In Africa sono ancora molto diffusi il labbro leporino e altre patologie collegate. Le strutture hanno difficoltà a risolvere il problema. Così è nata un'associazione di volontari che operano i bambini e formano il personale. Li abbiamo seguiti in missione
Cotonou. Il risveglio è stato doloroso, il digiuno un po' pesante e le due notti nel reparto dell'ospedale non proprio piacevoli, ma è con un sorriso raggiante che la piccola Mael ora cammina, la mano stretta a quella della sua mamma, Juanita, lungo il viale in terra battuta che conduce al cancello d'uscita del Centro ospedaliero universitario (Chu) di Cotonou, la capitale del Benin. Nel parcheggio gremito di motorini, uno dei mezzi di trasporto più usati in questa metropoli di oltre un milione di abitanti, Mael sale sullo scooter che la riporterà a casa, fasciata e legata dietro la schiena della madre. Ancora qualche giorno di dieta semi liquida, una cicatrice nel palato che velocemente si riassorbirà, e l'incubo vissuto nei suoi primi quattro anni di vita sarà per sempre dimenticato. D'ora in poi Mael potrà mangiare e bere senza rischiare il soffocamento a ogni pasto e con un po' di pratica recuperare il ritardo accumulato per giocare e imparare insieme ai bambini della sua età. E forse, essendo ancora giovane, potrà correggere quel timbro nasale che segna a vita le persone affette da palatoschisi, ossia l'apertura del palato.
Cotonou. Il risveglio è stato doloroso, il digiuno un po' pesante e le due notti nel reparto dell'ospedale non proprio piacevoli, ma è con un sorriso raggiante che la piccola Mael ora cammina, la mano stretta a quella della sua mamma, Juanita, lungo il viale in terra battuta che conduce al cancello d'uscita del Centro ospedaliero universitario (Chu) di Cotonou, la capitale del Benin. Nel parcheggio gremito di motorini, uno dei mezzi di trasporto più usati in questa metropoli di oltre un milione di abitanti, Mael sale sullo scooter che la riporterà a casa, fasciata e legata dietro la schiena della madre. Ancora qualche giorno di dieta semi liquida, una cicatrice nel palato che velocemente si riassorbirà, e l'incubo vissuto nei suoi primi quattro anni di vita sarà per sempre dimenticato. D'ora in poi Mael potrà mangiare e bere senza rischiare il soffocamento a ogni pasto e con un po' di pratica recuperare il ritardo accumulato per giocare e imparare insieme ai bambini della sua età. E forse, essendo ancora giovane, potrà correggere quel timbro nasale che segna a vita le persone affette da palatoschisi, ossia l'apertura del palato.
Mael fa parte dei 62 bambini beninesi operati gratuitamente per correggere la palatoschisi, la labioschisi (il cosiddetto “labbro leporino”) o labiopalatoschisi (apertura del palato, del labbro e in alcuni casi della gengiva) dai medici volontari dell'Ong italiana Emergenza Sorrisi durante una missione svolta in Benin dal 21 al 31 maggio scorso. Grazie alla cooperazione del ministero della Sanità del Benin e a un'organizzazione non governativa locale, La Resurrection, si è potuto dar vita alla terza missione del genere in questo piccolo paese dell'Africa occidentale, parte dell'antico regno del Dahomey. Una sinergia ormai rodata che ha condotto a un nuovo successo di questo fruttuoso esempio di cooperazione Nord-Sud, nel quale entra anche una componente di formazione del personale locale e di prevenzione.
Gruppo affiatato
Nell'interpretazione di questo spartito ognuno ha eseguito il proprio ruolo in uno spirito di reciproco rispetto e di adattamento a situazioni nuove e per certi versi estreme.
Un'avventura, è bene sottolinearlo, in cui ognuno ha fatto un dono: chirurgi, anestesisti, infermieri, pediatri italiani disposti a lavorare gratuitamente sfruttando periodi di ferie in un ambiente spartano e lontano dagli standard a cui sono abituati in Italia; medici e assistenti locali, che hanno sconvolto gli ordinari ritmi di lavoro per adeguarsi alle richieste del team; il ministero della Sanità, che ha accettato il ricovero gratuito dei beneficiari e dei loro parenti; le madri beninesi, che hanno affidato i propri figli a questi dottori bianchi e sconosciuti; l'Ong La Resurrection, che ha attraversato il paese in lungo e in largo per sensibilizzare le popolazioni sul problema della labiopalatoschisi, spiegare che vi si può rimediare, almeno in parte, annunciare l'arrivo della missione e la possibilità di beneficiarne. “Solo grazie a questo patto di fiducia e di supporto si è potuti arrivare al successo di questa missione, che speriamo, in futuro, potrà coinvolgere sempre meno medici italiani e sempre più medici locali” sottolinea Francesca Pacelli, coordinatrice delle missioni internazionali di Emergenza Sorrisi. Il team che ha operato in Benin, composto da 10 medici altamente qualificati, ha potuto assistere, ognuno nella propria specializzazione, il personale locale insegnando i passi da compiere secondo gli standard internazionali.
Se la labiopalatoschisi è diventata rara nei paesi ricchi, resta molto diffusa nel Sud del mondo, dove carenze alimentari e vitaminiche unite a infrastrutture poco sviluppate, all'assenza di medici sufficientemente qualificati e a fattori socio-culturali non consentono di trovare una risposta adeguata al problema. “Il nostro obiettivo è non solo di operare bambini affetti da questa patologia, ma di mettere in atto delle misure per poter prevenire la comparsa di questa e altre malformazioni con una campagna di prevenzione di massa, tesa alla somministrazione, per esempio, di acido folico, la cui carenza è dimostrata essere uno dei fattori principali nel meccanismo di insorgenza della patologia labiopalatoschisi”, spiega il capo missione, Mario Altacera, specialista in chirurgia plastica e maxillo-facciale ad Acquaviva delle Fonti (Ba).
Nelle aree remote del Benin – come in altre zone dell'Africa – la povertà, l'analfabetismo e antiche credenze costituiscono ancora un ostacolo alla cura di alcune malformazioni. C'è chi non si fida della medicina portata dall'Occidente e crede che un intervento chirurgico causerà la morte del proprio figlio. Chi ritiene invece che l'arrivo di un neonato malformato sia una sciagura voluta dal cielo o da un sortilegio che non si può cambiare. Chi ancora, nella peggiore delle ipotesi, non riesce ad accettare un erede malformato, la vergogna e la discriminazione, e si macchia anche di infanticidio.
Per i 62 bimbi e ragazzi operati la vergogna e l'esclusione fanno ormai parte del passato e la testimonianza che porteranno nei propri villaggi, nei propri quartieri, aiuterà a sfatare antichi miti e riserve.
Pierre, 22 anni, uno dei pazienti più grandi con diverse operazioni alle spalle e altre malformazioni, ha corretto un'apertura del labbro superiore, ma avrebbe bisogno di altre cure per tornare ad avere un volto "normale". Tuttavia l'affetto di cui è stato circondato durante il suo soggiorno in ospedale, sempre in compagnia di parenti e amici, gli hanno ridato forza e entusiasmo. Per l'ultimo controllo due giorni dopo l'operazione si presenta indossando la maglia del Barcellona, la sua squadra di calcio preferita. Si fa dare uno sguardo dal chirurgo: è tutto a posto. Non vede l'ora di raggiungere i suoi compagni sul campo e di giocare una nuova partita.
Nell'interpretazione di questo spartito ognuno ha eseguito il proprio ruolo in uno spirito di reciproco rispetto e di adattamento a situazioni nuove e per certi versi estreme.
Un'avventura, è bene sottolinearlo, in cui ognuno ha fatto un dono: chirurgi, anestesisti, infermieri, pediatri italiani disposti a lavorare gratuitamente sfruttando periodi di ferie in un ambiente spartano e lontano dagli standard a cui sono abituati in Italia; medici e assistenti locali, che hanno sconvolto gli ordinari ritmi di lavoro per adeguarsi alle richieste del team; il ministero della Sanità, che ha accettato il ricovero gratuito dei beneficiari e dei loro parenti; le madri beninesi, che hanno affidato i propri figli a questi dottori bianchi e sconosciuti; l'Ong La Resurrection, che ha attraversato il paese in lungo e in largo per sensibilizzare le popolazioni sul problema della labiopalatoschisi, spiegare che vi si può rimediare, almeno in parte, annunciare l'arrivo della missione e la possibilità di beneficiarne. “Solo grazie a questo patto di fiducia e di supporto si è potuti arrivare al successo di questa missione, che speriamo, in futuro, potrà coinvolgere sempre meno medici italiani e sempre più medici locali” sottolinea Francesca Pacelli, coordinatrice delle missioni internazionali di Emergenza Sorrisi. Il team che ha operato in Benin, composto da 10 medici altamente qualificati, ha potuto assistere, ognuno nella propria specializzazione, il personale locale insegnando i passi da compiere secondo gli standard internazionali.
Se la labiopalatoschisi è diventata rara nei paesi ricchi, resta molto diffusa nel Sud del mondo, dove carenze alimentari e vitaminiche unite a infrastrutture poco sviluppate, all'assenza di medici sufficientemente qualificati e a fattori socio-culturali non consentono di trovare una risposta adeguata al problema. “Il nostro obiettivo è non solo di operare bambini affetti da questa patologia, ma di mettere in atto delle misure per poter prevenire la comparsa di questa e altre malformazioni con una campagna di prevenzione di massa, tesa alla somministrazione, per esempio, di acido folico, la cui carenza è dimostrata essere uno dei fattori principali nel meccanismo di insorgenza della patologia labiopalatoschisi”, spiega il capo missione, Mario Altacera, specialista in chirurgia plastica e maxillo-facciale ad Acquaviva delle Fonti (Ba).
Nelle aree remote del Benin – come in altre zone dell'Africa – la povertà, l'analfabetismo e antiche credenze costituiscono ancora un ostacolo alla cura di alcune malformazioni. C'è chi non si fida della medicina portata dall'Occidente e crede che un intervento chirurgico causerà la morte del proprio figlio. Chi ritiene invece che l'arrivo di un neonato malformato sia una sciagura voluta dal cielo o da un sortilegio che non si può cambiare. Chi ancora, nella peggiore delle ipotesi, non riesce ad accettare un erede malformato, la vergogna e la discriminazione, e si macchia anche di infanticidio.
Per i 62 bimbi e ragazzi operati la vergogna e l'esclusione fanno ormai parte del passato e la testimonianza che porteranno nei propri villaggi, nei propri quartieri, aiuterà a sfatare antichi miti e riserve.
Pierre, 22 anni, uno dei pazienti più grandi con diverse operazioni alle spalle e altre malformazioni, ha corretto un'apertura del labbro superiore, ma avrebbe bisogno di altre cure per tornare ad avere un volto "normale". Tuttavia l'affetto di cui è stato circondato durante il suo soggiorno in ospedale, sempre in compagnia di parenti e amici, gli hanno ridato forza e entusiasmo. Per l'ultimo controllo due giorni dopo l'operazione si presenta indossando la maglia del Barcellona, la sua squadra di calcio preferita. Si fa dare uno sguardo dal chirurgo: è tutto a posto. Non vede l'ora di raggiungere i suoi compagni sul campo e di giocare una nuova partita.
Esperienza importante
Anche i medici italiani tornano a casa con un bagaglio di soddisfazione, di gioia e di emozione senza paragoni. “Si porta tutto nel cuore per sempre. Sono emozioni che non si possono descrivere, solo chi le vive può capire come ci si sente” dice Jolanda Barile, infermiera, al ritorno dalla sua terza missione dopo quelle compiute in Indonesia e in Gabon.
Tra i volontari di questo viaggio in Benin, qualcuno partiva per la decima o undicesima volta, e tutto sommato la situazione trovata a Cotonou è stata piuttosto tranquilla rispetto ad altre esperienze trascorse in Bangladesh sul Brahmaputra, nella Repubblica Democratica del Congo, in Iraq o in alcune aree dell’Etiopia. Per qualcuno invece è stata una prima assoluta o quasi: “L’anno scorso ero partito per una missione umanitaria, con un’altra organizzazione, in Mozambico – racconta Ivan Alonge, infermiere -. Operavamo in una clinica privata, con dotazioni molto simili a quelle che si trovano in Italia, in ottime condizioni. Mi ero fatto una falsa idea di quello che realmente si vive in Africa”.
Il reclutamento di medici e infermieri disposti a partire in missione per Emergenza Sorrisi si fa in base a candidature ricevute, ma anche e soprattutto attraverso volontari già noti all’organizzazione, che introducono collaboratori di fiducia, diventandone "tutori" durante la missione.
L’Ong è nata cinque anni fa con il nome di Smile Train Italia – affiliata all’organizzazione statunitense Smile Train – e dal primo gennaio scorso ha cambiato denominazione sociale per poter ampliare il raggio delle proprie attività. “Dopo anni di interventi in paesi come Iraq, Afghanistan, Kurdistan, Indonesia, Bangladesh, Benin, Gabon, Congo e migliaia di visite, ci siamo resi conto che non potevamo più evitare di occuparci anche di bambini e pazienti con gravi conseguenze derivanti da ustioni, traumi, tumori, ma ai quali non siamo stati finora in grado di dare una risposta” spiega Fabio Massimo Abenavoli, presidente di Emergenza Sorrisi. Saranno dunque questi un nuovo impegno e una nuova sfida, che si spera verrà assecondata dai donatori. “La crisi economica che ha colpito il mondo intero non ha ridotto lo spirito e i valori di solidarietà che spingono tutte le nostre azioni – dice ancora Abenavoli -. Se sembrano prevalere egoismo e individualismo, nella realtà dei fatti le azioni concrete di sostegno al bisognoso esistono e sono forti, ma nella maggior parte dei casi “dimenticate” per far posto al gossip e al pessimismo. Noi possiamo garantire una cosa: a tutte le realtà che ci sostengono promettiamo che il nostro impegno verrà ripagato nell’unica moneta universale e resistente a qualsiasi crisi: il recupero dei sorrisi dei nostri bambini!”.
di Celine Camoin (Missioni Consolata)
FONTE: A Sua Immagine N. 99
29 novenbre 2014
Non mi stancherò mai di ringraziare tutte quelle persone che, gratuitamente, mettono a disposizione i propri "talenti", il proprio tempo, la propria professionalità, per il Bene del prossimo. Nel caso di "Emergenza Sorrisi", questa Ong opera in Paesi molto poveri e quindi in condizioni tutt'altro che agiate, e anche questa è una ragione di grande merito per tutti coloro che vi si dedicano.
Cosa sarebbe il mondo senza queste persone? Cosa sarebbe il mondo senza Carità? I tempi che stiamo vivendo sono difficili, ma la Carità, che è Amore tramutato in opere, esiste ed esisterà sempre, perchè Dio stesso ha messo nel cuore dell'uomo una scintilla del Suo Fuoco di Amore. Sta a noi tirarlo fuori questo Amore e farlo fruttificare nel migliore dei modi.
Grazie di tutto!
Marco