giovedì 31 dicembre 2020

Una scatola di regali per il Natale dei più bisognosi: e a Lecco la parrocchia si riempie con duemila pacchi

Una rete di volontari e il prevosto hanno chiesto ai cittadini di portare una scatola di regali con cose calde, utili, dolci e divertenti: la risposta è stata sorprendente. Don Davide Milani: "Da dove ripartire dopo il Covid? Dal dono di sè, e dalla generosità che ci fa bene"

Una cosa calda, una cosa utile, una cosa buona e una cosa divertente. Tutto in una scatola, anche da scarpe purché decorata, e con un biglietto di auguri destinato a chi riceverà il dono. Si chiama "Scatole di Natale" l'iniziativa di solidarietà importata dall'estero prima a Milano, grazie all'iniziativa di Marion Pizzato, e poi a Lecco, grazie ad Adriana Calvetti e al prevosto della città, don Davide Milani. Che, ieri, si è trovato la chiesa e la parrocchia invasa di pacchi: perché il cuore buono dei lecchesi è andato ben oltre le aspettative, le scatole arrivate sono state oltre 2 mila, e la strada che porta alla chiesa di San Niccolò è andata in tilt per le tante persone che, in processione, portavano i loro pacchi.

I volontari hanno lavorato tutto il giorno per riceverli e adesso parte la consegna alle famiglie bisognose della città e della provincia, grazie alla rete delle parrocchie, della Caritas e delle associazioni. La richiesta era quella di preparare scatole con un contenuto differenziato - uomo, donna, bambini - scegliendo appunto un oggetto per ogni categoria: un maglione caldo, per esempio, con un dolce, un gioco e prodotti di pulizia. Accompagnando la scatola con un biglietto indirizzato allo sconosciuto destinatario.
Pensavamo di arrivare a 500 pacchi, a un certo punto abbiamo smsso di contarli. In un tempo in cui molti reclamano il diritto alle vacanze, allo shopping, ai pranzi per garantirsi un "buon Natale" ho incontrato oggi famiglie per le quali il modo migliore per vivere il Natale è donare”, racconta don Davide Milani. Che riflette sul messaggio di questa iniziativa e della risposta che hanno dato i lecchesi. “Tutti ci stiamo chiedendo da dove avverrà la ripresa dopo il Covid: a vedere l'oratorio e la parrocchia pieni mi viene da rispondere dalla logica del dono, ma del dono di sé, prima di tutto”. E ancora, aggiunge don Davide: “Spero che in tutte queste persone che hanno fatto un gesto così bello maturi la convinzione che ogni giorno abbiamo una scatola da donare: piena di attenzioni, affetto, cura, vicinanza al prossimo”.

di Oriana Liso

11 dicembre 2020

FONTE: la Repubblica


Che bella iniziativa, e con quanta Generosità hanno risposto le persone lecchesi! I tempi saranno anche difficili, ma gli italiani dimostrano sempre di essere un popolo molto generoso.
E con questo articolo, bello e gioioso, l'ultimo di questo 2020, auguro a tutti quanti un FELICE ANNO NUOVO, ricco di Grazia, di Doni e di Amore!

AUGURI CON TUTTO IL CUORE !!!

Marco

lunedì 28 dicembre 2020

Napoli, la Comunità di Sant'Egidio distribuisce doni e pasti ai poveri

Nella chiesa di San Severino e Sossio gli auguri del cardinale Sepe che non ha voluto far mancare la sua vicinanza nel suo ultimo Natale da arcivescovo di Napoli

Distribuzioni di doni e pranzi di Natale da asporto a centinaia di senzatetto. Così, nel giorno di Natale, la Comunità di Sant'Egidio a Napoli è stata vicina ai poveri. Non potendo fare i tradizionali pranzi, in diversi luoghi della città sono stati predisposti centri di accoglienza dove, nel rispetto delle norme anti-covid, le persone che vivono per strada hanno potuto ritirare cibo e regali. Nella chiesa di San Severino e Sossio erano in cento. Ognuno aveva ricevuto un invito personale e un numero, corrispondente al posto dove sedersi. Poi i volontari vestiti da Babbo Natale hanno consegnato la busta rossa con doni e pasti.

A fare gli auguri è intervenuto il cardinale Crescenzio Sepe, che non ha voluto far mancare la sua vicinanza nel suo ultimo Natale da arcivescovo di Napoli, e rivolgendosi agli ospiti ha affermato: "Con la nascita di Gesù non siete soli, siete figli e fratelli, e anche se quest'anno non possiamo pranzare insieme il Covid non ci può impedire di festeggiare il Natale". Il cardinale ha voluto poi ringraziare i volontari della Comunità con Antonio Mattone per il loro impegno in favore dei poveri.

L'evento è stato animato dalla cantante Marina Bruno che ha intonato "Quanno nascette ninno", e poi all'improvviso, venti Babbo Natale hanno distribuito i doni agli ospiti, che sono rimasti rispettosi ai loro posti per poi tornare nelle strade e nelle piazze dove dimorano. Dentro una busta rossa, c'erano confezioni di pasta al forno, polpettone, patate, frutta, dolci e un piccolo panettoncino, con un giubbotto per proteggersi dal freddo in regalo per tutti. Nella chiesa di S. Maria di Costantinopoli, invece sono intervenuti 60 clochard che gravitano nella zona del Museo Archeologico Nazionale, a cui si è unito un anziano di 78 anni dei Quartieri Spagnoli che alla fine ha voluto ringraziare per essere stato accolto: vive da solo e, saputo dell'avvenimento, si è voluto recare in chiesa a prendere il suo pacco. Altri 30 poveri sono stati raggiunti tra la chiesa di S.Maria delle Grazie e Toledo e la Galleria Umberto dove un gruppo era rimasto per ripararsi dalla pioggia.
Nel quartiere napoletano di San San Giovanni a Teduccio, poi ad Aversa, nel Rione napoletano del Vasto si sono svolte altre distribuzioni, mentre nella zona di Fuorigrotta, sempre a Napoli, un furgone guidato da Babbo Natale ha distribuito pranzi da asporto e doni ai senzatetto della zona, con pasta al forno cucinata dai ragazzi dell'istituto di Nisida. Infine, alcuni anziani soli del Rione Sanità e dei Quartieri Spagnoli hanno ricevuto regali e pranzo.

"In questo Natale insolito, sicuramente più essenziale, abbiamo voluto essere vicini ai poveri che incontriamo durante l'anno in modo diverso ma con l'amicizia e il calore di sempre" afferma il portavoce della Comunità di Sant'Egidio Antonio Mattone. Iniziative rese possibili dalla presenza di tanti volontari e dalla generosità di numerose aziende, perché se è vero che aumenta la povertà è altrettanto vero che cresce anche la solidarietà. "Anche senza tavolate e abbracci, la Comunità di Sant'Egidio ha voluto preparare un Natale ricco di calore per i più fragili e più soli" aggiunge il portavoce.


26 dicembre 2020

FONTE: La Repubblica

venerdì 25 dicembre 2020

Carabinieri di Rogliano donano plasma per aiutare chi combatte contro il Covid

COSENZA - I Carabinieri della Compagnia di Rogliano (CS) e delle Stazioni dipendenti hanno deciso di dedicare una intera giornata alla comunità: presso il Centro Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliera Annunziata – Mariano Santo - Santa Barbara di Cosenza, decine di Militari, alcuni dei quali accompagnati da loro famigliari, hanno deciso di donare il plasma per aiutare chi sta ancora combattendo la propria battaglia contro il covid-19.

Un giornata diversa quella trascorsa oggi presso la maggiore struttura sanitaria della Provincia nell’ambito della raccolta di sangue e plasma, fortemente rievocativa non solo perché tradizionalmente associata alla ricorrenza religiosa dell’Immacolata Concezione e prodromica alle festività natalizie, ormai davvero prossime, ma per il gesto concreto che molti Militari dell’Arma hanno deciso di compiere proprio oggi.

Era il mese di marzo quando alcuni Militari in servizio presso la Compagnia Carabinieri di Rogliano sono risultati positivi al covid – 19. Prima uno, poi un altro, quindi altri ancora, fino a raggiungere il numero definitivo di 11 Carabinieri positivi all’infezione: 2 di loro sarebbero stati poi ospedalizzati e uno di questi addirittura per mesi. In quei giorni particolarmente difficili, in cui per il Comune cuore pulsante della Valle del Savuto era stata indetta la zona rossa, molti Militari, sia malati che non, hanno ricevuto tanti segnali di solidarietà dalla loro comunità, o anche, più semplicemente, da molte persone che, essendo abituate a scorgere quel viso ormai quasi noto sulle autovetture impegnate di pattuglia, hanno sentito nel loro intimo il bisogno di palesare il proprio senso di solidarietà a chi in quel momento stesse soffrendo.

Tante le iniziative benefiche già organizzate dalla Compagnia dell’Arma per ricambiare le tante attenzioni ricevute, nonché rinsaldare ancora di più il tradizionale rapporto di fiducia e di vicinanza ed il senso di appartenenza che lega l’Arma alla comunità ove è chiamata ad operare: la consegna a domicilio dei tablet agli studenti che non potevano più seguire regolarmente le lezioni scolastiche, le collette alimentari, la raccolta dei disegni degli alunni delle classi elementari e medie dell’Istituto Comprensivo di Rogliano.

Da ultimo, oggi i Militari hanno inteso compiere un altro gesto di grande concretezza ed altruismo: tanti Carabinieri fra coloro che alcuni mesi fa sono risultati positivi al covid – 19 hanno deciso di mettere insieme le loro energie e recarsi tutti insieme a donare fisicamente quella parte di sé che tanto preziosa si sta dimostrando negli ospedali, dove la lotta all’infezione si combatte in prima linea: il plasma iperimmune, cioè con un’elevata concentrazione di anticorpi che, se somministrato alle giuste quantità, può aiutare concretamente chi oggi è malato a trovare una via d’uscita ed a guarire dalla malattia. Nell’occasione, atteso che non solo il virus, ma anche le buone azioni possono essere contagiose, anche alcuni familiari dei Carabinieri, pure questi già stati affetti dal covid – 19, hanno deciso di unirsi all’iniziativa e dare il loro contributo. Nella giornata odierna, è stata donata anche una considerevole quantità di sangue, anch’esso divenuto ormai “merce rara”, per le sempre crescenti esigenze degli ospedali.

Tutto questo per rispondere alla necessità, non solo istituzionale, di attenuare quel senso di solitudine e lontananza dagli affetti che la pandemia sta portando con sé e che si sentirà ancora più acuto in un momento tradizionalmente dedicato al riavvicinamento familiare, come appunto quello natalizio. Un esempio ed un appello, quello a donare il sangue ed il plasma, per chi è guarito dal covid – 19, che non può essere più ignorato.


8 dicembre 2020

FONTE: il Lametino.it

domenica 20 dicembre 2020

Per il suo compleanno regala 70 pizze ai poveri: l’iniziativa del pizzaiolo Gaetano Boccia

È accaduto a Somma Vesuviana, nella provincia di Napoli: il pizzaiolo Gaetano Boccia, per festeggiare i suoi 37 anni, ha deciso di regalare 70 pizze alle famiglie bisognose della città. “Non posso girarmi dall’altra parte se c’è qualcuno in difficoltà” ha detto il diretto interessato. “Un grande cuore quello di Gaetano” ha dichiarato il sindaco di Somma Vesuviana, Salvatore Di Sarno.

Una bella storia di solidarietà quella che arriva da Somma Vesuviana, nella provincia di Napoli, della quale è protagonista il giovane pizzaiolo Gaetano Boccia. Il giovane, per festeggiare i suoi 37 anni, nonché i 10 anni di attività del suo locale, ha deciso di regalare 70 pizze alle famiglie bisognose della cittadina alle pendici del Vesuvio. Oltre alle pizze appena sfornate, preparate dallo stesso 37enne, dalla moglie e dalla madre, Gaetano ha regalato anche crocchè e Pepsi: il cibo è stato consegnato a domicilio alle famiglie in difficoltà dai volontari del Nucleo di Protezione Civile "Cobra 2".

"Sono fatto così, non mi andava di festeggiare da solo. Sono dieci anni dall'apertura del mio locale, e pur non navigando nell'oro, non posso girarmi dall'altra parte se c'è qualcuno in difficoltà. Ho solo reso felice qualche bimbo ed arricchito il mio cuore. In questo momento di difficoltà dobbiamo essere tutti uniti" ha spiegato il diretto interessato, Gaetano Boccia.

Un plauso all'iniziativa del giovane pizzaiolo è arrivato anche dal sindaco di Somma Vesuviana, Salvatore Di Sarno: "Un grande cuore quello di Gaetano è la testimonianza di ciò che sono i miei concittadini: generosi, genuini, veri. Oggi più di ieri dobbiamo dare sorriso a chi rischia di perderlo". Il primo cittadino ha contribuito ad individuare le famiglie bisognose destinatarie delle pizze preparate da Gaetano.

Anche Vincenzo Secondulfo, presidente del Nucleo della Protezione Civile che ha distribuito l'iniziativa, ha lodato il gesto di Gaetano: "Bello avere contribuito alla serenità di bambini, anziani, famiglie. Domenica tutte le sezioni territoriali della Protezione Civile saranno a Somma Vesuviana per ricordare anche le vittime del Covid dei vari comuni della zona, e disegneremo con i mezzi un enorme albero di Natale, liberando una luce per ognuno dei morti".


di Valerio Papadia

16 dicembre 2020

FONTE: Fanpage

sabato 19 dicembre 2020

Benefattore dona un milione all’ospedale di Piacenza

Maxi lascito di un 80enne al reparto di Oncologia di Piacenza, dove è stata curata la moglie

SONCINO - Il gesto di generosità più puro e genuino possibile: lasciare tutto, senza nemmeno firmarsi, al solo scopo di salvare vite. L’ha fatto un imprenditore 80enne originario del borgo, scomparso da poco, che due anni fa ha inserito nel suo testamento una donazione di ben un milione di euro al reparto di oncologia dell’ospedale di Piacenza, dove la moglie è stata in cura. «Quando ho ricevuto la notizia al telefono mi sono commosso – confida il primario Luigi Cavanna –. E ci tengo a dire, senza nessun tipo di retorica, che questo riconoscimento straordinario è merito del lavoro di squadra di tutti. Non ci sono solo i medici, ma anche gli infermieri e gli operatori socio sanitari, spesso i primi a contatto con i pazienti». La notizia, ovviamente, ha già preso a circolare freneticamente anche nel paese all’ombra della rocca: «È una notizia che ci coglie di sorpresa – commenta a caldo il sindaco Gabriele Gallina –, non sappiamo chi sia e non abbiamo nemmeno certezze che sia proprio originario di Soncino però, se fosse, non mi sorprenderebbe vista la grande generosità dei nostri concittadini».

Il mondo poi, si sa, è piccolo. E Soncino lo è anche di più. Ancora adesso c’è chi cerca di capire come, dove e chi ringraziare. Ma, probabilmente, l’anonimato, che alla fine è un altro bellissimo dono, verrà rispettato fino alla fine.


19 dicembre 2020

FONTE: La Provincia di Cremona

domenica 13 dicembre 2020

Melissa ha la SMA, rischia la vita a 9 mesi: può salvarla solo un farmaco da 2 milioni

Melissa Nigri è una bambina di Monopoli, in provincia di Bari, affetta da una gravissima malattia: la SMA di tipo 1, l’atrofia muscolare spinale, che causa la morte progressiva dei motoneuroni, le cellule del cervello che inviano ai muscoli "l’ordine" di muoversi. È la più comune causa genetica di morte infantile. Una speranza contro questa malattia è il farmaco Zolgensma: prodotto dal gruppo Novartis è il più costoso del mondo, 2,1 milioni di dollari il suo prezzo. Basta una sola somministrazione di Zolgensma per correggere il difetto genetico che causa la malattia, tuttavia si deve intervenire entro i 6 mesi dalla nascita del bambino secondo quanto stabilito dall’Aifa.

Rossana Mesa e Pasquale Nigri, i genitori di Melissa, hanno però scoperto che la loro figlia era affetta dalla SMA quando costei aveva già 6 mesi e 28 giorni di vita, troppo "vecchia" per l’Aifa, perciò è esclusa dalla somministrazione gratuita. Il Zolgensma deve essere quindi acquistato sul mercato, dunque è partita un’imponente raccolta fondi sia in lingua italiana che in quella inglese, poiché la cifra è altissima e vi è bisogno di raggiungerla il prima possibile.

Anche se venisse raggiunto il traguardo non è detto, però, che i genitori riescano a comprare il farmaco: c’è bisogno infatti della prescrizione di un medico, non facile da ottenere perché Melissa ha compiuto nove mesi e si ritiene che i rischi derivanti dall’assunzione tardiva siano troppo alti. Entro febbraio il Ministero della Salute dovrebbe decidere in merito all’assunzione anche oltre i sei mesi, a patto che il bambino non superi il peso di 21 chilogrammi. Nel frattempo la raccolta fondi resta l’unica speranza per salvare la vita alla piccola Melissa.

La corsa alla solidarietà si gioca soprattutto sui social. È stata aperta la pagina Facebook "Un futuro per Melissa", dove si trovano tutte le informazioni per dare il proprio contributo economico. Si può donare sul conto di Pasquale Nigri:

IBAN IT28F0326825801052113371850

Banca Sella

Causale: Un futuro per Melissa


Per bonifici dall’estero:

SWIFT CODE: SELBIT2BXXX

È possibile anche donare attraverso la piattaforma GoFundMe.

Volevamo avvisare tutti che le donazioni stanno continuando ad arrivare – dicono Rossana e Pasquale – siete tantissimi e non abbiamo più parole per ringraziarvi. Il pensiero che ognuno di voi stia impiegando il suo tempo ed i suoi soldi per aiutarci non ha prezzo, non c’è un modo per descrivere come ci sentiamo in questo momento. Non ci sentiamo più soli.





di Francesco Pipitone

25 novembre 2020

FONTE: Vesuvio Live


Carissimi amici,

come ho già avuto modo di fare altre volte sulle pagine di questo blog, invito tutte le persone che leggeranno questo post a dare il proprio contributo per aiutare la piccola Melissa a vivere! Ciascuno doni quello che può, secondo le proprie possibilità, e se non si ha la possibilità di donare denaro, anche la semplice condivisione della sua storia è molto importante. Inoltre raccomando, come sempre, di pregare per lei e per la sua famiglia.
Tutti insieme possiamo fare molto, possiamo essere quell'oceano di "Amore" di cui questa bambina ha tanto, tanto bisogno!

Marco

sabato 12 dicembre 2020

Cecina, crea a mano gnomi di stoffa: il ricavato serve per acquistare il cibo ai bisognosi

Antonella Rizza è felice di aiutare: «Così un hobby diventa utile». Di comprare e distribuire la spesa si occupa la Misericordia di Palazzi

CECINA. Un po’ di stoffa, tanta abilità nella sartoria, un paio d’ore di tempo e il gioco è fatto: ecco gli gnomi fatti a mano della signora Antonella Rizza, che ha messo il suo hobby a disposizione della comunità. Perché ha deciso di mettere in vendita i suoi simpatici omini per beneficenza. Col ricavato la Misericordia di San Pietro in Palazzi, di cui il marito è volontario, compra gli alimenti con cui compone i pacchi alimentari destinati ai bisognosi del territorio. Ma come le è venuta questa idea? «Durante la prima ondata cucivo le mascherine e adesso ho voluto cambiare», spiega la signora Rizza che non è dunque nuova a iniziative di questo tipo. «Da anni mi occupo, come volontaria della Pro Loco di Livorno, di manifestazioni natalizie e da anni mi diletto in opere di sartoria.

Mi sono sempre dedicata al villaggio di Natale creando decorazioni. Facevo anche la nonna elfo, ma quest’anno, a causa del Covid, tutte queste iniziative sono saltate
». Ma non per questo Antonella ha smesso di coltivare i suoi hobby. All’inizio di novembre si è messa all’opera ed ha iniziato a cucire piccoli gnomi. «La tappezzeria di San Pietro in Palazzi mi ha regalato un po’ di stoffa. Poi avevo in casa del materiale avanzato dalle vecchie iniziative che ho potuto utilizzare per i miei gnomi». Per adesso la signora Rizza ha creato una quarantina di gnometti. «Per farne uno impiego da una a tre ore, dipende da quanto sono elaborati». Poi Antonella li mostra agli amici, vendendoli per circa 15 euro l’uno. Tolte le spese per l’acquisto del materiale, nei casi in cui è stato necessario comprare la stoffa, il resto del ricavato va in beneficenza. Perché i soldi sono destinati all’acquisto degli alimenti da offrire ai bisognosi del territorio. È a questo punto che entra in gioco il marito della signora Antonella, Alessandro Lorenzini, che da volontario della Misericordia di Palazzi si occupa di fare la spesa.

Dallo scorso aprile, infatti, l’associazione affianca la Misericordia di Cecina nel confezionare e nel distribuire i pacchi alimentari per chi ne ha bisogno. Utilizza, per questo, alcuni degli alimenti donati dai cittadini nei carrelli della spesa sospesa. E utilizza, da qualche tempo, anche il ricavato degli gnomi confezionati dalla signora Rizza. «Iniziative come questa - dicono dalla Misericordia - ci fanno capire quanto la comunità sia attenta ai bisogni dei più deboli, permettendoci di andare avanti nel nostro operato quotidiano di assistenza alle persone in difficoltà». «Per me è un hobby - spiega Antonella Rizza - Mi diverto a cucire, passo il tempo e, in più, mi tengo impegnata. Nello stesso momento mi rendo utile, per cui... che dire... sono contenta».


di Claudia Guarino

30 novembre 2020

FONTE: Il Tirreno

mercoledì 9 dicembre 2020

L’Amore supera anche il Covid. Ivo e Livia, guariti mano nella mano

Prato, la storia di una coppia di novantenni

Prato, 7 dicembre 2020 - Sessantacinque anni trascorsi sempre insieme, poi arriva il Covid e il ricovero in ospedale per una coppia di anziani di Prato con la prospettiva di non rivedersi più. Invece, le cure e l’amore fanno miracoli e i due anziani si ritrovano proprio nella stessa stanza, con i letti affiancati, che quasi si toccano, al centro sanitario La Melagrana, attrezzato per ospitare i pazienti contagiati dal virus. Ivo e Livia si tengono la mano e questa foto, tenerissima, è stata scattata sabato dagli infermieri e poi inviata a uno dei figli della coppia.

"Quando gli infermieri mi hanno mandato la foto di babbo e mamma che si stringono la mano – racconta il figlio Andrea - è stato davvero emozionante, quasi non ci credevo. E’ la dimostrazione che i nostri genitori hanno una tempra fortissima e un grande amore l’uno per l’altro".

Chi sono Ivo e Livia? Ivo Landi ha 92 anni e per ben due volte i sanitari avevano detto ai figli, Andrea e Marco, che non aveva grandi speranze di uscire vivo dall’ospedale. La moglie Livia Arrighini, 88 anni a distanza di tre settimane è stata ricoverata anche lei per Covid. La coppia fino ad un mese fa viveva in piena autonomia nella loro casa del quartiere San Paolo. Ivo è sofferente di cuore, ha problemi di pressione, il diabete: insomma un quadro clinico complesso su cui ha messo lo zampino pure il Covid.

"Il babbo 28 giorni fa è stato ricoverato in ospedale per colpa dei suoi tanti problemi – racconta il figlio Andrea – e a quel punto è emersa anche la positività al Covid. La situazione non era per niente buona e i medici ci avevano fatto capire che non sarebbe uscito vivo. Invece, si è ripreso ed è stato trasferito una prima volta alla Melagrana dove però ha avuto un’emorragia. E’ quindi tornato in ospedale e ha superato anche la seconda fase critica, con stupore dei sanitari, così è rientrato in struttura. Invece la mamma una settimana fa ha avuto un’ischemia ed è risultata pure lei positiva al Covid. Dopo l’ospedalizzazione è stata ricoverata alla Melagrana e lì l’hanno sistemata nella stessa camera del babbo. Ora entrambi sono in via di guarigione".

Nel frattempo i figli Andrea e Marco, essendo stati a contatto con i genitori, sono finiti in quarantena e l’unico mezzo di comunicazione che hanno con il centro La Melagrana e con i genitori è il telefono. "Ringraziamo gli infermieri e il personale che ci informano e sopperiscono con le immagini al vuoto della nostra presenza. Hanno colto un attimo della loro vita veramente impagabile".


di M. Serena Quercioli

7 dicembre 2020

FONTE: La Nazione

giovedì 3 dicembre 2020

Livorno, tutta la città ordina la pizza per salvare il ristorante Ca’ Moro dei ragazzi down

L’allarme del Parco del Mulino che annuncia: rischiamo di sparire. E la città risponde con centinaia di ordini per la pizza

Il Parco del Mulino chiama e Livorno risponde come solo una città che fa della solidarietà la sua cifra storica può fare. L’associazione che dal 2011 si occupa dell’inserimento sociale di persone affette da sindrome di Down attraverso la gestione di un ristorante (il Ca’Moro), di un bed and breakfast e di una pizzeria ha lanciato un appello nei giorni scorsi, un grido di aiuto: «Le restrizioni hanno colpito anche noi, il Ca’Moro è chiuso, il b&b vuoto e la pizzeria lavora solo da asporto — ha scritto il direttore Marco Paoletti — così i dodici ragazzi sono tutti a casa, in cassa integrazione, e siamo preoccupati per il loro futuro». La risposta di Livorno è stata immediata e potente: «Centinaia di chiamate e messaggi, tutti hanno ordinato qualcosa dalla pizzeria o solo per chiedere notizie, un’ondata di affetto che ci ha travolto, è stato davvero un bellissimo abbraccio che abbiamo ricevuto dalla città».

La cooperativa sociale nacque per volontà di un gruppo di genitori di persone down con lo scopo di continuare a fornire stimoli esterni al termine del percorso scolastico per evitare che la mancanza di impegno potesse generare una regressione delle capacità acquisite ed un progressivo isolamento sociale. «L’attività lavorativa per loro è fondamentale anche da un punto di vista sociale — spiega ancora Paoletti — su di loro pesa molto di più la mancanza del contatto con le altre persone. In un quadro in cui hanno già difficoltà di comunicazione rimanere a casa a lungo certamente non li aiuta». Alle difficoltà personali si è aggiunta anche quella commerciale con gli introiti della cooperativa in forte calo negli ultimi mesi: «Abbiamo accusato la crisi come tutti, siamo rimasti in pochi a lavorare per tenere vivo il progetto che poi è quello che ci fa andare avanti, ora siamo solo in due, io e il pizzaiolo. Il messaggio che abbiamo mandato è diventato virale, ha cominciato a girare nelle scuole e nelle chat dei genitori, si vede che abbiamo lasciato un’impronta e questo è il risultato più bello».


di Luca Lunedì

28 novembre 2020

FONTE: Corriere della Sera

lunedì 30 novembre 2020

“Cuore di Maglia”, il velo di calore per i bimbi prematuri di Parma e Fidenza

L'Associazione Cuore di Maglia nasce a Parma nel 2013: le volontarie realizzano cuffie, scarpette, copertine per i bambini prematuri dell'Ospedale

Le troviamo intente a sferruzzare gomitoli colorati: sono una ventina di donne, di tutte le età, anche se ci fanno subito notare che “alcune lavorano da casa” e che il gruppo è composto da una trentina di persone. L’Associazione Cuore di Maglia, ospitata dall’Officina Caffè MisterLino del Barilla Center, il cuore lo ha davvero grande: con le loro mani confezionano scarpette, cuffie, coperte e pupazzi per i bambini prematuri che nascono all’Ospedale di Parma e di Fidenza.

La nostra associazione – spiega la delegata di Parma Germana Bertozzinasce a Torino nel 2008: inizialmente lavoravamo da casa e inviavamo le nostre produzioni alla sede centrale che provvedeva a distribuirle agli Ospedali che ne facevano richiesta
. Nel 2013 Germana, insieme ad alcune amiche che collaboravano già al progetto ha creato la sezione locale di Cuore di Maglia: “In poco tempo siamo diventate tantissime, il passaparola ha funzionato ed oggi ci incontriamo ogni due settimane per lavorare insieme al progetto: siamo diventate amiche, abbiamo un gruppo WhatsApp, ed è bello essere guidate dalla stessa motivazione e condividere un progetto così bello e così importante.

Scarpette "mezzo pavesino" e cuffie "mandarino"

Sedute allo stesso tavolo di Germana ci sono Laura, Patrizia e Lorenza: “Grazie a questo bel gruppo di persone – svela Lorenza – ho anche imparato tanti segreti del lavoro a maglia. È bello ritrovarsi qui: MisterLino ci ospita gratuitamente ed è come se fosse un po’ anche lui partner del progetto. Tutto ciò che realizziamo ci riempie di gioia perchè sappiamo che possiamo aiutare dei bambini e far felici delle famiglie
. Un bambino in un’incubatrice è sempre fonte di preoccupazione e di stress per le famiglie e, a volte, può essere anche traumatico: così Cuore di Maglia porta un po’ di felicità ed allegria grazie alla lana colorata con cui vengono avvolti i piccoli.

Abbiamo delle misure un po’ fuori dal normale – spiega Germana – perchè i bambini sono davvero molto piccoli. Le dimensioni di una cuffietta variano da una mela ad un mandarino; mentre per le scarpette l’unità di misura è mezzo pavesino
. Attualmente Cuore di Maglia collabora con il reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale di Parma e con la Neonatologia dell’Ospedale di Vaio:I bimbi che nascono prematuri spesso non hanno vestiti adatti perchè i genitori non li hanno ancora comprati o perchè sono troppo piccoli per indossarli. Qui entriamo in gioco noi: solitamente realizziamo un kit che è composto dalle scarpette; dalla cuffia; da un twist; da una copertina e da un dudù; un piccolo pupazzetto che la mamma può tenere vicino per imprimervi l’odore e poi mettere nella culla del bimbo.

“Alcuni genitori ci scrivono e ci chiamano per incontrarci e ringraziarci”

Cuore di Maglia consegna i kit una volta al mese nei due Ospedali del parmense: in quelle occasioni c’è anche la possibilità di fare una visita al reparto e conoscere di persona anche i genitori che hanno ricevuto i kit per il loro bambino. “Il nostro è un lavoro costante durante tutto l’anno. I kit li consegniamo già lavati e pronti per l’uso
, proseguono le volontarie dell’Associazione. Sul materiale da utilizzare Cuore di Maglia segue le indicazioni dei reparti dell’Ospedale, in modo da evitare allergie o problemi sui bambini: “Tutto viene realizzato con lana merinos, cotone, oppure un filato misto lana e seta; le cuciture devono essere limitate all’indispensabile e non dobbiamo utilizzare bottoni e materiale sintetico.

“Mani che avvolgono di calore la vita”

L’emozione è tanta ancora oggi quando Germana, dalla sua borsa piena di ferri e gomitoli, estrae una confezione che contiene il Premio Prada, consegnato all’Associazione nel gennaio 2019 in una cerimonia al Teatro Verdi di Busseto: “È stata una bellissima sorpresa – spiegano Lorenza e Patrizia – perchè non ce l’aspettavamo. Ci siamo emozionate quando abbiamo visto le foto dei bambini con le nostre cuffiette e abbiamo capito che stavano parlando di noi
.

Il premio, intitolato ad Armando Prada – un volontario della Croce Azzurra di Traversetolo recentemente scomparso -, viene assegnato ogni anno ad un’associazione che si distingue nel mondo del volontariato. "Mani che avvolgono di calore la vita" è la motivazione letta sul palco del Teatro Verdi mentre Germana si accingeva a ritirare il premio: nessuna descrizione potrebbe essere migliore per raccontare quello che è e quello che fa Cuore di Maglia. A dirla lunga sulla motivazione e sullo spirito che muove queste grandi donne è stata un’altra volontaria, Laura, alla fine dell’intervista: “Io non posso fare a meno di questi giovedì pomeriggio
, ha esclamato.


di Chiara Corradi

14 febbraio 2019

FONTE: Il Parmense

venerdì 20 novembre 2020

È morto David, il nonno che cullava e cantava ninne nanne per i bambini nati prematuri

David Deutchman era un ex imprenditore di 86 anni, in pensione, che aveva deciso di dedicarsi al prossimo e di cullare i bambini prematuri di Atalanta, nello Stato USA della Georgia. In un’intervista aveva detto: Molte persone mi chiedevano "Perché lo fai?". Semplicemente alcuni non capiscono il tipo di beneficio che può darti tenere semplicemente in braccio un bimbo…”.

David Deutchman era conosciuto come il "nonno della terapia intensiva". Per 14 anni si era dedicato alla cura dei bambini nati prematuri presenti nell’apposito reparto di terapia intensiva nell’ospedale pediatrico di Atlanta, nello Stato Usa della Georgia. Nel corso di questi anni aveva visto migliaia di bambini. L'86enne se n’è andato sabato scorso; due settimane fa gli era stato diagnosticato un cancro al pancreas metastatico al quarto stadio.

Dopo aver lavorato per molti anni, David aveva deciso di dedicare tutto il suo tempo libero da pensionato nel prendersi cura dei piccoli pazienti che si trovano ricoverati nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale pediatrico di Atlanta: almeno due volte a settimana coccolava i bambini i cui familiari per svariati motivi non potevano essere con loro. L’anziano non riceveva una vera e propria retribuzione in denaro, ma genitori e personale ospedaliero hanno sempre considerato inestimabile il suo contributo.
Il volontariato ha assolutamente arricchito la sua vita” ha detto la figlia di David, Susan Lilly. “Ha avuto una carriera imprenditoriale di grande successo; non l'ho mai sentito parlare di ciò che aveva fatto durante i suoi 41 anni con l'azienda come quando descriveva con apprezzamento e amore per il suo coinvolgimento con le persone in ospedale”.

David era diventato famoso dopo che la sua storia era stata resa pubblica dallo stesso ospedale pediatrico di Atlanta che aveva condiviso sui social una foto del "nonno" con in braccio uno dei "suoi" bimbi. Da lì erano arrivate diverse interviste alle emittenti televisive americane, come quella ad 11 Alive:
Alcuni dei miei amici mi chiedono cosa faccio qui. E io dico: "Beh, tengo in braccio i bambini". Mi vomitano addosso, mi fanno la pipì addosso e loro dicono: "Perché lo fai?". Alcune persone semplicemente non capiscono il tipo di beneficio che può darti tenere semplicemente in braccio un bambino come questo”.

David non ha potuto più recarsi in ospedale durante la pandemia da Covid-19, anche e soprattutto quando ha ricevuto la terribile diagnosi del cancro.
Nessuno di noi se lo aspettava, ha detto Susan a Today. Ha chiarito a tutti i suoi cari e anche ai suoi amici che si sentiva grato di aver vissuto una vita piena e ricca”. Il Children's Healthcare di Atlanta ha organizzato una parata automobilistica in onore di David e la sua famiglia prima che morisse, condividendo il video su Facebook con la didascalia: "Per onorare questa leggenda dell'ospedale, che ha trascorso quasi 15 anni a prendersi cura dei più piccoli nei nostri reparti di terapia intensiva".

di Biagio Chiariello

19 novembre 2020

FONTE: Fanpage


E' davvero sorprendente constatare in quanti modi diversi si possa manifestare l'Amore nelle persone. Quella di cullare i bambini nati prematuri è davvero una cosa originalissima e bellissima!
Caro David, un tumore ti ha portato via, ma tu continuerai a vivere nei ricordi delle persone. Riposa in Pace adesso, "cullato" tra le braccia Amorose del nostro buon Dio.

Marco

mercoledì 18 novembre 2020

Covid: Piccola Casa della Misericordia, volontari e benefattori insieme per l’emergenza sociale

L’emergenza legata alla diffusione del Covid-19 oltre che sanitaria, sta diventando sempre di più sociale. Colpisce soprattutto chi già viveva situazioni di difficoltà o di fragilità, creando nuove situazioni di povertà.

Accanto al lavoro encomiabile di medici, infermieri, forze dell’ordine, associazioni di volontariato, la Piccola Casa della Misericordia, grazie all’inesausto impegno dei volontari, non ha cessato di garantire i propri servizi rimodulandoli alla situazione contingente, operando in condizioni via via più difficili sempre con le opportune precauzioni (mascherine, guanti, ingressi contingentati).

Dai singoli cittadini, imprenditori, professionisti, commercianti, giovani che hanno destinato il premio del Fantacalcio, dipendenti comunali, membri delle comunità ecclesiali di san Francesco d’Assisi, di Sant’Agostino, dei Volontari e degli Adoratori, alle varie realtà che operano nel nostro territorio: Cassa Edile, M.A Costruzioni, ISOLMEC Group, Caltaqua, Pintaudi noleggio pullman, Leo Club, Lions Club, Rotaract Club, OSJ Cavalieri Ospitalieri Sicilia, Commissariato della Polizia di Stato di Gela, Farmacia Pintaudi e altri ancora, tutti spinti dal desiderio di curarsi dell’altro e schierati per fronteggiare momenti di noto disagio.

Nei momenti peggiori – afferma don Pasqualino di Dio – è il senso dell’umanità che sa aprire uno spiraglio di luce su un futuro avvolto da incertezza con la consapevolezza che solo l’unità fa la forza; questo è il tempo dell’azione, il tempo dell’unità e della solidarietà verso coloro che vivono un disagio socio-economico che non può essere fatto di progetti, contese, pubblicità di ogni minimo atto di carità, non è un tempo per ostentare ma è il tempo di servire silenziosamente, natura stessa della Carità. Ancora una volta, dallo sguardo attento e non indifferente dei privati, emerge il volto più bello della nostra Città”.

Dal 9 marzo – ha continuato Don Lino - i nostri volontari sono a servizio quotidiano delle varie richieste accolte che arrivano attraverso il numero telefonico del Centro d’ascolto. In tanti, tra i quali in molti mai censiti, chiamano al numero destinato per una semplice parola di conforto, per richieste di beni di prima necessità, per manifestare situazioni di disagio per la difficoltà materiale di pagare i canoni di locazione, per servizi a domicilio agli anziani o a coloro che sono in quarantena, per chiedere mascherine, per richieste di preghiera, intenzioni presentate ogni giorno durante le dirette YouTube e Facebook della celebrazione e dell’adorazione Eucaristica”.

Desidero di cuore ringraziare i volontari e tutti i benefattori che fino ad ora ci hanno sostenuto nonché il Comune che, a giorni, inizierà a farci pervenire le derrate alimentari che ci consentiranno di continuare questo servizio. Vorrei aggiungere, in merito alle dispute confuse relative alla ripresa delle celebrazioni Eucaristiche nelle chiese le quali per disposizione del nostro Vescovo anche in questa fase emergenziale da sempre dovevano restare aperte, che la voce della Chiesa è quella di sollecitare il governo a trovare le modalità idonee per gestire tutto in sinergia; nessuno è in lotta e nemmeno pazzi untori irresponsabili”.

Attendiamo, con serenità, quello che il governo e i vescovi diranno, sperando di poter celebrare l’Eucarestia in sicurezza, magari fuori all’esterno, così come si farà prossimamente disponendo la riapertura di cinema, teatri, biblioteche. Questi ultimi spazi sono, come tutti, possibili luoghi di contagio e non più delle nostre chiese. Quando? Non tocca a noi deciderlo. Sicuramente dobbiamo ripartire convivendo con questo mostro invisibile e facendo i conti su come si evolverà il contagio. Anche se siamo stanchi, il 4 maggio non sarà "il libera tutti", bisognerà usare massima saggezza, prudenza e senso di responsabilità, ora più di prima”.


29 aprile 2020

FONTE: Accentonews

lunedì 16 novembre 2020

Questa nonna ha preparato centinaia di torte per nutrire i bambini affamati

Una donna di 89 anni sta aiutando le famiglie in difficoltà che non ricevono più i pasti scolastici gratuiti per i loro figli preparando loro delle gustose torte.

Durante l'isolamento, Flo Osborne, una donna di 89 anni che vive a Harwich, una cittadina che si trova nella contea dell'Essex in Inghilterra, aveva iniziato a preparare delle torte per aiutare le persone della sua comunità che si trovavano in difficoltà ed ora ha deciso di continuare a impegnarsi per sostenere una campagna comunitaria chiamata North Essex Support Team, avviata dal pompiere Les Nicoli, per sostenere i bambini delle scuole che non possono più fare affidamento sui pasti scolastici gratuiti.

Graham, il figliodi Flo, è il proprietario di un ristorante e, per questo, ha deciso di aiutare a preparare i pasti per i piccoli, in seguito ha pensato che anche sua madre sarebbe stata entusiasta di partecipare a questa iniziativa e così ha proposto l'idea delle torte a Les, il quale l'ha accolta con piacere.

Adesso Flo è la pasticcera più anziana che partecipa all'iniziativa, la donna acquista autonomamente tutti gli ingredienti necessari e, spesso, si sveglia all'alba per cominciare ad impastare i suoi deliziosi manicaretti nella sua piccola cucina o nel ristorante del figlio. La super bisnonna prepara torte di tutti i tipi, sia dolci che salate, e da ognuna di esse si possono ricavare 16 porzioni; da aprile ad oggi ha sfornato e regalato oltre 200 torte.

Durante un'intervista la donna ha affermato che: “Quando sono venuta a conoscenza di questa iniziativa ho subito pensato che fosse una cosa splendida. Ho cucinato torte durante il lockdown per aiutare le persone della mia comunità, ma ho sempre sperato di poter fare qualcosa di utile anche per i bambini. Alcuni mi hanno detto che sono pazza, però, in realtà, mi fa piacere farlo, mi aiuta ad andare avanti, mi fa stare bene ed è un buon motivo per alzarmi dal letto la mattina”.

I volontari del North Essex Support Team sono molto felici di questa collaborazione ed hanno confermato che chiunque riceva un pasto da loro, riceve anche una fetta della torta di Flo. Dall'inizio della pandemia, l'associazione ha già consegnato più di 5 mila pasti, mentre la nonna pasticcera riesce a sfornare circa 20 torte ogni due settimane.

Flo dice di non avere nessuna ricetta segreta per preparare le sue torte e confessa di non pesare mai nessuno dei suoi ingredienti perchè le viene del tutto naturale. La donna ha affermato che continuerà a cucinare il più a lungo possibile e che è felice ogni volta che qualcuno ha la possibilità di nutrirsi grazie alle sue torte.


Di Elena Franchini

29 ottobre 2020

FONTE: Curiosando si impara

venerdì 13 novembre 2020

Grande gara di solidarietà per Federica. In tanti a donare il sangue all’ospedale di Polla, la raccolta continua


Grandissima gara di solidarietà a Polla da parte di tantissime persone che hanno voluto donare il sangue per Federica, la giovane rimasta ustionata nella serata di sabato in un’abitazione a Teggiano.

Oltre 50 sono le persone che hanno risposto all’urgente bisogno di sangue "0 negativo" e che si sono recate questa mattina presso il Centro Trasfusionale del presidio ospedaliero "Luigi Curto". Un numero straordinario, se si considera la rarità del gruppo sanguigno, tanto che si è deciso di dedicare alla giovane teggianese anche le donazioni dei prossimi giorni.

Sarà infatti possibile anche domani, e poi da lunedì, recarsi all’ospedale di Polla, dalle 8 alle 11.30, per donare il proprio sangue "0 negativo" specificando che lo stesso dovrà essere indirizzato a "Federica Tropiano", ricoverata al Cardarelli di Napoli.

I genitori e la sorella di Federica hanno voluto subito ringraziare tutti coloro che questa mattina hanno partecipato alla donazione straordinaria e anche tutti i cittadini valdianesi che hanno contribuito a far giungere l’appello in ogni angolo: “Non esistono parole adatte a rappresentare l’emozione provata appena abbiamo saputo il numero delle persone che hanno risposto alla chiamata, che con un semplice gesto hanno voluto donare speranza alla nostra Federica. Ringraziamo tutti di cuore e invitiamo a donare ancora e sempre, perché ogni donazione può salvare una vita” .

E’ stato difficile organizzare il flusso enorme di persone ma poi, con il lavoro di tutti noi, siamo riusciti ad organizzare le operazioni di trasfusione in totale sicurezza – dichiara la dottoressa Elisa Focarile -. Al termine penseremo noi a trasferire le sacche di sangue al Cardarelli. In questo modo, grazie ad una sinergia tra il nostro Centro Trasfusionale e quello di Napoli, siamo riusciti ad evitare il trasferimento dei donatori all’ospedale napoletano, evitando assembramenti e potenziali rischi dovuti al contagio del Covid. Speriamo di contribuire ad una veloce guarigione di Federica” .

di Paola Federico

12 novembre 2020

FONTE: Ondanews


E' sempre bello riportare notizie come questa, dove la solidarietà e la generosità delle persone si moltiplica per cercare di aiutare una persona, Federica, rimasta gravemente ustionata. E quello di donare il proprio sangue è un grande Atto d'Amore.
Grazie veramente a tutti e..... forza, forza Federica, ti siamo tutti vicini!

Marco

giovedì 5 novembre 2020

La fattoria degli animali che non fa sentire soli i bambini disabili


Una fattoria in Texas ha trovato il modo per aiutare i bambini disabili a sentirsi meno soli. Si chiama "Safe", è situata ad Austin, e fa conoscere ai bimbi con disagi fisici o psichici altri animali che come loro sono in difficoltà. C'è chi per esempio non ha una zampa, o ha bisogno delle rotelle per camminare. Quando i bambini incontrano altri cani, gatti o pecore con disabilità capiscono che questa condizione può colpire tutti, e per i più piccoli è un modo per trovare conforto e conoscere se stessi.

La fondatrice si chiama Jamie Wallace-Griner: «tutto è cominciato quando abbiamo adottato un cane di nome Angel per aiutare il nostro bambino autistico», racconta. Hanno sempre amato gli animali, ma da quando Angel è entrato nella loro vita hanno capito che altri cani avrebbero potuto aiutare altri bambini come suo figlio. «Gli animali possono fare miracoli. Angel ci ha dato forza e ha aiutato nostro figlio a superare molte paure e a capire meglio le sue sensazioni e i suoi pensieri».


Jamie e suo marito hanno così comprato un ranch ad Austin nel 2014 e da allora è diventato la casa di molti animali compresi maiali, volatili e conigli. All’inizio le spese per mantenerli venivano pagate dalla famiglia, ma a un certo punto non erano più in grado di sostenere da soli tutte le cure veterinarie. Così nel 2018 hanno deciso di creare questa organizzazione non profit in modo da poter accettare delle donazioni. «Ogni animale che salviamo ha una storia da raccontare - dicono - e i bambini che vengono da noi con dei traumi possono confrontarsi con la vita degli animali e scoprire di non essere i soli ad avere delle difficoltà».

La fattoria offre una casa definitiva a molti animali, ma è anche un centro di riabilitazione. Loro aiutano infatti quattro zampe che hanno subito abusi o maltrattamenti, li aiutano a vivere meglio, e poi in alcuni cani quando le cure sono finite vengono anche adottati da altre famiglie.


di Cristina Insalaco

24 ottobre 2020

FONTE: La Zampa.it

lunedì 2 novembre 2020

Ha una malattia rara, calabrese costretto a trasferirsi in Messico per le cure: «Aiutatemi»


L'ex poliziotto è affetto dalla sindrome di Cogan in forma atipica ma in Italia non sanno come gestirla. L'ultima speranza sono le cure in una clinica di Cancun: «Mi sto spegnendo lentamente»

«Sto male, molto male, ho difficoltà quotidiane sia fisiche che mentali. Sto perdendo molti chili senza spiegazione». Esordisce così via skype Maurizio Coluccio, 49 anni, nell'intervista in cui mette a nudo la sua anima e chiede aiuto affinché la sua malattia smetta di torturarlo. Maurizio, originario di Praia a Mare, ha scoperto un decennio fa di soffrire della sindrome di Cogan in forma atipica, una malattia autodegenerativa tanto rara che al mondo risulta l'unico ad esserne affetto. Lo ha appurato dopo una ricerca mondiale condotta in Messico in cui gli scienziati hanno esaminato altri pochi casi simili, sette in tutto. Prima di andare precocemente in pensione a soli 42 anni, era un agente della Polizia stradale in sevizio nel Casertano. Oggi ha deciso di trasferirsi all'estero per curarsi e chiede un contributo economico per affrontare le spese.

Il volo della speranza nel 2014

È il 2013. Maurizio vive da solo in un piccolo appartamento a Praia e la notizia sul suo stato di salute, all'epoca già precario, ci mette poco a fare il giro del circondario. Arrivano le telecamere e la sua storia diventa di dominio pubblico. Lo affiancano associazioni e volontari del posto e la sua storia, grazie al web, arriva fino a Cancun, Messico, nonostante il dolore ai muscoli e agli organi interni. Qui c'è una clinica che cura malattie rare, ma non quella del 49enne. Poco male, i medici, che si mettono in contatto con lui, vogliono visitarlo per tentare di rallentarne il decorso con un autotrapianto di cellule staminali. In Italia non si può. Pochi mesi più tardi Maurizio è un uomo nuovo. Deve sempre fare i conti con un problema di salute e l'altro, ma trova la forza di reagire, cammina meglio, i dolori si calmano.

Il secondo trapianto di staminali

Sembra andare tutto per il verso giusto. Maurizio si trasferisce a Siena, nei pressi dell'ospedale Santa Maria alle Scotte, perché in Calabria la sanità è un disastro e proprio in quegli anni l'ospedale della cittadina tirrenica dove l'ex poliziotto vive, chiude i battenti. L'ospedale senese, invece, si fa carico della sua situazione anche se non ha idea di come gestirla, ma può intervenire subito su eventuali conseguenze. Ha sette infarti e un'embolia polmonare che gli mette fuori uso il polmone destro, ma è ancora vivo. Poi però accade che gli diagnosticano l'herpes Zoster, meglio conosciuto come il "fuoco di Sant'Antonio", e il suo organismo già scombussolato va in tilt. I progressi del 2014 vanno in fumo e lui è costretto a tornare a Cancun per un altro autotrapianto di cellule staminali.

Il peggioramento delle condizioni di salute

Per i primi mesi va tutto bene. Maurizio recupera forze ed energie e ricomincia piano a vivere nuovamente una vita quasi normale. Ma il virus dell'herpes zoster non ne vuole sapere di lasciare il suo corpo, nonostante le cure, e in pochi mesi la situazione precipita. Ha appena la forza di prendere in mano una bottiglia d'acqua, per sorreggersi deve comprare delle stampelle speciali che si legano al braccio e deve comprare un materasso particolare che gli consenta almeno di riposare.

I ritardi nelle cure a causa del Covid

A gennaio scorso Maurizio, come ogni nuovo anno, deve sottoporsi alla trafila di esami per capire a che punto è il suo reale stato di salute. Ma tra malasorte e destino infame si inserisce anche la pandemia mondiale. Deve aspettare, gli ospedali sono travolti dall'emergenza sanitaria dettata dal Covid e oltretutto lui il coronavirus non può vederlo neppure da lontano, o è la fine. Passano i mesi e intanto l'uomo passa, senza plausibili spiegazioni, dal pesare 84 chili ai 68 attuali. I medici non sanno che fare, qualcuno gli dice di rassegnarsi: un solo malato in Italia non fa testo, i soldi per la ricerca non bastano a studiare ogni cosa. È lasciato solo al suo triste destino e per mettere a tacere quei dolori lancinanti che nessuno sa come lenire si inietta una fiala di morfina al giorno.

La decisione di tornare in Messico

Maurizio è quasi rassegnato alla sua fine, ma poi, in un afoso giorno di luglio, accade che la sua amica Maddalena, 41 anni appena, se ne va tragicamente nel giro di poche ore per le complicanze di una malattia, anche questa rara. Ha un tuffo al cuore e proprio in quel momento capisce che deve lottare per la sua vita, deve provare a reagire. Nel trambusto del caos mondiale, decide che vuole tornare in Messico, nella clinica dove lo hanno già curato e dove si sono resi disponibili a studiare il suo caso, anche se è l'unico al mondo. Decisione per nulla facile, perché per decine di motivi sarà costretto a partire da solo, senza amici e senza la sua compagna, che gli è stato sempre a fianco nonostante le atroci sofferenze. «Sono dispiaciuto, non è stata una situazione facile - dice Maurizio -. Mi hanno convinto i miei familiari, soprattutto mio figlio, che ha 19 anni. Mi ha detto: vai a farti curare papà, così quando torni possiamo stare insieme. Ha visto un padre diverso in questi mesi, non mi riconosce più».

«Aiutatemi a vivere»

«Io ho sempre combattuto - dice -. Rendermi conto che mi sto spegnendo non riesco ad accettarlo». Per questo ora chiede aiuto. «Ho bisogno di soldi per poter partire e sistemarmi lì a Cancun per i primi giorni. Prevedo di rimanerci molto tempo, ma io vivo della sola pensione». Il suo appello ha motivazioni ancor più profonde: «Può capitare a chiunque di ammalarsi e aiutarmi significa aiutare se stessi. Spero che il mio grido di aiuto serva anche ad altri. Quante altre persone si sono sentite dire che non possono essere curate in Italia?». Per aiutarlo basterà seguire le indicazioni che troverete sul suo profilo Facebook oppure al gruppo "Un aiuto per Maurizio", dove l'ex poliziotto, oltretutto, racconta quotidianamente la sua battaglia conto la malattia.


di Francesca Lagatta

5 ottobre 2020

FONTE: La C News 24

venerdì 30 ottobre 2020

Anna voleva abortire. Papa Francesco la chiama e la convince a non farlo


La donna, divorziata, era rimasta incinta di un uomo che aveva già una famiglia. Dopo la gravidanza indesiderata ha iniziato a pressarla...

Non doveva proseguire la gravidanza. Perché l’uomo che l’aveva lasciata incinta non avrebbe riconosciuto il figlio. Di fronte a lei la soluzione che si prospettava era l’aborto.

Poi una chiamata, inattesa, improvvisa. Dall’altro capo del telefono c’è Papa Francesco, che come un buon padre la fa ragionare e le spiega perché vale la pena di portare avanti la gravidanza. Anna, originaria di Arezzo, riceve la chiamata che le cambia la vita. Accetta il consiglio di Francesco e decide di non interrompere la gravidanza. Una favola a lieto fine.

La richiesta dell’uomo

Anna è una donna divorziata. Che dopo aver perso il lavoro, decide di trasferirsi da Roma in Toscana. Qui scopre di essere incinta di un uomo che però ha già una famiglia. E non intende riconoscere il bambino. Lui la pressa, lei è debole, e cede alla sua richiesta: abortire.

Prima di farlo, però, decide di scrivere una lettera a una persona speciale. Mette nero su bianco tutta la sua storia; sulla busta l’indirizzo è semplice: «Santo Padre Papa Francesco, Città del Vaticano, Roma». imbuca la lettera senza pensarci troppo. Poi, pochi giorni dopo il telefono inizia a squillare.

“Ho letto la tua lettera”

Sul display un numero sconosciuto, con il prefisso di Roma. Risponde e resta pietrificata: «Pronto Anna, sono Papa Francesco. Ho letto la tua lettera. Noi cristiani non dobbiamo farci togliere la speranza, un bambino è un dono di Dio, un segno della Provvidenza».

«Le sue parole mi hanno riempito il cuore di gioia – è il racconto di Anna – Mi ha detto che ero stata molto coraggiosa e forte per il mio bambino».

In quei lunghi minuti al telefono con Papa Francesco, Anna avverte che la sua volontà non è uccidere la vita che porta in grembo. Esprime a Francesco il suo vero desiderio, cioè di non interrompere la gravidanza, e poi gli dice che ha intenzione di battezzare quel figlio in arrivo, ma che ha paura non sia possibile perché divorziata.

“Sappi che ci sono sempre io”

Il Papa le risponde con la semplicità di un autentico pastore: «Sono convinto che non avrai problemi a trovare un padre spirituale e poi – ha aggiunto – in caso contrario, sappi che ci sono sempre io».

E così si è conclusa la telefonata che ha cambiato per sempre la vita di Anna.

Una storia emblematica, quella di Anna, rilanciata da Famiglia Cristiana (22 maggio) in occasione dei 40 anni della legge sull’aborto (22 maggio 1978).


di Gelsomino Del Guercio

23 maggio 2018

FONTE: Aleteia

martedì 20 ottobre 2020

Il “Codice Celeste” nella tesi di laurea. «Ora aiuteremo altri bambini»


Arianna, 26enne di Zelarino, ha creato il linguaggio per la piccola affetta da Sma

MESTRE Il nome può trarre in inganno, ma il “Codice Celeste” non è materia da astrofisici. E' un linguaggio, forse ancora (per poco) segreto, che una ragazza ha inventato un paio d'anni fa per parlare con una bambina malata di Sma 1, l'atrofia muscolare spinale. Quella bimba oggi ha 8 anni, e il codice lo usa per raccontarsi, senza la fatica di una speciale tastiera che utilizza per studiare o scrivere, quando è più istintiva o nei momenti più impensabili. Come poco tempo fa quando, per la prima volta in ferry boat in direzione Lido di Venezia, ha detto ai suoi genitori: «Che strana sensazione. Io sono ferma ma qui tutto si muove».

LA COMUNICAZIONE

A permetterle di esprimersi, in ogni momento, quel codice che mamma e papà hanno imparato con i loro tempi, ma che lei e Arianna usano con una disinvoltura tale da diventare, per gli altri, incomprensibili. Il Codice Celeste è stato premiato anche dalla commissione universitaria che mercoledì si è trovata di fronte proprio Arianna Natural, 26enne di Zelarino. Dopo anni di lavoro come assistente alla comunicazione di Celeste, ha trasformato quel codice che ha creato per lei in una tesi, che le ha fruttato il punteggio massimo nella discussione. In sala, a fare il tifo per lei, c'era anche Celeste che, con la sua famiglia, ha organizzato a Venezia una speciale festa.
Ora Arianna, con la sua laurea magistrale in Scienze del linguaggio sogna, insieme a Elisabetta e Giampaolo, genitori di Celeste, di mettere questo prezioso linguaggio a disposizione di tutte le famiglie di persone con gravi disabilità.

CREATO UN MANUALE

«I miei progetti ora sono quelli di continuare a seguire Celeste – racconta Arianna -, in futuro vedremo. In questi anni studiare e lavorare è stata dura, ma le soddisfazioni sono grandi». Ora che il percorso di laurea è concluso, parte quindi il progetto di realizzazione e successiva diffusione del manuale del Codice che ha permesso a Celeste di uscire dal guscio e sdoganare la sua personalità.
Il linguaggio, infatti, nasce da una combinazione di quei minimi movimenti degli occhi che la bambina riesce a controllare e i brevi suoni che emette con la voce. Linguaggio che, prima che imparasse a scrivere, le ha permesso di comunicare le sue esigenze e poi, passo dopo passo, di raccontare storie e confidare i suoi pensieri.

UN GRUPPO DI LAVORO

Solo attraverso il codice, per esempio, si è scoperto che Celeste era in grado di leggere: poche parole con cui ha corretto la maestra, che aveva volontariamente fatto un errore alla lavagna. «Il nostro grande sogno – conclude Arianna - È che il “Codice Celeste” possa essere utile ad altri bambini con la stessa specialità».
E' stata un'amica in comune a far incontrare la famiglia Carrer e la studentessa di Zelarino, un sodalizio da cui è poi nata anche la Onlus “Gli occhi di Celeste” in cui lavora, gratuitamente, un team di professionisti che si mette a disposizione per aiutare i bambini. Gruppo da cui stanno nascendo vari progetti, destinati a facilitare la vita delle persone con disabilità e le loro famiglie.


Di Melody Fusaro

Luglio 2018

venerdì 2 ottobre 2020

Carlo Acutis verrà beatificato il 10 ottobre: chi era


Indicato dal Papa come modello di santità giovanile, è sepolto ad Assisi. Il vescovo: "Una gioia anche per i giovani, che trovano in lui un modello di vita". È stato proposto come patrono di internet

La diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino è in festa per la notizia della beatificazione del venerabile Carlo Acutis che avverrà ad Assisi sabato 10 ottobre, alle 16, nella basilica papale di San Francesco. “La gioia che da tempo stiamo aspettando ha finalmente una data – afferma il vescovo Domenico Sorrentino –. Parliamo della beatificazione del venerabile Carlo Acutis. La presiederà il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione per le Cause dei santi. È bello che la notizia arrivi mentre ci prepariamo alla festa del Corpo e del Sangue del Signore. Il giovane Carlo si distinse per il suo amore per l’Eucaristia, che definiva la sua autostrada per il Cielo”. “La notizia – aggiunge il presule – costituisce un raggio di luce in questo periodo in cui nel nostro Paese stiamo faticosamente uscendo da una pesante situazione sanitaria, sociale e lavorativa. In questi mesi abbiamo affrontato la solitudine e il distanziamento sperimentando l’aspetto più positivo di internet, una tecnologia comunicativa per la quale Carlo aveva uno speciale talento, al punto che Papa Francesco, nella sua lettera Christus vivit rivolta a tutti i giovani del mondo, lo ha presentato come modello di santità giovanile nell’era digitale”.

Lo scorso 22 febbraio, ricevendo il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Papa Francesco aveva autorizzato il Dicastero a promulgare tra gli altri, il decreto riguardante il miracolo, attribuito alla intercessione del ragazzo morto a 15 anni per una leucemia fulminante.

Il corpo del venerabile Carlo è sepolto al Santuario della Spogliazione di Assisi.
Una gioia grande per questa Chiesa particolare - aveva scritto già allora la diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino - , che lo ha visto camminare sulle orme di San Francesco verso la santità. Una gioia grande per la Chiesa ambrosiana, che gli ha dato i natali e lo ha accompagnato nel suo incontro con Gesù. Una gioia grande per gli ormai tanti devoti di Carlo in tutto il mondo. Una gioia grande soprattutto per i giovani, che trovano in lui un modello di vita.

Noti alcuni i suoi "slogan": “Non io ma Dio”,
Tutti nasciamo originali, molti moriamo fotocopie”. “L’Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo”. Al Santuario della Spogliazione - conferma la diocesi - Carlo sta già attirando migliaia di giovani e devoti da tutto il mondo. Mi auguro - conclude monsignor Domenico Sorrentino - che la sua beatificazione possa farne ancor più un punto di riferimento e un incoraggiamento alla santità. Essa è vocazione per tutti. Anche per i giovani.

Acutis è uno dei giovani indicati da Papa Francesco come modelli nella Christus vivit, insieme a tre italiani (san Domenico Savio e i beati Piergiorgio Frassati e Chiara Badano) e altre figure, europee ed extraeuropee. In virtù della sua buona frequentazione della Rete è stato proposto come patrono di Internet.

Carlo Acutis: chi era (di Andrea Galli)

Carlo Acutis è morto il 12 ottobre 2006 a Monza; aveva 15 anni ed è spirato a causa di una leucemia fulminante. Una tragedia, umanamente parlando. Una fine assurda per la repentinità e per la parabola che si veniva ad interrompere, così in ascesa, così ricca di prospettive.

Rampollo di una famiglia di primo piano del mondo finanziario italiano, adolescente prestante, dal carattere vivace e particolarmente socievole, Acutis era un ragazzo che, come si suol dire, avrebbe potuto fare di tutto nella vita. Ma Dio aveva su di lui un piano diverso.

La sua fama di santità è esplosa a livello mondiale, in modo misterioso – spiegava qualche tempo fa monsignor Ennio Apeciti, responsabile dell’Ufficio delle cause dei santi dell’arcidiocesi di Milano - come se Qualcuno, con la "Q" maiuscola, volesse farlo conoscere. Attorno alla sua vita è successo qualcosa di grande, di fronte a cui mi inchino.

Carlo, nato a Londra nel 1991, dove i genitori si trovavano per motivi di lavoro, fu segnato da una pietà profonda quanto precoce. Fece la Prima Comunione, con un permesso speciale, a sette anni. Fu un adolescente da Messa e Rosario quotidiani. Maturò un amore vivo per i santi, per l’Eucaristia, fino ad allestire una mostra sui miracoli eucaristici che oggi è rimasta online e ha avuto un successo inaspettato, anche all’estero.

Sportivo e appassionato di computer, come tanti coetanei, brillava per la virtù della purezza. Padre Roberto Gazzaniga, gesuita, incaricato della pastorale dell’Istituto Leone XIII, storica scuola della Compagnia di Gesù a Milano, ha ricordato così l’eccezionale normalità di Acutis, arrivato lì, a liceo classico, nell’anno scolastico 2005-2006:
L’essere presente e far sentire l’altro presente è stata una nota che mi ha presto colpito di lui. Allo stesso tempo eracosì bravo, così dotato da essere riconosciuto tale da tutti, ma senza suscitare invidie, gelosie, risentimenti. La bontà e l’autenticità della persona di Carlo hanno vinto rispetto ai giochi di rivalsa tendenti ad abbassare il profilo di coloro che sono dotati di spiccate qualità.

Carlo inoltre
non ha mai celato la sua scelta di fede e anche in colloqui e incontri-scontri verbali con i compagni di classe si è posto rispettoso delle posizioni altrui, ma senza rinunciare alla chiarezza di dire e testimoniare i principi ispiratori della sua vita cristiana. Il suo era il flusso di un’interiorità cristallina e festante che univa l’Amore a Dio e alle persone in una scorrevolezza gioiosa e vera. Lo si poteva additare e dire: ecco un giovane e un cristiano felice e autentico.

Grazie al suo esempio e al suo carisma anche il domestico di casa Acutis, un induista di casta sacerdotale bramina, decise di chiedere il battesimo. In ospedale, posto di fronte alla morte, nella tenerezza dei suoi 15 anni, Carlo disse:
Offro tutte le sofferenze che dovrò patire al Signore, per il Papa e per la Chiesa, per non fare il purgatorio e andare dritto in Paradiso. Scrisse un giorno questa frase: Tutti nasciamo come degli originali, ma molti muoiono come fotocopie. Non fu il suo caso.


15 giugno 2020

FONTE: Avvenire

giovedì 24 settembre 2020

Palazzuolo sul Senio, libri al posto delle slot nel bar: “Ho visto troppa gente perdere tutto”

Dopo aver rilevato il locale, ha tolto di mezzo le slot machine, ha affittato una stanza vicina e l’ha trasformata in una libreria aperta al pubblico; ed ora ora gli abitanti del paese del Mugello vanno a leggere da lui bevendo un caffè. “Guadagno meno ma ho la coscienza pulita. Ho visto troppa gente rovinarsi”.


La prima cosa che ha fatto quando un anno fa ha rilevato dallo zio il bar-gelateria Gentilini di Palazzuolo sul Senio, in provincia di Firenze, è stato staccare la spina dell’ultima slot machine e disdire il contratto con il fornitore. E al suo posto ha messo un po’ di libri. Come spiega oggi Repubblica, la decisione di Lorenzo è maturata dopo aver visto i suoi concittadini — molti padri di famiglia — passare interi pomeriggi a giocare e perdere lo stipendio. E investire grosse somme di denaro nell’illusione, vana, di una vincita facile. “Non volevo essere complice di tutto questo. Non volevo rovinare la vita a nessuno. La ludopatia è una malattia seria, che fa male non solo a chi gioca, ma anche alle loro famiglie”, spiega.

Pazienza se qualche affezionato cliente, assiduo frequentatore delle slot, ha scelto di non entrare più: “Ho visto troppa gente rovinarsi. C’è chi ha perso 500 euro in poche ore — racconta Lorenzo Naldoni, 31 anni, una compagna e una figlia in arrivo a ottobre,— o anche chi, una volta finiti i soldi, si faceva tenere il posto da un amico per non perdere il turno e nel frattempo andava a prelevare altre banconote al bancomat per continuare a giocare”. “Certo — aggiunge lui — ho rinunciato a una fetta significativa di introiti derivanti dalla presenza delle slot machine che avrebbe potuto farmi comodo, soprattutto per un’attività agli inizi come la mia. Ma non mi importa perché la sera vado a dormire con la coscienza pulita”.

Una scelta che tanti altri negozianti hanno fatto in questi anni prima di lui. Ma il giovane barista è andato oltre. E dopo aver eliminato le slot machine, lo scorso dicembre, a pochi mesi dall’apertura, ha deciso di affittare una stanza vicina e comunicante al bar e di trasformarla in una piccola libreria aperta al pubblico. “Abbiamo installato un po’ di scaffali, tavoli e sedie per poter leggere in tranquillità magari bevendo un caffè. I primi libri li ho portati da casa. Altri poi ce li hanno regalati via via persone del posto”, racconta soddisfatto Lorenzo. In questi primi mesi l’esperimento del bar-libreria sembra essere piaciuto ai residenti e alla clientela: in tanti (lockdown permettendo) hanno cominciato a frequentarlo non solo per fare colazione o per pranzare al volo ma soprattutto per leggere.


di Biagio Chiariello

26 agosto

FONTE: Fanpage