domenica 29 novembre 2015

Un sorriso per la vita

In Africa sono ancora molto diffusi il labbro leporino e altre patologie collegate. Le strutture hanno difficoltà a risolvere il problema. Così è nata un'associazione di volontari che operano i bambini e formano il personale. Li abbiamo seguiti in missione

Cotonou. Il risveglio è stato doloroso, il digiuno un po' pesante e le due notti nel reparto dell'ospedale non proprio piacevoli, ma è con un sorriso raggiante che la piccola Mael ora cammina, la mano stretta a quella della sua mamma, Juanita, lungo il viale in terra battuta che conduce al cancello d'uscita del Centro ospedaliero universitario (Chu) di Cotonou, la capitale del Benin. Nel parcheggio gremito di motorini, uno dei mezzi di trasporto più usati in questa metropoli di oltre un milione di abitanti, Mael sale sullo scooter che la riporterà a casa, fasciata e legata dietro la schiena della madre. Ancora qualche giorno di dieta semi liquida, una cicatrice nel palato che velocemente si riassorbirà, e l'incubo vissuto nei suoi primi quattro anni di vita sarà per sempre dimenticato. D'ora in poi Mael potrà mangiare e bere senza rischiare il soffocamento a ogni pasto e con un po' di pratica recuperare il ritardo accumulato per giocare e imparare insieme ai bambini della sua età. E forse, essendo ancora giovane, potrà correggere quel timbro nasale che segna a vita le persone affette da palatoschisi, ossia l'apertura del palato.
Mael fa parte dei 62 bambini beninesi operati gratuitamente per correggere la palatoschisi, la labioschisi (il cosiddetto “labbro leporino”) o labiopalatoschisi (apertura del palato, del labbro e in alcuni casi della gengiva) dai medici volontari dell'Ong italiana Emergenza Sorrisi durante una missione svolta in Benin dal 21 al 31 maggio scorso. Grazie alla cooperazione del ministero della Sanità del Benin e a un'organizzazione non governativa locale, La Resurrection, si è potuto dar vita alla terza missione del genere in questo piccolo paese dell'Africa occidentale, parte dell'antico regno del Dahomey. Una sinergia ormai rodata che ha condotto a un nuovo successo di questo fruttuoso esempio di cooperazione Nord-Sud, nel quale entra anche una componente di formazione del personale locale e di prevenzione. 

Gruppo affiatato

Nell'interpretazione di questo spartito ognuno ha eseguito il proprio ruolo in uno spirito di reciproco rispetto e di adattamento a situazioni nuove e per certi versi estreme.
Un'avventura, è bene sottolinearlo, in cui ognuno ha fatto un dono: chirurgi, anestesisti, infermieri, pediatri italiani disposti a lavorare gratuitamente sfruttando periodi di ferie in un ambiente spartano e lontano dagli standard a cui sono abituati in Italia; medici e assistenti locali, che hanno sconvolto gli ordinari ritmi di lavoro per adeguarsi alle richieste del team; il ministero della Sanità, che ha accettato il ricovero gratuito dei beneficiari e dei loro parenti; le madri beninesi, che hanno affidato i propri figli a questi dottori bianchi e sconosciuti; l'Ong La Resurrection, che ha attraversato il paese in lungo e in largo per sensibilizzare le popolazioni sul problema della labiopalatoschisi, spiegare che vi si può rimediare, almeno in parte, annunciare l'arrivo della missione e la possibilità di beneficiarne. “Solo grazie a questo patto di fiducia e di supporto si è potuti arrivare al successo di questa missione, che speriamo, in futuro, potrà coinvolgere sempre meno medici italiani e sempre più medici locali” sottolinea Francesca Pacelli, coordinatrice delle missioni internazionali di Emergenza Sorrisi. Il team che ha operato in Benin, composto da 10 medici altamente qualificati, ha potuto assistere, ognuno nella propria specializzazione, il personale locale insegnando i passi da compiere secondo gli standard internazionali.
Se la labiopalatoschisi è diventata rara nei paesi ricchi, resta molto diffusa nel Sud del mondo, dove carenze alimentari e vitaminiche unite a infrastrutture poco sviluppate, all'assenza di medici sufficientemente qualificati e a fattori socio-culturali non consentono di trovare una risposta adeguata al problema. “Il nostro obiettivo è non solo di operare bambini affetti da questa patologia, ma di mettere in atto delle misure per poter prevenire la comparsa di questa e altre malformazioni con una campagna di prevenzione di massa, tesa alla somministrazione, per esempio, di acido folico, la cui carenza è dimostrata essere uno dei fattori principali nel meccanismo di insorgenza della patologia labiopalatoschisi”, spiega il capo missione, Mario Altacera, specialista in chirurgia plastica e maxillo-facciale ad Acquaviva delle Fonti (Ba).
Nelle aree remote del Benin – come in altre zone dell'Africa – la povertà, l'analfabetismo e antiche credenze costituiscono ancora un ostacolo alla cura di alcune malformazioni. C'è chi non si fida della medicina portata dall'Occidente e crede che un intervento chirurgico causerà la morte del proprio figlio. Chi ritiene invece che l'arrivo di un neonato malformato sia una sciagura voluta dal cielo o da un sortilegio che non si può cambiare. Chi ancora, nella peggiore delle ipotesi, non riesce ad accettare un erede malformato, la vergogna e la discriminazione, e si macchia anche di infanticidio.
Per i 62 bimbi e ragazzi operati la vergogna e l'esclusione fanno ormai parte del passato e la testimonianza che porteranno nei propri villaggi, nei propri quartieri, aiuterà a sfatare antichi miti e riserve.
Pierre, 22 anni, uno dei pazienti più grandi con diverse operazioni alle spalle e altre malformazioni, ha corretto un'apertura del labbro superiore, ma avrebbe bisogno di altre cure per tornare ad avere un volto "normale". Tuttavia l'affetto di cui è stato circondato durante il suo soggiorno in ospedale, sempre in compagnia di parenti e amici, gli hanno ridato forza e entusiasmo. Per l'ultimo controllo due giorni dopo l'operazione si presenta indossando la maglia del Barcellona, la sua squadra di calcio preferita. Si fa dare uno sguardo dal chirurgo: è tutto a posto. Non vede l'ora di raggiungere i suoi compagni sul campo e di giocare una nuova partita.


Esperienza importante

Anche i medici italiani tornano a casa con un bagaglio di soddisfazione, di gioia e di emozione senza paragoni.Si porta tutto nel cuore per sempre. Sono emozioni che non si possono descrivere, solo chi le vive può capire come ci si sente” dice Jolanda Barile, infermiera, al ritorno dalla sua terza missione dopo quelle compiute in Indonesia e in Gabon.
Tra i volontari di questo viaggio in Benin, qualcuno partiva per la decima o undicesima volta, e tutto sommato la situazione trovata a Cotonou è stata piuttosto tranquilla rispetto ad altre esperienze trascorse in Bangladesh sul Brahmaputra, nella Repubblica Democratica del Congo, in Iraq o in alcune aree dell’Etiopia. Per qualcuno invece è stata una prima assoluta o quasi: “L’anno scorso ero partito per una missione umanitaria, con un’altra organizzazione, in Mozambico – racconta Ivan Alonge, infermiere -. Operavamo in una clinica privata, con dotazioni molto simili a quelle che si trovano in Italia, in ottime condizioni. Mi ero fatto una falsa idea di quello che realmente si vive in Africa”.
Il reclutamento di medici e infermieri disposti a partire in missione per Emergenza Sorrisi si fa in base a candidature ricevute, ma anche e soprattutto attraverso volontari già noti all’organizzazione, che introducono collaboratori di fiducia, diventandone "tutori" durante la missione.
L’Ong è nata cinque anni fa con il nome di Smile Train Italia – affiliata all’organizzazione statunitense Smile Train – e dal primo gennaio scorso ha cambiato denominazione sociale per poter ampliare il raggio delle proprie attività. “Dopo anni di interventi in paesi come Iraq, Afghanistan, Kurdistan, Indonesia, Bangladesh, Benin, Gabon, Congo e migliaia di visite, ci siamo resi conto che non potevamo più evitare di occuparci anche di bambini e pazienti con gravi conseguenze derivanti da ustioni, traumi, tumori, ma ai quali non siamo stati finora in grado di dare una risposta” spiega Fabio Massimo Abenavoli, presidente di Emergenza Sorrisi. Saranno dunque questi un nuovo impegno e una nuova sfida, che si spera verrà assecondata dai donatori. “La crisi economica che ha colpito il mondo intero non ha ridotto lo spirito e i valori di solidarietà che spingono tutte le nostre azioni – dice ancora Abenavoli -. Se sembrano prevalere egoismo e individualismo, nella realtà dei fatti le azioni concrete di sostegno al bisognoso esistono e sono forti, ma nella maggior parte dei casi “dimenticate” per far posto al gossip e al pessimismo. Noi possiamo garantire una cosa: a tutte le realtà che ci sostengono promettiamo che il nostro impegno verrà ripagato nell’unica moneta universale e resistente a qualsiasi crisi: il recupero dei sorrisi dei nostri bambini!”.


di Celine Camoin (Missioni Consolata)

FONTE: A Sua Immagine N. 99
29 novenbre 2014 



Non mi stancherò mai di ringraziare tutte quelle persone che, gratuitamente, mettono a disposizione i propri "talenti", il proprio tempo, la propria professionalità, per il Bene del prossimo. Nel caso di "Emergenza Sorrisi", questa Ong opera in Paesi molto poveri e quindi in condizioni tutt'altro che agiate, e anche questa è una ragione di grande merito per tutti coloro che vi si dedicano.
Cosa sarebbe il mondo senza queste persone? Cosa sarebbe il mondo senza Carità?  I tempi che stiamo vivendo sono difficili, ma la Carità, che è Amore tramutato in opere, esiste ed esisterà sempre, perchè Dio stesso ha messo nel cuore dell'uomo una scintilla del Suo Fuoco di Amore. Sta a noi tirarlo fuori questo Amore e farlo fruttificare nel migliore dei modi.
Grazie di tutto!

Marco

domenica 22 novembre 2015

La toccante lettera di Isobel, sopravvissuta alla strage del Bataclan: “Pensavo ai miei cari e gli sussurravo "Ti voglio bene"”


Sono tante le storie che si incrociano in quella terribile notte di venerdì 13 novembre, quando 8 terroristi si sono divisi per strade e locali di Parigi e hanno seminato il terrore, uccidendo 130 persone e ferendone altre centinaia. L'attacco che ha fatto più vittime è stato quello al Bataclan, dove 1500 persone stavano ascoltando il concerto degli Eagles of Death Metal.

Due ore in ostaggio di tre terroristi che prima hanno sparato sulla folla, poi uno ad uno. I racconti di chi era lì dentro ed è riuscito a salvarsi sono drammatici. Tra questi Isobel Bowdery, studentessa 22enne di Cape Town che su Facebook ha pubblicato la maglia ancora sporca di sangue e raccontato la sua esperienza.
Ecco la traduzione del commovente resoconto:


Non penseresti mai possa succedere a te. Era un semplice venerdì sera ad un concerto rock. L’atmosfera era così felice, e tutti erano intenti a ballare e divertirsi. Quando quegli uomini sono entrati arrivato all’ingresso e hanno cominciato a sparare, tutti abbiamo pensato ingenuamente facesse parte dello spettacolo. Non è stato solo un attacco terroristico: è stato un massacro. Dozzine di persone sono state colpite davanti ai miei occhi. Il pavimento era pieno di pozze di sangue. I pianti di uomini adulti che stringevano i corpi morti delle loro fidanzate hanno cominciato a riempire il locale. Futuri demoliti, famiglie distrutte, in un istante. Sola e sconvolta, ho finto di essere morta per più di un’ora, sdraiata tra chi era costretto a guardare i propri cari che non si muovevamo più. Trattenevo il respiro, provavo a non piangere per non far vedere a quegli uomini la paura che loro stavano cercando. Sono stata estremamente fortunata ad uscirne viva, ma molti altri no. Persone innocenti che erano lì per i miei stessi motivi: passare un venerdì sera sereno ascoltando musica.

Questo mondo è crudele. Atti come questo non fanno altro che sottolineare la depravazione degli esseri umani, e le immagini di quegli uomini che volteggiavano su di noi come avvoltoi mi daranno il tormento per il resto della mia vita. Il modo in cui prendevano meticolosamente la mira prima di sparare a tutti coloro che erano all’esterno della pista senza alcuna considerazione. Non sembrava vero. Aspettavo che qualcuno finalmente mi dicesse che si trattava soltanto di un incubo.

Ma essere sopravvissuta a questo orrore mi ha dato la possibilità di accendere i riflettori sui veri eroi. All’uomo che mi ha rassicurato mettendo a repentaglio la sua vita pur di proteggermi e coprirmi la testa; alla coppia le cui ultime parole d’amore mi hanno fatto riflettere su quello che ancora c’è di buono a questo mondo; alla polizia che è riuscita a salvare centinaia di vite; al perfetto sconosciuto che si è avvicinato a me in strada e mi ha confortato per tutti i 45 minuti in cui ho pensato che l’amore della mia vita fosse morto; all’uomo ferito che ho scambiato per lui, e che dopo essermi accorta che non fosse Amaury mi ha stretta e confortata, nonostante fosse il primo ad essere solo e spaventato; alla donna che ha aperto la porta di casa sua ai sopravvissuti; all’amico che mi ha offerto rifugio e si è preoccupato di andare a comprare dei nuovi vestiti così che non dovessi più indossare questo top sporco di sangue; a tutti voi che vi siete preoccupati di inviarmi messaggi di supporto.

Voi mi fate pensare che ci sia del potenziale per essere migliori. Che tutto questo non debba succedere mai più. Ma per lo più questo messaggio è per quelle 80 persone che sono state ammazzate nel locale e che non sono state così fortunate, e che oggi non hanno avuto la possibilità di svegliarsi oggi e per tutto il dolore che i loro amici e le loro famiglie dovranno affrontare. Mi dispiace. Non c’è niente che possa far passare il dolore. Mi sento privilegiata ad essere stata lì per il loro ultimo respiro. E avendo davvero creduto che avrei fatto la stessa fine, posso assicurarvi che il loro ultimo pensiero non era rivolto alle bestie che hanno causato tutto questo, bensì a tutte le persone che hanno amato col cuore.

Mentre ero sdraiata in mezzo al sangue di sconosciuti, aspettando quel proiettile che avrebbe segnato la fine dei miei miseri 22 anni, non ho fatto che altro che visualizzare il volto di tutti coloro che amo, sussurrandogli "Ti voglio bene". Ancora, e ancora una volta. Riflettevo sui momenti più belli della mia vita. Desideravo che le persone che amo sapessero quanto, e mi auguravo che nonostante tutto avrebbero continuato a credere nel bene. Per non lasciarli vincere. La notte scorsa, la vita di molte persone è cambiata per sempre e tocca a noi essere persone migliori. Spetta noi vivere la vita che queste vittime innocenti sognavano, ma che non saranno mai in grado di realizzare. Riposate in pace, angeli. Non sarete mai dimenticati
.

Isobel Bowdery




15 novembre 2015

FONTI: Today.it, News.mtv.it


Bellissimo, toccante, struggente questo racconto da parte di una sopravissuta dell'orribile strage del Bataclan in Francia.... me ne sono imbattuto per caso, ma appena l'ho letta ho pensato immediatamente di doverla condividere sulle pagine di questo blog.

Diventa difficile anche fare dei commenti..... in questo scritto è rappresentata la terribile esperienza che questa giovane ragazza ha vissuto sulla propria pelle, vedendo la morte in faccia e assistendo a quella di tante altre persone che purtroppo non ce l'hanno fatta.
Penso che ognuno di noi, nel leggere le toccanti parole di Isobel, si sia immedesimato in lei.... e forse ciascuno di noi si è domandato fra sè e sè:
Come avrei reagito io al suo posto?. Oppure: Grazie al Cielo che non ero lì.
Isobel ha vissuto veramente le due facce della dimensione umana: il livello di depravazione a cui, purtroppo, alcune persone sono arrivate..... e, per contro, l'immenso "potenziale" buono che c'è in tanti altri esseri umani, messosi più che mai in evidenza in una situazione drammatica come questa. I suoi stessi pensieri d'Amore verso i propri cari, nei momenti di massimo pericolo e paura, ci dicono in realtà quanto di buono c'è nel cuore dell'uomo, nella stra-grande maggioranza degli esseri umani.
Concludo riportando le stesse parole di Isobel:
La notte scorsa, la vita di molte persone è cambiata per sempre e tocca a noi essere persone migliori
. Sì, essere persone migliori.... questo dev'essere l'impegno e il traguardo che ciascuno di noi si deve prefiggere. Per avere una vita più bella, più felice, più virtuosa... per sconfiggere il male con il Bene, per avere un mondo migliore. Per noi stessi e perchè il nostro buon Dio ce lo chiede. L'Amore vince tutto, anche l'odio.
Ricordiamoci delle parole di Isobel e facciamole nostre.... non solo nei momenti di difficoltà, ma sempre, in ogni momento della nostra vita. E allora il mondo diverrà veramente migliore.

Marco

martedì 17 novembre 2015

Bravo barbiere si sdraia a terra per tagliare i capelli a bambino autistico


L'Amore e la Solidarietà, si manifestano in mille modi diversi, con infinite varianti, a volte con gesti eclatanti, il più delle volte attraverso piccole cose, bei gesti, attenzioni e premure particolari, le quali tuttavia rivestono la stessa importanza delle grandi cose e che rendono più bella e migliore la nostra vita e la società in cui viviamo.

Una di queste "piccole grandi cose", bellissima per la sua premura e delicatezza, è ciò che ha fatto James Williams, barbiere gallese, che dopo svariati tentativi falliti è riuscito a tagliare i capelli a Mason, un bambino autistico di 4 anni che a 18 mesi, durante un taglio di capelli, è stato ferito ad un orecchio. Da quel momento in poi il bambino ha sempre avuto terrore della poltrona da barbiere e si è sempre rifiutato di farsi tagliare i capelli.
La mamma Denine, 26 anni, e il compagno Jamie Lewis, 29 anni, erano sconfortati non essendo riusciti per due anni e mezzo a fare un taglio di capelli al loro bambino, che andava in giro con chiazze di capelli lunghi e incolti. Poi l'incontro risolutore con James.

Al bambino, solo pochi mesi prima, era stato diagnosticato un Disturbo dello Spettro Autistico (DSA o, in inglese, ASD, Autistic Spectrum Disorders). Ogni volta che James gli si avvicinava con le forbici, Mason scappava, senza lasciare al barbiere alcuna possibilità di toccargli i capelli. Ma il gallese non si è arreso e, per molti mesi, ha cercato una soluzione al problema. Poi il colpo di genio: lasciar giocare il bimbo in pace, sdraiato per terra, e poi avvicinarsi in silenzio e con calma tagliargli i capelli. Semplice e geniale.


Pieno di gioia per la felice soluzione di questo problema, James Williams, con il consenso dei genitori del piccolo Mason, ha postato le foto del suo successo su Facebook, ed in breve queste foto hanno riscosso un successo stupefacente, hanno fatto il giro del mondo e hanno fatto diventare il barbiere gallese l'"idolo" di genitori e bambini.

Dice in proposito James: Negli ultimi mesi ho provato qualsiasi cosa pur di riuscire nell'intento, ma avvicinarsi a Mason era veramente impossibile. Quando tutto sembrava perduto, mi sono seduto a terra vicino a lui in silenzio - ha spiegato trionfante il barbiere - e in quel momento ho capito che mi dava il permesso di tagliargli i capelli.

La mamma Denine non poteva credere a quello che è successo: La maggior parte dei barbieri - dice - sarebbe passata avanti per non perdere tempo, clienti e soldi. Invece a James questo non importava: ha aspettato tutto il tempo necessario finché il bimbo non è stato tranquillo. Poi si è sdraiato per terra, piano piano gli si è avvicinato e ha iniziato il taglio. Per noi ha significato tanto.

E' stato bello vedere i genitori di Mason contenti delle attenzioni che ho rivolto al piccolo, ha continuato James. Ma la cosa più bella - ha concluso il barbiere gallese - è stata quando gli ho chiesto il cinque e lui invece si è gettato tra le mie braccia.

Quando il lavoro è più che lavoro, ma vera passione.
Grazie James.

Marco

7 novembre 2015

FONTI: Ilmattino.it, Huffingtonpost.it


sabato 7 novembre 2015

Bambino di 7 anni si prende cura del padre paralizzato: la storia di Yanglin commuove il mondo


Ou Yanglin ha 7 anni ma è già un piccolo grande uomo: ha messo da parte i giochi in fretta per prendersi cura del suo papà, paralizzato dopo un incidente sul lavoro.

E se normalmente sono i padri che si prendono cura dei figli, in questa storia Ou Tongming, 37 anni, può dire che ogni ora di vita in più la deve al suo piccolino. Quando sua moglie lo ha lasciato portandosi via la loro figlia il mondo gli è crollato addosso: è stato il suo bimbo a prenderlo per mano e fargli credere che la vita è bella, perché c'è lui al suo fianco, un piccolo custode dal grande cuore.

Il calvario di Ou Tongming, un operaio di Wangpu nella provincia di Guizhou, nel sud-ovest della Cina, è iniziato nel 2013 quando è caduto dal secondo piano di un palazzo in costruzione: ha subìto una lesione alla spina dorsale ed è rimasto paralizzato dalla vita in giù. Da allora per la famiglia sono iniziati i problemi: la serenità, già minata dalla mancanza di soldi, è svanita e tutti i risparmi sono stati spesi per le cure mediche. E come se la situazione non fosse già difficile, la moglie di Tongming è fuggita con la loro figlia di tre anni, facendo perdere ogni traccia.

Da allora è Ou Yanglin a prendersi cura del suo papà costretto a letto: ogni giorno si alza alle 6 del mattino per dargli da mangiare, dopo va a scuola e prima di tornare a casa per l'ora di pranzo passa dal mercato per comprare beni di prima necessità. Dopo il ritorno a casa, aiuta il padre a mettersi su un fianco per curare le piaghe da decubito. «Ho pensato di suicidarmi, sono un peso per mio figlio – ha detto Tongming a Shanghaiist – Poi ho pensato che non potevo lasciare il mio bambino da solo, era un pensiero insopportabile».

Ma, nonostante il grande cuore di Yanglin, padre e figlio sono ogni giorno sull'orlo di non farcela: i soldi non sono mai abbastanza e il bimbo, che ha appena iniziato a frequentare la prima elementare, scandaglia le strade dopo la scuola per raccogliere gli scarti che rivende raccogliendo circa 20 yuan (circa 3 euro) al giorno. L'assegno di 300 RMB yuan (43 euro) al mese, dato alla famiglia come sostegno per la disabilità dell'uomo, sono del tutto insufficienti e non bastano nemmeno per le medicine necessarie. «Mio padre ha bisogno di cure, ma io non ho soldi – ha detto Yanglin – Spero di crescere presto per avere del denaro per le sue medicine. Non posso vivere senza mio padre».

La storia di Yanglin sta facendo il giro del mondo e in tanti stanno sollecitando l’istituzione di un fondo per offrire un aiuto finanziario alla famiglia.

di Federica Macagnone

4 novembre 2015

FONTE: Il Messaggero



Storia veramente di grande dolore, ma anche commovente e bellissima per ciò che questo bambino cinese di soli 7 anni sta facendo per il padre invalido. E' una storia questa che ci insegna, se ancora ce ne fosse bisogno, di che cosa sono capaci i bambini, di quale Amore puro e generoso scaturisce dal loro cuore.
E ora speriamo solamente che qualcuno si prenda a cuore il loro caso e che questa famiglia, padre e figlio, possano ricevere quel sostegno economico di cui hanno tanto bisogno.

Marco

mercoledì 4 novembre 2015

Il compagno di classe è autistico. Creano per lui un comunicatore


CORRIDONIA – Davide Antinori e Luca Rusich coordinati dal Prof. Mochi hanno realizzato il dispositivo basato sulla Comunicazione aumentativa alternativa. Il progetto è stato selezionato per il Maker Faire

Niente può riuscire meglio del buon esempio a sconfiggere i mali della nostra società. A darne dimostrazione sono Davide Antinori e Luca Rusich, due giovani studenti dell’Ipsia Corridoni che, con il sostegno del loro professore Alberto Mochi, e su proposta dell’insegnante di sostegno Katuscia Palmili, hanno progettato per Marco, nome di fantasia di un loro compagno autistico, i cui problemi sono però reali, un comunicatore.
Marco è sempre chiuso in sé stesso, una sorta di straniero tra i compagni, è nel suo complicato mondo fatto di comportamenti ripetuti (stereotipie) e di strani gridolini. Non parla e non usa nessuno strumento per comunicare. I suoi compagni che ogni giorno condividono con lui le aule e gli spazi della scuola, però hanno deciso di non metterlo all’angolo e anzi di usare le competenze acquisite a scuola per dargli la possibilità di farsi capire.
Per farlo, hanno realizzato un dispositivo basato sulla Comunicazione aumentativa alternativa, una modalità che può facilitare e migliorare la comunicazione di tutte le persone che hanno difficoltà nell’utilizzare i più comuni canali, come il linguaggio orale e la scrittura.
Il gruppo di lavoro che si è creato ha scelto di utilizzare Arduino, una scheda elettronica di piccole dimensioni, e una Shield, cioè una scheda applicativa dedicata alla gestione delle tracce audio, per poter dare a Marco la possibilità di rispondere alle domande del suo professore.

Il dispositivo è stato creato su misura per lui, personalizzato in base alle sue esperienze e ai suoi bisogni quotidiani. Le piccole dimensioni e il peso esiguo lo rendono leggero da trasportare, maneggevole, mentre il rivestimento antiurto lo protegge da cadute accidentali.
Il progetto di Davide Antinori e Luca Rusich non è passato affatto inosservato, tanto che il progetto è stato selezionato tra altri 100 per essere presentato nella sezione “Call for schools” al Maker Faire, manifestazione organizzata da Miur con l’assessorato Scuola, Sport, Politiche Giovanili e Partecipazione di Roma, in corso nella capitale. Il progetto sta riscuotendo grande successo sia da parte degli operatori che da familiari di ragazzi autistici.

(a.p)

18 ottobre 2015

FONTE: Cronache Maceratesi



Bravissimi veramente.... questa è vera Solidarietà! Questo significa mettere a buon frutto i propri talenti, l'ingegno, la volontà, l'inventiva, per il Bene comune.... bravi davvero!
Grazie Davide e Luca, perchè oltre ad aver dimostrato le vostre capacità, avete mostrato di avere un grande cuore, interessandovi del vostro compagno di classe autistico che non volevate venisse emarginato ed escluso. E di cose come queste c'è bisogno nella società di oggi, di vera Solidarietà al servizio di chi è maggiormente nel bisogno. Grazie ancora.

Marco