su una sedia, con lui fra le braccia, e pregavo il rosario della Divina Misericordia. In quei momenti ho sentito la presenza di Dio, di Gesù che mi diceva: Questo sono io; è il mio corpo che stai sostenendo; fai questo in memoria di me; tutto ciò che fai a lui, lo hai fatto per Gesù. Rohan ci ha insegnato a vivere nonostante le molte sofferenze e offrendo il proprio dolore a Cristo. Egli ci ha insegnato a contemplare Dio e come pregarlo. Più soffriva, più la sua preghiera era sincera. Anche durante la sua agonia, ci ha insegnato a pregare”.

La Casa della carità di Uttan (Bhyandar) è stata costruita nel 1992. La congregazione delle suore della "Casa Mariana della carità" è stata fondata da un sacerdote italiano, p. Mario Prandi (1910-1986). Al presente vi sono 11 ospiti, tutti disabili fisici e mentali. Il più vecchio ha 82 anni; il più giovane ha cinque anni, ma è stato accolto nella casa quando aveva solo un mese di vita.

Godfrey Malu, diacono della parrocchia di Nostra Signora del Mare a Uttan, ha conosciuto Rohan per otto anni. “Rohan – dice ad AsiaNews – è stato proprio scelto da Dio prima che nascesse, per essere un esempio di pazienza, resistenza, misericordia e amore a Dio. Se tu lo guardavi, il tuo cuore si riempiva di compassione, ma a vedere il suo entusiasmo, nonostante i suoi limiti fisici, ti faceva vergognare”.

Fin dalla nascita Rohan ha sofferto di distonia, una malattia per cui parti del corpo subiscono spasmi muscolari incontrollabili, spesso molto dolorosi, causati da messaggi sbagliati del cervello. La madre di Rohan è morta quando lui aveva tre anni. Suo padre era un alcolizzato cronico, che lo picchiava di continuo senza pietà.

La gente del villaggio, assistendo a questi abusi e torture quotidiani, oltre al fatto che il padre non si preoccupava di nutrirlo, ha chiesto alle suore della Casa di carità di accogliere Rohan.

I traumi subiti, hanno creato in lui così tanta paura che all’inizio, se le suore cercavano di parlare con lui, si rinchiudeva in se stesso. Le voci maschili poi, lo terrorizzavano, dato che gli ricordavano quella del padre. Se qualcuno alzava la voce per parlare, subito cadeva nella paura e nell’insicurezza.

A poco a poco – racconta p. Godfrey - crescendo nella Casa, insieme ad altri ospiti, anch’essi disabili, ha imparato a godere la vita, a essere felice, gioviale, sempre sorridente.

La cosa più bella che gli è accaduta è stata quando ha fatto la Prima Comunione con tutti gli altri bambini. Ha frequentato la classe di catechismo come tutti, e ha compreso che Gesù era suo amico e si prendeva cura di lui. Il suo amore all’Eucarestia era così forte che se non gli portavano la comunione, rimaneva contrariato e piangeva. Gli piaceva molto seguire la messa in latino alla televisione, ma soprattutto amava parteciare alla messa in maharati e vi partecipava in modo integrale: corpo, mente e anima. I suoi Santi favoriti erano Padre Pio e Giovanni Paolo II. Conservava due immaginette sotto il cuscino: Padre Pio alla sua destra, Giovanni Paolo II alla sua sinistra. Sapeva che questi due Santi intercedevano per lui perché fosse alleggerito dalla sofferenza fisica
”.

A Rohan piacevano I cartoni animati e il cioccolato fondente. Il suo sorriso era contagioso anche per i dottori che lo curavano. Alcuni di loro hanno pagato di tasca propria le cure mediche e le operazioni di cui egli aveva bisogno

Ringrazio Dio per il dono di Rohan – conclude Gpdfrey - perchè egli mi ha insegnato cosa significa sorridere e dire grazie a Dio per il suo benedirci molto più di quanto noi meritiamo. Egli è stato unn esempio vivente di come diffondere il messaggio dell’amore di Dio nonostante i nostri dolori e sofferenze”.


di Nirmala Carvalho

8 marzo 2020

FONTE: Asianews

giovedì 11 giugno 2020

Da infermiere a rider, Mahmoud dona mille mascherine alla Croce Rossa: “Aiuto l’Italia”


Ha una famiglia da mantenere di 13 persone e vive e lavora in Italia dal 2012. Lui, Mahmoud Ghuniem Lufti, ha 35 anni è nato in Palestina e prima di lasciare il Libano, dove vivono i suoi cari, lavorava come infermiere. A Torino, dove si è trasferito lo scorso novembre, per mandare mese per mese soldi alla famiglia fa il rider per JustEat consegnando cibo a domicilio. Mahmoud in questi giorni di emergenza dovuta al coronavirus ha deciso di contribuire alla causa e, quando ha saputo che c’era un grande bisogno di mascherine, ne ha comprate mille donandole alla Croce Rossa di Torino.

Un gesto encomiabile, raccontato da quotidiano piemontese "La Stampa". “Quando c’è una situazione di emergenza, ognuno di noi è chiamato ad aiutare” ha spiegato il 35enne per motivare il suo gesto. “In Libano ero un infermiere poi ho vissuto tre anni in Norvegia, dove ho lavorato come muratore e operatore sanitario. In Italia sono stato a Brindisi, Foggia, Trani. Il mio sogno sarebbe tornare a fare l’infermiere, ma seguire i corsi mi impedirebbe di lavorare. E in Libano ho una famiglia da mantenere di 13 persone”.

Quando ho saputo del coronavirus, ho pensato che dovevo fare qualcosa. Sono andato a cercare una mascherina e ho visto che i prezzi aumentavano di giorno in giorno”. Così ne ha prese mille e le ha portate alla Croce Rossa perchévolevo aiutare il Paese che mi ha accolto
.

A Mahmoud arrivano i ringraziamenti della presidente della Croce Rossa di Torino Maita Sartori: “Grazie per il suo cuore. Questa storia rappresenta per noi un nobile esempio del primo e più importante principio della Cri: l’umanità”.


27 febbraio 2020

FONTE: Il riformista

lunedì 1 giugno 2020

Una coppia ha adottato 88 bambini disabili abbandonati da genitori biologici


Alcune persone nascono con un cuore pieno di amore da dare e sono disposte a offrirlo a tutti coloro che ne hanno bisogno, anche se richiede un completo cambiamento di vita.

Un ottimo esempio di questo sono Camille e suo marito, Mike Geraldi, della città di Ellijay, Georgia (USA). Negli ultimi quattro decenni, hanno adottato e assunto la piena responsabilità di 88 bambini. E un dettaglio: tutti con qualche tipo di disabilità, quindi sono stati respinti dai loro genitori biologici.

Disabilità intellettiva, spina bifida, sindrome di Down, autismo e deformità facciali estreme. Queste sono alcune delle condizioni delle persone di cui la coppia ha deciso di prendersi cura e di amare. "I bambini che abbiamo adottato sarebbero dovuti morire", ha detto Geraldi, 68 anni. "Ma molti di loro sono vissuti", ha detto.

UNIONE PER AMORE E FAMIGLIA

Anche quando non si conoscevano ancora, Camille, che è un'infermiera, e Mike, un pediatra, avevano già un affetto speciale per i bambini e si dedicavano a prendersi molta cura di loro. Camille si era già presa cura di tre bambini quando era single, e non voleva lasciar perdere:

Quando Mike mi ha chiesto di sposarlo, gli ho detto che volevo fare una casa per bambini disabili, e lui ha detto: "Voglio seguire il tuo sogno".

La prima adozione della coppia è stata nel 1986, da allora, entrambi si sono uniti e si sono rafforzati a vicenda e, nel corso degli anni, hanno affrontato le gioie della famiglia e anche il dolore di perdere 32 bambini.

La coppia ha assicurato che sarebbero cresciuti tutti secondo una normale routine, che avranno le proprie responsabilità e saranno incoraggiati ad avere quanta più indipendenza possibile. In effetti, molti di loro oggi gestiscono la propria vita, vivono in altri luoghi e si dedicano alle proprie attività.


LE DIFFICOLTA' LUNGO LA STRADA

Tuttavia, le cose non sono sempre state facili per loro. Nel 1992, la loro casa è stata distrutta dall'uragano Andrew e hanno dovuto trasferirsi nella Carolina del Nord e nel 2011, mentre erano in campeggio, la proprietà è stata colpita da un fulmine che ha distrutto la casa di famiglia e le auto.

È stato un periodo di grande difficoltà, ma hanno trovato una nuova casa a Ellijay, dove tutt'ora vivono, e non hanno smesso di adottare bambini speciali.
Durante tutti questi anni, alcuni bambini sono morti, altri sono cresciuti e vivono con loro, altri hanno continuato con la propria vita, ma sono tutti sicuri di essere cresciuti con molto amore.

FRUTTI D'AMORE

Mike è morto nel 2016, a causa del mesotelioma, una rara forma di cancro causata dall'amianto, ma nonostante tutto il dolore della perdita, Camille ha continuato a dedicarsi alla missione della coppia e ha fondato la Possible Dream Foundation, per aiutare gli altri attraverso istruzione e risorse su come prendersi cura delle persone con bisogni speciali.

Il sito ufficiale della fondazione dice : "Anche se suo marito non è più fisicamente qui, il suo spirito vive su coloro che sono venuti per aiutarla a raccogliere fondi e continuare la missione che ha sempre perseguito".

Con il sostegno di Camille e Mike, molte persone hanno avuto l'opportunità di vivere, ricevere amore e andare avanti con la propria vita.

La loro storia di vita è stimolante e certamente lo erano e rimangono angeli di luce che fanno la differenza in questo mondo, grazie alla loro empatia unica.


3 febbraio 2020

FONTE: Vibee