sabato 29 maggio 2021

Tragedia del Mottarone, una raccolta fondi per aiutare il piccolo Eitan

Il bimbo è l'unico sopravvissuto al disastro, in cui hanno perso la vita i suoi genitori, il fratellino, i nonni e altre 9 persone

Una raccolta fondi per aiutare Eitan, il bimbo sopravvissuto alla tragedia avvenuta domenica al Mottarone, in cui hanno perso la vita 14 persone, tra cui i suoi genitori, il fratellino Tom e i nonni.

La raccolta fondi è organizzata dalle Comunità ebraiche italiane in collaborazione con Eppela, la piattaforma di crowdfounding. "Il piccolo - si legge sul sito - come dicono i medici “salvo grazie all’abbraccio del padre”, si trova adesso ricoverato in prognosi riservata all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino dove è arrivato in condizioni disperate. Nell’incidente, avvenuto in quella che doveva essere una piacevole e spensierata domenica di maggio, hanno perso la vita i suoi giovani genitori, Amit e Tal, il fratellino Tom di due anni e i nonni, arrivati pochi giorni fa dall’Israele per una breve vacanza. Il bambino, di origini israeliane, risiedeva a Pavia con i genitori: una tragedia che ha segnato tutta Italia e in particolare le comunità ebraiche italiane che, appresa la notizia, si sono unite per lanciare questa raccolta fondi e garantire un futuro al piccolo rimasto solo".

Eitan si trovava in gita con il padre, Amit Biran, 30enne residente a Pavia e tirocinante all'Università di medicina di Pavia, la madre, Tal Peleg, 26 anni, il fratellino Tom, 2 anni, e i bisnonni venuti da Tel Aviv per stare con i familiari, Barbara Cohen Konisky, di 71 anni, e Itshak Cohen, di 82. Il piccolo, cinque anni, è l'unico sopravvissuto.

Il bambino è ricoverato nel reparto di Rianimazione dell'ospedale infantile Regina Margherita di Torino, dove era stato elitrasportato domenica insieme ad un altro bambino, Mattia, poi deceduto in ospedale. "Questa è una fase molto delicata - hanno spiegato i sanitari del reparto di Rianimazione diretto da Giorgio Ivani -. La notte è passata tranquilla e conferma la stabilità clinica del bambino, nonostante le condizioni critiche". La prognosi, comuque, resta riservata e si attendono le prossime ore per completare il risveglio del piccolo.


27 maggio 2021

FONTE: Novara Today

domenica 23 maggio 2021

Palermo: dall’idea di un cittadino, cibo gratis per i bisognosi, alla fermata del bus

Palermo: dall’idea di un cittadino, Marcello Fenoaltea, cibo gratis per i bisognosi, alla fermata del bus di via Uditore, accompagnato da un cartello "Prendi ciò di cui hai bisogno"

Marcello Fenoaltea ha 54 anni e due figli di 20 e 14 anni, quasi tutti gli abitanti del quartiere se lo ricordano come animatore della Città dei ragazzi, dove vestiva i panni di Fenfer lo gnomo.

Adesso però Marcello purtroppo non ha lavoro e percepisce il reddito di cittadinanza, e non si accontenta di attendere che qualcosa succeda, l’ex animatore vuole sentirsi utile, tentare di cambiare le cose e fare del bene al proprio quartiere, di cui è innamorato e di cui amante del suo quartiere di cui si prende cura con moltissime iniziative, dal ripulire dai rifiuti, al curare le aiuole, al riverniciare le panchine e dipingere le fermare dell’autobus.

Grazie alla sua voglia di fare contagiosa, ha da poco creato un altro bel progetto di solidarietà di quartiere: la banchina solidale, inserendo in una fermata Amat di via Uditore-via Cimabue una piccola dispensa con generi di prima necessità per chi ha più bisogno.

Anche Marcello che a causa del Covid ha perso da più di un anno il lavoro da animatore e pur essendo lui stesso in ristrettezze economiche, ma non manca mai, quando va a fare la spesa, di comprare qualcosa per chi ha più bisogno e lasciarlo sotto la banchina.

Adesso sembra un altro mondo da quando coordinava il lavoro di 50 animatori negli anni d’oro della Città dei Ragazzi, eppure Marcello si è velocemente riadattato ad usare il suo entusiasmo e la sua energia per far del bene a chi ha meno di lui e per occuparsi del suo quartiere.

La banchina dell’autobus in cui ha creato la piccola dispensa solidate era decorata da Marcello e altri volenterosi cittadini con pannelli colorati, disegni in stile Liberty e una scritta che recita "L’attesa non può essere solo una perdita di tempo, approfittane".
Partito da solo, altri cittadini, contagiati dalle sue iniziative si sono uniti ad aiutarlo nel rifornire la fermata di generi di prima necessità, da sacchetti di pane presi dal fornaio locale e dolcetti e tutto quello che può servire, mentre altre cittadini hanno contattato Marcello chiedendogli di creare altre dispense solidali in altre fermate del tram della zona.

Ormai in molti conoscono l’ex animatore e la sua voglia di fare e lo contattano per proporre diversi piccoli progetti per riqualificare la zona, un piccolo circolo virtuoso creato da una persona, che ne sta coinvolgendo altre, e che punta a non fermarsi di certo qui, intanto Marcello ha creato un comitato cittadino, con anche la propria pagina facebook, "Palermo è di più" un luogo virtuale di ritrovo per cittadini positivi e volenterosi.

Lo stesso Marcello, che ha tanti altri progetti in mente per il suo quartiere che vuole sviluppare nei prossimi mesi, racconta di volersi circondare di “vicini di casa che come lui non si arrendono, che vogliono di più per gli altri, per il loro quartiere e per la loro città”.


22 aprile 2021

FONTE: Positizie

venerdì 14 maggio 2021

Suor Fausta Cogo, l'“angelo” in bicicletta

La religiosa vicentina è infermiera porta a porta a Strongoli centro, paesino di 2000 anime in Calabria. «Qui una suora in scarpe da ginnastica non si era mai vista, figuriamoci su due ruote»

Scarpe da ginnastica, valigetta nel cestino, veste bianca svolazzante e via. A Strongoli è l'
angelo in bicicletta”. Da 11 anni gli abitanti di questo piccolo borgo di 2.000 anime in un promontorio in Calabria, scrigno di cultura e tradizioni antiche, ricevono le sue cure arrivando a considerarla una di loro. Suor Fausta Cogo, 73 anni, infermiera dorotea di Germano dei Berici (Vi), porta conforto e cure mediche porta a porta. Per molti anni l’ha fatto in sella alla sua bicicletta elettrica. «Prima del lockdown giravo famiglia per famiglia, su e giù per le stradine – racconta -. Ho una mappa dove sono indicate le persone sole, i malati, le vedove, chi ha appena avuto un bimbo per portare l’attenzione e la parola giusta. Poi è arrivata la pandemia e, soprattutto, sono caduta in casa (in casa!) rompendomi tibia e perone. Sono ancora convalescente. La mia bicicletta ora è al sicuro in uno stanzetta, coperta da un telo. Per il momento mi vengono a prendere in automobile». Per suor Fausta la bicicletta elettrica è «il secondo angelo custode. Il primo spero di vederlo quando sarà il momento» sorride . «È il Signore che apre le strade – dice -. Qui una suora in scarpe da ginnastica non si era mai vista, figuriamoci in bicicletta».

La religiosa aveva già lavorato come infermiera nel Sud Italia fino al 2002, poi per anni nel reparto di cardiologia ad Arzignano. Arrivata la pensione ha chiesto all’allora Madre generale di poter tornare al Sud. «Ecco che mi hanno proposto Strongoli – racconta -, dove la mia Congregazione ha una comunità di quattro suore che lo scorso anno ha festeggiato 100 anni di vita. Non sapevo neanche dove si trovasse! – scherza -. “Ma lì c’è un ospedale?” chiesi». «Fu così che scoprii che si trattava di un servizio diverso, legato al Gruppo di Misericordia».

Gli abitanti, soprattutto anziani, del paesino calabrese hanno accolto la religiosa a braccia aperte. Suor Fausta chiede permesso, entra, saluta, vista, medica, fa iniezioni, porta e riceve conforto. «Piano piano, negli anni, mi conoscono tutti, mi aspettano, vedermi è un’esigenza, la mia visita per loro è un onore e un’occasione per aprirsi, chiedermi qualcosa, raccontarsi». Suor Fausta non ha la patente: «Appena arrivata – spiega – mi accompagnavano in automobile i ministri straordinari dell’Eucaristia, ho fatto anche un periodo a piedi. Qui nessuno usa la bicicletta, le strade salgono e scendono. Le utilizzano solo i bambini per giocare e d’estate si comincia a vedere qualche sportivo. La soluzione è arrivata pensando al motore.
Serve una bicicletta motorizzata!” ci siamo detti». «Mi sono sempre posta con genuinità, spontaneità senza pensare ai commenti e pregiudizi – confida -. Sicuramente ho portato novità e forse un po’ di trasgressione. Ricordo ancora le facce dei vecchietti seduti in panchina che mi vedevano sfrecciare, quelli che osservano chiunque passi, chissà che cosa pensavano».

Suor Fausta torna con la mente ai tanti anni di lavoro con i malati e si commuove: «Lavorare come infermiera, in particolare entrando nelle case della gente, è una scuola di vita. Ogni giorno scopro quanta sofferenza nascosta, silenziosa e discreta ci sia. Ho partecipato anche a compleanni, nascite, feste di matrimoni, ma è il dolore condiviso che fa crescere. È una palestra di vita, insegna a non lamentarsi per le stupidaggini». Suor Fausta è stata 40 anni caposala, in reparto: «Difficile paragonare le due esperienze, totalmente diverse. Al nord avevo le briglie, condividevo gioie e sofferenze dei pazienti per due settimane, un mese, poi li “perdevo”. Qui sono libera di vivere rapporti duraturi. Adesso mi sento davvero suora, non che prima non lo fossi, ma mi sentito vincolata dalla responsabilità». A Strongoli si vive della Provvidenza. «Se c’è bisogno di qualcosa, non si sa come ma arriva. C'è sempre qualcuno che si prodiga: non le dico la frutta, le verdure che ci ritroviamo sopra il tavolo. Gesti e solidarietà straordinari che poi noi ricambiamo distribuendo a chi ne ha bisogno».


di Marta Randon

10 maggio 2021

FONTE: La Voce dei Berici

lunedì 10 maggio 2021

Vicinanza del Papa alle persone affette da fibromialgia

L’appello del Papa al Regina Coeli anticipa la Giornata Mondiale della Fibromialgia, che cade il prossimo 12 maggio. Si tratta di una forma comune di dolore muscoloscheletrico diffuso e di affaticamento che in Italia colpisce oltre 2 milioni di persone. La testimonianza di Edith Aldama, infermiera e referente delle malattie reumatiche per la Pastorale della Salute della Diocesi di Roma

Città del Vaticano - Le parole del Papa al Regina Coeli sulla fibromialgia pongono l’attenzione su una patologia sottovalutata e poco conosciuta.
Saluto - ha detto Francesco - le persone affette da fibromialgia. Esprimo la mia vicinanza a auspico che cresca l’attenzione a questa patologia a volte trascurata. Il 12 maggio le piazze e i monumenti italiani si coloreranno di viola per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni del paziente fibromialgico, sofferente di una patologia che la pandemia ha contribuito ad aggravare ulteriormente. È l’iniziativa "Illuminiamo la Fibromialgia" voluta dall’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica, in occasione della giornata mondiale dedicata a questa invalidante e dolorosa malattia.

Una sofferenza spesso taciuta

Chi si trova a vivere questa malattia spesso, prima di riuscire ad avere la giusta diagnosi, deve attraversare un calvario fatto di molte visite specialistiche, tanti esami clinici, numerosi medici che troppe volte non riescono a capire che cosa succede nella persona. E questa situazione troppo spesso si dilunga anche per vari anni. “La fibromialgia in Italia colpisce due milioni e mezzo di persone
, racconta Edith Aldama, infermiera e referente per le malattie reumatiche della Pastorale della Salute della Diocesi di Roma. La caratteristica fondamentale di questa sindrome, è il dolore muscolo scheletrico diffuso. Un dolore continuo e intenso, che ci accompagna giorno e notte. Specifico, ‘ci accompagna’, perché anch'io sono una malata fibromialgica. Questa malattia è caratterizzata anche da altri disturbi, come la stanchezza cronica ed altri problemi. Sono proprio queste caratteristiche che la portano ad essere un’affezione molto invalidante”.

Una malattia difficilmente diagnosticabile

Questa patologia colpisce maggiormente le donne, ma anche gli uomini non ne sono indenni, indistintamente dall’età. Si va dall’adolescenza fino alla terza età. “Purtroppo non c'è un protocollo diagnostico terapeutico – continua a spiegare Edith Aldama – e i pazienti si trovano tante volte a non avere un ciclo unico di cure. Le cause non si conoscono ancora: si parla di un'alterazione della soglia del dolore, quindi le cure sono mirate a cercare in qualche modo di alleviare questa sofferenza. Perciò si utilizzano farmaci antidolorifici, ma anche antidepressivi, non perché possa esserci per forza nel paziente una forma di depressione, ma poiché aiutano ad alzare la soglia di sopportazione del dolore. Anche per la stanchezza cronica si utilizzano tanti integratori, però non c'è un vero e proprio protocollo di cure previsto”.

Vivere il dolore in solitudine

Troppo spesso chi soffre di fibromialgia si ritrova solo ad affrontare una malattia ancora troppo poco conosciuta, dove la ricerca medica è ferma e non ci sono cure valide per ottenere dei miglioramenti concreti. “Fondamentalmente siamo invisibili, perché non è una malattia riconosciuta dallo Stato Italiano - sottolinea l’infermiera - anche se c'è comunque una proposta di legge in Parlamento per il riconoscimento di questa patologia come malattia cronica invalidante. La ricerca è ferma. E’ dunque fondamentale sensibilizzare sull'esistenza della patologia e favorire anche la formazione del personale sanitario, per far conoscere questa affezione ed arrivare a un unico protocollo diagnostico terapeutico. Purtroppo il fatto di non essere ancora riconosciuta comporta per i pazienti un mancato accesso alle cure attraverso il sistema sanitario nazionale. Per questo ci capita di incontrare persone diventate invisibili, che vivono la loro esistenza nella sofferenza e nel buio più totale”.


di Marina Tomarro

9 maggio 2021

FONTE: Vatican News

giovedì 6 maggio 2021

Un insegnante ha dovuto vendere la sua auto a causa di problemi economici ma i suoi ex studenti l'hanno acquistata e gliel'hanno restituita

Gli insegnanti possono essere delle figure davvero fondamentali nella vita di un bambino, poiché, grazie alla loro influenza, possono fare la differenza sul modo in cui una persona decide di impostare il proprio futuro.
Questo lo sanno molto bene gli ex studenti di Marcelo Siqueira, un uomo di 87 anni che per anni ha insegnato storia e geografia nella scuola statale Dona Carola della città di Curitiba, in Brasile.

Negli ultimi anni, l'ex docente, che ora è in pensione, aveva deciso di mettere in vendita la sua amata automobile, una Volkswagen Beetle che comprò con tanti sacrifici nel lontano 1972, per via di alcuni problemi economici, tuttavia, i suoi ex alunni e l'intero quartiere in cui vive hanno pensato di fargli una bellissima sorpresa.

Il tutto è iniziato quando Claudio Martins, uno dei suoi ex alunni, si è accorto dell'annuncio di vendita del veicolo che era stato pubblicato su un giornale locale; era impossibile confondersi, poiché si trattava dell'unico "Maggiolino" di 49 anni, di colore verde chiaro che girava per la zona e quando le persone lo vedevano passare, sapevano benissimo che si trattava dell'anziano professore. Durante un'intervista Claudio ha raccontato che: “Lui era un insegnante davvero speciale, si sedeva a fianco a noi e ci dava sempre dei preziosi consigli. Ha ricoperto un ruolo fondamentale per noi bambini che dovevamo pensare al futuro”.
Per questo motivo, tramite un gruppo creato su Whatsapp, gli ex studenti dell'istituto Dona Carola hanno cominciato a raccogliere i soldi necessari per poter acquistare l'auto dell'anziano maestro, in seguito, una volta racimolata la somma complessiva, hanno deciso di fare una sorpresa a Marcelo e, con la complicità di suo figlio, sono riusciti a far intervenire anche le telecamere di una televisione locale.

Con la scusa della vendita della mitica auto, il figlio di Marcelo si è reso disponibile per un'intervista e, mentre aspettavano il presunto acquirente, hanno proposto all'anziano di fare un ultimo giretto con la propria amata macchina. In quel momento, un amico di famiglia che stava spostando il veicolo ha fatto finta che la macchina non funzionasse più ed è proprio allora che gli ex studenti sono usciti allo scoperto lasciando l'uomo a bocca aperta.

Dopo avergli consegnato le chiavi della macchina, gli ex studenti hanno detto a Marcelo che erano riusciti anche a raccogliere i soldi necessari per rimettere a nuovo l'auto e l'ex insegnante non è riuscito a trattenere le lacrime per la gioia. Alla fine, dopo tutte queste grandi emozioni, una nota di colore ha fatto sorridere tutti quanti, poiché quando Marcelo ha deciso di salire in macchina per riportarla in garage, quest'ultima non partiva più e gli ex alunni hanno dovuto spingerla fino a casa.

di Elena Franchini

2 maggio 2021

FONTE: Curiosando si impara

martedì 4 maggio 2021

Il cacciatore di mine

Daniel aveva dieci anni quando un ordigno rimasto sepolto sulle alture del Golan gli dilaniò una gamba. Oggi che è maggiorenne si arruolerà per ripulire Israele da 250 mila bombe sparse su 92 milioni di chilometri. In Giordania ce ne sono ancora quasi 4 mila, in mezzo a 450 mila pellegrini in visita ogni anno

La neve lo spaventa ancora, anche la poca che cade su Israele. Otto inverni fa Daniel è andato in gita con la famiglia nel Golan, le montagne ospitano più militari che sciatori, qua attorno sono state combattute le battaglie contro l'esercito siriano, i due Paesi non hanno mai firmato un accordo di pace. Restano i campi minati, con i cartelli d'avvertimento e il filo spinato come un trauma bellico difficile da superare.

La missione

Daniel ha dieci anni, si avventura sui prati gelati perchè la neve non può far male e in quel punto non ci sono recinzioni. Il bianco sopra nasconde gli inneschi micidiali: anche il solo peso di bambino basta a far scattare l'esplosione, la gamba destra viene dilaniata, la sorellina Amit è vicina a lui e resta ferita da una scheggia. Da allora Daniel Yuval porta con sé una protesi e una missione. Ripulire le bombe piazzate dai conflitti: gli ordigni verso frontiere che sono sempre prima linea come con la Siria, quelli nascosti su confini che sono ormai di pace come le terre lungo il fiume Giordano. E' stato il suo sguardo sereno e deciso a convincere i parlamentari israeliani a votare nel 2011 una legge per smantellare le 260 mila mine sparse su 92 milioni di metri quadrati, una decisione sempre rinviata in una nazione che si sente sotto assedio. Adesso Daniel sta per indossare la divisa dell'esercito, ha scelto di arruolarsi volontario, non voleva sentirsi diverso dagli altri ragazzi israeliani, la leva obbligatoria dura tre anni per gli uomini e una ventina di mesi per le donne. «Prima di presentarmi in caserma – dice al quotidiano Israel Hayom – ho affrontato un'altra operazione in Australia per stabilizzare le protesi. Ormai è una parte del mio corpo come la testa o le mani». Da bambino sognava di entrare in una unità combattente, ma le mutilazioni lo ha reso impossibile: «Sono contento che l'esercito mi abbia voluto anche così». Le piene del fiume e le alluvioni (ormai un ricordo) hanno rimescolato la terra color ocra e confuso gli ingegneri militari che conservano le mappe di tutte le aree minate.

Luogo simbolico

A Qasr al Yahud cinque monasteri resistono come palazzi fantasma di una scenografia da film western, circondati da sentieri su cui non è possibile camminare e dalla speranza dei fedeli di poter tornare a pregare qui. Qui dove i Vangeli raccontano che Gesù fu battezzato da Giovanni Battista, quando il Giordano era più profondo e ricco d'acqua. Con il regno Hashemita gli israeliani hanno firmato un accordo di pace nel 1994 dopo averci combattuto almeno un paio di guerre che hanno lasciato sotto la sabbia 2600 mine anticarro e 1200 ordigni antiuomo, oltre alle trappole esplosive disseminate dai fedayn palestinesi, che negli anni Sessanta e Settanta s'infiltravano dalla Giordania per colpire i soldati e gli insediamenti in questa zona.
L'operazione per rendere l'area accessibile (già 450 mila pellegrini vengono in visita ogni anno) è portata avanti dall'organizzazione scozzese Halo Trust, che opera in tutto il mondo ed è stata sponsorizzata anche dalla principessa Diana. Ronen Shimoni, l'israeliano che guida la missione di Halo in Cisgiordania, ha dovuto mettere d'accordo le otto denominazioni cristiane proprietarie dei terreni e trovare un'intesa tra il governo a Gerusalemme e l'Autorità palestinese che considera queste aree parte di un futuro Stato. «Nei prossimi mesi avremo raccolto i fondi necessari – spiega Shimoni – lo sminamento dovrebbe durare un paio d'anni». Ne serviranno molti di più per realizzare il sogno di Daniel: «Nessuno in Israele dovrà più essere ferito o ucciso da una mina».


Di Davide Frattini

2 gennaio 2018

Fonte: Corriere della Sera

domenica 2 maggio 2021

Oncologo cancella i debiti sanitari dei suoi pazienti per più di 650 mila dollari

Un oncologo dell’Arkansas, il dottor Omar T. Atiq, cancella 650 mila dollari di debiti per spese mediche da pagare dei suoi pazienti

Un atto di gentilezza e generosità che sta aiutando i pazienti e gli ex pazienti del dottore ad affrontare il nuovo anno in maniera più serena e con meno debiti da saldare.

E’ noto che negli Stati Uniti l’accesso alle cure mediche sia sostanzialmente ad appannaggio di chi ha assicurazioni sanitarie costose che coprono parte dei costi degli interventi, e che per chi non può permettersi una assicurazione le spese sanitarie siano altissime e spesso chi si ammala, come in questo caso, pazienti che lottano contro il cancro, si ritrova poi, una volta guarito a pagare per anni, debiti di migliaia di euro, rispetto alle cure a cui ha dovuto sottoporsi,

Così il dottor Atiq ha deciso di annullare i debiti dei suoi pazienti per le cure sanitarie e ad ognuno di loro ha inviato un biglietto con un saluto personale dal loro ex medico. La nota ringraziava ogni paziente per aver dato fiducia al dottor Atiq e per essersi affidati a lui per le cure, e poi annunciava la generosa sorpresa.

l’oncologo racconta alla CNN di essere sempre stato dubbioso e di non essere mai stato d’accordo con le modalità della sanità statunitense che lascia i cittadini economicamente più bisognosi, pieni di ulteriori debiti da saldare una volta che finiscono delle cure per una malattia, però purtroppo è così che funziona il sistema americano e non c’è nulla che si possa fare, eccetto prendere una iniziativa personale.

Così lo stesso medico ha pensato di agire lui stesso concretamente per chi non si può permettere una assicurazione sanitaria, cancellando tutti i debiti dei suoi pazienti, da quelli di centinaia di dollari a quelli di decine di migliaia di dollari, per un totale di più di 650 mila dollari, che il dottor Atiq non ha incassato per sé, ma con cui ha aiutato molte famiglie in difficoltà finanziaria, soprattutto in questo periodo di crisi sanitaria che ha lasciato molte famiglie bisognose, ancora più in difficoltà.

Quasi 30 anni fa, il Dr. Atiq ha fondato l’Arkansas Cancer Clinic per rendere disponibili cure oncologiche anche a persone economicamente svantaggiate. E’ chiaro che per questo oncologo dal cuore d’oro i bisogni dei pazienti sono sempre stati più importanti che la loro possibilità di pagare.

Il dottor Atiq conosce fin troppo bene l’enorme pressione finanziaria che spesso devono affrontare i pazienti e dall’altro lato, come oncologo, ammette che la cura del cancro spesso comporta spese particolarmente schiaccianti. Sebbene desideri che tutti i suoi pazienti si concentrino semplicemente sulla guarigione, molti semplicemente non sono in grado di farlo e la maggior parte dei suoi pazienti deve lavorare durante il trattamento. Alcuni dei suoi pazienti, comprese le signore anziane, stavano già facendo due lavori prima di ammalarsi.

l’oncologo racconta alla CNN: “Sono fortunato che io e la mia famiglia non abbiamo bisogno di soldi e riusciamo a vivere bene, così abbiamo pensato di fare qualcosa per gli altri rinunciano ai debiti dei miei pazienti. Se questo mio gesto ha dato un po’ di sollievo ed aiuto a chi è in difficoltà, allora sono grato di avere avuto l’opportunità di farlo”.

Non ho mai rifiutato nessun paziente per nessun motivo. Un principio che ho sempre seguito è che sono qui per salvare delle vite. Sentire che i pazienti si fidano di me e ripongono nelle mie mani la fiducia per la propria vita è il più alto privilegio e onore che posso ottenere”.

Ritengo quello che ho fatto un piccolo gesto rispetto a tutto quelli che i miei pazienti mi hanno dato ed insegnato in questi anni: Il coraggio, la resilienza e la dignità che ho imparato dai miei pazienti, questi sono inestimabili”.

23 aprile 2021

FONTE: Positizie.it

sabato 1 maggio 2021

L'albero Falcone sarà in 500 mila scuole italiane, le gemme del ficus verranno trapiantate

L'iniziativa, intitolata "Un albero per il futuro", promossa dal ministero della Transizione ecologica, è del raggruppamento carabinieri biodiversità

L'Albero Falcone, il ficus che cresce a pochi metri dal palazzo dove abitava il magistrato assassinato nella strage di Capaci, avrà 500 mila copie che verranno piantate in altrettante scuole italiane. L'iniziativa, intitolata "Un albero per il futuro", promossa dal ministero della Transizione ecologica, è del raggruppamento carabinieri biodiversità. La donazione e messa a dimora nelle scuole avverrà entro il 2022. A oggi sono quasi 400 gli istituti scolastici che hanno aderito e intrapreso questo percorso verso la consapevolezza dell'importanza degli alberi per il contenimento dei cambiamenti climatici e la conservazione ambientale. Alcune gemme del famoso ficus macrophilla columnaris magnoleides che cresce nei pressi della casa del giudice assassinato nel 1992 dalla mafia, verranno prelevate grazie alla collaborazione fra carabinieri, Fondazione Falcone, Comune e Soprintendenza di Palermo e duplicate nel centro nazionale carabinieri per la biodiversità forestale (CNBF) di Pieve Santo Stefano (Arezzo). I primi istituti scolastici a ricevere le piantine saranno quelli intitolati al giudice: 108 scuole tra primarie di I e II grado. Questi alberi contribuiranno al "Grande bosco diffuso" formato dalle giovani piante messe a dimora da tutti gli studenti e che sarà visibile su un'apposita piattaforma web che monitorerà la crescita e lo stoccaggio di Co2.


15 aprile 2021

FONTE: La Repubblica