Il cognome è di quelli che in certi ambienti criminali incutono ancora timore. Antonio Macor, 53 anni, 25 trascorsi in carcere per vari reati - tra cui l'omicidio di un affiliato a un clan del centro storico che insidiava la sorella - ha lottato per lasciarsi alle spalle il passato e per ricominciare una nuova vita. Gli alleati più importanti nella lotta disperata il riscatto sono stati l'amore della sua famiglia e Genny, il nipote di 18 anni affetto fin dall'età di tre anni da una grave forma di autismo.
Quando le porte del carcere si sono aperte dopo quasi un quarto di secolo per Antonio non c'era nulla. Nessun percorso di reinserimento sociale e nessuna speranza per il futuro. Anzi, la probabilità che Antonio precipitasse di nuovo nella spirale di criminalità e violenza era concreta. Per i detenuti che ritornano alla libertà dopo lunghe pene detentive, infatti, i processi di redenzione sono complicati quando non addirittura impossibili. E lo stesso Macor racconta come, dopo la lunghissima detenzione, vari esponenti di clan del centro storico lo abbiano avvicinato per affidargli la gestione di attività illecite. Offerte che Antonio ha respinto con decisione. L'uomo, infatti, aveva un poderoso asso nella manica, suo nipote Genny.
«Io e Genny abbiamo un rapporto speciale - spiega trattenendo a stento la commozione - lui ha enormi difficoltà ad esprimersi, ma tra noi basta un'occhiata per intenderci alla grande. Passiamo le nostre giornate giocando insieme e io cerco di fargli sentire tutto il mio amore. La stessa cosa che lui fa con me. È stato proprio lui - prosegue Antonio - che mi ha spinto a cambiare vita nonostante le difficoltà che viviamo ogni giorno a vivere in una città dove per gli ex detenuti, anche per quelli che in buona fede vorrebbero rifarsi una vita, non c'è nulla».
Antonio non parla volentieri del suo passato ma, dopo una comprensibile diffidenza iniziale, diventa un fiume in piena: «Ho fatto male, tanto male - spiega - e i 25 anni passati dietro le sbarre mi hanno fatto riflettere molto. Purtroppo per chi come me nasce in quartieri poveri e privi di sbocchi la probabilità di finire in certi giri è molto alta. Ho chiesto e chiedo scusa a tutti per i miei errori e sono fermamente intenzionato a non sbagliare più. È vero che mi arrangio lavorando qui e là per vivere onestamente, ma io vivo per Genny e sono contento così. Ora il mio più grande sogno è sentirlo parlare per la prima volta. Mi auguro un giorno di sentirgli dire: ti voglio bene, nonno».
Per tante famiglie la malattia di Genny sarebbe una tragedia difficile da superare. Per Antonio e la sua famiglia, invece, è stata un'opportunità di riscatto. «Se oggi sono qui a parlare è solo grazie a lui. Probabilmente sarei ritornato in certi ambienti e tutti sanno qual è la fine che fanno i camorristi: ammazzati o all'ergastolo. Io invece ho avuto un dono, quello di un nipote che mi ama con tutte le sue forze e che mi dà ogni giorno una ragione per vivere».
Tanti i problemi che la famiglia Macor ha dovuto affrontare e affronta quotidianamente per Genny. A cominciare dalla carenza di strutture e da una burocrazia troppe volte farraginosa che non sempre riesce a dare le risposte giuste a famiglie bisognose di un aiuto concreto. «Stiamo lottando e continueremo a lottare per dare a Genny e per i tantissimi ragazzi come lui a cui ancora oggi certe opportunità sono negate - spiega Antonio - Anche in questo quartiere ci sono tantissimi spazi inutilizzati che potrebbero essere destinati ad attività per i ragazzi autistici. L'appello che rivolgiamo alle istituzioni è quello di ascoltare le famiglie che vivono questo disagio e di fare qualcosa. Noi stiamo cercando di dare vita a un'associazione dedicata a Genny e a tutti i ragazzi autistici della città, ci stiamo mettendo il massimo impegno e speriamo nell'aiuto delle nostre istituzioni».
Antonio e la sua famiglia vivono a vico San Severino, nel cuore del centro storico, luogo di intenso traffico turistico. A due passi dall'abitazione della famiglia Macor nel 1974 furono girate alcune scene del film “I Guappi” di Pasquale Squitieri. Un luogo ricco di storia che si potrebbe rivalutare anche per offrire un'opportunità a famiglie che cercano un riscatto sociale attraverso il lavoro e la storia e la cultura della nostra città. «Sarebbe bellissimo - chiosa Antonio - se qui si potessero realizzare iniziative culturali. Gli spazi ci sono, la volontà pure. Sarebbe un bellissimo biglietto da visita anche per i turisti che ogni giorno passano di qui per andare ai Decumani, oltre che un'opportunità di lavoro per tante persone che hanno riconosciuto i propri errori e sono decisi a cambiare strada».
di Antonio Folle
29 agosto 2019
FONTE. Il Mattino
Quando le porte del carcere si sono aperte dopo quasi un quarto di secolo per Antonio non c'era nulla. Nessun percorso di reinserimento sociale e nessuna speranza per il futuro. Anzi, la probabilità che Antonio precipitasse di nuovo nella spirale di criminalità e violenza era concreta. Per i detenuti che ritornano alla libertà dopo lunghe pene detentive, infatti, i processi di redenzione sono complicati quando non addirittura impossibili. E lo stesso Macor racconta come, dopo la lunghissima detenzione, vari esponenti di clan del centro storico lo abbiano avvicinato per affidargli la gestione di attività illecite. Offerte che Antonio ha respinto con decisione. L'uomo, infatti, aveva un poderoso asso nella manica, suo nipote Genny.
«Io e Genny abbiamo un rapporto speciale - spiega trattenendo a stento la commozione - lui ha enormi difficoltà ad esprimersi, ma tra noi basta un'occhiata per intenderci alla grande. Passiamo le nostre giornate giocando insieme e io cerco di fargli sentire tutto il mio amore. La stessa cosa che lui fa con me. È stato proprio lui - prosegue Antonio - che mi ha spinto a cambiare vita nonostante le difficoltà che viviamo ogni giorno a vivere in una città dove per gli ex detenuti, anche per quelli che in buona fede vorrebbero rifarsi una vita, non c'è nulla».
Antonio non parla volentieri del suo passato ma, dopo una comprensibile diffidenza iniziale, diventa un fiume in piena: «Ho fatto male, tanto male - spiega - e i 25 anni passati dietro le sbarre mi hanno fatto riflettere molto. Purtroppo per chi come me nasce in quartieri poveri e privi di sbocchi la probabilità di finire in certi giri è molto alta. Ho chiesto e chiedo scusa a tutti per i miei errori e sono fermamente intenzionato a non sbagliare più. È vero che mi arrangio lavorando qui e là per vivere onestamente, ma io vivo per Genny e sono contento così. Ora il mio più grande sogno è sentirlo parlare per la prima volta. Mi auguro un giorno di sentirgli dire: ti voglio bene, nonno».
Per tante famiglie la malattia di Genny sarebbe una tragedia difficile da superare. Per Antonio e la sua famiglia, invece, è stata un'opportunità di riscatto. «Se oggi sono qui a parlare è solo grazie a lui. Probabilmente sarei ritornato in certi ambienti e tutti sanno qual è la fine che fanno i camorristi: ammazzati o all'ergastolo. Io invece ho avuto un dono, quello di un nipote che mi ama con tutte le sue forze e che mi dà ogni giorno una ragione per vivere».
Tanti i problemi che la famiglia Macor ha dovuto affrontare e affronta quotidianamente per Genny. A cominciare dalla carenza di strutture e da una burocrazia troppe volte farraginosa che non sempre riesce a dare le risposte giuste a famiglie bisognose di un aiuto concreto. «Stiamo lottando e continueremo a lottare per dare a Genny e per i tantissimi ragazzi come lui a cui ancora oggi certe opportunità sono negate - spiega Antonio - Anche in questo quartiere ci sono tantissimi spazi inutilizzati che potrebbero essere destinati ad attività per i ragazzi autistici. L'appello che rivolgiamo alle istituzioni è quello di ascoltare le famiglie che vivono questo disagio e di fare qualcosa. Noi stiamo cercando di dare vita a un'associazione dedicata a Genny e a tutti i ragazzi autistici della città, ci stiamo mettendo il massimo impegno e speriamo nell'aiuto delle nostre istituzioni».
Antonio e la sua famiglia vivono a vico San Severino, nel cuore del centro storico, luogo di intenso traffico turistico. A due passi dall'abitazione della famiglia Macor nel 1974 furono girate alcune scene del film “I Guappi” di Pasquale Squitieri. Un luogo ricco di storia che si potrebbe rivalutare anche per offrire un'opportunità a famiglie che cercano un riscatto sociale attraverso il lavoro e la storia e la cultura della nostra città. «Sarebbe bellissimo - chiosa Antonio - se qui si potessero realizzare iniziative culturali. Gli spazi ci sono, la volontà pure. Sarebbe un bellissimo biglietto da visita anche per i turisti che ogni giorno passano di qui per andare ai Decumani, oltre che un'opportunità di lavoro per tante persone che hanno riconosciuto i propri errori e sono decisi a cambiare strada».
di Antonio Folle
29 agosto 2019
FONTE. Il Mattino
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